Massima
1. L'attività di produzione e trasporto di energia fotovoltaica non consiste affatto nella "erogazione" di un servizio pubblico (energia), bensì in quella, ontologicamente diversa, di "produzione e trasporto" dell'energia prodotta da fonti energetiche rinnovabilili, giacché solo la prima, cioè quella di erogazione di energia in favore direttamente dei cittadini, può essere effettivamente considerata un servizio pubblico, laddove la seconda (produzione di energia da fonti rinnovabile) non è rivolta, direttamente ed esclusivamente, ma solo eventualmente ai cittadini, quali utenti, trattandosi soltanto di un'attività presupposta alla successiva attività di erogazione del servizio di energia (che d'altra parte, com'è intuibile, non deve avere necessariamente come destinatari i cittadini).Né può ammettersi un'interpretazione estensiva della ricordata norma agevolativa: infatti, anche a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione dell'inequivoco tenore letterale, già rilevato, e dalla sua delineata ratio (non ragionevolmente individuabile anche nella diversa ipotesi di produzione e trasporto di energia), dal punto di vista sistematico essa ha natura speciale, recando una deroga alle regole (criteri) generali di determinazione della tariffa dovuta, cosa che ne impone una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letterale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive.2. L'attività di erogazione di servizio pubblico, bensì di produzione e trasporto (di energia), il che esclude in radice la stessa invocabilità della tariffa forfettaria agevolata.Ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui si discute, difatti, non possono invocarsi le speciali disposizioni (rectius la ratio delle disposizioni) contenute nell'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) e dell'art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità).
Se è vero infatti che esse, allo scopo di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale dell'utilizzazione dell'energia, favoriscono ed incentivano l'uso razionale dell'energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e nell'utilizzo dei manufatti e l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia (oltre alla riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi e ad una più rapida sostituzione degli impianti in particolari settori a più elevata intensità energetica), è anche vero che la qualità di pubblico interesse e di pubblica utilità riconosciuta, in via generale, all'utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3 dell'art. 1 della legge n. 10 del 1991 (quali il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici o di prodotti vegetali) è intrinsecamente collegata alle relative opere a tal fine necessarie, dichiarate pertanto indifferibili ed urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche (comma 4 dell'art. 1 della legge n. 10 del 1991); in quest'ottica si inserisce la disposizione dell'art. 12 del D. Lgs. n. 397 del 2003 che dichiara di pubblica utilità, oltre che indifferibili ed urgenti, le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché quelle connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzioni ed all'esercizio degli stessi impianti, semplificando le procedure per il rilascio del titolo autorizzativo.Tuttavia favorire ed incentivare l'utilizzazione di fonti rinnovabili di energia e semplificare le procedure per la realizzazione delle opere necessarie alla costruzione ed all'esercizio dei relativi impianti, pur essendo sintomatico dell'interesse pubblico e dell'utilità pubblica che il legislatore ha riconosciuto ad esse, colloca tuttavia tali misure nel più vasto ambito degli indirizzi ed obiettivi di politica energetica nazionale, senza comportare automaticamente, così come vorrebbe la società ricorrente, che il relativo carattere di pubblica utilità e/o di interesse generale si trasmetta anche all'attività di produzione e trasporto dell'energia così prodotta, tanto più che, come acutamente sottolineato dall'amministrazione appellante, gli impianti di produzione sono e restano privati, così come privata è l'attività di trasporto, entrambi costituendo tipiche manifestazioni dell'attività di impresa finalizzata alla realizzazione ed alla percezione di utili.
Sentenza per esteso
Fatto
1. Con atto rep. n.
14410 del 14 settembre 2010, a firma del dirigente del Servizio Viabilità, la
Provincia di Lecce ha autorizzato la società Do. Ci. s.r.l. ad eseguire i
lavori per l'interramento di un elettrodotto con cavo MT a 20 KV, in senso
trasversale lungo la S.P. n. 360 (cat. A, occ.ne ml. 10 circa) per la
connessione alla rete MT di distribuzione dell'impianto fotovoltaico denominato
Goal 17278 da realizzare in agro di Ugento.
