lunedì 27 maggio 2013

ELEZIONI: conformità o meno alla Costituzione ed alla CEDU delle norme sul procedimento elettorale, con particolare riferimento al problema del premio di maggioranza, per il rinnovo delle Camere, e sul conseguente problema della giurisdizione (T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 22 maggio 2013 n. 5613).


ELEZIONI: 
conformità o meno alla Costituzione ed alla CEDU delle norme sul procedimento elettorale, con particolare riferimento al problema del premio di maggioranza, 
per il rinnovo delle Camere, 
e sul conseguente problema della giurisdizione
(T.A.R. Lazio, Roma, sentenza 22 maggio 2013 n. 5613)


Normativa

Le norme che disciplinano le elezioni politiche:
- l’art. 66 della Carta Costituzionale prescrive “Ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”;
- l’art. 87 del T.U. delle norme per la sua elezione, approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361: “Alla Camera dei deputati è riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.”
- relativamente al Senato della Repubblica, la regolamentazione della sua elezione, che è contenuta nel T.U. di cui al d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 533, che, tuttavia, per ciò che non è disciplinato da detto decreto, all’art. 27 opera un espresso rinvio alle disposizioni, in quanto applicabili, del T.U. delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati, approvato col menzionato d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modificazioni.

Massima

1.  In via preliminare,  va rilevato come la rinnovata affermazione della mancanza di un organo prettamente giurisdizionale non si pone in contrasto con quanto affermato dalla Sezione già la sentenza n. 3397 del 2006 (richiamata nel 2008), in cui si precisava che: sulla base, peraltro, dell’interpretazione offerta da giurisprudenza e dottrina, non si intende discutere che “l’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito presso la Corte d’Appello o il Tribunale competente) e l’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale (costituito presso la Corte di Cassazione) - ai quali il legislatore (cfr., rispettivamente, gli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/57) affida il compito di dirimere le controversie relative all’ammissione od esclusione delle liste dei candidati - operino in veste di organi aventi natura sostanzialmente amministrativa, anziché giurisdizionale, in quanto non solo difettano della posizione di terzietà rispetto alle parti in lite, ma sono anche sprovvisti, strutturalmente e funzionalmente, delle prerogative e delle garanzie decisionali tipiche delle autorità giurisdizionali….Tuttavia, deve riconoscersi che tali organi, avuto riguardo alla loro composizione soggettiva (cfr. gli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 361/57, cit., da cui si evince che i rispettivi membri sono tutti magistrati), nonché alla circostanza che essi esplicano la loro attività attraverso due gradi di giudizio, sono verosimilmente in grado di garantire la necessaria imparzialità e indipendenza, fornendo un servizio di verifica delle fasi preliminari e delle operazioni preparatorie del procedimento elettorale, che può senz’altro assimilarsi a quello svolto in sede giurisdizionale, anche se ovviamente conserva una sua propria specificità che lo colloca in un ambito atipico, suscettibile di assumere carattere e consistenza di un “tertium genus comparationis”, posto tra la funzione amministrativa e quella giurisdizionale in senso stretto, da cui peraltro mutua i rispettivi tratti distintivi configurandosi in definitiva alla stregua di un’attività formalmente amministrativa, ma nella sostanza giurisdizionale o, quanto meno, paragiurisdizionale.”
2.   Il contenzioso che trae origine dalle elezioni politiche spetta alla Giunta per le elezioni, per la Camera dei Deputati, ed alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari, per il Senato della Repubblica, e forma oggetto di uno speciale procedimento che assume la denominazione di “verifica delle elezioni” o di “verifica dei poteri” ovvero, ancora, di “convalida degli eletti” o “delle elezioni”, in cui ciascun organo preposto alla verifica dichiara la validità di un’elezione.
L’autodichia di ciascuna Camera non si limita al contenuto risultante da una “stretta interpretazione” del dettato di cui all’art. 66 della Costituzione, ma è molto più significativo, estendendosi “all’accertamento della legittimità di tutte le operazioni elettorali e, quindi, anche a quelle ricomprese nella fase precedente lo svolgimento della competizione elettorale vera e propria” ed in quella successiva, come confermato dal fatto che la disciplina legislativa, che regola la procedura elettorale, ha predisposto una formula ampia che ricomprende le fasi dall’indizione dei comizi alla proclamazione degli eletti (cfr, art. 87, D.P.R. n. 361/57, cit.).
Tale sistema, peraltro, trova la sua ratio “nel principio della separazione dei poteri e si traduce nel conferimento a dei corpi politici, quali sono la Camera ed il Senato, di una funzione che, per sua natura, si vorrebbe affidata a giudici terzi” (sent. n. 1855 del 2008).
In quella sede, tuttavia, anche questo giudice auspicava un intervento chiarificatore del legislatore.
3.  Sotto altro profilo va esaminato la violazione dei principi e delle norme contenute nella CEDU.
La questione è stata esaminata dalla Corte di Strasburgo, che ha affermato il riconoscimento di un ampio “margine di apprezzamento” degli Stati, astenendosi dall’intervenire in una materia strettamente connessa all’organizzazione dell’ordinamento statuale, quale quella della riforma dei sistemi di elezione, anche con riferimento alla “giustiziabilità” dei “diritti politici” (v. il caso Saccomanno e altri, del 13 marzo 2012).
Le considerazioni svolte dalla Corte europea non possono che essere rivolte anche con riferimento alla censura di violazione del Patto internazionale ONU invocato. Tanto più che in quella sede la Corte di Strasburgo univa considerazioni in ordine alla compatibilità con la tutela della democrazia dei sistemi elettorali dei Paesi europei.



