ELEZIONI:
la sentenza del Consiglio di Stato
sul "caso Fassina"
tra "disorganico quadro normativo"
e "strumentalità delle forme"
tra "disorganico quadro normativo"
e "strumentalità delle forme"
(Cons. St., Sez .IV,
sentenza 17 maggio 2016, n. 1987)
Sono sempre più convinto che senza un formate legislativo chiaro, semplice e coordinato (nonché conosciuto dagli addetti ai lavori, senza se e senza ma) con le altre disposizioni ordinamentali, il formante giurisprudenziale, per quanto rigoroso e razionalizzante, sia afflitto da limiti intrinseci, seppure in via derivata.
Visto che mi sembra sia iniziata una più decisa stagione delle "compilazioni settoriali" parzialmente innovative (almeno nel diritto amministrativo; vedi T.U. sulle partecipate e nuovo Codice dei Contratti pubblici) e che il nostro ordinamento rimane di civil law, nonostante la sempre maggiore rilevanza della funzione nomofilattica delle varie Giurisdizioni superiori, sancita anche dal legislatore, l'opportunità storica di migliorare la qualità/efficacia della legislazione non credo possa e debba cedere il passo all'inveterato uso del pressappochismo redazionale.
Senza dimenticare la nostra storia giuridica: il codice civile, non a torto ritenuto un modello di legislazione per completezza e sistematicità, è il frutto del "dialogo" tra legislatore e Giudici di merito e della Suprema Corte di Cassazione (come spesso ripete il Prof. Abbamonte nei suoi mirabili Convegni): senza tale "circolo virtuoso", il nostro codice sarebbe o troppo "teorico" (vedi la Pandettistica tedesca) o troppo "pragmatico", sul modello della legislazione "rimediale" che informa la normativa comunitaria, sovente "interpretata" dalla Corte di Giustizia, o della legislazione anglosassone (che comunque segue e razionalizza il diritto pretorio di common law, il quale è dotato di una stabilità inconcepibile nel nostro ordinamento, nonostante i limiti intrinseci alle induzioni generalizzatrici del legislatore d'Oltremanica rispetto all'approccio casistico giurisprudenziale).
Se il nostro sistema è divenuto misto, ritorni ad esser "puro" innanzitutto per la rinnovata centralità della legge, senza che ciò escluda la convergenza dei formanti giurisprudenziale e dottrinale.
Massima
1. - La questione controversa tra le
parti non riguarda la questione di carattere generale se in linea di principio
siano valide le sottoscrizioni assistite da autenticazioni prive di data: una
tale questione va comunque esaminata tenendo conto delle specifiche
disposizioni rilevanti nei vari settori dell’ordinamento (ad es., della legge
notarile del 1913, del codice civile, del d.P.R. n. 445 del 2000,
ecc.) Più limitatamente, la Sezione si deve occupare della specifica
portata delle disposizioni che riguardano il procedimento elettorale e, in
particolare, della l. n. 53 del 1990.
2. - Quanto precede induce la
Sezione a ritenere che:
2.1. - dal quadro normativo vigente, non chiaro né coordinato, non risulta
espressamente affermata né è stata prevista la necessità, a pena di nullità,
della data delle autenticazioni amministrative;
2.2. - in mancanza di una esplicita previsione di una nullità, di ordine
strutturale o testuale, essa non può essere desunta, nell’ambito del
procedimento elettorale, dallo scopo che la data potrebbe eventualmente
soddisfare, non essendo ammesse nullità “funzionali”;
2.3. - a fronte di tale scarsa chiarezza del quadro normativo, deve essere
valorizzato il principio del favor partecipationis, per il quale – in
assenza di una chiara disposizione ostativa – può partecipare alla competizione
elettorale una lista in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti;
2.4. - la rilevanza del momento temporale è sancita dal legislatore, a pena di
nullità, esclusivamente ai fini del rispetto dell’art. 14, comma 3, della l. n.
53 del 1990, secondo cui «le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono
nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per
la presentazione delle candidature»;
2.5. - tale requisito temporale, in assenza di contrarie previsioni legislative,
può desumersi aliunde, se risulta con certezza che la sottoscrizione e
l’autenticazione non risalgono e non possono risalire ad un periodo anteriore
al centottantesimo giorno precedente al termine fissato per la presentazione delle
candidature;
2.5. - in materia elettorale, almeno limitatamente alla data delle
autenticazioni, rileva il principio di strumentalità delle forme, che può
essere egualmente soddisfatto, in ragione del valore preminente del favor
partecipationis, laddove la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la
forma sia preordinata, sia comunque raggiunta;
2.6. - l’invalidità delle operazioni, alla stregua di tale fondamentale canone
interpretativo in materia elettorale, può essere ravvisata solo quando la
mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento
dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare
l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui
non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera
espressione del voto.