Detto elettrodotto
interessa in senso longitudinale e trasversale la S.P. n. 294 "Dalla Lecce
- Gallipoli a Santa Barbara" (Cat. B Occ.ne ml. 165 circa) e la S.P. n.
307 "Copertino - Santa Barbara" (Cat. B Occ.ne ml. 2.920 circa), per
la cui occupazione (ai fini della connessione alla rete MT di un impianto
fotovoltaico denominato Goal 18182 da realizzarsi in agro di Galatina, località
Santa - Barbara) è stata rilasciata altra autorizzazione rep. n. 14437 del 24
settembre 2010 in favore della società Produzioni Fotovoltaiche M1 s.r.l..
Entrambe le
autorizzazioni sono state subordinate all'osservanza di precisi patti e
condizioni, tra cui, per quanto qui interessa, (punto 4) il versamento di
"...un canone determinato nella misura del 20% dell'importo
complessivamente corrisposto dallo stesso (concessionario), ai Comuni compresi
nell'ambito territoriale della provincia riferito all'anno precedente il
rilascio della concessione (D. Lgs. 446/97 così come modificato dall'art, 18
della L. n° 488/99)", con la precisazione che "tale onere non potrà
essere inferiore a Euro. 516,46 e dovrà versarsi entro il 30 aprile di ogni
anni" e che "il concessionario accetterà eventuali variazioni nella
misura del canone che la Provincia dovesse determinare con propri provvedimenti
esecutivi a norma di legge".
Con nota prot. 42382
del 16 maggio 2011 l'amministrazione provinciale ha comunicato alla predetta
società che, in forza dell'approvazione del nuovo "Regolamento provinciale
per l'applicazione del Canone per l'Occupazione Spazi e Aree Pubbliche"
(giusta delibera consiliare n. 12 del 22 marzo 2011), l'importo annuo della
concessione ammonta a Euro. 28.375,83, in luogo di Euro. 516,46.
2. Il Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, con
la sentenza n. 689 del 16 aprile 2012, nella resistenza dell'intimata
amministrazione provinciale di Lecce, accogliendo il ricorso proposto dalla
società Produzione Fotovoltaiche M1 s.r.l., ha annullato la citata nota prot.
n. 42382 del 16 maggio 2011 e la deliberazione consiliare n. 12 del 22 marzo
2011 (di approvazione del nuovo regolamento per l'applicazione del canone per
l'occupazione di spazi ed aree pubbliche).
Riconosciuta
preliminarmente la propria giurisdizione (esclusiva, in ragione della natura
non tributaria del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche), il
predetto tribunale ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso
("Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell'art. 63, comma
2, lett. f), del d. lgs. 15 dicembre 1997. Violazione del divieto di
retroattività di cui all'art. 11 delle preleggi. Violazione del principio di
proporzionalità e di affidamento nella certezza del diritto. Eccesso di potere
per sviamento"), rilevando innanzitutto che, sulla base alle disposizioni
di cui agli articoli. 1, comma 4, della legge 8 gennaio 1991, n. 10, e 12,
comma 1, del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, benché la costruzione e
l'esercizio di impianti fotovoltaici finalizzati alla produzione di energia elettrica
non possano essere sussunti nella categoria del servizio pubblici, si tratta
pur sempre di attività qualificate espressamente di pubblico interesse e di
pubblica utilità, ed aggiungendo poi che la espressa previsione, ex art. 7,
comma 1, del D. Lgs. n. 387 del 2003, dell'adozione di criteri per
l'incentivazione della produzione di energia elettrica dalla fonte solare;
l'emanazione di un apposito decreto ministeriale (D.M. 6 agosto 2010, art. 8),
disciplinante per gli impianti solari fotovoltaici un sistema di tariffe
incentivanti, di importo decrescente e di durata tali da garantire una equa
remunerazione dei costi di investimenti e di esercizio, nonché la possibilità,
pure stabilita dai commi 3 e 4 dell'art. 13 del D. Lgs. n. 387 del 2003, per i
produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili di richiedere al gestore
della rete il ritiro dell'energia elettrica prodotta a prezzo amministrato
(c.d. ritiro dedicato), secondo modalità determinate dell'Autorità per
