martedì 17 maggio 2016

ELEZIONI: la sentenza del Consiglio di Stato sul "caso Fassina", tra "disorganico quadro normativo" e "strumentalità delle forme" (Cons. St., Sez .IV, sentenza 17 maggio 2016, n. 1987).

ELEZIONI:
 la sentenza del Consiglio di Stato 
sul "caso Fassina
tra "disorganico quadro normativo" 
e "strumentalità delle forme" 
(Cons. St., Sez .IV, 
sentenza 17 maggio 2016, n. 1987)



Sono sempre più convinto che senza un formate legislativo chiaro, semplice e coordinato (nonché conosciuto dagli addetti ai lavori, senza se e senza ma) con le altre disposizioni ordinamentali, il formante giurisprudenziale, per quanto rigoroso e razionalizzante, sia afflitto da limiti intrinseci, seppure in via derivata.
Visto che mi sembra sia iniziata una più decisa stagione delle "compilazioni settoriali" parzialmente innovative (almeno nel diritto amministrativo; vedi T.U. sulle partecipate e nuovo Codice dei Contratti pubblici) e che il nostro ordinamento rimane di civil law, nonostante la sempre maggiore rilevanza della funzione nomofilattica delle varie Giurisdizioni superiori, sancita anche dal legislatore, l'opportunità storica di migliorare la qualità/efficacia della legislazione non credo possa e debba cedere il passo all'inveterato uso del pressappochismo redazionale.
Senza dimenticare la nostra storia giuridica: il codice civile, non a torto ritenuto un modello di legislazione per completezza e sistematicità, è il frutto del "dialogo" tra legislatore e Giudici di merito e della Suprema Corte di Cassazione (come spesso ripete il Prof. Abbamonte nei suoi mirabili Convegni): senza tale "circolo virtuoso", il nostro codice sarebbe o troppo "teorico" (vedi la Pandettistica tedesca) o troppo "pragmatico", sul modello della legislazione "rimediale" che informa la normativa comunitaria, sovente "interpretata" dalla Corte di Giustizia, o della legislazione anglosassone (che comunque segue e razionalizza il diritto pretorio di common law, il quale è dotato di una stabilità inconcepibile nel nostro ordinamento, nonostante i limiti intrinseci alle induzioni generalizzatrici del legislatore d'Oltremanica rispetto all'approccio casistico giurisprudenziale).
Se il nostro sistema è divenuto misto, ritorni ad esser "puro" innanzitutto per la rinnovata centralità della legge, senza che ciò escluda la convergenza dei formanti giurisprudenziale e dottrinale.


Massima

1. - La questione controversa tra le parti non riguarda la questione di carattere generale se in linea di principio siano valide le sottoscrizioni assistite da autenticazioni prive di data: una tale questione va comunque esaminata tenendo conto delle specifiche disposizioni rilevanti nei vari settori dell’ordinamento (ad es., della legge notarile del 1913, del codice civile, del d.P.R. n. 445 del 2000, ecc.) Più limitatamente, la Sezione si deve occupare della specifica portata delle disposizioni che riguardano il procedimento elettorale e, in particolare, della l. n. 53 del 1990.
2. - Quanto precede induce la Sezione a ritenere che:
2.1. - dal quadro normativo vigente, non chiaro né coordinato, non risulta espressamente affermata né è stata prevista la necessità, a pena di nullità, della data delle autenticazioni amministrative;
2.2. - in mancanza di una esplicita previsione di una nullità, di ordine strutturale o testuale, essa non può essere desunta, nell’ambito del procedimento elettorale, dallo scopo che la data potrebbe eventualmente soddisfare, non essendo ammesse nullità “funzionali”;
2.3. - a fronte di tale scarsa chiarezza del quadro normativo, deve essere valorizzato il principio del favor partecipationis, per il quale – in assenza di una chiara disposizione ostativa – può partecipare alla competizione elettorale una lista in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti;
2.4. - la rilevanza del momento temporale è sancita dal legislatore, a pena di nullità, esclusivamente ai fini del rispetto dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, secondo cui «le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature»;
2.5. - tale requisito temporale, in assenza di contrarie previsioni legislative, può desumersi aliunde, se risulta con certezza che la sottoscrizione e l’autenticazione non risalgono e non possono risalire ad un periodo anteriore al centottantesimo giorno precedente al termine fissato per la presentazione delle candidature;
2.5. - in materia elettorale, almeno limitatamente alla data delle autenticazioni, rileva il principio di strumentalità delle forme, che può essere egualmente soddisfatto, in ragione del valore preminente del favor partecipationis, laddove la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la forma sia preordinata, sia comunque raggiunta;
2.6. - l’invalidità delle operazioni, alla stregua di tale fondamentale canone interpretativo in materia elettorale, può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto.