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1812 del 2013, proposto da:
Giovanni Vaccaro, rappresentato e difeso da se medesimo, con domicilio eletto presso il proprio studio in Roma, via Grotta di Gregna 153 Sc A Int 5; 
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri p.t., e Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l'annullamento
- della delibera del 22 dicembre 2012 nella parte in cui ha approvato il decreto per l'assegnazione dei seggi per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
- del d.P.R. 22 dicembre 2012 n. 226 con cui e' stata disposta la convocazione dei comizi per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica per i giorni 24 e 25 febbraio;
- del d.P.R. 22 dicembre 2012, pubblicato sulla G.U. n. 299, con cui era disposta l’assegnazione alle Regioni ed alle circoscrizioni Estero il numero dei seggi spettanti per l’elezione del Senato della Repubblica, in parte qua;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, l’istante, premesso di essere iscritto nelle liste elettorali del Comune di Roma, deduceva di essere stato leso nel suo libero esercizio del diritto di voto garantito sia dalla Costituzione italiana che dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali dagli atti censurati, che davano avvio al procedimento elettorale per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2012.
L’istante denunziava, in via preliminare la mancata previsione nel codice del processo amministrativo della competenza della giustizia amministrativa in materia di elezioni politiche, nonostante quanto contenuto nella legge delega (specificamente all’art. 44 comma 2, l. n. 69 del 2009), a seguito delle indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 15 del 2008.
Il ricorrente proponeva, dunque, un complesso ed articolato motivo di gravame:
violazione degli artt. 1, secondo comma, 3, primo comma, 117, primo e secondo comma, 2, 48, secondo e terzo comma, 51, primo comma, 56, primo comma, 58, primo comma, 67, Costituzione e dell’art. 3 protocollo 1, C.E.D.U., nonchè dell’art. 25 del trattato ONU “Patto internazionale sui diritti civili e politici”, reso esecutivo in Italia con la l. n. 881 del 25 ottobre 1977, ed illegittimità derivata degli atti impugnati, poiché l’attribuzione di un premio di maggioranza alla Camera ed al Senato altererebbe profondamente i risultati del voto.
Si costituivano le Amministrazioni intimate per resistere al ricorso.
La causa era trattenuta in decisione all’udienza del 4 aprile 2013.