l'energia elettrica ed il gas, costituiscono tutti elementi che inducono a
ritenere che: a) la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici
(ed in genere da fonti rinnovabili) non può essere considerata alla stregua di
un qualsiasi bene commerciabile in una economia di libero mercato (ciò in
ragione dei ripetuti interventi legislativi di regolamentazione del mercato
anche attraverso la determinazione di tariffe incentivanti e di prezzi minimi
garantiti); b) è da considerare incompatibile con la indicata normativa di
rango primario, espressione di un favor per la realizzazione e la gestione
degli impianti fotovoltaici, una disciplina regolamentare che assoggetti il
trasporto dell'energia derivante da fonti rinnovabili ad un onere maggiore di
quello previsto per il trasporto di energia elettrica da fonti energetiche non
rinnovabili (ad esempio, gas naturale); c) l'aumento dei costi di gestione
degli impianti fotovoltaici (tra i quali devono ricomprendersi anche quelli
relativi al trasporto delle energia prodotta) si ripercuoterebbe necessariamente,
nel lungo periodo, sugli utenti finali di energia elettrica prodotta, con
conseguente elusione delle finalità del regime concessorio differenziato di cui
all'art. 63, comma 2, lett. f), del D. Lgs. n. 446 del 1997 e s.m.i.
Pertanto, secondo il
Tribunale, le aziende che realizzano impianti fotovoltaici per la produzione di
energia elettrica devono essere ammesse a fruire, con riguardo agli
elettrodotti interrati nelle strade comunali e provinciali, del regime
agevolativo forfettario di cui all'art. 63, comma 2, lett. f), del D. Lgs. n.
446 del 1997 e s.m.i, dovendo essere assimilate a quelle svolgenti un'attività
strumentale ad un pubblico servizio, con conseguente illegittimità sul punto
dell'impugnato regolamento provinciale, anche nella parte in cui disciplina
diversamente l'onere concessorio a seconda che i sottoservizi di
interconnessione per impianti di produzione da energie rinnovabili siano o meno
allacciati alla rete (trattandosi di una discriminante priva di qualsiasi
fondamento giuridico).
E" stata invece
respinta la tesi della società ricorrente secondo cui il canone di occupazione
dovrebbe essere necessariamente fissato nella misura di Euro. 516,46 e che non
potrebbe essere assoggettato all'adeguamento ISTAT; è stato poi dichiarato inammissibile
per difetto di interesse le censure spiegate con il secondo motivo di ricorso
(incentrato sull'eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, disparità
di trattamento e difetto di motivazione), mentre è stato respinto il terzo
motivo ("Irretroattività dei regolamenti. Eccesso di potere per sviamento.
Irragionevolezza, difetto di istruttoria e carenza assoluta di
motivazione"), non sussistendo la lamentata retroattività del regolamento
impugnato.
3. Con rituale e
tempestivo atto di appello l'amministrazione provinciale di Lecce ha chiesto la
riforma della predetta sentenza, lamentandone l'assoluta erroneità ed
ingiustizia, conseguenza di un superficiale apprezzamento della concreta
situazione di fatto e di un approssimativo esame della normativa richiamata.
Secondo
l'amministrazione appellante, i primi giudici avrebbero inopinatamente
qualificato l'attività svolta dalla società ricorrente come strumentale ad un
pubblico servizio. laddove essa ha una natura squisitamente commerciale,
indiscutibile fonte di profitto, tanto più che detta attività non è neppure
necessariamente finalizzata ad erogare energia elettrica direttamente ai
cittadini; inoltre la possibilità che l'impianto sia inserito in una rete di
distribuzione pubblica è meramente eventuale, presupponendo un lungo iter
burocratico, fino al perfezionamento del quale l'impianto e le relative
connessioni restano di proprietà privata, irrilevante essendo il favor
legislativo (di cui all'at. 1, comma 4, della legge n. 10 del 1991 e all'art. 12,
comma 1, del D. Lgs. n. 387 del 2003) che riguarda espressamente la sola fase
di costruzione dell'impianto e non può essere estesa anche alla attività (di
impresa) di vendita dell'energia prodotta.