3. - L’applicazione del principio del favor partecipationis risulta corroborata dalle considerazioni della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo:
3.1. - con la sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014, la Corte Costituzionale ha evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento» di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione;
3.2. - con la sentenza 16 marzo 2006, n. 58278, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Chambre, ha evidenziato che la legislazione elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ai sensi degli art. 74 e 129 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 3784 del 2016, proposto da «Sinistra Per Roma - Fassina Sindaco», in persona del sig. Stefano Fassina, dalla sig.ra Floriana D’Elia, candidata, e dal sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Carlo Contaldi La Grotteria, dall’Avv. Paolo Pittori, dall’Avv. Piero Sandulli, dall’Avv. Pietro Adami e dall’Avv. Arturo Salerni, con domicilio eletto presso lo studio dei primi due in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24; 
contro
La Commissione Elettorale Circondariale di Roma, in persona del Presidente pro tempore, l’U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del Prefetto pro tempore, il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex legedall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
Il signor Eugenio Pini; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II, bis, n. 5723/2016, resa tra le parti, concernente esclusione dalla lista «Sinistra per Roma - Fassina Sindaco», per le elezioni amministrative del 5 giugno 2016;

visti il ricorso e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio della Commissione Elettorale Circondariale di Roma, dell’U.T.G. - Prefettura di Roma e del Ministero dell’Interno;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza speciale elettorale del giorno 16 maggio 2016 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per gli odierni appellanti l’Avv. Carlo Contaldi La Grotteria, l’Avv. Pietro Adami, l’Avv. Paolo Pittori, l’Avv. Arturo Salerni, e per le Amministrazioni appellate l’Avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo;

1. Con decreto dell’8 aprile 2016, trasmesso alle singole Prefetture il successivo 11 aprile 2016, il Ministero dell’Interno ha fissato la data di svolgimento delle consultazioni elettorali amministrative per la data del 5 giugno 2016.
1.1. In data 7 maggio 2016, il sig. Felice Maggi, delegato, ha presentato la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco», con gli allegati richiesti.
1.2. Il successivo 8 maggio 2016, con il verbale n. 3825, la Commissione Elettorale Circondariale ha escluso tale lista dalla competizione elettorale per l’elezione del Sindaco e dei Consiglieri del Consiglio di Roma Capitale, osservando che per 679 sottoscrizioni il Vicepresidente del Municipio Roma 4, che aveva effettuato l’autenticazione, non aveva indicato la data, ritenuta elemento essenziale della stessa autenticazione, e concludendone, quindi, che tali sottoscrizioni non potessero essere ritenute valide.
1.3. La Commissione, nel considerare conseguentemente valide solo 801 sottoscrizioni riportanti la data della relativa autenticazione, constatava che la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco» non aveva rispettato il numero minimo delle sottoscrizioni previste per i Comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti.
1.4. Con successivo verbale n. 1984 del 10 maggio 2016, infine, la stessa Commissione Elettorale Circondariale ha confermato, in sede di riesame, il provvedimento di esclusione.
2. Avverso i due provvedimenti, di cui al verbale n. 3825 dell’8 maggio 2016 e al verbale n. 1984 del 10 maggio 2016, la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco», la sig.ra Floriana D’Elia, candidata, e il sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista, hanno proposto ricorso avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, lamentandone l’illegittimità, e ne hanno chiesto l’annullamento, con conseguente ammissione alla competizione elettorale.
2.1. I ricorrenti hanno proposto tre distinte censure nei termini riassuntivi seguenti:
1) la violazione degli artt. 21, comma 1, e 38 del d.P.R. n. 445 del 2000, poiché le formalità richieste da tali disposizioni non contemplerebbero l’apposizione della data nell’autenticazione delle sottoscrizioni, sicché la mancanza della data non potrebbe costituire causa di nullità;
2) l’unica ipotesi di nullità prevista in materia, quella dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, non sarebbe ravvisabile in concreto, per la possibilità di ricavare aliunde tale elemento e, precisamente, dal fatto che, nel caso di specie, l’autentica è stata effettuata da un soggetto investito della carica di Vicepresidente del IV Municipio soltanto in data 29 dicembre 2015, sicché i verbali autenticati in via amministrativa non potrebbero essere stati formati prima dei 180 giorni previsti dal citato art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990;
3) l’esiguità del termine fissato per la raccolta delle sottoscrizioni, in asserita violazione dell’art. 14 della l. n. 53 del 1990 e dell’art. 32, commi 10 e 11, del testo unico approvato con il d.P.R. n. 570 del 1960.