3. - L’applicazione del
principio del favor partecipationis risulta corroborata dalle
considerazioni della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti
dell’uomo:
3.1. - con la sentenza n. 1 del 13 gennaio
2014, la Corte Costituzionale ha evidenziato che le disposizioni sui sistemi
elettorali sono ragionevoli se stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto
al perseguimento» di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime
disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano
violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le
conseguenze derivanti nel caso di loro violazione;
3.2. - con la sentenza 16 marzo 2006, n. 58278, la stessa Corte europea dei
diritti dell’uomo, Grande Chambre, ha evidenziato che la legislazione
elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare
l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista
può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai
sensi degli art. 74 e 129 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 3784 del 2016, proposto da «Sinistra Per Roma - Fassina Sindaco», in persona del sig. Stefano Fassina, dalla sig.ra Floriana D’Elia, candidata, e dal sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Carlo Contaldi La Grotteria, dall’Avv. Paolo Pittori, dall’Avv. Piero Sandulli, dall’Avv. Pietro Adami e dall’Avv. Arturo Salerni, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24;
sul ricorso numero di registro generale 3784 del 2016, proposto da «Sinistra Per Roma - Fassina Sindaco», in persona del sig. Stefano Fassina, dalla sig.ra Floriana D’Elia, candidata, e dal sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Carlo Contaldi La Grotteria, dall’Avv. Paolo Pittori, dall’Avv. Piero Sandulli, dall’Avv. Pietro Adami e dall’Avv. Arturo Salerni, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24;
contro
La
Commissione Elettorale Circondariale di Roma, in persona del Presidente pro
tempore, l’U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del Prefetto pro
tempore, il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro
tempore, rappresentati e difesi ex legedall’Avvocatura Generale
dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi,
n. 12;
nei
confronti di
Il
signor Eugenio Pini;
per
la riforma
della
sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II, bis, n. 5723/2016,
resa tra le parti, concernente esclusione dalla lista «Sinistra per Roma - Fassina Sindaco», per le elezioni
amministrative del 5 giugno 2016;
visti
il ricorso e i relativi allegati;
visti
gli atti di costituzione in giudizio della Commissione Elettorale Circondariale
di Roma, dell’U.T.G. - Prefettura di Roma e del Ministero dell’Interno;
viste
le memorie difensive;
visti
tutti gli atti della causa;
relatore
nell’udienza speciale elettorale del giorno 16 maggio 2016 il Cons.
Massimiliano Noccelli e uditi per gli odierni appellanti l’Avv. Carlo Contaldi
La Grotteria, l’Avv. Pietro Adami, l’Avv. Paolo Pittori, l’Avv. Arturo Salerni,
e per le Amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo;
1.
Con decreto dell’8 aprile 2016, trasmesso alle singole Prefetture il successivo
11 aprile 2016, il Ministero dell’Interno ha fissato la data di svolgimento
delle consultazioni elettorali amministrative per la data del 5 giugno 2016.
1.1.
In data 7 maggio 2016, il sig. Felice Maggi, delegato, ha presentato la lista «Sinistra
per Roma – Fassina Sindaco»,
con gli allegati richiesti.
1.2.
Il successivo 8 maggio 2016, con il verbale n. 3825, la Commissione Elettorale
Circondariale ha escluso tale lista dalla competizione elettorale per
l’elezione del Sindaco e dei Consiglieri del Consiglio di Roma Capitale,
osservando che per 679 sottoscrizioni il Vicepresidente del Municipio Roma 4,
che aveva effettuato l’autenticazione, non aveva indicato la data, ritenuta
elemento essenziale della stessa autenticazione, e concludendone, quindi, che
tali sottoscrizioni non potessero essere ritenute valide.
1.3.
La Commissione, nel considerare conseguentemente valide solo 801 sottoscrizioni
riportanti la data della relativa autenticazione, constatava che la lista «Sinistra
per Roma – Fassina Sindaco»
non aveva rispettato il numero minimo delle sottoscrizioni previste per i
Comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti.
1.4.
Con successivo verbale n. 1984 del 10 maggio 2016, infine, la stessa
Commissione Elettorale Circondariale ha confermato, in sede di riesame, il
provvedimento di esclusione.
2.
Avverso i due provvedimenti, di cui al verbale n. 3825 dell’8 maggio 2016 e al
verbale n. 1984 del 10 maggio 2016, la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco», la sig.ra
Floriana D’Elia, candidata, e il sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione
della lista, hanno proposto ricorso avanti al Tribunale Amministrativo
Regionale per il Lazio, lamentandone l’illegittimità, e ne hanno chiesto
l’annullamento, con conseguente ammissione alla competizione elettorale.
2.1.