E" stata
pertanto rivendicata la legittimità e la correttezza delle determinazioni
regolamentari impugnate, per un verso evidenziandosi che l'entità del canone
discendeva non già dall'applicazione di tariffe unitarie, ma da un articolato e
razionale sistema tariffario proporzionale all'estensione dell'area occupata e,
per altro, verso contestandosi la fondatezza dell'argomentazione secondo cui
l'aumento del canone avrebbe determinato la lievitazione dei costi di gestione
degli impianti fotovoltaici, che si sarebbero scaricati sugli utenti finali,
rilevando invece che si sarebbe verificata soltanto una riduzione dell'utile
derivante dalla vendita dell'energia elettrica.
In definitiva,
secondo l'appellante, i primi giudici avrebbero trascurato la fondamentale
distinzione tra attività di produzione e di distribuzione energetica, atteso
che solo i distributori di energia rispondono dell'erogazione agli utenti
finali e solo l'attività di erogazione è presa in considerazione dall'art. 63
del D. Lgs. n. 446 del 1997; in ogni caso, allorquando l'impianto della società
ricorrente fosse stato ceduto e allacciato alla rete ENEL, ENI o a qualsiasi
altro gestore nazionale o locale, si sarebbe proceduto all'adeguamento delle
tariffe in proporzione al numero di utenti serviti, come previsto dal più volte
citato art. 63 del D. Lgs. n. 446 del 1997 (solo in quel momento risultando
provata e certa la destinazione pubblica dell'impianto e quindi giustificato il
sacrificio imposto alla comunità circa il limitato uso della strada oggetto di
occupazione da parte del cavidotto).
4. Hanno resistito al
gravame le società Do. Ci. s.r.l. e Produzioni Fotovoltaiche M1 s.r.l.,
deducendone l'inammissibilità e l'infondatezza e chiedendone pertanto il
rigetto; è stato peraltro riproposto espressamente il motivo di ricorso,
assorbito, con cui era stato lamentato "Eccesso di potere per sviamento -
Irragionevolezza - Disparità di trattamento - Violazione del principio di
proporzionalità - Difetto di motivazione".
5. Nel corso del
giudizio le parti appellate hanno depositato la Convenzione per il ritiro
dedicato sottoscritta con il Gestore dei Servizi Energetici - G.S.E. - S.p.A. e
la Soluzione di connessione alla rete; nell'imminenza dell'udienza di pubblica
di trattazione hanno poi ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive,
insistendo per il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
Alla pubblica udienza
dell'11 gennaio 2013, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta
in decisione.
Diritto
6. L'appello è
fondato e deve essere accolto.
6.1. Occorre precisare
preliminarmente che le società Do. Ci. s.r.l. e Produzioni Fotovoltaiche M1
s.r.l. (appellate, ricorrenti in primo grado) non hanno contestato né l'obbligo
di corrispondere all'amministrazione provinciale di Lecce (odierna appellante)
il canone per la posa in opera di cavi elettrici MT a 20 KV interrrati lungo le
strade provinciali n. 360, n. 294 e n. 307 (ex art. 4 della concessione Rep. n.