DIRITTO
1 – Torna all’esame della Sezione in via del tutto preliminare la questione di legittimità costituzionale inerente il difetto di giurisdizione in materia di elezioni politiche.
Infatti, parte ricorrente nel censurare gli atti riportati in epigrafe e relativi al procedimento elettorale del 24 e 25 febbraio 2013, introducendo la domanda di controllo di costituzionalità in ordine alla norma che prevede l’attribuzione del 55% dei seggi alla lista o alla coalizione di liste che ottengano il maggior numero di voti, premetteva necessariamente la ormai annosa problematica relativa alla delimitazione dell’autodichia ed alla individuazione di un giudice che possa sollevare in materia la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte di legittimità delle leggi.
Sollecitava, dunque, un ripensamento in ordine alla lettura data da questo Tribunale con riferimento all’applicazione dell’art. 66 della Costituzione e alla legittimità dell’art. 87, d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 e ss.mm..
Tale domanda derivava ancor più dall’intervenuta legge delega n. 69 del 2009, che, nell’ambito del riassetto del processo amministrativo, conferiva tra l’altro all’art. 44 comma 2, lett. d) anche il mandato di razionalizzare ed unificare le norme vigenti per il processo amministrativo nel contenzioso elettorale, anche “introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”. Tuttavia, a tale previsione, non faceva seguito, l’esercizio della delega. Ne deduceva parte ricorrente la violazione anche del principio del diritto ad un ricorso effettivo di cui all’art. 13 CEDU e alla tutela dei diritti degli elettori a libere elezioni come garantito dall’art. 3, Protocollo n. 1 CEDU, e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici dell’ONU, con profili di violazione anche dell’art. 117 Cost..
2 – La questione relativa alla giurisdizione assume, dunque, come è evidente, un carattere preliminare al vaglio dei provvedimenti qui gravati.
Ritiene, pertanto, il Collegio di dover sottoporre ad un nuovo attento esame la questione preliminare attinente alla giurisdizione, alla luce delle vicende che si sono succedute ed in particolare alla intervenuta delega legislativa, ai rilievi delle Giunte per le elezioni, alle sentenze della Corte Costituzionale, nonché con riferimento ai profili di violazione della CEDU posti in rilievo dalla parte istante.
3 - Giova, dunque, ripercorrere il dettato normativo, gia’ preso all’esame dalla Sezione.
Le norme che disciplinano le elezioni politiche:
- l’art. 66 della Carta Costituzionale prescrive “Ciascuna camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.”;
- l’art. 87 del T.U. delle norme per la sua elezione, approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361: “Alla Camera dei deputati è riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Essa pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami presentati agli Uffici delle singole sezioni elettorali o all’Ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.”
- relativamente al Senato della Repubblica, la regolamentazione della sua elezione, che è contenuta nel T.U. di cui al d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 533, che, tuttavia, per ciò che non è disciplinato da detto decreto, all’art. 27 opera un espresso rinvio alle disposizioni, in quanto applicabili, del T.U. delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati, approvato col menzionato d.P.R. n. 361 del 1957 e successive modificazioni.
Innanzitutto va rilevato come la rinnovata affermazione della mancanza di un organo prettamente giurisdizionale non si pone in contrasto con quanto affermato dalla Sezione già la sentenza n. 3397 del 2006 (richiamata nel 2008), in cui si precisava che: sulla base, peraltro, dell’interpretazione offerta da giurisprudenza e dottrina, non si intende discutere che “ l’Ufficio Centrale Circoscrizionale (costituito presso la Corte d’Appello o il Tribunale competente) e l’Ufficio Elettorale Centrale Nazionale (costituito presso la Corte di Cassazione) - ai quali il legislatore (cfr., rispettivamente, gli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 361/57) affida il compito di dirimere le controversie relative all’ammissione od esclusione delle liste dei candidati - operino in veste di organi aventi natura sostanzialmente amministrativa, anziché giurisdizionale, in quanto non solo difettano della posizione di terzietà rispetto alle parti in lite, ma sono anche sprovvisti, strutturalmente e funzionalmente, delle prerogative e delle garanzie decisionali tipiche delle autorità giurisdizionali….Tuttavia, deve riconoscersi che tali organi, avuto riguardo alla loro composizione soggettiva (cfr. gli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 361/57, cit., da cui si evince che i rispettivi membri sono tutti magistrati), nonché alla circostanza che essi esplicano la loro attività attraverso due gradi di giudizio, sono verosimilmente in grado di garantire la necessaria imparzialità e indipendenza, fornendo un servizio di verifica delle fasi preliminari e delle operazioni preparatorie del procedimento elettorale, che può senz’altro assimilarsi a quello svolto in sede giurisdizionale, anche se ovviamente conserva una sua propria specificità che lo colloca in un ambito atipico, suscettibile di assumere carattere e consistenza di un “tertium genus comparationis”, posto tra la funzione amministrativa e quella giurisdizionale in senso stretto, da cui peraltro mutua i rispettivi tratti distintivi configurandosi in definitiva alla stregua di un’attività formalmente amministrativa, ma nella sostanza giurisdizionale o, quanto meno, paragiurisdizionale.”
4 – In ordine all’interpretazione delle richiamate norme, il Collegio non intende discostarsi, pur dopo la nota ordinanza del Consiglio di Stato n. 1744 del 2008, di riforma dell’ordinanza cautelare di reiezione n. 1618 dello stesso anno.
