ELEZIONI:
conformità o meno alla Costituzione ed alla CEDU delle norme sul procedimento elettorale, con particolare riferimento al problema del premio di maggioranza,
per il rinnovo delle Camere,
e sul conseguente problema della giurisdizione
(T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 22 maggio 2013 n. 5613)
Normativa
Le norme che disciplinano le elezioni politiche:
- l’art. 66 della Carta Costituzionale prescrive “Ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”;
- l’art. 87 del T.U. delle norme per la sua elezione, approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361: “Alla Camera dei deputati è riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.”
- relativamente al Senato della Repubblica, la regolamentazione della sua elezione, che è contenuta nel T.U. di cui al d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 533, che, tuttavia, per ciò che non è disciplinato da detto decreto, all’art. 27 opera un espresso rinvio alle disposizioni, in quanto applicabili, del T.U. delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati, approvato col menzionato d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modificazioni.
Massima
1. In via preliminare, va rilevato come la rinnovata
affermazione della mancanza di un organo prettamente giurisdizionale non si
pone in contrasto con quanto affermato dalla Sezione già la sentenza n. 3397
del 2006 (richiamata nel 2008), in cui si precisava che: sulla base, peraltro,
dell’interpretazione offerta da giurisprudenza e dottrina, non si intende
discutere che “l’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito
presso la Corte d’Appello o il Tribunale competente) e l’Ufficio Elettorale
Centrale Nazionale (costituito presso la Corte di Cassazione) - ai quali il
legislatore (cfr., rispettivamente, gli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/57)
affida il compito di dirimere le controversie relative all’ammissione od
esclusione delle liste dei candidati - operino in veste di organi aventi natura
sostanzialmente amministrativa, anziché giurisdizionale, in quanto non solo
difettano della posizione di terzietà rispetto alle parti in lite, ma sono
anche sprovvisti, strutturalmente e funzionalmente, delle prerogative e delle
garanzie decisionali tipiche delle autorità giurisdizionali….Tuttavia, deve
riconoscersi che tali organi, avuto riguardo alla loro composizione soggettiva
(cfr. gli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 361/57, cit., da cui si evince che i
rispettivi membri sono tutti magistrati), nonché alla circostanza che essi
esplicano la loro attività attraverso due gradi di giudizio, sono
verosimilmente in grado di garantire la necessaria imparzialità e indipendenza,
fornendo un servizio di verifica delle fasi preliminari e delle operazioni
preparatorie del procedimento elettorale, che può senz’altro assimilarsi a
quello svolto in sede giurisdizionale, anche se ovviamente conserva una sua
propria specificità che lo colloca in un ambito atipico, suscettibile di
assumere carattere e consistenza di un “tertium
genus comparationis”, posto tra la funzione amministrativa e quella
giurisdizionale in senso stretto, da cui peraltro mutua i rispettivi tratti
distintivi configurandosi in definitiva alla stregua di un’attività formalmente
amministrativa, ma nella sostanza giurisdizionale o, quanto meno,
paragiurisdizionale.”
2. Il
contenzioso che trae origine dalle elezioni politiche spetta alla Giunta
per le elezioni, per la Camera dei Deputati, ed alla Giunta per le
elezioni e le immunità parlamentari, per il Senato della Repubblica, e
forma oggetto di uno speciale procedimento che assume la denominazione di “verifica
delle elezioni” o di “verifica dei poteri” ovvero, ancora, di “convalida
degli eletti” o “delle elezioni”, in cui ciascun organo preposto
alla verifica dichiara la validità di un’elezione.