I ricorrenti hanno proposto tre distinte censure nei termini riassuntivi
seguenti:
1) la violazione degli artt. 21, comma
1, e 38 del d.P.R. n. 445 del 2000, poiché le formalità richieste da tali
disposizioni non contemplerebbero l’apposizione della data nell’autenticazione
delle sottoscrizioni, sicché la mancanza della data non potrebbe costituire
causa di nullità;
2) l’unica ipotesi di nullità prevista
in materia, quella dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, non sarebbe
ravvisabile in concreto, per la possibilità di ricavare aliunde tale
elemento e, precisamente, dal fatto che, nel caso di specie, l’autentica è
stata effettuata da un soggetto investito della carica di Vicepresidente del IV
Municipio soltanto in data 29 dicembre 2015, sicché i verbali autenticati in
via amministrativa non potrebbero essere stati formati prima dei 180 giorni
previsti dal citato art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990;
3) l’esiguità del termine fissato per
la raccolta delle sottoscrizioni, in asserita violazione dell’art. 14 della l.
n. 53 del 1990 e dell’art. 32, commi 10 e 11, del testo unico approvato con il
d.P.R. n. 570 del 1960.
2.2.
Si è costituito nel primo grado di giudizio il Ministero dell’Interno, con atto
depositato il 12 maggio 2016, per resistere al ricorso, sostenendo la
legittimità dell’esclusione impugnata e, comunque, l’inammissibilità della
censura relativa all’esiguità del termine per la raccolta delle sottoscrizioni
e per la stretta attinenza di tale censura ad un atto diverso da quelli gravati
e, cioè, il citato decreto dell’8 aprile 2016, con il quale è stata fissata la
data per lo svolgimento delle consultazioni elettorali.
3.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza n. 5723 del
13 maggio 2016, ha respinto il ricorso, compensando le spese di lite.
3.1.
Ha osservato il primo giudice che la disciplina delle modalità inerenti alla
autenticazione delle sottoscrizioni in materia elettorale deve essere
rinvenuta, essenzialmente, nel comma 2 e non nel comma 1 dell’art. 21 del
d.P.R. n. 445 del 2000 e, dunque, in una regolamentazione di maggior rigore
formale, per la delicatezza della funzione che la formalità dell’autenticazione
riveste nel procedimento elettorale.
3.2.
Da questa premessa il Tribunale Amministrativo Regionale ha tratto la
conseguenza che le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione
delle firme degli elettori, che accettano la candidatura o che presentano come
delegati le liste, non assumono un rilievo meramente formale, poiché le minute
regole da esse presidiate mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni,
impedendo abusi e contraffazioni.
3.3.
L’autenticazione prevista dall’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000,
che contempla e richiede anche l’indicazione del luogo e della data,
rappresenta in tale prospettiva, secondo la sentenza impugnata (p. 5-6), un
elemento essenziale, non integrabile aliunde, sicché la mancanza
della data apposta dal pubblico ufficiale nell’autenticazione inficerebbe
irrimediabilmente la validità della relativa sottoscrizione.
3.4.
Né potrebbe essere addotto in senso contrario l’argomento, sostenuto dai
ricorrenti in primo grado, secondo cui l’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del
1990 avrebbe individuato e circoscritto, in questa materia, l’unica ipotesi di
nullità speciale nell’anteriorità delle sottoscrizioni e delle autenticazioni
al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione
delle candidature, poiché quella in esame sarebbe, all’evidenza, una ‘nullità
aggiuntiva’ rispetto alle ordinarie forme di nullità previste per inosservanza
delle forme richieste per la validità dell’atto.
3.5.
In definitiva, secondo il primo giudice, la mancanza della data di
autenticazione delle sottoscrizioni renderebbe irrimediabilmente nullo l’atto
di presentazione delle liste relativamente a tali sottoscrizioni (p. 6 della
sentenza impugnata).
3.6.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, infine, ha ritenuto inammissibile la
censura relativa all’esiguità del termine fissato per la raccolta delle firme,
censura qui non riproposta dagli odierni appellanti.
4.
Avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale hanno proposto
appello sia la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco», sia la sig.ra Floriana D’Elia,
candidata, ed il sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista,
deducendo tre motivi di censura, e chiedendone la riforma, con conseguente
ammissione della lista alla competizione elettorale.
4.1.
