RESPONSABILITA' CONTABILE:
danno ambientale,
rapporti tra giudizio contabile e giudizio civile,
natura dell'illecito erariale
(Corte dei Conti, Sez. Giuris. Toscana,
sentenza 31 maggio 2012 n. 273)
Massima
1. Dallo
stesso fatto storico - nello specifico, il danneggiamento della falda idrica) -possano derivare pretese differenti conseguenti al concorrere, sull’identico
bene materiale, di interessi diversi, autonomamente tutelati dall’ordinamento
con distinti diritti ed azioni.
Più in dettaglio, il T.U. Ambiente (D.Lgs. n. 205/2006) pur prevedendo la tutela dell’ambiente, come bene unitario di interesse
collettivo, con alcune azioni la cui titolarità fa capo al pertinente Ministero
- non ha escluso che, sulla stessa realtà fisica interessata dal danno
ambientale, possano confluire altri interessi ugualmente tutelati (art.
313/7°).
Pertanto, un’unica condotta, produttiva di un danno ambientale può,
nello stesso tempo, ledere l’interesse sia dello Stato (sul bene collettivo ambiente,
secondo la procedura di cui all’art. 299 e seguenti del T.U. citato) sia di quanti, soggetti privati o pubblici, abbiano la titolarità di un
diritto reale sullo stesso, con le normali azioni civilistiche, previste, a
tutela della proprietà e del possesso, ai sensi dell’art. 313/78.
2. L’indipendenza
del giudizio contabile da quello civile, attese le rispettive differenti
finalità, sia l’inesistenza dell’obbligo della sospensione del primo anche se
la somma di cui è chiesto il recupero in sede civile coincide, in tutto o in
parte, con quella dedotta come illecito amministrativo-contabile
3. Il
fatto generatore di responsabilità contabile si qualifica come illecito
permanente qualora provenga da un comportamento volontario che prosegue senza
interruzione anche se l’autore dello stesso potrebbe, in qualsiasi momento,
porre fine alla situazione produttrice di danno. E’, invece, istantaneo con
effetti permanenti, l’illecito le cui conseguenze, pur perdurando nel tempo,
possono essere eliminate con una nuova e diversa azione.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA
composta dai seguenti magistrati
dott.
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Francesco
PEZZELLA
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Presidente
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dott.
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Carlo GRECO
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Giudice
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dott.
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Francesco
D'ISANTO
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Giudice
estensore
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ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul giudizio di responsabilità promosso,
dalla locale procura regionale, nei confronti di:
- CHITI Vannino - nato a Pistoia il
26.12.1947, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo CARROZZA, elettivamente
domiciliato presso lo studio Brizzi, via della Cernaia n. 31, Firenze –
presidente della Giunta Regionale Toscana;
- AGRICOLA Bruno – nato a Francavilla in
Sinni il 25.05.1949, rappresentato e difeso dagli avv. Mario RACCO e Domenico
IARIA, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Firenze
via dè Rondinelli n. 2 – presidente dell’Osservatorio Ambientale;
- BADIALI Luigi – nato a Massa il
13.04.1947, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano VICICONTE, presso il cui
studio in viale Mazzini n. 60, Firenze, è elettivamente domiciliato - assessore
alle politiche comunitarie presso la predetta Giunta;
- BARBINI Tito – nato a Cortona il
26.09.1945 rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – assessore
all’urbanistica ed alla casa presso la predetta Giunta;
- BENCISTÀ Alberto – nato a Greve in
Chianti il 04.03.1949, rappresentato e difeso come il convenuto Badiali –
assessore all’agricoltura, foreste, caccia e pesca presso la predetta Giunta;
- BENESPERI Paolo – nato a Piombino il
09.01.1947, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – assessore
all’istruzione, alla formazione ed alle politiche del lavoro presso la predetta
Giunta;
- BIAGI Gianni – nato a Firenze, il
17.05.1952, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – dirigente del
dipartimento trasporti della Regione Toscana, dal 01.07.94 all’1.07.99; membro
dell’Osservatorio Ambientale Nazionale per l’alta velocità dal 19.02.96 al
2000; responsabile, per la Regione Toscana, dell’istruttoria per le delibere di
autorizzazione del Presidente della stessa per l’espressione del parere in
conferenza dei servizi;
- BICCHI Riccardo – nato a Firenze il
04.01.1951, rappresentato e difeso come il precedente convenuto – consigliere
regionale e presidente della VI Commissione ambiente, nel 1994;
- CAZZOLA Franco – nato a Torino
l’11.04.1941, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo CACCIAPUOTI, elettivamente
domiciliato presso lo studio Grassi in corso Italia n. 2, Firenze – assessore
all’organizzazione, all’efficienza ed ai rapporti con i cittadini. Dal
30.03.98, assessore alla cultura della legalità ed alla trasparenza
amministrativa, spettacolo e ricerca presso la predetta Giunta;
- DEL LUNGO Claudio – nato a Firenze il
22.07.1957, rappresentato e difeso dall’avv. Stefano GRASSI presso il cui
studio in corso Italia n. 2, Firenze, è elettivamente domiciliato – assessore
all’ambiente presso la predetta Giunta;
- DINI Patrizia – nata a Buti il
13.04.1946, rappresentata e difesa come il convenuto Barbini – assessore alla
formazione professionale ed al lavoro presso la predetta Giunta;
- FONTANELLI Paolo – nato a Santa Maria a
Monte, il 05.07.1953, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti –
assessore alla presidenza ed al coordinamento delle politiche del lavoro presso
la predetta Giunta;
- FRATINI Giovanni – nato a Piombino, il
24.11.1937, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti – vicepresidente
della predetta Giunta ed assessore al bilancio, alle finanze ed alla
programmazione;
- GELONI Fabrizio – nato a Livorno il
27.12.1940, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore al
bilancio, alla finanza ed alla programmazione presso la predetta Giunta;
- GHIANDELLI Enno – nato a Incisa
Valdarno, il 13.12.1947, rappresentato e difeso come il convenuto Chiti –
assessore ai trasporti ed alle infrastrutture presso la predetta Giunta;
- GIANNARELLI Paolo – nato a Seravezza
l’11.06.1944, rappresentato e difeso come il convenuto Cazzola – assessore al
turismo, al coordinamento ed all’attuazione delle politiche comunitarie. Dal
30.03.98, all’organizzazione, all’efficienza ed ai rapporti con i cittadini,
presso la predetta Giunta;
- GINANNESCHI Mauro – nato a Castel del
Piano l’11.08.1946, rappresentato e difeso come il convenuto Badiali –
assessore all’industria, all’artigianato ed al commercio presso la predetta
Giunta;
- MARCUCCI Marialina – nata a Barga il
28.01.1954, rappresentata e difesa come il convenuto Cazzola – vicepresidente
della predetta Giunta ed assessore alla cultura ed allo spettacolo. Dal
30.03.98, anche al turismo;
- MARTINI Claudio – nato a Bardo (Tunisia)
il 10.01.1951, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore
al diritto alla salute presso la predetta Giunta;
- PERA Costanza – nata a Savona il
28.09.1953, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe MORBIDELLI, Anna ROMANO,
Antonio LIROSI e Filippo SATTA elettivamente domiciliata presso lo studio del
primo in Firenze, via La Marmora n. 14 – presidente delle commissioni VIA fino
al settembre 1996;
- PERICCIOLI Moreno – nato a Volterra il
09.05.1953, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo – assessore
all’agricoltura, alle foreste, alla caccia ed alla pesca presso la predetta
Giunta;
- SILIANI Simone – nato a Firenze, il
10.06.1962, rappresentato e difeso come il convenuto Cazzola – assessore alle
riforme istituzionali ed ai rapporti gli con enti locali. Dal 30.03.98, alle
politiche sociali, allo sport ed al tempo libero presso la predetta Giunta;
- VENTURA Michele – nato a Sesto
Fiorentino il 23.12.1943, rappresentato e difeso come il convenuto Del Lungo –
assessore alle attività economiche e produttive presso la predetta Giunta;
Visto l’atto introduttivo del giudizio,
iscritto al n. 58665/R del registro di Segreteria.
