venerdì 19 luglio 2013

ENTI LOCALI: la "spending review" a danno delle Province è illegittima, perché utilizza parametri che limitano i costi della P.A. partendo dall'eliminazione dei servizi al cittadino (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-"ter", sentenza 15 luglio 2013 n. 7022).


ENTI LOCALI: 
la "spending" review" a danno delle Province è illegittima, perché utilizza parametri che limitano i costi della P.A. partendo dall'eliminazione dei servizi al cittadino 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-"ter", 
sentenza 15 luglio 2013 n. 7022)


Sentenza fondamentale. 
Non sono un simpatizzante delle Province (sono troppe e spesso inutili, specie nei Comuni già capoluogo di Regione o nelle Città Metropolitane),
però non sopporto neanche la spending review stile "macelleria messicana" (sono keynesiano poi) che taglia i costi della P.A. partendo dai servizi ai cittadini.
La sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, stigmatizza propria tale modus operandi (a Palazzo Chigi c'era il Governo Monti, ed al Viminale era la Cancellieri).
Buona lettura.
FF


Massima

1.  Il decreto del Ministero dell’Interno del 25.10.2012, con il quale è stata disposta una riduzione dei contributi statali nei confronti delle Province, è illegittimo poiché nella base di calcolo utile per determinare il taglio utilizza voci che, secondo anche le definizioni contenute nel regolamento CE n. 2223/1996, attengono, indistintamente, a consumi intermedi ed a consumi finali, i quali ultimi non devono, invece, essere presi in considerazione, così da incidere sui servizi ai cittadini e sulle funzioni delegate dalla Regione. 
2.  Va operato difatti un distinguo tra le spese  effettivamente integranti consumi intermedi, vale a dire input dei processi produttivi, in altre parole spese di funzionamento delle Province, e quelle che più propriamente, secondo anche la nozione fornita dal predetto Regolamento CE 2223/1996, si sarebbero dovute qualificare come consumi finali, destinati alla collettività, ed espungere da tale base di calcolo appunto la seconda tipologia di voci.
Il decreto ha in definitiva penalizzato le Province che erogano più servizi, anche delegati dalla Regione i cui costi sono appunto entrati pure nella base di calcolo sulla quale parametrare il taglio.
3.  Deve aggiungersi che un’inclusione indifferenziata delle voci di spesa nella base di calcolo sulla quale determinare la riduzione dei finanziamenti statali, ponendosi in contrasto con quanto emerso dalle riunioni della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, ha determinato anche una violazione del principio di leale collaborazione.


Sentenza per esteso


INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11457 del 2012, proposto da:
Provincia di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lorenzo Acquarone, Giovanni Acquarone, Marco Barilati e Luca Gabrielli, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Nazionale n. 200; 
contro
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore,
la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Commissario Straordinario per la razionalizzazione della spesa, in persona del legale rappresentante pro tempore,
il Commissario Straordinario per la razionalizzazione della spesa, tutti costituiti in giudizio, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
nei confronti di
Provincia di Bologna, in persona del Presidente pro tempore, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Patrizia Onorato e Adriano Casellato, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, viale Regina Margherita n. 290;
Provincia di Alessandria, in persona del Presidente pro tempore, intimata mediante integrazione del contraddittorio per pubblici proclami, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Alberto Vella, Paola Terzano, Desirèe Fortuna ed Antonella Terranova, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Bertoloni n. 14;
Provincia di Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore, intimata mediante integrazione del contraddittorio per pubblici proclami, costituita in giudizio, rappresentata e difesa dall’Avv. Mario Pilade Chiti, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Luigi Manzi in Roma, via F. Confalonieri n. 5;
a seguito di integrazione del contraddittorio per pubblici proclami, tutte le altre Province, intimate e non costituite in giudizio; 
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto del Ministero dell’Interno del 25.10.2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6.11.2012, con il quale è stata disposta una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio e dei trasferimenti erariali dovuti alle singole Province per l’esercizio 2012;
- di ogni atto preparatorio, presupposto, conseguente e/o connesso, a fondamento del citato D.M. impugnato;
- per quanto possa occorrere, degli atti e delle analisi della spesa prese a riferimento del citato D.M. impugnato, ivi compresi quelli del medesimo Commissario Straordinario per la razionalizzazione della spesa risultanti dal documento del Servizio del bilancio del Senato n. 59 del luglio 2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Commissario Straordinario per la razionalizzazione della spesa, nonché delle Province di Bologna, Alessandria e Pisa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 maggio 2013, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO
Il d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, all’art. 16 (rubricato “Riduzione della spesa degli Enti Territoriali”), comma 7, dispone che: “Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2012, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell’articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto del Ministero dell’interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012 ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE”.