L’autodichia di ciascuna Camera non si limita al contenuto
risultante da una “stretta interpretazione” del dettato di cui all’art. 66
della Costituzione, ma è molto più significativo, estendendosi
“all’accertamento della legittimità di tutte le operazioni elettorali e,
quindi, anche a quelle ricomprese nella fase precedente lo svolgimento della
competizione elettorale vera e propria” ed in quella successiva, come confermato
dal fatto che la disciplina legislativa, che regola la procedura elettorale, ha
predisposto una formula ampia che ricomprende le fasi dall’indizione dei comizi
alla proclamazione degli eletti (cfr, art. 87, D.P.R. n. 361/57, cit.).
Tale sistema, peraltro, trova la sua ratio “nel principio della
separazione dei poteri e si traduce nel conferimento a dei corpi politici,
quali sono la Camera ed il Senato, di una funzione che, per sua natura, si
vorrebbe affidata a giudici terzi” (sent. n. 1855 del 2008).
In quella sede, tuttavia, anche questo giudice auspicava un
intervento chiarificatore del legislatore.
3. Sotto
altro profilo va esaminato la violazione dei principi e delle norme
contenute nella CEDU.
La questione è stata esaminata dalla Corte di Strasburgo,
che ha affermato il riconoscimento di un ampio “margine di apprezzamento” degli
Stati, astenendosi dall’intervenire in una materia strettamente connessa
all’organizzazione dell’ordinamento statuale, quale quella della riforma dei
sistemi di elezione, anche con riferimento alla “giustiziabilità” dei “diritti
politici” (v. il caso Saccomanno e altri, del 13 marzo 2012).
Le considerazioni svolte dalla Corte europea non possono che
essere rivolte anche con riferimento alla censura di violazione del Patto internazionale
ONU invocato. Tanto più che in quella sede la Corte di Strasburgo univa
considerazioni in ordine alla compatibilità con la tutela della democrazia dei
sistemi elettorali dei Paesi europei.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1812 del 2013,
proposto da:
Giovanni Vaccaro, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto
presso il proprio studio in Roma, via Grotta di Gregna 153 Sc A Int 5;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del
Presidente del Consiglio dei Ministri p.t., e Ministero dell'Interno, in
persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
Generale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- della delibera del 22 dicembre 2012 nella parte in
cui ha approvato il decreto per l'assegnazione dei seggi per l'elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
- del d.P.R. 22 dicembre 2012 n. 226 con cui e' stata
disposta la convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei Deputati e
del Senato della Repubblica per i giorni 24 e 25 febbraio;
- del d.P.R. 22 dicembre 2012, pubblicato sulla G.U.
n. 299, con cui era disposta l’assegnazione alle Regioni ed alle circoscrizioni
Estero il numero dei seggi spettanti per l’elezione del Senato della
Repubblica, in parte qua;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile
2013 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante,
premesso di essere iscritto nelle liste elettorali del Comune di Roma, deduceva
di essere stato leso nel suo libero esercizio del diritto di voto garantito sia
dalla Costituzione italiana che dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali dagli atti censurati, che davano avvio al
procedimento elettorale per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2012.
L’istante denunziava, in via preliminare la mancata
previsione nel codice del processo amministrativo della competenza della
giustizia amministrativa in materia di elezioni politiche, nonostante quanto
contenuto nella legge delega (specificamente all’art. 44 comma 2, l. n. 69 del
2009), a seguito delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte
costituzionale n. 15 del 2008.
Il ricorrente proponeva, dunque, un complesso ed
articolato motivo di gravame:
violazione degli artt. 1, secondo comma, 3, primo
comma, 117, primo e secondo comma, 2, 48, secondo e terzo comma, 51, primo comma,
56, primo comma, 58, primo comma, 67, Costituzione e dell’art. 3 protocollo 1,
C.E.D.U., nonchè dell’art. 25 del trattato ONU “Patto internazionale sui
diritti civili e politici”, reso esecutivo in Italia con la l. n. 881 del 25
ottobre 1977, ed illegittimità derivata degli atti impugnati, poiché
l’attribuzione di un premio di maggioranza alla Camera ed al Senato altererebbe
profondamente i risultati del voto.