Richiamata la determinazione presidenziale
dell’8.11.2010, ritualmente notificata, concernete la data di fissazione
dell’udienza.
Uditi, nelle pubbliche udienze del
16.03.2011 e del 07.12.2011, il cons. relatore, dott. Francesco D’ISANTO, il
P.M., nella persona del procuratore regionale, dott. Angelo Canale, e gli avv.
Carrozza, Viciconte, Cacciapuoti, Grassi, Satta e Perugini.
Ritenuto in
FATTO
1. Con atto introduttivo del procedimento,
depositato il 27.10.2010, la Procura regionale ha citato in giudizio i signori:
- Vannino CHITI, Tito BARBINI, Enno
GHIANDELLI, Paolo BENESPERI, Luigi BADIALI, Patrizia DINI, Alberto BENCISTA’,
Giovanni FRATINI, Mauro GINANNESCHI, (membri della Giunta regionale della
Toscana nella legislatura 1990/1995);
- Vannino CHITI, Tito BARBINI, Claudio DEL
LUNGO, Claudio MARTINI, Michele VENTURA, Paolo FONTANELLI, Paolo BENESPERI,
Fabrizio GELONI, Moreno PERICCIOLI, Marialina MARCUCCI, Franco CAZZOLA, Paolo
GIANNARELLI, Simone SILIANI, (membri della Giunta regionale della Toscana nella
legislatura 1995/2000);
- Gianni BIAGI (dirigente, a vario titolo,
presso la regione Toscana dall’1.07.1994 al 2000);
- Michele VENTURA e Riccardo BICCHI
(consiglieri regionali e, rispettivamente, componente e presidente della
commissione ambiente);
- Costanza PERA (presidente delle
commissioni VIA che resero i pareri n. 72/1992 e n. 143/1995);
- Bruno AGRICOLA (presidente
dell’Osservatorio ambientale per il quadruplicamento ferroviario veloce della
tratta BO-FI);
per sentirli condannare al pagamento, in
favore della Regione Toscana, della somma di euro 13.698.681,00 oltre a
rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio.
La citazione esplicita diffusamente
l’incolpazione.
2. Oggetto del presente giudizio sono gli
asseriti danni causati dai lavori per la realizzazione dell’alta velocità nel
tratto ferroviario Firenze – Bologna. Gli accertamenti dell’ufficio requirente,
iniziati a seguito di informativa della Procura della Repubblica di Firenze,
hanno preso spunto anche dall’esito del procedimento penale n. 535/2004
incardinato presso il Tribunale di Firenze, sez. staccata di Pontassieve.
In particolare, secondo la tesi
accusatoria, la realizzazione delle gallerie ferroviarie ha causato un ingente
danno alle risorse idriche del territorio da esse attraversato, in conseguenza
dell’abbassamento delle falde acquifere. Tale evento sarebbe riconducibile alla
censurabile condotta di quanti concorsero all’approvazione dei relativi
progetti, nonostante le loro evidenti carenze ed i pericoli reiteratamente
rappresentati dagli enti locali coinvolti dai lavori nonché da associazioni, a
vario titolo, interessate.
In sintesi, l’aver trascurato le
conseguenze, note, che l’effetto drenante delle gallerie avrebbe avuto sulla
falda acquifera, ha provocato il danno evidenziato; la relativa quantificazione
fa riferimento alle consulenze disposte nei procedimenti incardinati presso
l’autorità giudiziaria ordinaria.
3. Con riferimento alle singole condotte,
l’ufficio requirente ritiene che il danno sia ascrivibile ai seguenti soggetti,
o gruppi di soggetti, per i motivi a fianco di ciascuno indicati:
a. Giunta regionale in carica dal 1990 al
1995 (Chiti, Barbini, Ghiandelli, Benesperi, Badiali, Dini, Bencistà, Fratini,
Ginanneschi).
I suoi componenti, con la proposta n.
250/1994, sottoposero, per il tramite della commissione ambiente, al consiglio
regionale, che la condivise, l’approvazione del progetto esecutivo dell’opera,
nonostante che, nel corso di una lunga istruttoria, fossero loro pervenuti, fin
dal 1992, pareri tecnici di senso contrario;
b. Commissione ambiente presso il
consiglio regionale (Ventura e Bicchi).
Essi, nonostante le indicazioni dei
tecnici e il motivato parere contrario di un altro componente della stessa
commissione, espressero voto favorevole alla citata proposta n. 250/1994 della
Giunta;
c. Giunta regionale in carica dal 1995 al
2000 (Chiti, Barbini, Del Lungo, Martini, Ventura, Fontanelli, Benesperi,
Geloni, Periccioli, Marcucci, Cazzola, Giannarelli, Siliani).