Con il d.l. n. 174/2012 è stata differita al 15 ottobre la data utile per la determinazione delle modalità di riduzione da parte della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali ed al 30 ottobre il termine per l’emanazione del decreto da parte del Ministero dell’Interno.
La Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali non è pervenuta ad una determinazione condivisa sulle modalità di riparto dei tagli.
Perciò il Ministero dell’Interno ha adottato il decreto del 25.10.2012, recante “riduzione delle risorse alle Province, ai sensi dell’art. 16, comma 7, del D.L. 95/24912 (spending review) nonché attribuzione del contributo ai sensi dell'art. 17, comma 13 bis, del predetto decreto 95/2012 e relativi allegati”.
Con specifico riguardo alla Provincia ricorrente, il suddetto decreto ministeriale ha previsto una riduzione di risorse finanziarie pari ad € 11.248.150,39.
Il citato decreto è stato impugnato con il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di diritto:
1) violazione dell’art. 151 T.U.E.L. e del D.M. 2.8.2012 – violazione dell’art. 16, comma 7, del d.l. 6.7.2012, n. 95, convertito in legge 7.8.2012, n. 135 - violazione del principio di leale collaborazione – violazione del principio di autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost.;
2) illegittimità propria del D.M dell’Interno 25.10.2012, per violazione dell’art. 16, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 - violazione del principio di leale collaborazione – eccesso di potere per sviamento;
3) illegittimità propria del D.M dell’Interno 25.10.2012, per violazione degli artt. 3, 97 e 98 Cost., dell’art. 1 della legge 7.8.1990, n. 241, e s.m.i. e dell’art. 16, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 - violazione dei principi di ragionevolezza, imparzialità e buona amministrazione – violazione del Regolamento CE n. 2223/1996 (SEC95) – illogicità e contraddittorietà manifesta, difetto dei presupposti - eccesso di potere per difetto di istruttoria – sviamento;
4) violazione dell’art. 16, comma 7, del d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 – violazione dell’art. 21 del d.lgs. 6.5.2011, n. 68 – eccesso di potere per sviamento e difetto di proporzionalità - violazione dell’art. 114 Cost.;
5) in via subordinata, invalidità derivata del provvedimento impugnato, per illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma7, del d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, per violazione dei principi ragionevolezza, proporzionalità e certezza delle entrate e degli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 119 e 133 Cost..
Si illustrano di seguito i suindicati motivi di censura.
1) Il D.M. del Ministero dell’Interno del 2.8.2012, attuativo dell’art. 151 del T.U.E.L., prevedeva che il termine per l’approvazione del bilancio di previsione degli Enti locali cadesse il 31.10.2012, mentre l’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 stabiliva che entro il 15 ottobre la Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali sarebbe dovuta addivenire alla determinazione delle modalità di riduzione dei fondi statali nei confronti delle Province, e, in assenza di accordo, fissava nel 30 ottobre il termine per l’emanazione del decreto da parte del Ministero dell’Interno.
Nella specie, non essendo intervenuto l’accordo all’interno della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, il D.M. è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solo il 6.11.2013, perciò dopo che era scaduto il termine per l’approvazione del bilancio di previsione, in tal modo determinando una violazione, oltre che delle norme indicate in rubrica, altresì del principio di leale collaborazione.
2) Anche sotto altro profilo ci sarebbe stata violazione di quest’ultimo principio.
La trattazione del punto relativo alla riduzioni finanziarie di che trattasi sarebbe stata calendarizzata all’ordine del giorno della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali solo grazie alla richiesta dell’Unione Province Italiane - UPI.