2.2. Si è costituito nel primo grado di giudizio il Ministero dell’Interno, con atto depositato il 12 maggio 2016, per resistere al ricorso, sostenendo la legittimità dell’esclusione impugnata e, comunque, l’inammissibilità della censura relativa all’esiguità del termine per la raccolta delle sottoscrizioni e per la stretta attinenza di tale censura ad un atto diverso da quelli gravati e, cioè, il citato decreto dell’8 aprile 2016, con il quale è stata fissata la data per lo svolgimento delle consultazioni elettorali.
3. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con la sentenza n. 5723 del 13 maggio 2016, ha respinto il ricorso, compensando le spese di lite.
3.1. Ha osservato il primo giudice che la disciplina delle modalità inerenti alla autenticazione delle sottoscrizioni in materia elettorale deve essere rinvenuta, essenzialmente, nel comma 2 e non nel comma 1 dell’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000 e, dunque, in una regolamentazione di maggior rigore formale, per la delicatezza della funzione che la formalità dell’autenticazione riveste nel procedimento elettorale.
3.2. Da questa premessa il Tribunale Amministrativo Regionale ha tratto la conseguenza che le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione delle firme degli elettori, che accettano la candidatura o che presentano come delegati le liste, non assumono un rilievo meramente formale, poiché le minute regole da esse presidiate mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni, impedendo abusi e contraffazioni.
3.3. L’autenticazione prevista dall’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, che contempla e richiede anche l’indicazione del luogo e della data, rappresenta in tale prospettiva, secondo la sentenza impugnata (p. 5-6), un elemento essenziale, non integrabile aliunde, sicché la mancanza della data apposta dal pubblico ufficiale nell’autenticazione inficerebbe irrimediabilmente la validità della relativa sottoscrizione.
3.4. Né potrebbe essere addotto in senso contrario l’argomento, sostenuto dai ricorrenti in primo grado, secondo cui l’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990 avrebbe individuato e circoscritto, in questa materia, l’unica ipotesi di nullità speciale nell’anteriorità delle sottoscrizioni e delle autenticazioni al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, poiché quella in esame sarebbe, all’evidenza, una ‘nullità aggiuntiva’ rispetto alle ordinarie forme di nullità previste per inosservanza delle forme richieste per la validità dell’atto.
3.5. In definitiva, secondo il primo giudice, la mancanza della data di autenticazione delle sottoscrizioni renderebbe irrimediabilmente nullo l’atto di presentazione delle liste relativamente a tali sottoscrizioni (p. 6 della sentenza impugnata).
3.6. Il Tribunale Amministrativo Regionale, infine, ha ritenuto inammissibile la censura relativa all’esiguità del termine fissato per la raccolta delle firme, censura qui non riproposta dagli odierni appellanti.
4. Avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale hanno proposto appello sia la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco», sia la sig.ra Floriana D’Elia, candidata, ed il sig. Felice Maggi, delegato alla presentazione della lista, deducendo tre motivi di censura, e chiedendone la riforma, con conseguente ammissione della lista alla competizione elettorale.
4.1. Gli appellanti hanno dedotto, in sintesi, i seguenti motivi:
a) l’error in iudicando e la carenza di motivazione in relazione al primo motivo dell’originario ricorso, relativo alla violazione dell’art. 14 della l. n. 53 del 1990, alla violazione degli art. 21, comma 1, e 38, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 445 del 2000, la violazione dell’art. 2703 c.c. e l’eccesso di potere per difetto dei presupposti (pp. 2-10 del ricorso);
b) l’irragionevolezza dell’esclusione per una mancanza della stessa Amministrazione e, cioè, per un errore del funzionario autenticatore, che avrebbe dimenticato di apporre la data nell’autenticazione (p. 10 del ricorso);
c) la violazione dei principi costituzionali ed europei, ispirati al più ampio favor per la partecipazione alla competizione elettorale e alla libera espressione del voto (pp. 10-12 del ricorso);
d) la violazione delle disposizioni, di cui al motivo a), anche nell’ipotesi in cui si ritenesse applicabile l’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, non prevedendo la normativa di settore – la legge elettorale – una espressa sanzione della nullità laddove manchi la data dell’autenticazione.