Si costituivano le Amministrazioni intimate per
resistere al ricorso.
La causa era trattenuta in decisione all’udienza del 4
aprile 2013.
DIRITTO
1 – Torna all’esame della Sezione in via del tutto
preliminare la questione di legittimità costituzionale inerente il difetto di
giurisdizione in materia di elezioni politiche.
Infatti, parte ricorrente nel censurare gli atti
riportati in epigrafe e relativi al procedimento elettorale del 24 e 25
febbraio 2013, introducendo la domanda di controllo di costituzionalità in
ordine alla norma che prevede l’attribuzione del 55% dei seggi alla lista o
alla coalizione di liste che ottengano il maggior numero di voti, premetteva
necessariamente la ormai annosa problematica relativa alla delimitazione
dell’autodichia ed alla individuazione di un giudice che possa sollevare in
materia la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte di
legittimità delle leggi.
Sollecitava, dunque, un ripensamento in ordine alla
lettura data da questo Tribunale con riferimento all’applicazione dell’art. 66
della Costituzione e alla legittimità dell’art. 87, d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361
e ss.mm..
Tale domanda derivava ancor più dall’intervenuta legge
delega n. 69 del 2009, che, nell’ambito del riassetto del processo
amministrativo, conferiva tra l’altro all’art. 44 comma 2, lett. d) anche il
mandato di razionalizzare ed unificare le norme vigenti per il processo
amministrativo nel contenzioso elettorale, anche “introducendo la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del
procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”. Tuttavia, a tale
previsione, non faceva seguito, l’esercizio della delega. Ne deduceva parte
ricorrente la violazione anche del principio del diritto ad un ricorso
effettivo di cui all’art. 13 CEDU e alla tutela dei diritti degli elettori a
libere elezioni come garantito dall’art. 3, Protocollo n. 1 CEDU, e nel Patto
internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU, con profili di
violazione anche dell’art. 117 Cost..
2 – La questione relativa alla giurisdizione assume,
dunque, come è evidente, un carattere preliminare al vaglio dei provvedimenti
qui gravati.
Ritiene, pertanto, il Collegio di dover sottoporre ad
un nuovo attento esame la questione preliminare attinente alla giurisdizione,
alla luce delle vicende che si sono succedute ed in particolare alla
intervenuta delega legislativa, ai rilievi delle Giunte per le elezioni, alle
sentenze della Corte Costituzionale, nonché con riferimento ai profili di
violazione della CEDU posti in rilievo dalla parte istante.
3 - Giova, dunque, ripercorrere il dettato normativo,
gia’ preso all’esame dalla Sezione.
Le norme che disciplinano le elezioni politiche:
- l’art. 66 della Carta Costituzionale prescrive
“Ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle
cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”;
- l’art. 87 del T.U. delle norme per la sua elezione,
approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361: “Alla Camera dei deputati è
riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia
giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i
reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio
centrale durante la loro attività o posteriormente.”
- relativamente al Senato della Repubblica, la
regolamentazione della sua elezione, che è contenuta nel T.U. di cui al d.lgs.
20 dicembre 1993, n. 533, che, tuttavia, per ciò che non è disciplinato da
detto decreto, all’art. 27 opera un espresso rinvio alle disposizioni, in
quanto applicabili, del T.U. delle leggi per l’elezione della Camera dei
Deputati, approvato col menzionato d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modificazioni.