Gli appellanti hanno dedotto, in sintesi, i seguenti motivi:
a)
l’error in iudicando e la carenza di motivazione in relazione al
primo motivo dell’originario ricorso, relativo alla violazione dell’art. 14
della l. n. 53 del 1990, alla violazione degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2
e 3, del d.P.R. n. 445 del 2000, la violazione dell’art. 2703 c.c. e l’eccesso
di potere per difetto dei presupposti (pp. 2-10 del ricorso);
b)
l’irragionevolezza dell’esclusione per una mancanza della stessa
Amministrazione e, cioè, per un errore del funzionario autenticatore, che
avrebbe dimenticato di apporre la data nell’autenticazione (p. 10 del ricorso);
c)
la violazione dei principi costituzionali ed europei, ispirati al più ampio favor per
la partecipazione alla competizione elettorale e alla libera espressione del
voto (pp. 10-12 del ricorso);
d)
la violazione delle disposizioni, di cui al motivo a), anche nell’ipotesi in
cui si ritenesse applicabile l’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000,
non prevedendo la normativa di settore – la legge elettorale – una espressa
sanzione della nullità laddove manchi la data dell’autenticazione.
4.2.
Si è costituito il Ministero dell’Interno appellato, il 16 maggio 2016,
deducendo, con articolata memoria difensiva, l’infondatezza dell’appello,
sostenendo tra le altre argomentazioni, in particolare, il carattere ‘statico’
e non mobile del rinvio dell’art. 14, comma 2, della l. n. 50 del 1993 alle
modalità previste dall’art. 20 della l. n. 15 del 1968, ora abrogato (pp. 6-7
del ricorso).
4.3.
Gli appellanti hanno depositato lo stesso 16 maggio 2016 una ulteriore memoria
difensiva.
4.4.
Nell’udienza del 16 maggio 2016 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha
trattenuto la causa in decisione ai sensi degli artt. 74 e 129 c.p.a.
5.
Ritiene la Sezione che l’appello è fondato e deve essere accolto.
5.1.
La questione controversa tra le parti non riguarda la questione di carattere
generale se in linea di principio siano valide le sottoscrizioni assistite da
autenticazioni prive di data: una tale questione va comunque esaminata tenendo
conto delle specifiche disposizioni rilevanti nei vari settori dell’ordinamento
(ad es., della legge notarile del 1913, del codice civile, del d.P.R. n. 445
del 2000, ecc.).
5.2.
Più limitatamente, la Sezione si deve occupare della specifica portata delle
disposizioni che riguardano il procedimento elettorale e, in particolare, della
l. n. 53 del 1990.
6.
Va premesso che questo Collegio non ignora l’orientamento, seguito e applicato
dal primo giudice nella sentenza qui impugnata, per il quale le invalidità che
inficiano il procedimento di autenticazione delle sottoscrizioni degli
elettori, che accettano la candidatura o che presentano come delegati le liste,
non assumono un rilievo meramente formale: le specifiche regole legislative
mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni e ad impedire abusi e
contraffazioni, con la conseguenza che l’autenticazione, seppur distinta sul
piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale - non
integrabile aliunde - della presentazione della lista o delle
candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare che le
sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180 giorno fissato per la
presentazione delle candidature (Cons. St., sez. V, 15 maggio 2015, n. 2920).
6.1.
Nemmeno ignora il Collegio l’orientamento per il quale siano elementi essenziali
costitutivi della procedura di autenticazione sia l’apposizione del timbro, sia
l’indicazione del luogo e della data della sottoscrizione del pubblico
ufficiale procedente (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 2013, n. 786).
7.
Ciò posto, ritiene la Sezione che occorre riesaminare funditus l’ambito
di applicazione delle disposizioni rilevanti in materia.
7.1.
Infatti, per le autenticazioni amministrative l’ordinamento prevede regole
speciali, rispetto a quelle ‘ordinarie’ sulle autenticazioni, desumibili
dall’art. 2703 del codice civile e dall’art. 72 della legge notarile del 1913
(quanto, appunto, all’autentica formale notarile).
8.
Nel presente giudizio, rilevano specificamente le disposizioni della l. n. 53
del 1990, recante «misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al
procedimento elettorale», il cui art. 14, comma 1, dispone che competenti ad
eseguire le autenticazioni – in questa materia – oltre ai notai sono diversi
soggetti, tra i quali i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i
presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e vicepresidenti
dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i
funzionari incaricati dal sindaco o dal presidente della provincia.
8.1.
Il comma 2 dell’art. 14 della l. n. 53 del 1990 stabilisce che «l’autenticazione
deve essere compiuta con le modalità di cui al secondo e al terzo comma
dell’articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15».
8.2.
Senonché, la l. n. 15 del 1968 è stata abrogata a seguito dell’entrata in
vigore dell’art. 77, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000.
8.3.
Le disposizioni di tale d.P.R. non sono state raccordate con quelle della legge
n. 53 del 1990, sicché manca una specifica e conseguente disposizione
legislativa di ‘raccordo’ tra tale legge e il sopravvenuto d.P.R. n. 445 del
2000 (raccordo che sarebbe stato oltremodo necessario, poiché per le competizioni
democratiche occorre un quadro normativo chiaro, che dia il massimo grado di
certezza).
9.