4.2. Si è costituito il Ministero dell’Interno appellato, il 16 maggio 2016, deducendo, con articolata memoria difensiva, l’infondatezza dell’appello, sostenendo tra le altre argomentazioni, in particolare, il carattere ‘statico’ e non mobile del rinvio dell’art. 14, comma 2, della l. n. 50 del 1993 alle modalità previste dall’art. 20 della l. n. 15 del 1968, ora abrogato (pp. 6-7 del ricorso).
4.3. Gli appellanti hanno depositato lo stesso 16 maggio 2016 una ulteriore memoria difensiva.
4.4. Nell’udienza del 16 maggio 2016 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione ai sensi degli artt. 74 e 129 c.p.a.
5. Ritiene la Sezione che l’appello è fondato e deve essere accolto.
5.1. La questione controversa tra le parti non riguarda la questione di carattere generale se in linea di principio siano valide le sottoscrizioni assistite da autenticazioni prive di data: una tale questione va comunque esaminata tenendo conto delle specifiche disposizioni rilevanti nei vari settori dell’ordinamento (ad es., della legge notarile del 1913, del codice civile, del d.P.R. n. 445 del 2000, ecc.).
5.2. Più limitatamente, la Sezione si deve occupare della specifica portata delle disposizioni che riguardano il procedimento elettorale e, in particolare, della l. n. 53 del 1990.
6. Va premesso che questo Collegio non ignora l’orientamento, seguito e applicato dal primo giudice nella sentenza qui impugnata, per il quale le invalidità che inficiano il procedimento di autenticazione delle sottoscrizioni degli elettori, che accettano la candidatura o che presentano come delegati le liste, non assumono un rilievo meramente formale: le specifiche regole legislative mirano a garantire la genuinità delle sottoscrizioni e ad impedire abusi e contraffazioni, con la conseguenza che l’autenticazione, seppur distinta sul piano materiale dalla sottoscrizione, rappresenta un elemento essenziale - non integrabile aliunde - della presentazione della lista o delle candidature e non un semplice elemento di prova volto ad evitare che le sottoscrizioni siano raccolte antecedentemente al 180 giorno fissato per la presentazione delle candidature (Cons. St., sez. V, 15 maggio 2015, n. 2920).
6.1. Nemmeno ignora il Collegio l’orientamento per il quale siano elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione sia l’apposizione del timbro, sia l’indicazione del luogo e della data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente (Cons. St., sez. V, 11 febbraio 2013, n. 786).
7. Ciò posto, ritiene la Sezione che occorre riesaminare funditus l’ambito di applicazione delle disposizioni rilevanti in materia.
7.1. Infatti, per le autenticazioni amministrative l’ordinamento prevede regole speciali, rispetto a quelle ‘ordinarie’ sulle autenticazioni, desumibili dall’art. 2703 del codice civile e dall’art. 72 della legge notarile del 1913 (quanto, appunto, all’autentica formale notarile).
8. Nel presente giudizio, rilevano specificamente le disposizioni della l. n. 53 del 1990, recante «misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale», il cui art. 14, comma 1, dispone che competenti ad eseguire le autenticazioni – in questa materia – oltre ai notai sono diversi soggetti, tra i quali i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e vicepresidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco o dal presidente della provincia.
8.1. Il comma 2 dell’art. 14 della l. n. 53 del 1990 stabilisce che «l’autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui al secondo e al terzo comma dell’articolo 20 della legge 4 gennaio 1968, n. 15».
8.2. Senonché, la l. n. 15 del 1968 è stata abrogata a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 77, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000.
8.3. Le disposizioni di tale d.P.R. non sono state raccordate con quelle della legge n. 53 del 1990, sicché manca una specifica e conseguente disposizione legislativa di ‘raccordo’ tra tale legge e il sopravvenuto d.P.R. n. 445 del 2000 (raccordo che sarebbe stato oltremodo necessario, poiché per le competizioni democratiche occorre un quadro normativo chiaro, che dia il massimo grado di certezza).