Con la delibera n. 384/1995, approvarono,
previo parere positivo della Commissione VIA del Ministero dell’Ambiente, il
progetto esecutivo dell’opera in argomento nonostante le criticità espresse da
tecnici della Regione. Agli stessi viene, altresì, addebitata la responsabilità
di avere approvato, con la delibera n. 859/ 1998, il progetto relativo alla
cosiddetta variante Firenze-Castello (che aggravò ulteriormente il danno)
benché fossero evidenti le sue criticità, ben rappresentate dai tecnici;
d. Responsabile del procedimento e
dell’istruttoria per l’emanazione del parere del presidente della Regione in
conferenza dei servizi (Biagi).
Nell’espletamento delle sue importanti e
plurime funzioni istituzionali, ebbe un ruolo determinante nella
predisposizione del citato parere, favorevole benché gli fossero pervenute
relazioni tecniche che evidenziavano i probabili negativi effetti dei lavori sulle
risorse idriche.
4. Analoghi addebiti vengono ascritti
all’arch. Pera, che presiedeva la Commissione V.I.A. - istituita presso il
Ministero dell’Ambiente, con il compito, tra l’altro, di fare riferimento,
nella valutazione dei progetti, anche alle osservazioni ed ai pareri
provenienti da “qualsiasi cittadino” - il cui funzionamento, di fatto e per
quanto concerne il periodo oggetto del presente giudizio, seguì una prassi che
si discostò da quella strettamente regolamentata, allorchè vennero predisposti
i pareri n. 72/1992, concernente l’attestazione di compatibilità ambientale del
progetto di massima, e n. 143/1995, relativo alla verifica dell’avvenuta
ottemperanza, nel progetto esecutivo, delle prescrizioni contenute in quello
precedente.
In conclusione e con riferimento ad
entrambi i pareri prodotti, la Procura ritiene che la condotta dell’arch. Pera
sia stata connotata da grave colpevolezza in quanto omissiva, su fatti
rilevanti ben conosciuti, e negligente, nell’attuare procedure di valutazione
generiche, approssimative, lacunose.
5. La posizione dell’ing. Agricola è
connessa con l’incarico di coordinatore del gruppo di lavoro, costituito nel
gennaio 2002, presso il Ministero dell’Ambiente, su sollecitazione della TAV.
All’alto funzionario la procura ascrive – in relazione alla cosiddetta
“variante Firenze – Castello” – di avere prospettato, ai componenti
dell’Osservatorio, in modo distorto, le risultanze cui era pervenuto il gruppo
stesso, facendo presente, nonostante l’opposizione di uno di essi, la necessità
di adeguare le prescrizioni tecniche precedentemente suggerite per i lavori
progettati. Conseguentemente, l’organo citato decise che egli attivasse, in
proposito, il Ministero dell’Ambiente. Tale incombenza, concretizzatasi nella
predisposizione di una nota e, successivamente, di una lettera a firma del
Ministro competente, non sarebbe stata eseguita correttamente.
6. In sede di invito a dedurre, alcuni
amministratori e funzionari della Regione Toscana hanno evidenziato, a propria
discolpa, che i lavori di cui si discute erano monitorati, con funzione di
garanzia, dall’osservatorio ambientale nazionale (OAN).
Dagli accertamenti svolti in merito, è
emerso che tale organismo era privo di incisivi poteri e di efficienti
strutture. La sua attività (condizionata, oltre tutto, da palesi conflitti di
interesse esistenti in capo ad alcuni componenti) si esplicò, di fatto, in una
mera osservazione di quanto veniva deciso altrove.
Analoghe negative considerazioni vengono
riferite all’attività di monitoraggio ambientale che doveva essere effettuato
dall’esecutore dell’opera: la CAVET S.p.A.
7. Ulteriori elementi, a sostegno della
tesi accusatoria, si rinvengono:
a. dalla sentenza n. 3503/2009 del
Tribunale di Firenze, sez. staccata di Pontassieve, resa nei confronti della
CAVET S.p.A., che, relativamente all’imputazione di danneggiamento colposo
delle acque di falda, pur assolvendo gli imputati perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato, ne evidenzia responsabilità che rilevano in
questa sede;
b. dal procedimento penale n. 535/2004 –
nel quale risultano costituiti come parti civili il Ministero dell’Ambiente e
la Regione Toscana – al termine del quale il suddetto giudice ha condannato la
CAVET ad una provvisionale di 150.000.000 euro. L’esecuzione del provvedimento
è stata sospesa dalla Corte d’appello di Firenze con ordinanza del 23.11.2009,
nella quale, tuttavia, vengono evidenziate responsabilità, non penali, di enti
e di funzionari pubblici.
8. In ordine, infine, alla quantificazione
del danno ed alla sua ripartizione tra i convenuti, l’ufficio requirente
ritiene che:
a. in relazione alla concretezza ed
all’attualità che lo caratterizzano ed all’intervenuta prescrizione (decorrente
dalla notifica degli inviti a dedurre, il primo dei quali risalente al
03.11.2009) debba essere determinato, complessivamente, in euro 13.698.681,00.
Tale importo è conseguenza della sommatoria di euro 3.947.200 (valore della
cosiddetta riserva idrica profonda, dal novembre 2004 all’agosto 2006), di euro
5.280.759 (idem, per il periodo settembre 2005/dicembre 2009), di euro 569.530
(costi di approvvigionamento per il periodo novembre 2004/agosto 2005), di euro
3.389.289 (idem, per il periodo settembre 2005/dicembre 2009) e di euro 511.903
(idem, per il periodo gennaio 2010/dicembre 2011).
Per la predetta quantificazione, è stata
utilizzata la stima effettuata dal prof. Romano Rocchi, CTU incaricato dalla
procura della Repubblica di Firenze nel citato procedimento penale n. 535/2004;
b. per la sua ripartizione, si debba fare
riferimento:
- nell’ambito delle due Giunte regionali
coinvolte, a coloro che, per il ruolo ricoperto,avevano maggiori responsabilità
decisionali: il presidente (Chiti), l’assessore alle infrastrutture ed ai
trasporti (Ghiandelli, per gli anni dal 1990 al 1995, e Barbini, per il periodo
1995-2000) nonché quello all’ambiente (Del Lungo, per il periodo 1995-2000).