14410 del 14 settembre 2010 e n. 14437 del 24 settembre 2010), né la natura
pubblica - provinciale - delle predette strade, né più in generale il potere
dell'amministrazione provinciale di determinare ovvero di rideterminare
l'ammontare del canone per le occupazioni di spazi pubblici: infatti la
controversia in esame concerne esclusivamente la legittimità o meno dell'esercizio
da parte dell'amministrazione provinciale del predetto potere impositivo
(avvenuto con l'approvazione - giusta delibera consiliare n. 12 del 22 marzo
2011 - del nuovo "Regolamento provinciale per l'applicazione del Canone
per l'Occupazione Spazi e Aree Pubbliche" (delibera consiliare n. 12 del
22 marzo 2011), nella parte in cui non avrebbe tenuto conto, nella
determinazione del canone di occupazione di aree pubbliche, della natura di
servizio pubblico della produzione di energia da fonte rinnovabile, omettendo
di applicare ovvero malamente applicando l'art. 63, comma 2, lett. f), del D.
Lgs, 15 dicembre 1997, n. 446.
Al riguardo si
osserva quanto segue.
6.2. L'articolo 63
del citato D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, disciplinando il "Canone per
l'occupazione di spazi ed aree pubbliche", dopo aver stabilito al comma 1,
secondo periodo, che "I comuni e le province possono, con regolamento
adottato a norma dell'articolo 52, prevedere che l'occupazione, sia permanente
che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti
appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree
destinati a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della
tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone
da parte del titolare della concessione...", ha indicato, al successivo
comma 2, i criteri cui deve essere informato il regolamento, specificando, per
quanto qui interessa, al punto f) la "previsione per le occupazioni permanenti,
realizzate con cavi, condutture, impianti o con qualsiasi altro manufatto da
aziende di erogazione dei pubblici servizi e da quelle esercenti attività
strumentali ai servizi medesimi di un canone determinato forfettariamente come
segue: 1) per le occupazioni del territorio comunale il canone è commisurato al
numero complessivo delle relative utenze per la misura unitaria di tariffa
riferita alle sotto indicate classi di comuni: I) fino a 20.000 abitanti, euro
0,77 per utenza; II) oltre 20.000 abutanti, euro 0,65 per utenza; 2) per le
occupazioni del territorio provinciale, il canone è determinato nella misura
del 20 per cento dell'importo risultante dall'applicazione della misura
unitaria di tariffa di cui al precedente numero 1, per il numero complessivo
delle utenze presenti nei comuni compresi nel medesimo ambito territoriale; 3)
in ogni caso l'ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o
provincia non può essere inferiore a euro 516,46. La medesima misura di canone
annuo è dovuta complessivamente per le occupazioni permanente di cui alla
presente lettera effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali ai
pubblici servizi....".
Dal tenore letterale
della norma emerge che la determinazione forfettaria del canone dovuto per le
occupazioni permanenti, realizzate con cavi, condutture, impianti o con
qualsiasi altro manufatto è subordinata alla ricorrenza di puntuali
presupposti, di carattere soggettivo ed oggettivo: in particolare
l'agevolazione presuppone, dal punto di vista soggettivo, che il soggetto
occupante le aree pubbliche svolga attività di erogazione dei pubblici servizi
ovvero attività strumentali ai servizi medesimi; dal punto di vista oggettivo,
poi l'attività di erogazione ovvero quella strumentale deve essere in atto,
atteso che il canone deve essere commisurato al numero delle utenze (ciò anche
con riferimento alle occupazioni del territorio provinciale).
Ad avviso della
Sezione, la ratio dell'agevolazione in parola si ricollega alla peculiarità
dell'attività che viene svolta attraverso l'occupazione di aree pubbliche
(erogazione di servizi pubblici o attività strumentale a questi ultimi) ed alla
utilità che cosè è assicurata direttamente ai cittadini (utenti), solo in tal
modo trovando ragionevole giustificazione il sacrificio imposto al potere
impositivo dell'amministrazione locale (ed alle sue entrate finanziarie).
Il legislatore ha
così effettuato, direttamente a livello normativo, una comparazione e una non
irragionevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell'ente
locale, comune o provinciale, di ricavare un'entrata dall'utilizzazione dei
suoi beni pubblici e quello dei cittadini all'utilità derivante dall'erogazione
di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all'ente impositore,
considerandola una questione di interesse generale e non meramente
localizzabile.