9. Per la definizione del presente giudizio, dunque, acquistano un rilievo centrale:
a) il significato attuale dell’art. 14, comma 2, della l. n. 53 del 1990, poiché – avendo perso il suo ‘originario oggetto’ e, cioè, il richiamo alla l. n. 15 del 1968 – esso si può ora considerare integrato o dal comma 1 o dal comma 2 del d.P.R. n. 445 del 2000;
b) l’ambito di applicazione del comma 3 dell’art. 14 della medesima l. n. 53 del 1990 (che contiene una ‘norma di chiusura’, applicabile pur dopo le anomale vicende normative che hanno riguardato il comma 2), per il quale «le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature».
10. Quanto al punto a) del § 9, anzitutto, in questo disorganico quadro normativo va verificato se – per le competizioni elettorali – rilevi il comma 1 o il comma 2 dell’art. 21 del d.P.R. n. 445 del 2000.
10.1. Il comma 1 dell’art. 21 citato dispone che «l’autenticità della sottoscrizione di qualsiasi istanza o dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da produrre agli organi della pubblica amministrazione, nonché ai gestori dei servizi pubblici è garantita con le modalità di cui all’art. 38, comma 2 e comma 3».
10.2. Il comma 2 dello stesso art. 21 dispone che, «se l’istanza o la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà è presentata a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 o a questi ultimi al fine della riscossione da parte di terzi di benefici economici, l’autenticazione è redatta da un notaio, cancelliere, segretario comunale, dal dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco; in tale ultimo caso, l’autenticazione è redatta di seguito alla sottoscrizione e il pubblico ufficiale, che autentica, attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data ed il luogo di autenticazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita, nonché apponendo la propria firma e il timbro dell’ufficio».
10.3. Ritiene il Collegio che per le autenticazioni nelle competizioni elettorali, a seguito della abrogazione della l. n. 15 del 1968 (e in assenza di una conseguente modifica dell’art. 14, che sarebbe stata invece, come si è accennato, necessaria), in sede interpretativa non può che considerarsi preferibile l’applicazione dell’art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 e non già del comma 2.
10.4. È ben vero che il comma 2 sembra riprodurre il contenuto dell’abrogato art. 20 della l. n. 15 del 1968.
10.5. Tuttavia, vi sono decisive considerazioni per ritenere che per le autenticazioni nelle competizioni elettorali si applica l’art. 21, comma 1.
10.6. In primo luogo, vi è una ragione di carattere testuale.
10.7. Il comma 1 dell’art. 21 si riferisce alla presentazione dell’istanza o della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da produrre agli organi della pubblica amministrazione, come nel caso di specie.
10.8. Il comma 2 si riferisce, invece, alla presentazione di tali atti a soggetti diversi dagli organi della pubblica amministrazione, ovvero ad organi della pubblica amministrazione, quando si tratti della riscossione da parte di terzi di benefici economici
10.9. In secondo luogo, vi è anche una ragione di ordine teleologico, poiché le modalità di presentazione agli organi delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 445 del 2000 (richiamato dal comma 1 dell’art. 14), sono connotate da una minore rigidità formale e da una maggiore speditezza, ciò che informa il contenzioso elettorale e che consente vi sia, senza ulteriori formalità, la sottoscrizione dell’interessato in presenza del soggetto addetto.
11. Al riguardo, rilevano anche i principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
11.1. È stato osservato, significativamente, che «il T.U. della documentazione amministrativa del 2000 è finalizzato alla semplificazione delle procedure: da un lato, non ha previsto l’autentica di firma per le istanze presentate alla pubblica amministrazione o ai gestori di pubblici servizi (D.P.R. n. 445 del 2000, art. 21, comma 1 e art. 38, comma 3); dall’altro, ha previsto l’autenticazione, anche da parte del ‘dipendente addetto a ricevere la documentazione o altro dipendente incaricato dal Sindaco’, per le istanze presentate agli organi della pubblica amministrazione o ai gestori di pubblici servizi al fine della riscossione da parte di terzi di benefici economici, nonché per le istanze presentate a soggetti diversi (art. art. 21, comma 2)» (Cass., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19966).
11.2. Inoltre, si è rilevato che non mancano nella legislazione statale «casi in cui è specificamente conferita, al dipendente addetto dell’ufficio comunale, il potere di autenticazione di determinati atti (a titolo esemplificativo, l. n. 53 del 1990, art. 14, in materia elettorale; l. n. 184 del 1983, art. 31, in materia di adozione) » sicché, in definitiva, «emerge un sistema normativo nel quale il potere di autenticazione del dipendente addetto dell’ufficio comunale non è generalizzato, ma è di volta in volta individuato dal legislatore» (così, ancora, Cass., sez. III, 30 agosto 2013, n. 19966).