Nella seduta del 19.9.2012 tutte le parti intervenute avevano condiviso l’opportunità di avviare tavoli tecnici tra Stato e Province per pervenire ad una soluzione condivisa del problema ed avevano evidenziato che i tagli in misura proporzionale ai consumi intermedi rilevati dal SIOPE avrebbero comportato una disparità di trattamento tra Province che esercitano solo funzioni proprie e Province, come quella ricorrente, che svolgono un grande numero di funzioni delegate dalla Regione e che per tale ragione presentano maggiori spese per consumi intermedi, per cui il Presidente dell’UPI aveva proposto di detrarre dai consumi intermedi rientranti nella base di calcolo quelli relativi alle competenze delegate dalla Regione, nonché quelli riferiti ai fondi vincolati di carattere europeo; ciò era stato condiviso dal Commissario per la spending review Bondi.
Ciononostante nella successiva seduta dell’11.10.2012 il Governo ha posto all’attenzione della Conferenza un testo predisposto unilateralmente, che non avrebbe tenuto alcun conto delle criticità già emerse e su illustrate. Da qui il mancato accordo e l’illegittimità del D.M. impugnato.
3) Nella nozione di consumo intermedio, presa a riferimento per operare la decurtazione in parola, sarebbero stati ricompresi anche costi non riguardanti specifici input del processo produttivo, ma attinenti alla generalità dei servizi da rendere alla collettività, quali, a titolo esemplificativo, le spese per il trasporto pubblico locale, per le manutenzioni degli edifici scolastici e per le politiche del lavoro, per cui si sarebbe ampliata oltremisura l’entità dei consumi intermedi stessi, rilevanti ai fini del computo della riduzione.
Secondo la nozione di consumi intermedi che il Regolamento CE 2223/1996 (SEC959) fornisce, vale a dire quella di spese per gli input dei processi produttivi, non sarebbe stato possibile includervi anche voci di costo concernenti i servizi, attinenti invece ai prodotti o consumi finali. Ciò a maggior ragione sarebbe dovuto accadere, tenuto conto che la stessa rubrica del D.L. n. 95/2012 è intitolata “disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”.
Anche la Ragioneria generale dello Stato, nella propria circolare 2.2.2009, n. 5, nell’aggiornare la codificazione degli atti gestionali delle Amministrazioni centrali dello Stato, all’allegato A ha evidenziato quali sono i consumi intermedi: si tratterebbe di costi per l’attività propria delle Amministrazioni e non già per un’attività finalizzata direttamente ai cittadini.
Inoltre le voci di costo prese a parametro per determinare i tagli non sarebbero comunque rappresentative di una situazione omogenea tra le singole Province, atteso che per molte di esse, tra cui la Provincia ricorrente, nei costi per consumi intermedi affluiscono anche quelli per lo svolgimento di funzioni delegate dalle Regioni. Si fa riferimento, in particolare, ai servizi per il trasporto pubblico locale ed ai fondi per la formazione professionale e la promozione occupazionale, nonché per i servizi per l’impiego.
In tal modo si sarebbe determinata una disparità di trattamento tra Province che esercitano funzioni delegate e Province che non le esercitano.
Con specifico riguardo alla Provincia di Genova, si evidenzia che, ove non fossero state considerate le spese per le funzioni delegate, anziché avere come base di calcolo l’importo di € 81.900.118, si sarebbe avuta la somma di € 25.496.056.
4) L’ampliamento a dismisura della nozione di consumo intermedio, con inclusione anche delle spese afferenti ai servizi ai cittadini ed alle funzioni delegate dalle Regioni, dissimulerebbe l’intento del Ministero di sopprimere in via di fatto le Province italiane.
5) Ove non fosse seguita la proposta di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, il decreto impugnato sarebbe comunque illegittimo, per illegittimità derivata, per incostituzionalità della citata norma rispetto ad diversi articoli della Costituzione.
Vi sarebbe violazione degli artt. 3, 5, 114 e 133 Cost., in quanto la riduzione dei trasferimenti assumerebbe una portata tale da condurre la generalità delle Province al dissesto, causandone, perciò, di fatto l’abolizione.
La disposizione in esame sarebbe, altresì, in contrasto con i principi costituzionali di equità, ragionevolezza, imparzialità e buon andamento, perciò con gli artt. 3 e 97 Cost., nella parte in cui prevede che la riduzione dei trasferimenti alle Province viene ripartita in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi per l’anno 2011, desunte dal SIOPE.