Per la definizione del presente giudizio, dunque, acquistano un rilievo
centrale:
a) il significato attuale dell’art. 14,
comma 2, della l. n. 53 del 1990, poiché – avendo perso il suo ‘originario
oggetto’ e, cioè, il richiamo alla l. n. 15 del 1968 – esso si può ora
considerare integrato o dal comma 1 o dal comma 2 del d.P.R. n. 445 del 2000;
b) l’ambito di applicazione del comma 3
dell’art. 14 della medesima l. n. 53 del 1990 (che contiene una ‘norma di
chiusura’, applicabile pur dopo le anomale vicende normative che hanno
riguardato il comma 2), per il quale «le sottoscrizioni e le relative
autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il
termine fissato per la presentazione delle candidature».
10.
Quanto al punto a) del § 9, anzitutto, in questo disorganico
quadro normativo va verificato se – per le competizioni elettorali – rilevi il
comma 1 o il comma 2 dell’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000.
10.1.
Il comma 1 dell’art. 21 citato dispone che «l’autenticità della
sottoscrizione di qualsiasi istanza o dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà da produrre agli organi della pubblica amministrazione, nonché ai
gestori dei servizi pubblici è garantita con le modalità di cui all’art. 38,
comma 2 e comma 3».
10.2.
Il comma 2 dello stesso art. 21 dispone che, «se l’istanza o la
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è presentata a soggetti diversi
da quelli indicati al comma 1 o a questi ultimi al fine della riscossione da
parte di terzi di benefici economici, l’autenticazione è redatta da un notaio,
cancelliere, segretario comunale, dal dipendente addetto a ricevere la
documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco; in tale ultimo caso,
l’autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico
ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua
presenza, previo accertamento dell’identità del dichiarante, indicando le
modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio
nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il
timbro dell’ufficio».
10.3.
Ritiene il Collegio che per le autenticazioni nelle competizioni elettorali, a
seguito della abrogazione della l. n. 15 del 1968 (e in assenza di una
conseguente modifica dell’art. 14, che sarebbe stata invece, come si è
accennato, necessaria), in sede interpretativa non può che considerarsi
preferibile l’applicazione dell’art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 e
non già del comma 2.
10.4.
È ben vero che il comma 2 sembra riprodurre il contenuto dell’abrogato art. 20
della l. n. 15 del 1968.
10.5.
Tuttavia, vi sono decisive considerazioni per ritenere che per le
autenticazioni nelle competizioni elettorali si applica l’art. 21, comma 1.
10.6.
In primo luogo, vi è una ragione di carattere testuale.
10.7.
Il comma 1 dell’art. 21 si riferisce alla presentazione dell’istanza o della
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da produrre agli organi della
pubblica amministrazione, come nel caso di specie.
10.8.
Il comma 2 si riferisce, invece, alla presentazione di tali atti a soggetti
diversi dagli organi della pubblica amministrazione, ovvero ad organi della
pubblica amministrazione, quando si tratti della riscossione da parte di terzi
di benefici economici
10.9.
In secondo luogo, vi è anche una ragione di ordine teleologico, poiché le
modalità di presentazione agli organi delle pubbliche amministrazioni, ai sensi
dell’art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445 del 2000 (richiamato dal comma 1
dell’art. 14), sono connotate da una minore rigidità formale e da una maggiore
speditezza, ciò che informa il contenzioso elettorale e che consente vi sia,
senza ulteriori formalità, la sottoscrizione dell’interessato in presenza del
soggetto addetto.
11.
Al riguardo, rilevano anche i principi enunciati dalla giurisprudenza della
Corte di Cassazione.
11.1.
È stato osservato, significativamente, che «il T.U. della documentazione
amministrativa del 2000 è finalizzato alla semplificazione delle procedure: da
un lato, non ha previsto l’autentica di firma per le istanze presentate alla
pubblica amministrazione o ai gestori di pubblici servizi (D.P.R. n. 445 del
2000, art. 21, comma 1 e art. 38, comma 3); dall’altro, ha previsto
l’autenticazione, anche da parte del ‘dipendente addetto a ricevere la
documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco’, per le istanze
presentate agli organi della pubblica amministrazione o ai gestori di pubblici
servizi al fine della riscossione da parte di terzi di benefici economici,
nonché per le istanze presentate a soggetti diversi (art. art. 21, comma 2)»
(Cass., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19966).
11.2.
Inoltre, si è rilevato che non mancano nella legislazione statale «casi in
cui è specificamente conferita, al dipendente addetto dell’ufficio comunale, il
potere di autenticazione di determinati atti (a titolo esemplificativo, l. n.