11.3. Quanto precede induce a ritenere che – a seguito dell’abrogazione della l. n. 15 del 1968 e in assenza di una diversa volontà del legislatore – le disposizioni della l. n. 53 del 1990 sulle autenticazioni delle sottoscrizioni si devono intendere integrate dall’art. 21, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 (e dall’art. 83, comma 3, del medesimo d.P.R., richiamato dall’art. 21, comma 1).
11.4. Non ostano a tale applicazione le disposizioni dell’art. 28 del testo unico approvato con il d.P.R. n. 570 del 1960.
11.5. Con riferimento ad un procedimento per il quale era applicabile la l. n. 15 del 1968, questo Consiglio (Sez. V, 23 luglio 2010, n. 4846) aveva affermato che l’autenticazione della sottoscrizione, prevista dall’art. 14 della l. n. 53 del 1990, doveva avere luogo in conformità all’art. 28 del testo unico approvato con il d.P.R. n. 570 del 1960 (come modificato, tra l’altro proprio con la legge n. 53 del 1990), che rinvia all’art. 20 della l. n. 15 del 1968, ora abrogato.
11.6. Tale principio, tuttavia, non può essere più considerato rilevante, proprio a seguito della abrogazione della legge n. 15 del 1968 (disposta dal d.P.R. n. 445 del 2000).
11.7. Del resto, una tale interpretazione – nell’affermare la natura recettizia del rinvio alla legge n. 15 del 1968 – non risulta condivisibile, perché incoerente con l’evoluzione normativa sulla semplificazione in materia di documentazione amministrativa (avutasi con il d.P.R. n. 445 del 2000).
11.8. La tesi della necessaria applicazione dell’art. 20 della l. n. 15 del 1968 – e, oggi, dell’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, tesi pur sostenuta in alcuni precedenti pronunce di questo Consiglio (v. Cons. St., sez. V, 31 marzo 2014, n. 1542; Cons. St., sez. V, 18 gennaio 2005, n. 187) – oltre a non tener conto della avvenuta sua abrogazione formale inverte il rapporto tra la regola e l’eccezione, che sussiste tra il comma 1 e il comma 2 dell’art. 21, e si pone in contrasto con il comma 1, che si applica a tutte le istanze e alle dichiarazioni di notorietà da presentarsi alle pubbliche amministrazioni, con modalità che, evidentemente, possono anche accordarsi e contemperarsi con la generale definizione contenuta nell’art. 1, comma 1, lett. i), del d.P.R. n. 445 del 2000.
12. L’autenticazione amministrativa, del resto, fa parte di un sistema che risponde a regole e a finalità proprie del regime pubblicistico che la connotano, in deroga al sistema dell’autenticazione civilistica, retta dai principi generali dettati dal codice civile (artt. 2703 e 2704 c.c.) e dalla legge notarile (art. 72), per quanto si applichi anche ad essa il generale principio secondo cui «si tratta, in sostanza, di attività certificativa che, in quanto volta ad attribuire il valore della prova documentale, utilizzabile anche nei confronti dei terzi, alla scrittura, non può prescindere dal rispetto delle forme per essa richieste» (Cass., sez. I, 27 aprile 2011, n. 9385).
12.1. In tale prospettiva, si deve anche rilevare che, sebbene la legge notarile richieda, nell’art. 72, l’apposizione della data e del luogo nell’autenticazione, la stessa disposizione generale dell’art. 2703, comma secondo, c.c. non prevede espressamente la data dell’autenticazione tra i requisiti formali richiesti a pena di nullità dell’autenticazione stessa, limitandosi a definirla quale «attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza» e a richiedere, previamente, l’identificazione della persona che sottoscrive (v., sul punto, Cass., sez. II, 22.5.2008, n. 13228).
Del resto, anche l’art. 1, comma 1, lettera i), del d.P.R. n. 445 del 2000, nel dare la definizione della «autenticazione di sottoscrizione», si riferisce alla «attestazione, da parte di un pubblico ufficiale, che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identita' della persona che sottoscrive», senza richiamare la data ed il luogo.
12.2. E’ stato inoltre rilevato che l’autenticazione, avendo la funzione di verifica, da parte del pubblico ufficiale, dell’identità del firmatario, non richiede che l’autenticazione sia effettuata contestualmente o nella stessa data in cui avviene la sottoscrizione della scrittura privata (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10312).