In vero, infatti, questo giudice non ritiene possano desumersi argomenti utili per una interpretazione diversa da quanto contenuto nella decisione della Corte costituzionale, con cui era dichiarata irricevibile la questione proposta in quel caso, non spettando alla Corte la decisione in ordine ai conflitti di giurisdizione.
Del resto, sempre nel 2008, le Sezioni Unite Civili della Cassazione (con la sent. 8 aprile 2008, n. 9151) tenevano ferma l’interpretazione in ordine al difetto assoluto di giurisdizione “confermando che né il giudice amministrativo né il giudice ordinario sono dotati di giurisdizione”.
5 – Questa Sezione ha avuto modo di rilevare che il contenzioso che trae origine dalle elezioni politiche spetta alla Giunta per le elezioni, per la Camera dei Deputati, ed alla Giunta per le elezioni e le immunità parlamentari, per il Senato della Repubblica, e forma oggetto di uno speciale procedimento che assume la denominazione di “verifica delle elezioni” o di “verifica dei poteri” ovvero, ancora, di “convalida degli eletti” o “delle elezioni”, in cui ciascun organo preposto alla verifica dichiara la validità di un’elezione.
In questo senso, con la citata sentenza, si affermava che l’autodichia di ciascuna Camera non si limita al contenuto risultante da una “stretta interpretazione” del dettato di cui all’art. 66 della Costituzione, ma è molto più significativo, estendendosi “all’accertamento della legittimità di tutte le operazioni elettorali e, quindi, anche a quelle ricomprese nella fase precedente lo svolgimento della competizione elettorale vera e propria” ed in quella successiva, come confermato dal fatto che la disciplina legislativa, che regola la procedura elettorale, ha predisposto una formula ampia che ricomprende le fasi dall’indizione dei comizi alla proclamazione degli eletti (cfr, art. 87, D.P.R. n. 361/57, cit.).
Tale sistema, peraltro, trova la sua ratio “nel principio della separazione dei poteri e si traduce nel conferimento a dei corpi politici, quali sono la Camera ed il Senato, di una funzione che, per sua natura, si vorrebbe affidata a giudici terzi” (sent. n. 1855 del 2008).
In quella sede, tuttavia, anche questo giudice auspicava un intervento chiarificatore del legislatore.
6 – Con ordinanza n. 282 del 2008, peraltro, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sollecitava una pronuncia additiva della Corte sugli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 “nella parte in cui non prevedono l’impugnabilità davanti al giudice amministrativo delle decisioni emesse dall’Ufficio elettorale centrale nazionale, aventi, per effetto, l’arresto della procedura, a causa della definitiva esclusione del candidato o della lista dal procedimento elettorale”, al fine di sottoporre la questione di legittimità costituzionale alla Corte, sotto un profilo diverso e nuovo rispetto a quello che aveva condotto alle ordinanze n. 512 del 2000 e n. 117 del 2006, in cui la Corte costituzionale aveva dichiarato manifestamente inammissibile ed irricevibile la questione.
Tuttavia, con la sentenza n. 259 del 2009 la Corte Costituzionale condivideva l’interpretazione già espressa dalla Corte di Cassazione e sopra richiamata, individuando come unico competente lo stesso organo parlamentare.
Tale iter ermeneutico era, peraltro, seguito dal Consiglio di Stato, che in sede di decisione sull’appello alla sentenza n. 1618 del 2008, la confermava.
A fronte di tali pronunzie, ritiene il Collegio che non vi siano elementi per addivenire ad una diversa interpretazione rispetto a quanto già affermato dalla Sezione.
7 – Tuttavia, sotto altro profilo, va esaminato la censurata violazione dei principi e delle norme contenute nella CEDU.
La questione è stata esaminata dalla Corte di Strasburgo, che ha affermato il riconoscimento di un ampio “margine di apprezzamento” degli Stati, astenendosi dall’intervenire in una materia strettamente connessa all’organizzazione dell’ordinamento statuale, quale quella della riforma dei sistemi di elezione, anche con riferimento alla “giustiziabilità” dei “diritti politici” (v. il caso Saccomanno e altri, del 13 marzo 2012).
Le considerazioni svolte dalla Corte europea non possono che essere rivolte anche con riferimento alla censura di violazione del Patto internazionale ONU invocato. Tanto più che in quella sede la Corte di Strasburgo univa considerazioni in ordine alla compatibilità con la tutela della democrazia dei sistemi elettorali dei Paesi europei.
8 – Venendo ora ad esaminare l’ultimo profilo di censura, attinente al mancato esercizio della delega legislativa nell’ambito della riforma del processo amministrativo, va evidenziato che, in effetti, il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 nulla ha innovato – in tale campo - rispetto al precedente assetto normativo, mantenendo la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di operazioni elettorali, “al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia” (art. 126 c.p.a.).
In vero, pur non potendosi non rilevare il permanere del problema, cui la delega sembrava aver posto finale conclusione – deve evidenziarsi che la scelta di esercitare la delega completamente non può che essere compiuta dal legislatore delegato. Tant’è che le questioni postesi in sede di esame di legittimità costituzionale dei decreti delegati si sono sin qui attestate sulla natura permanente o istantanea della delega, a fronte della prassi legislativa inerente alla delega integrativa e correttiva.
9 – Per le considerazioni sopra svolte, non può, pertanto, che concludersi nel senso dell’inammissibilità del presente ricorso, per difetto di giurisdizione del giudice adito, rimanendo precluso l’esame di ogni ulteriore questione.
Quanto alle spese, si rinvengono validi motivi per disporne l’integrale compensazione fra le parti in causa.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito.
Compensa tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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