Per quanto concerne il Periccioli,
assessore all’ambiente nella prima Giunta, la sua responsabilità deriva dalla
circostanza che, al momento delle rilevanti delibere n. 3884/1995 e 859/1998,
tacque le informazioni di cui era in possesso.
Viene, altresì, ritenuto rilevante il
ruolo dei due consiglieri (Bicchi e Ventura) appartenenti alla commissione
ambiente, in relazione all’approvazione delle delibere relative alla
realizzazione dell’opera, e del dirigente regionale responsabile del
procedimento e dell’istruttoria (Biagi);
- a livello centrale, all’arch. Pera ed
all’ing. Agricola, il cui apporto causale al verificarsi del danno viene
considerato pari a quello dei suddetti convenuti.
A tutti i predetti, il danno va addebitato
nella misura del 70% di quello complessivo, da ripartirsi sulla base della
lunghezza delle tratte approvate.
Del residuo 30%, dovranno rispondere gli
altri convenuti, (Benisperi, Badiali, Dini, Bencistà, Fratini, Ginanneschi,
Martini, Fontanelli, Geloni, Marcucci, Cazzola, Giannarelli, Siliani) anche
essi in proporzione alla lunghezza delle tratte approvate.
9. Tutti i convenuti hanno presentato
memorie difensive, incentrate, essenzialmente, sulle seguenti circostanze:
a. Agricola:
- apoditticità ed incoerenza delle
conclusioni della Procura, che gli addossa ogni responsabilità tralasciando di
approfondire la posizione di quanti hanno avuto parte nell’assumere la decisone
contestata;
- inammissibilità dell’azione di
responsabilità attivata, non essendogli stato notificato, nei termini di legge,
l’invito a dedurre;
- competenza a giudicare della sezione
Lazio piuttosto di quella Toscana, atteso che le funzioni da lui svolte – sia
quale presidente dell’O.A.N. sia quale coordinatore del gruppo di lavoro –
erano correlate al suo incarico di direttore generale presso il Ministero
dell’Ambiente;
- intervenuta prescrizione dell’azione
risarcitoria, considerato che l’asserito danno erariale (la maggiore perdita di
acqua) si è verificato in epoca anteriore ai cinque anni dall’avvio dell’azione
di responsabilità, che va fatta coincidere, in mancanza dell’invito a dedurre,
con la notifica dell’atto di citazione;
- erroneità ed infondatezza, nel merito,
delle incolpazioni;
- lacunosa e distorta interpretazione
delle norme concernenti il funzionamento delle commissioni per la valutazione
di impatto ambientale (VIA), il cui parere non è vincolante per l’organo cui
compete l’autorizzazione per l’esecuzione di un’opera pubblica;
- non rispondenza alla realtà delle
dichiarazioni rese, in fase istruttoria, dal Ministro Matteoli in ordine alla
presunta modica della prescrizione C18.
b. Pera:
- intervenuta prescrizione dell’azione
risarcitoria, atteso che l’evento dannoso, inteso come prima perdita di riserva
idrica, si è verificato nell’estate del 1998, dopo la cessazione dalla carica
di presidente della commissione VIA. Le predette argomentazioni valgono anche
se il danno si consideri permanente, atteso che l’obbligo di intervenire con
immediatezza, alla prima manifestazione della dispersione dell’acqua, incombeva
sul Ministro dell’Ambiente;
- funzioni e competenze del presidente
della commissione VIA, le cui attribuzioni riguardano esclusivamente la costituzione
dei gruppi di lavoro, il coordinamento dell’attività dell’organo, nonchè la
trasmissione delle relazioni al Ministro;
- legittimità dei pareri n. 72/1992 e n.
143/1995 che, contrariamente a quanto affermato nell’atto di citazione, furono
formulati dopo un completo dibattito;
- omessa considerazione, da parte
dell’ufficio requirente, del giudicato formatosi presso il TAR Lazio (sentenza
n. 2041/1997 ed ordinanza n. 551/1996), che, tra l’altro, valuta positivamente
il suo operato;
- insussistenza del nesso di causalità tra
la sua condotta ed il danno descritto nell’atto di citazione. La Commissione,
infatti, si limitò ad esprimere un parere sull’astratta compatibilità
dell’opera esaminata;
- inerzia della Regione Toscana e del
Ministero dell’Ambiente, che avrebbero dovuto intervenire, con immediatezza,
per eliminare o ridurre il danno evidenziatosi.
c. Chiti, Badiali, Barbini, Bencistà,
Benesperi, Biagi, Bicchi, Cazzola,Del Lungo, Fontanelli, Fratini, Geloni,
Ghiandelli, Giannarelli, Ginanneschi, Marcucci, Martini, Periccioli, Siliani,
Ventura,
(1) quali eccezioni preliminari:
- difetto di giurisdizione della Corte dei
Conti in quanto, in relazione alle previsioni dell’art. 18 della
legge n. 349/1986 e della parte seconda del d. lgs. n.
152/2006, la competenza a conoscere del danno ambientale spetta al giudice
ordinario. Residua la giurisdizione contabile per le sole ipotesi di cui all’art. 22 del
d.p.r. n. 3/1957, inconferenti rispetto al caso in esame. Infatti,
il danno cui fa riferimento la Procura (la perdita d’acqua) integra una delle
particolari fattispecie previste, all’art. 300/2°b del d.lgs. n.
152/2006, come danno ambientale per il cui risarcimento è competente
ad attivarsi, nelle varie sedi giurisdizionali, il solo Ministro dell’Ambiente
(artt. 311 – 316 d. lgs. citato). Né può portare a diverse conclusioni l’art.
313/6° del d. lgs. più volte citato, in quanto tale previsione, applicabile per
i fatti successivi alla sua entrata in vigore (29 aprile 2006) prevede che la
Procura competente agisca su “rapporto” del Ministero dell’Ambiente – che,
nello specifico, non risulta – e solo per il “mancato perseguimento del
risarcimento” del danno ambientale la cui quantificazione, comunque, è di esclusiva
competenza del citato dicastero;
- intervenuta prescrizione dell’azione
attivata in quanto il relativo termine quinquennale risulta ampiamente decorso
rispetto alle varie deliberazioni delle Giunte regionali (risalenti, al più
tardi, al luglio 1998) che approvarono il progetto e la relativa variante.