12.3. E questo Consiglio di Stato, proprio in questa materia, ha chiarito che la circostanza che, di solito, l’autenticazione segua immediatamente la sottoscrizione non implica che la contestualità temporale sia un elemento essenziale dell’autenticazione, sicché la mancanza della contestualità non ne comporta l’inesistenza (Cons. St., sez. V, 31 marzo 2014, n. 1542).
12.4. Benché pertanto, come si è premesso supra al § 5.1., non rilevi nel presente giudizio definire i requisiti, le forme e le conseguenze dell’autentica notarile o, a livello di sistema, della scrittura privata autenticata sul piano civile (poiché in questa sede occorre accertare, se nel procedimento elettorale siano valide le sottoscrizioni con autentica amministrativa priva di data), occorre comunque tener presente, anche sul piano generale, il rilievo della data nell’autenticazione, «la cui certezza, diversamente che per l’atto pubblico, non è richiesta ai fini della validità, ma soltanto della opponibilità, ove occorra stabilirne la anteriorità o la posteriorità rispetto a un altro evento» (Cass., sez. II, 30 marzo 2011, n. 7264).
12.5. Ed è questa, infatti, la questione che, seppur con le differenze che connotano la peculiare materia elettorale, il Collegio deve risolvere, esaminando il tema di cui al punto b) del § 9, anche con riferimento alla previsione speciale dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990.
13. Ritiene la Sezione infatti che, pur se per l’autenticazione delle sottoscrizioni si dovesse ritenere applicabile l’art. 21, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000 (che richiede l’indicazione della data e del luogo di autenticazione), come pure il Tribunale Amministrativo Regionale ha ritenuto nella sentenza impugnata, non per questo la mancanza della data, nell’autenticazione, comporti l’invalidità ipso iure della stessa autenticazione.
13.1. In materia elettorale, le previsioni dell’art. 14 della l. n. 53 del 2010 costituiscono lex specialis rispetto alla disciplina generale, comminando la nullità delle sottoscrizioni e delle relative autenticazioni solo se esse risultano anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature.
13.2. La nullità comminata dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 2010 non è pertanto, con riferimento alla data delle autenticazioni e delle sottoscrizioni, aggiuntiva rispetto alle altre nullità di ordine generale per inosservanza delle forme.
13.2. La data dell’autenticazione, ovvero il periodo nel quale essa avviene, rileva quindi se e solo nei limiti in cui essa comporti la violazione dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990.
13.3. La sua mancanza non determina la nullità ove risulti, comunque ictu oculi e anche aliunde, che le autenticazioni – come le sottoscrizioni – non siano anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature.
13.4. Al di fuori della eccezionale ipotesi prevista per le competizioni elettorali dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, la legge non sanziona con la nullità l’assenza della data nella autenticazione.
13.5. Come si è appena premesso al § 12.2., non si pone del resto, nel sistema dell’autenticazione amministrativa in esame, una questione di ‘opponibilità’ della sottoscrizione – analogo a quello che si verifica in sede civilistica – se non nei limiti, tassativi, previsti dall’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, che sancisce la invalidità delle autenticazioni anteriori a tale giorno.
14. Nel caso di specie, però, la violazione dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990 deve essere esclusa, per le seguenti dirimenti circostanze, ben evidenziate dagli appellanti, e in particolare:
- tutti i verbali contestati recano la firma e il seguente timbro «ROMA CAPITALE – MUNICIPIO IV – Il Vice Presidente – Carla Corciulo» (doc. 5 fasc. parte appellante: circostanza non contestata);
- l’autentica nei moduli predisposti dal Ministero è prevista come atto cumulativo e non già ‘firma per firma’;
- le sottoscrizioni sono state rese e autenticate sui moduli ministeriali recanti la data del 5 giugno e, dunque, formati dopo l’indizione delle elezioni – avvenuta l’8 aprile 2016 - e, quindi, nei 180 giorni previsti.
15. Peraltro, il pubblico ufficiale autenticatore, che ha raccolto le firme, è stato nominato non oltre il termine di 180 giorni, decorrente da quello fissato per la presentazione delle candidature, poiché l’atto di investitura della vicepresidente Carla Corciulo, che ha autenticato le sottoscrizioni, risale con certezza inoppugnabile al 28 dicembre 2015.