53 del 1990, art. 14, in materia elettorale; l. n. 184 del 1983, art. 31, in
materia di adozione) » sicché, in definitiva, «emerge un sistema
normativo nel quale il potere di autenticazione del dipendente addetto
dell’ufficio comunale non è generalizzato, ma è di volta in volta individuato
dal legislatore» (così, ancora, Cass., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19966).
11.3.
Quanto precede induce a ritenere che – a seguito dell’abrogazione della l. n.
15 del 1968 e in assenza di una diversa volontà del legislatore – le
disposizioni della l. n. 53 del 1990 sulle autenticazioni delle sottoscrizioni
si devono intendere integrate dall’art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000
(e dall’art. 83, comma 3, del medesimo d.P.R., richiamato dall’art. 21, comma
1).
11.4.
Non ostano a tale applicazione le disposizioni dell’art. 28 del testo unico
approvato con il d.P.R. n. 570 del 1960.
11.5.
Con riferimento ad un procedimento per il quale era applicabile la l. n. 15 del
1968, questo Consiglio (Sez. V, 23 luglio 2010, n. 4846) aveva affermato che
l’autenticazione della sottoscrizione, prevista dall’art. 14 della l. n. 53 del
1990, doveva avere luogo in conformità all’art. 28 del testo unico approvato
con il d.P.R. n. 570 del 1960 (come modificato, tra l’altro proprio con la
legge n. 53 del 1990), che rinvia all’art. 20 della l. n. 15 del 1968, ora
abrogato.
11.6.
Tale principio, tuttavia, non può essere più considerato rilevante, proprio a
seguito della abrogazione della legge n. 15 del 1968 (disposta dal d.P.R. n.
445 del 2000).
11.7.
Del resto, una tale interpretazione – nell’affermare la natura recettizia del
rinvio alla legge n. 15 del 1968 – non risulta condivisibile, perché incoerente
con l’evoluzione normativa sulla semplificazione in materia di documentazione
amministrativa (avutasi con il d.P.R. n. 445 del 2000).
11.8.
La tesi della necessaria applicazione dell’art. 20 della l. n. 15 del 1968 – e,
oggi, dell’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, tesi pur sostenuta in
alcuni precedenti pronunce di questo Consiglio (v. Cons. St., sez. V, 31 marzo
2014, n. 1542; Cons. St., sez. V, 18 gennaio 2005, n. 187) – oltre a non tener
conto della avvenuta sua abrogazione formale inverte il rapporto tra la regola
e l’eccezione, che sussiste tra il comma 1 e il comma 2 dell’art. 21, e si pone
in contrasto con il comma 1, che si applica a tutte le istanze e alle dichiarazioni
di notorietà da presentarsi alle pubbliche amministrazioni, con modalità che,
evidentemente, possono anche accordarsi e contemperarsi con la generale
definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. i), del d.P.R. n. 445 del
2000.
12.
L’autenticazione amministrativa, del resto, fa parte di un sistema che risponde
a regole e a finalità proprie del regime pubblicistico che la connotano, in
deroga al sistema dell’autenticazione civilistica, retta dai principi generali
dettati dal codice civile (artt. 2703 e 2704 c.c.) e dalla legge notarile (art.
72), per quanto si applichi anche ad essa il generale principio secondo cui «si
tratta, in sostanza, di attività certificativa che, in quanto volta ad
attribuire il valore della prova documentale, utilizzabile anche nei confronti
dei terzi, alla scrittura, non può prescindere dal rispetto delle forme per
essa richieste» (Cass., sez. I, 27 aprile 2011, n. 9385).
12.1.
In tale prospettiva, si deve anche rilevare che, sebbene la legge notarile
richieda, nell’art. 72, l’apposizione della data e del luogo
nell’autenticazione, la stessa disposizione generale dell’art. 2703, comma
secondo, c.c. non prevede espressamente la data dell’autenticazione tra i
requisiti formali richiesti a pena di nullità dell’autenticazione stessa,
limitandosi a definirla quale «attestazione da parte del pubblico ufficiale
che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza» e a richiedere, previamente,
l’identificazione della persona che sottoscrive (v., sul punto, Cass., sez. II,
22.5.2008, n. 13228).
Del
resto, anche l’art. 1, comma 1, lettera i), del d.P.R. n. 445 del 2000, nel
dare la definizione della «autenticazione di sottoscrizione», si
riferisce alla «attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la
sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento
dell'identita' della persona che sottoscrive», senza richiamare la data ed
il luogo.
12.2.
E’ stato inoltre rilevato che l’autenticazione, avendo la funzione di verifica,
da parte del pubblico ufficiale, dell’identità del firmatario, non richiede che
l’autenticazione sia effettuata contestualmente o nella stessa data in cui
avviene la sottoscrizione della scrittura privata (Cass., Sez. Un., 5 maggio
2006, n. 10312).
12.3.