Parimenti decorso è il predetto termine anche con riferimento ad altri
accadimenti, quali l’accordo integrativo del luglio 1998 e l’addendum del
luglio 2002.
Né può accogliersi la tesi accusatoria
secondo cui il danno contestato sarebbe permanente in quanto, al più,
l’illecito sarebbe da considerarsi istantaneo con effetti permanenti. Infatti,
le condotte asseritamente illecite – il fatto dannoso richiamato dall’art. 1/2°
comma della legge n. 20/1994 –
si sarebbero, comunque, esaurite con l’adozione dei singoli provvedimenti
ritenuti illegittimi anche se il conseguente pregiudizio si è protratto per un
lungo arco di tempo. Al massimo, questo andrebbe riferito al momento in cui il
pregiudizio alle risorse idriche è stato conosciuto dal Ministero
dell’Ambiente, unico competente ad attivarsi per l’eventuale interruzione o
modifica del progetto, sia per le sue specifiche attribuzioni sia perché gli
amministratori regionali, una volta cessati dal mandato, non erano più
facoltizzati ad adottare eventuali provvedimenti in autotutela;
- necessità di sospendere il giudizio in
attesa della definizione dell’azione civile esercitata, in sede penale, dalla
Regione nei confronti del soggetto esecutore dell’opera;
(2) in punto di fatto:
- la Regione Toscana - nel lasso di tempo
intercorrente tra il 1992 (presentazione del progetto di massima) ed il 19
luglio 2002 (stipulazione dell’Addendum) - non aveva poteri in ordine alla
valutazione ambientale per opere di interesse nazionale, quale era quella in
argomento, la cui progettazione ed esecuzione erano disciplinate da norme
statali (legge n.
349/1986, DPCM n. 377/1988, legge n.
210/1985) dalle quali si evinceva, in sintesi, che la posizione
dominante, in tema di competenze, era del Ministero dell’Ambiente;
- la collocazione dell’opera pubblica in
argomento in un più vasto programma di rilevanza europea eseguito, nelle sue
varie fasi, sotto il costante controllo degli organi centrali tra i quali
emergeva, per rilevanza delle funzioni, la commissione VIA;
- le ripetute osservazioni - fatte dagli
organi regionali in occasione delle conferenze dei servizi aventi ad oggetto la
valutazione del progetto di massima – fornirono un fattivo contributo per la
valutazione dell’impatto dell’opera sulle risorse idriche;
- la costituzione dell’osservatorio
ambientale (con ampi poteri di verifica e di controllo) previste, dall’accordo
procedimentale, a garanzia dell’esecuzione dell’opera in conformità del
progetto esecutivo approvato nella conferenza dei servizi del luglio 1995;
- la circostanza che, secondo la relazione
Boeri, “la realizzazione delle gallerie drenanti era inevitabile e gli impatti
idrogeologici una conseguenza necessaria per la realizzazione dell’opera”;
- le ulteriori evenienze – conseguenti al
parere n. 23/1998 del Nucleo di valutazione ambientale – riassumibili nelle
deliberazioni nn. 785 e 859/1998 della Giunta regionale che, nell’aderire alla
“variante Castello”, approvò, “per quanto di propria competenza” il progetto
esecutivo della più volte citata opera, subordinatamente alla prescritta
pronuncia di impatto ambientale che avvenne, da parte della Commissione VIA,
con il parere n. 264/1998;
- il ruolo di tutela della risorsa idrica
svolto dal successivo “addendum”, del luglio 2002, all’accordo del 1995 ed alle
successive variazioni, volute dal Ministero dell’Ambiente, anche in violazione
delle competenze della Commissione VIA, con la irrituale costituzione,
nell’ambito del Gabinetto e su sollecitazione della Società TAV, di un apposito
gruppo di lavoro (presieduto dall’ing. Agricola) che travalicò i propri compiti
proponendo una modifica degli accordi già sottoscritti (c.d. prescrizione
C.18). Quest’ultima venne inviata al Presidente della Regione Toscana che
ritenne, correttamente, di essere, perciò garantito dalla firma del titolare
del dicastero, inspiegabilmente non citato nel presente giudizio;
(3) nel merito:
- inammissibilità ed infondatezza
dell’azione di responsabilità, atteso che la Giunta effettuò correttamente le
valutazioni di sua competenza segnalando, agli organi statali interessati, le
criticità che, di volta in volta, emergevano, e suggerendo, quando possibile,
soluzioni innovative, per garantire la migliore esecuzione dell’opera. Gli eventuali
inadempimenti sarebbero, pertanto, da addebitare ad altri soggetti;
- legittimità dei provvedimenti adottati
dalla Giunta regionale in carica nella legislatura 1990/1995 in quanto, con la
delibera n. 315/1992, nel trasmettere, al competente ministero, la relazione
istruttoria redatta dal “gruppo interdipartimentale”, fu chiesto di tenere
conto delle relative osservazioni e di apportare, al progetto, le modifiche
necessarie, di sue esclusiva competenza. Le stesse considerazioni valgono per
la proposta n. 250/1994 (poi divenuta deliberazione n. 573/1994) che prevedeva
l’esecuzione, da parte del concessionario, di “opere di mitigazione
ambientale”, come, peraltro, ribadito nell’ambito della conferenza di servizi
del 1995;
- non ravvisabilità della colpa grave nei
confronti dei convenuti il cui comportamento, come evidenziato, è stato
diligente e corretto, pur in presenza notevoli difficoltà derivanti da un’opera
pubblica di inusitata portata e di grande difficoltà tecnica e dal relativo,
complesso procedimento amministrativo di autorizzazione per il quale non
possono essere richiamate (come fa la Procura) le “ordinarie regole di
attenzione e prudenza”.
- errata quantificazione del danno il cui
importo (discutibile in quanto privo di oggettività) va ampiamente ridotto per
i vantaggi conseguiti dalla collettività a seguito della realizzazione della
infrastruttura nonché per il recupero dell’acqua uscita dalle gallerie.
Comunque, l’eventuale danno, ai sensi dell’art. 311/3° d. lgs. n. 152/2006,
dovrebbe essere quantificato dal Ministero dell’Ambiente secondo criteri
desumibili da un decreto che non risulta mai emanato;
d. ulteriori argomentazioni vengono
prospettate con riferimento a singole posizioni (arch. Biagi, consiglieri
Marcucci, Cazzola, Del Lungo, Ventura e Bicchi).