Un’ulteriore violazione dell’art. 3 Cost. si rinverrebbe nella parte in cui la disposizione in argomento introduce un criterio per tale riduzione che prescinde dal merito delle funzioni esercitate, dalla considerazione dei fabbisogni e da qualunque previsione della sostenibilità.
Ancora un profilo di incostituzionalità dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 si porrebbe in relazione al principio di autonomia finanziaria di entrata e di spesa di cui all’art. 119 Cost..
Le Province, dotate di autonomia nel determinare le forme ed i modi in cui programmare gli obiettivi di spesa, non essendo titolari di autonoma potestà tributaria, devono essere poste nella condizione di gestire il proprio bilancio, ma l’entità e le modalità dei tagli disposti dalla norma censurata impedirebbero alle stesse di rispettare gli equilibri di bilancio, comportando il rischio del dissesto, e creerebbero problemi in merito alla possibilità, per le medesime, di svolgere correttamente le funzioni ad esse spettanti, in violazione anche dell’art. 118 Cost..
Si sono costituiti in giudizio gli intimati Ministeri dell’Interno e dell’Economia e delle Finanze, nonché Commissario Straordinario per la razionalizzazione della spesa, ed altresì la Provincia di Bologna: tutti hanno sostenuto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto.
In particolare, si è evidenziato che la responsabilità per il mancato raggiungimento dell’accordo in Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali sarebbe riferibile unicamente alle Province. Diversamente da quanto accaduto per le Province, in sede di conferenza i Comuni hanno invece raggiunto l’accordo, che pone a fondamento i prezzi dei beni e servizi pagati dagli stessi, senza incidere così sul livello dei servizi erogati ai cittadini.
Una volta che l’accordo de quo non è stato raggiunto, l’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 non avrebbe conferito all’Amministrazione dell’Interno alcun’altra possibilità che includere nella base di calcolo, su cui operare tra le singole Province il taglio di 500 milioni di euro complessivi, le spese per consumi intermedi sostenute nel 2011 e fornite dal SIOPE. In tal modo si sarebbe determinata una riduzione proporzionale, fondata su un criterio trasparente ed oggettivo.
Quanto alla lamentata discrasia rispetto al concetto di consumi intermedi adottato in sede comunitaria, si è rilevato che la nozione ivi indicata è finalizzata alla contabilità nazionale e sarebbe, perciò, vincolante solo per gli istituti di statistica nazionali e non già per il legislatore italiano.
In data 19.2.2013 la Provincia ricorrente ha proposto istanza di autorizzazione all’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le Province a mezzo dei pubblici proclami, avendo provveduto alla notifica del ricorso solo nei riguardi della Provincia di Bologna.
Con ordinanza presidenziale 26.2.2013, n. 4349, il Tribunale ha concesso la richiesta autorizzazione.
La Provincia di Genova vi ha provveduto, depositandone prova nelle date del 13 e 16.3.2013.
Tutte le suddette parti hanno poi prodotto memorie conclusive.
A seguito dell’integrazione del contraddittorio, si sono costituite in giudizio le Province di Alessandria e di Pisa, per affermare la propria condivisione della posizione della ricorrente.
Nell’udienza pubblica del 16.5.2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
1 - Con il ricorso in esame la Provincia di Genova censura il decreto del Ministero dell’Interno del 25.10.2012, con il quale è stata disposta una riduzione dei contributi statali nei confronti delle Province, tra cui la ricorrente., contestando la circostanza che nella base di calcolo utile per determinare il taglio si sarebbero utilizzate voci che, secondo anche le definizioni contenute nel regolamento CE n. 2223/1996, attengono, indistintamente, a consumi intermedi ed a consumi finali, i quali ultimi non avrebbero dovuto, invece, essere presi in considerazione, così da incidere sui servizi ai cittadini e sulle funzioni delegate dalla Regione. In tal modo sarebbero state penalizzate le Province che, come la ricorrente, erogano più servizi, anche delegati dalla Regione, i cui costi sono appunto entrati pure nella base di calcolo sulla quale parametrare il taglio.