E questo Consiglio di Stato, proprio in questa materia, ha chiarito che la
circostanza che, di solito, l’autenticazione segua immediatamente la
sottoscrizione non implica che la contestualità temporale sia un elemento
essenziale dell’autenticazione, sicché la mancanza della contestualità non ne
comporta l’inesistenza (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2014, n. 1542).
12.4.
Benché pertanto, come si è premesso supra al § 5.1., non
rilevi nel presente giudizio definire i requisiti, le forme e le conseguenze
dell’autentica notarile o, a livello di sistema, della scrittura privata
autenticata sul piano civile (poiché in questa sede occorre accertare, se nel
procedimento elettorale siano valide le sottoscrizioni con autentica
amministrativa priva di data), occorre comunque tener presente, anche sul piano
generale, il rilievo della data nell’autenticazione, «la cui certezza,
diversamente che per l’atto pubblico, non è richiesta ai fini della validità,
ma soltanto della opponibilità, ove occorra stabilirne la anteriorità o la
posteriorità rispetto a un altro evento» (Cass., sez. II, 30 marzo 2011, n.
7264).
12.5.
Ed è questa, infatti, la questione che, seppur con le differenze che connotano
la peculiare materia elettorale, il Collegio deve risolvere, esaminando il tema
di cui al punto b) del § 9, anche con riferimento alla
previsione speciale dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990.
13.
Ritiene la Sezione infatti che, pur se per l’autenticazione delle sottoscrizioni
si dovesse ritenere applicabile l’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000
(che richiede l’indicazione della data e del luogo di autenticazione), come
pure il Tribunale Amministrativo Regionale ha ritenuto nella sentenza
impugnata, non per questo la mancanza della data, nell’autenticazione, comporti
l’invalidità ipso iure della stessa autenticazione.
13.1.
In materia elettorale, le previsioni dell’art. 14 della l. n. 53 del 2010
costituiscono lex specialis rispetto alla disciplina generale,
comminando la nullità delle sottoscrizioni e delle relative autenticazioni solo
se esse risultano anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine
fissato per la presentazione delle candidature.
13.2.
La nullità comminata dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 2010 non è
pertanto, con riferimento alla data delle autenticazioni e delle
sottoscrizioni, aggiuntiva rispetto alle altre nullità di ordine generale per
inosservanza delle forme.
13.2.
La data dell’autenticazione, ovvero il periodo nel quale essa avviene, rileva
quindi se e solo nei limiti in cui essa comporti la violazione dell’art. 14,
comma 3, della l. n. 53 del 1990.
13.3.
La sua mancanza non determina la nullità ove risulti, comunque ictu
oculi e anche aliunde, che le autenticazioni – come le
sottoscrizioni – non siano anteriori al centottantesimo giorno precedente il
termine fissato per la presentazione delle candidature.
13.4.
Al di fuori della eccezionale ipotesi prevista per le competizioni elettorali
dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, la legge non sanziona con la
nullità l’assenza della data nella autenticazione.
13.5.
Come si è appena premesso al § 12.2., non si pone del resto, nel sistema
dell’autenticazione amministrativa in esame, una questione di ‘opponibilità’
della sottoscrizione – analogo a quello che si verifica in sede civilistica –
se non nei limiti, tassativi, previsti dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53
del 1990, che sancisce la invalidità delle autenticazioni anteriori a tale
giorno.
14.
Nel caso di specie, però, la violazione dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53
del 1990 deve essere esclusa, per le seguenti dirimenti circostanze, ben
evidenziate dagli appellanti, e in particolare:
-
tutti i verbali contestati recano la firma e il seguente timbro «ROMA
CAPITALE – MUNICIPIO IV – Il Vice Presidente – Carla Corciulo» (doc. 5
fasc. parte appellante: circostanza non contestata);
-
l’autentica nei moduli predisposti dal Ministero è prevista come atto
cumulativo e non già ‘firma per firma’;
-
le sottoscrizioni sono state rese e autenticate sui moduli ministeriali recanti
la data del 5 giugno e, dunque, formati dopo l’indizione delle elezioni –
avvenuta l’8 aprile 2016 - e, quindi, nei 180 giorni previsti.
15.
Peraltro, il pubblico ufficiale autenticatore, che ha raccolto le firme, è
stato nominato non oltre il termine di 180 giorni, decorrente da quello fissato
per la presentazione delle candidature, poiché l’atto di investitura della
vicepresidente Carla Corciulo, che ha autenticato le sottoscrizioni, risale con
certezza inoppugnabile al 28 dicembre 2015.
16.