10. Con memorie tempestivamente
presentate, l’associazione ambientalistica IDRA, con sede in Firenze, ha
chiesto di essere ammessa ad intervenire “ad adiuvandum” nel giudizio, ai sensi
degli artt. 47 R.D. n. 1038/1933 e 105 c.p.c.
11. Nelle more del dibattimento, è
pervenuta documentazione attestante il decesso, avvenuto l’11.09.2011,
dell’ing. Agricola.
12. In sede di dibattimentale, tutti gli
intervenuti si riportano ai rispettivi atti.
In particolare:
- il P.M. ribadisce che il danno contestato
è patrimoniale (e non ambientale) e che, ai fini della decorrenza della
prescrizione, è da caratterizzarsi quale permanente. Nel merito, conferma le
conclusioni riportate nella citazione;
- l’avv. Grassi, nel richiamare la
normativa sul danno ambientale, contesta la quantificazione del danno
effettuata dalla procura;
- l’avv. Viciconte ritiene che sia
opportuno sospendere il giudizio in attesa che giunga a conclusione il
correlato procedimento penale;
- l’avv. Cacciapuoti si sofferma sulla
problematica concernente la decorrenza della prescrizione ed evidenzia che i
convenuti, cessati dalle rispettive cariche nel 2000, non erano più in
condizione di far cessare gli effetti dell’eventuale illiceità loro
attribuibile;
- l’avv. Satta, nel contestare che il
danno si sia concretizzato, in quanto l’acqua non si è dispersa, sottolinea la
correttezza dell’operato dell’arch. Pera;
- l’avv. Carrozza ribadisce la
ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali e la posizione, spesso
critica, di questi ultimi sul progetto inerente l’opera pubblica in argomento;
- la rappresentante dell’IDRA si associa
alle tesi sostenute dal Procuratore regionale.
DIRITTO
1. Prima di procedere all’esame delle
numerose e complesse problematiche connesse al presente giudizio, il Collegio,
preso anche atto dell’orientamento del P.M. espresso in sede di discussione
orale, dichiara l’estinzione dell’azione di responsabilità nei confronti
dell’ing. Bruno Agricola, deceduto prima dell’inizio della fase dibattimentale,
tenuto conto che non ricorre l’ipotesi di un suo illecito arricchimento (SS.RR.
nn. 22/1996 e 74/1997, sez. 1^ C.le n. 137/2008).
2. Tanto premesso, prima di esaminare nel
merito la tesi accusatoria esposta in citazione, si ritiene di dover affrontare
le numerose eccezioni proposte dalle difese dei convenuti. Esse, in dettaglio,
riguardano:
- il difetto di giurisdizione della Corte
dei Conti.
La giurisdizione circa l’esistenza del
danno ambientale, quale contestato dalla Procura, spetterebbe, ad avviso dei
convenuti, al giudice ordinario, ai sensi del combinato disposto dell’art. 18 della
legge n. 349/1986e della parte seconda del d. lgs. n. 152/2006; solo
dopo l’entrata in vigore di tale ultima norma si potrebbe configurare, con
l’osservanza di una specifica procedura che prevede l’intervento del Ministero
dell’Ambiente, la competenza della Corte.
La tesi accusatoria, che definisce
patrimoniale il danno conseguente al danneggiamento delle risorse idriche, è
supportata dall’orientamento del Tribunale di Firenze - sez. staccata di
Pontassieve rinvenibile nella sentenza n. 3503/2009 che richiama alcune norme,
tra le quali gli artt. 1 della legge n. 36/1994 e
144 del più volte citato d. dls. N. 152/2006.
In punto di fatto, il Collegio ritiene
provato che il danno alle risorse idriche, come prospettato dall’ufficio
requirente, si sia verificato atteso che, sulla specifica circostanza (sia pure
in una diversa ottica) concorda anche la difesa dei convenuti, come da relazione
tecnica di parte, datata settembre 2011.
Rimane, pertanto, da definire come tale
avvenimento sia qualificabile, ai fini della competenza a giudicare,
considerato che, fino all’entrata in vigore del d. lgs. n. 152/2006 avente ad
oggetto “norme in campo ambientale” (29 aprile 2006), consolidata ed univoca
giurisprudenza individuava in quello ordinario il giudice competente a
conoscere del danno ambientale (ex multis, Corte Cost.le n. 641/1987, Cass.
sez. un. n. 10733/1998, C.d.C. sez. 2^ C.le n. 509/2009).
In linea di principio, il Collegio ritiene
che, dallo stesso fatto storico (nello specifico, il danneggiamento della falda
idrica), possano derivare pretese differenti conseguenti al concorrere,
sull’identico bene materiale, di interessi diversi, autonomamente tutelati
dall’ordinamento con distinti diritti ed azioni. Più in dettaglio, il d. lgs.
più volte citato – pur prevedendo la tutela dell’ambiente, come bene unitario
di interesse collettivo, con alcune azioni la cui titolarità fa capo al
pertinente Ministero - non ha escluso che, sulla stessa realtà fisica
interessata dal danno ambientale, possano confluire altri interessi ugualmente
tutelati (art. 313/7°). Pertanto, un’unica condotta, produttiva di un danno
ambientale può, nello stesso tempo, ledere l’interesse sia dello Stato (sul
bene collettivo ambiente, secondo la procedura di cui all’art. 299 e seguenti
del più volte citato d. lgs.) sia di quanti, soggetti privati o pubblici,
abbiano la titolarità di un diritto reale sullo stesso, con le normali azioni
civilistiche, previste, a tutela della proprietà e del possesso, ai sensi
dell’art. 313/78 (nei termini, sez. giur. Tr. A.A. n. 35/2009).
In concreto, e con riferimento al presente
giudizio, preso atto che:
- il danno è stato causato da soggetti di
cui risulta incontrovertibile, anche perché non contestato, il rapporto di
servizio con la pubblica amministrazione;
- nei loro confronti, in ragione del
principio di specialità rispetto al citato art. 313/7°, può proporsi l’azione
di responsabilità amministrativa di cui al R.D. n. 1214/1934;
il Collegio ritiene che il titolo della
pretesa risarcitoria sia dato dalla lesione non del diritto all’ambiente in
senso stretto, ma di quello di proprietà dello Stato sulle falde acquifere,
bene di interesse collettivo, caratterizzato, perciò, dall’essere patrimoniale.