1.1 - La ricorrente ha dedotto ulteriori profili attinenti alla tempistica di adozione del decreto, da considerare unitamente al termine stabilito per l’approvazione del bilancio di previsione degli Enti locali, concernenti, altresì, il principio di leale collaborazione tra Stato ed Enti locali, che sarebbe stato disatteso non tenendo conto dei rilievi formulati da questi ultimi e condivisi dal Commissario per la razionalizzazione della spesa pubblica in sede di Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, e riguardanti infine il rispetto dell’autonomia riconosciuta in capo alle Province.
1.2 - In via subordinata ha denunciato l’illegittimità derivata del D.M. gravato, per illegittimità dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, per contrasto con gli artt. 3, 5, 97, 114, 118, 119 e 133 Cost.
2 - Si rende opportuno fornire in via preliminare il quadro normativo nel quale si inserisce il decreto del Ministro dell’Interno del 25.10.2012, qui censurato.
2.1 - Già con l’art. 14 del d.l. 31.5.2010, n. 78, si è stabilito che “i trasferimenti erariali, comprensivi della compartecipazione IRPEF, dovuti alle province dal Ministero dell’Interno” fossero “ridotti di 300 milioni per l’anno 2011 e di 500 milioni annui a decorrere dall’anno 2012”. Le predette riduzioni dovevano essere “ripartite secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e recepiti con decreto annuale del Ministro dell’Interno” e, “in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali”, sempre con D.M., ma secondo un criterio proporzionale.
Non essendosi perfezionato l’accordo in sede di Conferenza Stato Città ed Autonomie locali per l’anno 2011, con decreto del Ministero dell’Interno del 9.12.2010 si è proceduto ad un taglio proporzionale.
2.2 - Medio tempore, la legge 5.5.2009, n. 42, recante “Delega al governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’art. 119 della Costituzione”, ha dettato principi per l’introduzione del federalismo fiscale nel nostro ordinamento, delegando al Governo l’adozione di una serie di decreti, tra i quali deve considerarsi il d.lgs. 6.5.2011, n. 68. Tale decreto, al Capo II, relativo all’autonomia di entrata delle Province, ha individuato le fonti di finanziamento delle spese delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario, istituendo, altresì, il fondo sperimentale di riequilibrio provinciale ed il fondo perequativo per le Province e per le Città metropolitane, con la funzione di assicurare a detti Enti locali entrate corrispondenti ai precedenti trasferimenti erariali, soppressi.
2.3 - Pervenendo alla riduzione dei finanziamenti in esame, va rilevato che l’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 ha previsto che: “Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2012, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell’articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all’articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali il decreto del Ministero dell’interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012 ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE”.
La norma è stata configurata in modo che, posto comunque l’obbligo di riduzione complessiva, nella misura di 500 milioni di euro per l’anno 2012, del fondo sperimentale di riequilibrio e, per le Regioni Sicilia e Sardegna, dei trasferimenti statali, in ordine al modus procedendi, si potessero verificare due situazioni alternative: a) la decurtazione conseguente ad una deliberazione della Stato Città ed Autonomie locali, quale sintesi dell’accordo tra Stato ed Enti locali circa i criteri da utilizzare per determinala con riguardo a tutte le Province; b) in via subordinata, nell’ipotesi di assenza di deliberazione derivante dal mancato raggiungimento di un accordo, l’adozione di un decreto del Ministero dell’Interno, con il taglio previsto operato secondo un criterio proporzionale che facesse riferimento alle spese per consumi intermedi sostenute nel 2011, desunte dal SIOPE.
Il SIOPE – Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici – consiste, a sua volta, in un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le Amministrazioni pubbliche ed è ritenuto lo strumento fondamentale per monitorare i conti pubblici.
3 - Si è evidenziato in narrativa che nella specie l’accordo in sede di conferenza non è stato raggiunto; qui non assumono alcuna rilevanza né le ragioni di tale mancato accordo né i soggetti ai quali ciò sia imputabile, rilevando soltanto al circostanza che a questo punto la ripartizione della riduzione, il cui tetto complessivo di 500 milioni di euro per l’anno 2012 non poteva essere scalfito, non poteva che essere eseguita facendo riferimento ai dati dei consumi intermedi sostenuti da tutte le Province nell’anno 2011, così come forniti dal SIOPE.