6.3. Ciò posto, le
conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non sono condivisibili e le tesi
prospettate dalla società ricorrente con il primo motivo del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado non meritano accoglimento.
6.3.1. Invero, come
si è avuto modo di accennare la misura agevolativa della determinazione
forfettaria, ex lett. f), comma 2, dell'art. 63 del D. Lgs. n. n. 446 del 1997,
secondo il suo stesso tenore letterale, può trovare applicazione solo per
l'attività di erogazione dei servizi pubblici e per le attività strumentali a
questi ultimi.
In tale fattispecie
non può pertanto rientrare ictu oculi l'attività svolta dalla società
ricorrente, oggi appellata, che, com'è pacifico, non consiste affatto nella
"erogazione" di un servizio pubblico (energia), bensì in quella,
ontologicamente diversa, di "produzione e trasporto" dell'energia
prodotta da fonti energetiche rinnovabilili, giacché solo la prima, cioè quella
di erogazione di energia in favore direttamente dei cittadini, può essere
effettivamente considerata un servizio pubblico, laddove la seconda (produzione
di energia da fonti rinnovabile) non è rivolta, direttamente ed esclusivamente,
ma solo eventualmente ai cittadini, quali utenti, trattandosi soltanto di
un'attività presupposta alla successiva attività di erogazione del servizio di
energia (che d'altra parte, com'è intuibile, non deve avere necessariamente
come destinatari i cittadini).
Né può ammettersi
un'interpretazione estensiva della ricordata norma agevolativa: infatti, anche
a voler prescindere dalla pur decisiva considerazione dell'inequivoco tenore
letterale, già rilevato, e dalla sua delineata ratio (non ragionevolmente
individuabile anche nella diversa ipotesi di produzione e trasporto di
energia), dal punto di vista sistematico essa ha natura speciale, recando una
deroga alle regole (criteri) generali di determinazione della tariffa dovuta,
cosa che ne impone una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo
tenore letterale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di
interpretazioni estensive.
6.3.2. Sotto altro
profilo, poi, ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui si
discute, non possono invocarsi le speciali disposizioni (rectius la ratio delle
disposizioni) contenute nell'articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10
(Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso
razionale dell'energia di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili di energia) e dell'art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricità).
Se è vero infatti che
esse, allo scopo di migliorare le condizioni di compatibilità ambientale
dell'utilizzazione dell'energia, favoriscono ed incentivano l'uso razionale
dell'energia, il contenimento dei consumi di energia nella produzione e
nell'utilizzo dei manufatti e l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di
energia (oltre alla riduzione dei consumi specifici di energia nei processi
produttivi e ad una più rapida sostituzione degli impianti in particolari
settori a più elevata intensità energetica), è anche vero che la qualità di
pubblico interesse e di pubblica utilità riconosciuta, in via generale,
all'utilizzazione delle fonti di energia di cui al comma 3 dell'art. 1 della
legge n. 10 del 1991 (quali il sole, il vento, l'energia idraulica, le risorse
geotermiche, le maree, il moto ondoso e la trasformazione dei rifiuti organici
o di prodotti vegetali) è intrinsecamente collegata alle relative opere a tal
fine necessarie, dichiarate pertanto indifferibili ed urgenti ai fini
dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche (comma 4 dell'art. 1 della
legge n. 10 del 1991); in quest'ottica si inserisce la disposizione dell'art.
12 del D. Lgs. n. 397 del 2003 che dichiara di pubblica utilità, oltre che
indifferibili ed urgenti, le opere per la realizzazione degli impianti
alimentati da fonti rinnovabili, nonché quelle connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzioni ed all'esercizio degli stessi impianti,
semplificando le procedure per il rilascio del titolo autorizzativo.