Pur tuttavia, anche a volere condividere
la tesi difensiva circa la qualificazione come ambientale (e, perciò, soggetto,
per il suo perseguimento, alla particolare disciplina di cui all’art. 313 del
d. lgs. n. 152/2006) del danno contestato dalla Procura, la giurisdizione di
questa Corte dei Conti, a decorrere dall’entrata in vigore del più volte citato
d. lgs., sarebbe ugualmente rinvenibile, anche in mancanza del “rapporto” del
competente ministro, alla procura regionale, attesa l’impossibilità, in assenza
di una specifica norma, di considerare tale atto quale condizione di
procedibilità per l’attivazione dell’azione per danno erariale (nei termini,
sez. giur. Molise n. 144/2010). In conclusione, nel respingere l’eccezione, il
Collegio afferma, relativamente al presente giudizio, la giurisdizione di
questa Corte.
3. La seconda eccezione concerne la
richiesta di sospensione del giudizio in attesa che, nell’ambito del correlato
processo penale in corso, vengano assunte le pertinenti decisioni in ordine
all’azione civile esercitata dalla Regione Toscana nei confronti del soggetto
esecutore dell’opera.
L’eccezione è priva di pregio, atteso che:
- in punto di fatto, la controversia
sottoposta al vaglio del giudice ordinario è relativa a problematiche riferite,
essenzialmente, ad aspetti (quali la gestione non autorizzata di rifiuti da
parte del consorzio che si era aggiudicata l’esecuzione dell’opera) diversi dal
danno erariale prodotto dai convenuti nella loro qualità di soggetti legati da
rapporto di servizio con la pubblica amministrazione;
- nel merito, la giurisprudenza di questa
Corte è univoca nell’affermare sia l’indipendenza del giudizio contabile da
quello civile, attese le rispettive differenti finalità, sia l’inesistenza
dell’obbligo della sospensione del primo anche se la somma di cui è chiesto il
recupero in sede civile coincide, in tutto o in parte, con quella dedotta come
illecito amministrativo-contabile (nei termini, sez. 2^ C.le nn. 149/2008 e 285/2001,
sez. giur. Toscana n. 325/2009).
4. Rimane da esaminare l’ultima eccezione
difensiva: la prescrizione, sulla cui avvenuta maturazione concordano sia
l’accusa sia la difesa, pur con una differente qualificazione (rilevante ai
fini della decorrenza) del fatto illecito (permanente o istantaneo con effetti
permanenti) da cui è conseguito il danno contestato.
Sul punto, la giurisprudenza della
Cassazione è concorde nel definire permanente il fatto illecito derivante da un
comportamento, attivo o omissivo, che, dopo aver prodotto l’effetto dannoso,
perdura nel tempo. Di contro, l’illecito viene considerato istantaneo con
effetti permanenti quando, pur esauritosi il comportamento che lo ha generato,
continua ad esistere autonomamente protraendo i suoi effetti (ex multis, sez.
lav. n. 13046/2006, sez. 3^ civ. n. 16009/2000 e n. 5383/1980).
I predetti principi sono stati
autorevolmente richiamati in alcune decisioni di questa Corte. Tra le altre,
viene in evidenza la sentenza n. 362/2010 della 2^ sez. Centrale, in cui viene
statuito che il fatto generatore di responsabilità contabile si qualifica come
illecito permanente qualora provenga da un comportamento volontario che
prosegue senza interruzione anche se l’autore dello stesso potrebbe, in
qualsiasi momento, porre fine alla situazione produttrice di danno. E’, invece,
istantaneo con effetti permanenti, l’illecito le cui conseguenze, pur
perdurando nel tempo, possono essere eliminate con una nuova e diversa azione.
Nello specifico, dall’esame degli atti e
dalle risultanze dibattimentali, è emerso, in modo inequivocabile, che il
comportamento, da cui è derivato il danno erariale contestato dalla procura
(correttamente definito patrimoniale in quanto relativo all’accertata
dispersione delle ingenti risorse idriche), è quello tenuto, per la parte di
rispettiva competenza, dai convenuti che, come dettagliatamente indicato
nell’atto di citazione, agendo con censurabile superficialità, insolita
pervicacia ed in violazione ad elementari norme di diligenza, - pur avendo un’adeguata
conoscenza dell’opera e delle conseguenze che avrebbe causato alle risorse
idriche, in virtù della consistente mole di informazioni pervenute nella fase
istruttoria e volutamente trascurate o non adeguatamente veicolate, -
procedettero all’approvazione dei progetti.
La loro condotta, dunque, non può che
qualificarsi come gravemente colposa e, come tale, definirsi, ai fini
evidenziati, quale originatrice del fatto illecito da cui è promanato il danno
il cui verificarsi, secondo la prospettazione accusatoria, va fatto risalire al
periodo in cui essi rivestivano i rispettivi incarichi istituzionali che vanno
identificati:
- per i componenti delle due giunte
regionali, nelle legislature che coprono l’arco di tempo dal 1990 al 2000;
- per l’arch. Biagi, dal luglio 1994 al
2000;
- per l’arch. Pera, dal novembre 1992 al
settembre 1996.
Da tali incarichi i predetti risultano
cessati nelle date a fianco di ciascuno indicate, tutte precedenti al periodo
coperto da prescrizione, i cui effetti, come evidenziato dallo stesso ufficio
requirente, coprono il lasso di tempo che va dal verificarsi dell’evento al
novembre 2004.
Sulla base delle predette considerazioni e
tenuto conto della citata giurisprudenza, il Collegio, condividendo la tesi
difensiva, ritiene di dover definire quale istantaneo con effetti permanenti
l’illecito da cui è derivato il danno contestato, con la conseguenza che la
prescrizione comincia a decorrere sin dal momento in cui il danno ha cominciato
inizialmente a manifestarsi.