Innanzitutto va rilevato come la rinnovata
affermazione della mancanza di un organo prettamente giurisdizionale non si
pone in contrasto con quanto affermato dalla Sezione già la sentenza n. 3397
del 2006 (richiamata nel 2008), in cui si precisava che: sulla base, peraltro,
dell’interpretazione offerta da giurisprudenza e dottrina, non si intende
discutere che “ l’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito presso la Corte
d’Appello o il Tribunale competente) e l’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale
(costituito presso la Corte di Cassazione) - ai quali il legislatore (cfr.,
rispettivamente, gli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/57) affida il compito di
dirimere le controversie relative all’ammissione od esclusione delle liste dei
candidati - operino in veste di organi aventi natura sostanzialmente
amministrativa, anziché giurisdizionale, in quanto non solo difettano della
posizione di terzietà rispetto alle parti in lite, ma sono anche sprovvisti,
strutturalmente e funzionalmente, delle prerogative e delle garanzie
decisionali tipiche delle autorità giurisdizionali….Tuttavia, deve riconoscersi
che tali organi, avuto riguardo alla loro composizione soggettiva (cfr. gli
artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 361/57, cit., da cui si evince che i rispettivi membri
sono tutti magistrati), nonché alla circostanza che essi esplicano la loro
attività attraverso due gradi di giudizio, sono verosimilmente in grado di
garantire la necessaria imparzialità e indipendenza, fornendo un servizio di
verifica delle fasi preliminari e delle operazioni preparatorie del
procedimento elettorale, che può senz’altro assimilarsi a quello svolto in sede
giurisdizionale, anche se ovviamente conserva una sua propria specificità che
lo colloca in un ambito atipico, suscettibile di assumere carattere e
consistenza di un “tertium genus comparationis”, posto tra la funzione
amministrativa e quella giurisdizionale in senso stretto, da cui peraltro mutua
i rispettivi tratti distintivi configurandosi in definitiva alla stregua di
un’attività formalmente amministrativa, ma nella sostanza giurisdizionale o,
quanto meno, paragiurisdizionale.”
4 – In ordine all’interpretazione delle richiamate
norme, il Collegio non intende discostarsi, pur dopo la nota ordinanza del
Consiglio di Stato n. 1744 del 2008, di riforma dell’ordinanza cautelare di
reiezione n. 1618 dello stesso anno.
In vero, infatti, questo giudice non ritiene possano
desumersi argomenti utili per una interpretazione diversa da quanto contenuto
nella decisione della Corte costituzionale, con cui era dichiarata irricevibile
la questione proposta in quel caso, non spettando alla Corte la decisione in
ordine ai conflitti di giurisdizione.
Del resto, sempre nel 2008, le Sezioni Unite Civili
della Cassazione (con la sent. 8 aprile 2008, n. 9151) tenevano ferma
l’interpretazione in ordine al difetto assoluto di giurisdizione “confermando
che né il giudice amministrativo né il giudice ordinario sono dotati di
giurisdizione”.
5 – Questa Sezione ha avuto modo di rilevare che il
contenzioso che trae origine dalle elezioni politiche spetta alla Giunta per le
elezioni, per la Camera dei Deputati, ed alla Giunta per le elezioni e le
immunità parlamentari, per il Senato della Repubblica, e forma oggetto di uno
speciale procedimento che assume la denominazione di “verifica delle elezioni”
o di “verifica dei poteri” ovvero, ancora, di “convalida degli eletti” o “delle
elezioni”, in cui ciascun organo preposto alla verifica dichiara la validità di
un’elezione.
In questo senso, con la citata sentenza, si affermava
che l’autodichia di ciascuna Camera non si limita al contenuto risultante da
una “stretta interpretazione” del dettato di cui all’art. 66 della
Costituzione, ma è molto più significativo, estendendosi “all’accertamento
della legittimità di tutte le operazioni elettorali e, quindi, anche a quelle
ricomprese nella fase precedente lo svolgimento della competizione elettorale
vera e propria” ed in quella successiva, come confermato dal fatto che la
disciplina legislativa, che regola la procedura elettorale, ha predisposto una
formula ampia che ricomprende le fasi dall’indizione dei comizi alla
proclamazione degli eletti (cfr, art. 87, D.P.R. n. 361/57, cit.).