16. Quanto precede induce la Sezione a ritenere che:
- dal quadro normativo vigente, non chiaro né coordinato, non risulta espressamente affermata né è stata prevista la necessità, a pena di nullità, della data delle autenticazioni amministrative;
- in mancanza di una esplicita previsione di una nullità, di ordine strutturale o testuale, essa non può essere desunta, nell’ambito del procedimento elettorale, dallo scopo che la data potrebbe eventualmente soddisfare, non essendo ammesse nullità “funzionali”;
- a fronte di tale scarsa chiarezza del quadro normativo, deve essere valorizzato il principio del favor partecipationis, per il quale – in assenza di una chiara disposizione ostativa – può partecipare alla competizione elettorale una lista in possesso di tutti i requisiti sostanziali richiesti;
- la rilevanza del momento temporale è sancita dal legislatore, a pena di nullità, esclusivamente ai fini del rispetto dell’art. 14, comma 3, della l. n. 53 del 1990, secondo cui «le sottoscrizioni e le relative autenticazioni sono nulle se anteriori al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature»;
- tale requisito temporale, in assenza di contrarie previsioni legislative, può desumersi aliunde, se risulta con certezza che la sottoscrizione e l’autenticazione non risalgono e non possono risalire ad un periodo anteriore al centottantesimo giorno precedente al termine fissato per la presentazione delle candidature;
- in materia elettorale, almeno limitatamente alla data delle autenticazioni, rileva il principio di strumentalità delle forme, che può essere egualmente soddisfatto, in ragione del valore preminente del favor partecipationis, laddove la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la forma sia preordinata, sia comunque raggiunta;
- l’invalidità delle operazioni, alla stregua di tale fondamentale canone interpretativo in materia elettorale, può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 15 maggio 2015, n. 2920).
17. L’applicazione del principio del favor partecipationis risulta corroborata dalle considerazioni della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo:
- con la sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014, la Corte Costituzionale ha evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento» di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione;
- con la sentenza 16 marzo 2006, n. 58278, la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Chambre, ha evidenziato che la legislazione elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.
17.1. A tale ultimo riguardo, proprio in tale ultima sentenza (§§ 103-104), la Corte europea ha chiarito che «vi sono molti modi per organizzare e gestire i sistemi elettorali e numerose differenze in Europa specie nell’evoluzione storica, nella diversità culturale, nel pensiero politico e spetta ad ogni Stato contraente fondere tali diversità nella sua propria visione della democrazia».
Va rimarcato come la disciplina nazionale, ha aggiunto la Corte, deve comunque consentire che le condizioni alle quali sono subordinati il diritto di votare o di candidarsi alle elezioni non riducano i diritti ad un punto tale da pregiudicare la loro essenza e privarli della loro effettività; che perseguano uno scopo legittimo; che i mezzi impiegati non siano, soprattutto, sproporzionati rispetto al fine che la legislazione nazionale persegue, sicché tutte le condizioni imposte da questa devono rispecchiare «la preoccupazione di mantenere l’integrità e l’effettività di una procedura elettorale volta a determinare la volontà del popolo mediante un suffragio universale».
17.2. Non vi è dubbio che, proprio alla luce di tali fondamentali principi costituzionali ed europei, l’applicazione della strumentalità delle forme debba a maggior ragione trovare applicazione alla questione sul rilievo della data delle autenticazioni delle sottoscrizioni a fini elettorali, non disciplinata dal legislatore nel senso della loro nullità in re ipsa.
18. Nella specie, e in conclusione, con certezza si può affermare le autenticazioni hanno avuto luogo in un periodo non anteriore al centottantesimo giorno precedente il termine fissato per la presentazione delle candidature, sicché, nonostante la mancanza della data, si deve ravvisare la validità delle autenticazioni contestate.
19. Pertanto, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado, annullando i provvedimenti di esclusione, impugnati in primo grado, di cui ai verbali n. 3825 dell’8 maggio 2016 e n. 1984 del 10 maggio 2016 della Commissione Elettorale Circondariale di Roma, con conseguente ammissione della lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco» alle elezioni comunali di Roma.
20. Sussistono ragioni ai sensi del combinato disposto dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., proprio attesa la novità del caso, per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello n. 3784 del 2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso proposto in primo grado e annulla i verbali n. 3825 dell’8 maggio 2016 e n. 1984 del 10 maggio 2016 della Commissione Elettorale Circondariale di Roma e conseguentemente ammette la lista «Sinistra per Roma – Fassina Sindaco» alle elezioni comunali di Roma.
Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2016, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Deodato, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/05/2016
IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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