Tuttavia favorire ed
incentivare l'utilizzazione di fonti rinnovabili di energia e semplificare le
procedure per la realizzazione delle opere necessarie alla costruzione ed
all'esercizio dei relativi impianti, pur essendo sintomatico dell'interesse
pubblico e dell'utilità pubblica che il legislatore ha riconosciuto ad esse,
colloca tuttavia tali misure nel più vasto ambito degli indirizzi ed obiettivi
di politica energetica nazionale, senza comportare automaticamente, così come
vorrebbe la società ricorrente, che il relativo carattere di pubblica utilità
e/o di interesse generale si trasmetta anche all'attività di produzione e
trasporto dell'energia così prodotta, tanto più che, come acutamente
sottolineato dall'amministrazione appellante, gli impianti di produzione sono e
restano privati, così come privata è l'attività di trasporto, entrambi
costituendo tipiche manifestazioni dell'attività di impresa finalizzata alla
realizzazione ed alla percezione di utili.
6.3.3. In definitiva,
poiché, secondo il legislatore, solo l'attività di erogazione in atto di
servizi pubblici a favore di cittadini giustifica il regime agevolativo di cui
si discute, l'appello dell'amministrazione provinciale di Lecce deve essere
accolto, con conseguente rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio
di primo grado.
E" appena il
caso di rilevare, per completezza, che, proprio la delineata specialità della
previsione agevolativa in questione, più volte richiamata, esclude che
l'attività di produzione e trasporto di energia possa essere sic et simpliciter
fatta rientrare nell'ambito della attività strumentale ai servizi pubblici,
trattandosi di attività del tutto autonome e separate tra loro, anche dal punto
di vista economico.
6.4. Deve essere
quindi esaminato il secondo motivo del ricorso di primo grado, sostanzialmente
assorbito dalla decisione impugnata ed espressamente riproposto dalla società
appellata,
Con esso è stato
lamentato "Eccesso di potere per sviamento - Irragionevolezza, disparità
di trattamento - Violazione del principio di proporzionalità - Difetto di
motivazione", sostenendosi l'irragionevolezza della previsione di una
canone di occupazione di aree pubblico differente a seconda che l'impianto
(elettrodotto) sia in funzione o meno, oltre che dell'individuazione, anche
l'occupazione di area a servizio di elettrodotti interrati a servizio di
impianti fotovoltaici, di coefficienti economici alti e sproporzionati, privi
di qualsiasi considerazione della rilevanza pubblica degli impianti stessi.
Tale suggestiva
doglianza non merita favorevole considerazioni, essendo sufficiente al riguardo
richiamare le considerazioni già svolte nei precedenti paragrafi.
Infatti, come già
osservato, è lo stesso tenore letterale e la ratio della più volte ricordata
lett. f), del comma 2, dell'art. 63 del D. Lgs. n. n. 446 del 1997, a
giustificare, anche dal punto di vista logico, ancor prima che giuridico, la
diversità di tariffa a seconda che l'impianto sia in funzione o meno, tanto più
che tale differenziazione, diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente,
pertiene non già al mero funzionamento in sé dell'impianto, quanto piuttosto
all'erogazione del servizio pubblico ai cittadini utenti; così come solo sono
in presenza delle caratteristiche, soggettive ed oggettive, di erogazione di
servizio pubblico, pure delineate nella ricordata normativa, ne consentono la
rilevanza ai fini dell'applicazione del regime agevolativo.
Ciò senza contare
che, come pure rilevato, la società ricorrente non svolge neppure attività di
erogazione di servizio pubblico, bensì di produzione e trasporto (di energia),
il che esclude in radice la stessa invocabilità della tariffa forfettaria
agevolata.
7. In conclusione
l'appello deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza
impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado dalle
società Do. Ci. s.r.l. e Produzioni Fotovoltaiche M1 s.r.l..
La peculiarità e la
novità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle
spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando
sull'appello proposto dalla Provincia di Lecce avverso la sentenza del
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce,
sez. II, n. 689 del 16 aprile 2012, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma
della stessa, respinge il ricorso proposto in primo grado dalle società Do. Ci.
s.r.l. e Produzioni Fotovoltaiche M1 s.r.l..
Dichiara interamente
compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolò Lotti,
Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 27 MAR.
2013
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