Tale sistema, peraltro, trova la sua ratio “nel
principio della separazione dei poteri e si traduce nel conferimento a dei
corpi politici, quali sono la Camera ed il Senato, di una funzione che, per sua
natura, si vorrebbe affidata a giudici terzi” (sent. n. 1855 del 2008).
In quella sede, tuttavia, anche questo giudice
auspicava un intervento chiarificatore del legislatore.
6 – Con ordinanza n. 282 del 2008, peraltro, il
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sollecitava una
pronuncia additiva della Corte sugli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957
“nella parte in cui non prevedono l’impugnabilità davanti al giudice
amministrativo delle decisioni emesse dall’Ufficio elettorale centrale
nazionale, aventi, per effetto, l’arresto della procedura, a causa della
definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale”,
al fine di sottoporre la questione di legittimità costituzionale alla Corte,
sotto un profilo diverso e nuovo rispetto a quello che aveva condotto alle
ordinanze n. 512 del 2000 e n. 117 del 2006, in cui la Corte costituzionale
aveva dichiarato manifestamente inammissibile ed irricevibile la questione.
Tuttavia, con la sentenza n. 259 del 2009 la Corte
Costituzionale condivideva l’interpretazione già espressa dalla Corte di
Cassazione e sopra richiamata, individuando come unico competente lo stesso
organo parlamentare.
Tale iter ermeneutico era, peraltro, seguito dal
Consiglio di Stato, che in sede di decisione sull’appello alla sentenza n. 1618
del 2008, la confermava.
A fronte di tali pronunzie, ritiene il Collegio che
non vi siano elementi per addivenire ad una diversa interpretazione rispetto a
quanto già affermato dalla Sezione.
7 – Tuttavia, sotto altro profilo, va esaminato la
censurata violazione dei principi e delle norme contenute nella CEDU.
La questione è stata esaminata dalla Corte di
Strasburgo, che ha affermato il riconoscimento di un ampio “margine di
apprezzamento” degli Stati, astenendosi dall’intervenire in una materia
strettamente connessa all’organizzazione dell’ordinamento statuale, quale
quella della riforma dei sistemi di elezione, anche con riferimento alla
“giustiziabilità” dei “diritti politici” (v. il caso Saccomanno e altri, del 13
marzo 2012).
Le considerazioni svolte dalla Corte europea non
possono che essere rivolte anche con riferimento alla censura di violazione del
Patto internazionale ONU invocato. Tanto più che in quella sede la Corte di
Strasburgo univa considerazioni in ordine alla compatibilità con la tutela
della democrazia dei sistemi elettorali dei Paesi europei.
8 – Venendo ora ad esaminare l’ultimo profilo di
censura, attinente al mancato esercizio della delega legislativa nell’ambito
della riforma del processo amministrativo, va evidenziato che, in effetti, il
d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 nulla ha innovato – in tale campo - rispetto al
precedente assetto normativo, mantenendo la giurisdizione del giudice
amministrativo in materia di operazioni elettorali, “al rinnovo degli organi
elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri
del Parlamento europeo spettanti all’Italia” (art. 126 c.p.a.).
In vero, pur non potendosi non rilevare il permanere
del problema, cui la delega sembrava aver posto finale conclusione – deve
evidenziarsi che la scelta di esercitare la delega completamente non può che
essere compiuta dal legislatore delegato. Tant’è che le questioni postesi in
sede di esame di legittimità costituzionale dei decreti delegati si sono sin
qui attestate sulla natura permanente o istantanea della delega, a fronte della
prassi legislativa inerente alla delega integrativa e correttiva.
9 – Per le considerazioni sopra svolte, non può,
pertanto, che concludersi nel senso dell’inammissibilità del presente ricorso,
per difetto di giurisdizione del giudice adito, rimanendo precluso l’esame di
ogni ulteriore questione.
Quanto alle spese, si rinvengono validi motivi per
disporne l’integrale compensazione fra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del
giudice adito.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 4 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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