Quanto precede induce la Sezione a ritenere che:
-
dal quadro normativo vigente, non chiaro né coordinato, non risulta
espressamente affermata né è stata prevista la necessità, a pena di nullità,
della data delle autenticazioni amministrative;
-
in mancanza di una esplicita previsione di una nullità, di ordine strutturale o
testuale, essa non può essere desunta, nell’ambito del procedimento elettorale,
dallo scopo che la data potrebbe eventualmente soddisfare, non essendo ammesse
nullità “funzionali”;
- a
fronte di tale scarsa chiarezza del quadro normativo, deve essere valorizzato
il principio del favor partecipationis, per il quale – in assenza
di una chiara disposizione ostativa – può partecipare alla competizione
elettorale una lista in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti;
-
la rilevanza del momento temporale è sancita dal legislatore, a pena di
nullità, esclusivamente ai fini del rispetto dell’art. 14, comma 3, della l. n.
53 del 1990, secondo cui «le sottoscrizioni e le relative autenticazioni
sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato
per la presentazione delle candidature»;
-
tale requisito temporale, in assenza di contrarie previsioni legislative, può
desumersi aliunde, se risulta con certezza che la sottoscrizione e
l’autenticazione non risalgono e non possono risalire ad un periodo anteriore
al centottantesimo giorno precedente al termine fissato per la presentazione
delle candidature;
-
in materia elettorale, almeno limitatamente alla data delle autenticazioni,
rileva il principio di strumentalità delle forme, che può essere
egualmente soddisfatto, in ragione del valore preminente del favor
partecipationis, laddove la certezza sul rispetto della finalità, alla
quale la forma sia preordinata, sia comunque raggiunta;
-
l’invalidità delle operazioni, alla stregua di tale fondamentale canone
interpretativo in materia elettorale, può essere ravvisata solo quando la
mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento
dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare
l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui
non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione
del voto (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 15 maggio 2015, n.
2920).
17.
L’applicazione del principio del favor partecipationis risulta
corroborata dalle considerazioni della Corte Costituzionale e della Corte
Europea dei diritti dell’uomo:
-
con la sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014, la Corte Costituzionale ha
evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se
stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento» di
obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono
comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni
che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di
loro violazione;
-
con la sentenza 16 marzo 2006, n. 58278, la stessa Corte europea dei diritti
dell’uomo, Grande Chambre, ha evidenziato che la legislazione
elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare
l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista
può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.
17.1.
A tale ultimo riguardo, proprio in tale ultima sentenza (§§ 103-104), la Corte
europea ha chiarito che «vi sono molti modi per organizzare e gestire i
sistemi elettorali e numerose differenze in Europa specie nell’evoluzione
storica, nella diversità culturale, nel pensiero politico e spetta ad ogni
Stato contraente fondere tali diversità nella sua propria visione della
democrazia».
Va
rimarcato come la disciplina nazionale, ha aggiunto la Corte, deve comunque
consentire che le condizioni alle quali sono subordinati il diritto di votare o
di candidarsi alle elezioni non riducano i diritti ad un punto tale da
pregiudicare la loro essenza e privarli della loro effettività; che perseguano
uno scopo legittimo; che i mezzi impiegati non siano, soprattutto,
sproporzionati rispetto al fine che la legislazione nazionale persegue, sicché
tutte le condizioni imposte da questa devono rispecchiare «la preoccupazione
di mantenere l’integrità e l’effettività di una procedura elettorale volta a
determinare la volontà del popolo mediante un suffragio universale».
17.2.
Non vi è dubbio che, proprio alla luce di tali fondamentali principi
costituzionali ed europei, l’applicazione della strumentalità delle forme debba
a maggior ragione trovare applicazione alla questione sul rilievo della data
delle autenticazioni delle sottoscrizioni a fini elettorali, non disciplinata
dal legislatore nel senso della loro nullità in re ipsa.
18.
Nella specie, e in conclusione, con certezza si può affermare le autenticazioni
hanno avuto luogo in un periodo non anteriore al centottantesimo giorno
precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, sicché,
nonostante la mancanza della data, si deve ravvisare la validità delle
autenticazioni contestate.
19.
Pertanto, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve
essere accolto il ricorso di primo grado, annullando i provvedimenti di
esclusione, impugnati in primo grado, di cui ai verbali n. 3825 dell’8 maggio
2016 e n. 1984 del 10 maggio 2016 della Commissione Elettorale Circondariale di
Roma, con conseguente ammissione della lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco» alle elezioni
comunali di Roma.
20.
Sussistono ragioni ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 c.p.a. e
dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., proprio attesa la novità del caso, per
compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sull’appello n. 3784 del 2016, come in epigrafe proposto, lo
accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata,
accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla i verbali n. 3825 dell’8
maggio 2016 e n. 1984 del 10 maggio 2016 della Commissione Elettorale
Circondariale di Roma e conseguentemente ammette la lista «Sinistra per Roma
– Fassina Sindaco»
alle elezioni comunali di Roma.
Compensa
interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2016, con
l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
16/05/2016
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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