Del resto, nemmeno gioverebbe alla Procura
sostenere che l’illecito, da cui il danno contestato, ha, invece, carattere
permanente e non istantaneo, giacché le condotte lesive, evidenziate nell’atto
di citazione e racchiuse nell’adozione degli atti ritenuti illegittimi (le
deliberazioni n. 3384/1995, n. 785/1998 e n. 859/1998 nonché tutti gli atti
presupposti, concomitanti e successivi, l’ultimo dei quali, l’accordo
integrativo, è del luglio 1998) sono cessate e, quindi, è cessata la permanenza
nel momento in cui i convenuti, in conseguenza della cessazione dalle funzioni
ricoperte, non avevano, più la possibilità d’intervento per eliminarne le
conseguenze dannose: interrompendo l’attivazione del progetto o stabilendo sue
nuove e diverse modalità di esecuzione (cfr. Cass. n.7272 del 2011)
Inconferenti sono da ritenersi le
prospettazioni difensive concernenti la posizione del Ministro pro-tempore
dell’Ambiente, non convenuto nel presente giudizio, benché titolare delle
specifiche competenze ed attribuzioni di cui all’art. 6 legge n.
349/1986 integrato dall’art. 4 del D.P.C.M. n. 377/1988 e,
successivamente, al d. lgs. n. 152/2006. In merito, tuttavia, il Collegio non
può non evidenziare che – nell’ambito del dicastero – le problematiche
derivanti dell’importante opera pubblica erano certamente note, come risulta,
tra l’altro, dalla corrispondenza risalente al periodo marzo-agosto 2002 e
diretta ad alti rappresentanti istituzionali, con cui si ravvisa la necessità
di integrare gli accordi intercorsi e si trasmette il cosiddetto “addendum” del
luglio 2002, documento che, tra l’altro, evidenzia le criticità emerse
nell’esecuzione dell’opera, con particolare riferimento alle risorse idriche.
In conclusione, l’azione attivata con
l’atto di citazione in argomento è da ritenersi, in base alla giurisprudenza
sopracitata, prescritta, in quanto proposta oltre il termine quinquennale
previsto dall’art. 1/2° della legge n. 20/1994,
sia che il dies a quo si faccia decorrere dal momento in cui ha cominciato a
manifestarsi il danno, sia che il dies a quo si faccia decorrere dal momento in
cui i convenuti, in conseguenza della cessazione dalle funzioni ricoperte, non
avevano più la possibilità d’intervento per eliminarne le conseguenze dannose.
5. Relativamente alle spese sostenute, dai
convenuti, per la difesa, il Collegio evidenzia che la specifica normativa
(art. 3 comma 2 bis del d. l. n. 543/1996,
convertito nella l. n. 639/1996,
autenticamente integrata dalla l. n. 102/2009)
prevede che esse possano essere rimborsate qualora il giudizio si sia concluso
con un “proscioglimento nel merito”, condizione indispensabile per escludere
ogni possibile conflitto di interessi tra il convenuto e l’amministrazione di
appartenenza.
Tale condizione non sussiste nel caso di
dichiarazione della prescrizione, statuizione, che, prescindendo da ogni
accertamento, nel merito, dell’insussistenza dei presupposti della
responsabilità amministrativa, non comporta l’obbligo di liquidazione delle
spese stesse da parte del giudice contabile attesa la non spettanza del loro
rimborso da parte dell’amministrazione di appartenenza (SS.RR. n. 3/2008).
6. Analoga decisione il Collegio ritiene
di adottare con riferimento all’istanza di liquidazione dei compensi,
presentata, in udienza, dal difensore dell’associazione Idra, con riferimento
al provvedimento concessivo del beneficio del gratuito patrocinio adottato a
suo favore dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Firenze.
Infatti, deve considerarsi - a prescindere
dall’ammissibilità del gratuito patrocinio anche nell’ipotesi di intervento
adesivo dipendente - che l’associazione IDRA non ha dedotto, nel suo atto di
intervento, la titolarità di nessuna posizione giuridica che avrebbe potuto
essere pregiudicata dal mancato riconoscimento delle ragioni addotte dalla
Procura Regionale e, quindi, dal disconoscimento dell’esistenza di un danno avente,
come si è detto, natura erariale e non ambientale.
Ne consegue la necessità di revocare ex
tunc, ai sensi dell’art. 136 del T.U. n. 115 del 2002, per mancanza dei
necessari presupposti, l'ammissione al gratuito patrocinio dell’associazione
IDRA provvisoriamente disposta dal consiglio dell'ordine degli avvocati di
Firenze.
Alla revoca si provvede, per economia, con
la sentenza conclusiva del giudizio invece che con il previsto decreto.
7. Ai sensi dell’art. 89 c.p.c. l’istanza,
datata 22.03.2011, prodotta dal P.M. dott. Paolo Crea e finalizzata alla
cancellazione di alcune frasi contenute nella memoria prodotta dalla difesa
dell’ing. Agricola, è accolta, in parte, con esclusivo riferimento a quanto
riportato nella pag. 3, (la frase che va da “ciò può indurre……….” a
“……..responsabile ministeriale”) atteso il suo tenore palesemente offensivo ed
ultroneo rispetto alle esigenze difensive.
La stessa caratteristica non si rileva, di
contro, in quanto riportato alla pag. 50 dello stesso scritto.
P.Q.M.
la Corte dei Conti, Sezione
Giurisdizionale per la Toscana, definitivamente pronunciando in relazione
all’atto di citazione depositato il 27.10.2010 ed iscritto al n. 58665/R del
registro di Segreteria
- dichiara estinta l’azione di
responsabilità attivata nei confronti di AGRICOLA Bruno;
- assolve, per intervenuta prescrizione
dell’azione, CHITI Vannino, BADIALI Luigi, BARBINI Tito, BENCISTÀ Alberto,
BENESPERI Paolo, BIAGI Gianni, BICCHI Riccardo, CAZZOLA Franco, DEL LUNGO
Claudio, DINI Patrizia, FONTANELLI Paolo, FRATINI Giovanni, GELONI Fabrizio,
GHIANDELLI Enno, GIANNARELLI Paolo, GINANNESCHI Mauro, MARCUCCI Marialina,
MARTINI Claudio, PERA Costanza, PERICCIOLI Moreno. SILIANI Simone, VENTURA
Michele;
- revoca l’ammissione al gratuito
patrocinio dell’Associazione IDRA
- dispone la cancellazione
dell’espressione contenuta a pag. 3 della memoria difensiva Agricola nei sensi
in cui parte motiva nell’originale e in tutte le copie in atti.
Nulla per le spese.
Manda alla Segreteria per le incombenze di
rito.
Così deciso, in Firenze, nelle Camere di
Consiglio del 13.01.2012 e del 29.02.2012.
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