3.1 - Si tratta ora di accertare se, come sostengono le Amministrazioni intimate e la Provincia controinteressata convenuta, l’attività da porre in essere in concreto prodromicamente all’adozione del D.M. in questione fosse vincolata, dovendosi necessariamente includere nella base di calcolo tutti i consumi intermedi risultanti nei dati SIOPE, o se, come afferma la Provincia ricorrente, appoggiata dalle due Province cointeressate costituite in giudizio, nel parametrare il taglio in parola, nell’ambito senz’altro dei suddetti dati, si dovessero considerare solo quelle voci effettivamente inerenti agli input dei processi produttivi, secondo la nozione fornita a livello europeo dal Regolamento CE n. 2223/1996, scorporandovi quelle che in realtà si riferirebbero a consumi finali, in quanto attinenti alla prestazione dei servizi ai cittadini.
3.2 - Il Collegio ritiene condivisibile l’illustrata posizione sostenuta dalla Provincia ricorrente.
3.3 - In proposito va in primo luogo posto in rilievo che essa si palesa non in contrasto con il dettato del citato art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, di cui il D.M. impugnato costituisce concreta attuazione.
Come si è visto, secondo la previsione di tale norma, l’Amministrazione dell’Interno era tenuta a prendere a riferimento, nella base di calcolo, le spese dei consumi intermedi. Tuttavia la stessa disposizione non imponeva di considerare tutte le voci qualificate nel sistema SIOPE quali di consumo intermedio, ben potendo - ed anzi dovendo (per quanto di seguito si espliciterà) - essere operato un distinguo tra quelle effettivamente integranti consumi intermedi, vale a dire input dei processi produttivi, in altre parole spese di funzionamento delle Province, e quelle che più propriamente, secondo anche la nozione fornita dal predetto Regolamento CE 2223/1996, si sarebbero dovute qualificare come consumi finali, destinati alla collettività, ed espungere da tale base di calcolo appunto la seconda tipologia di voci.
4 - Il modus operandi selettivo appena illustrato è conforme al Regolamento CE menzionato, che, seppure non vincolante per lo Stato italiano nella materia qui in esame, essendo stato adottato solo per istituire un uniforme sistema di contabilità nazionale, tuttavia è utile per un corretto inquadramento delle voci di costo. Va rimarcato al riguardo che esso, in particolare, all’art. 3.75 dell’allegato A, nell’individuare la spesa per consumi finali, inquadra quelle stesse voci di spesa per servizi ai cittadini impropriamente individuate come consumi intermedi dal SIOPE e qui computate ai fini del taglio dei finanziamenti.
5 - Peraltro, eliminando per tutte le Province tali voci di spesa, si garantisce ugualmente quella trasparenza che si assume essere stata assicurata con il D.M. contestato.
6 - Un tale criterio consente di non penalizzare quelle Province che, come la ricorrente, svolgono anche funzioni delegate dalla Regione e che invece, con l’applicazione del criterio meramente proporzionale, hanno subito una maggiore decurtazione delle risorse, essendo questa parametrata anche alle spese per l’esercizio di dette funzioni, svolte direttamente nei confronti dei cittadini (trasporto pubblico locale, formazione professionale, promozione dell’occupazione).
7 - Inoltre, ribadita ancora una volta la conformità alla norma primaria di un taglio non indifferenziato quale quello che si sta illustrando, va evidenziato che detto tipo di taglio è l’unico possibile, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma stessa.
7.1 - Infatti solo in tal modo si può garantire il buon andamento dell’amministrazione, non determinando un nocumento maggiore a carico delle Province che erogano più servizi ai cittadini, anche per effetto di delega di funzioni da parte delle Regioni, ed in qualche modo un premio in favore di quelle che invece hanno livelli di spesa elevati per il proprio funzionamento, assicurare altresì che non vi sia disparità di trattamento in danno delle Province più virtuose ed infine salvaguardare l’autonomia degli Enti locali, permettendo agli stessi di funzionare regolarmente.
8 – Naturalmente solo attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, nei modi dedotti dalla ricorrente e condivisi dal Collegio e sopra rimarcati, detta disposizione normativa si sottrae ai profili di incostituzionalità, pure denunciati in ricorso.
9 - Deve aggiungersi che un’inclusione indifferenziata delle voci di spesa nella base di calcolo sulla quale determinare la riduzione dei finanziamenti statali, ponendosi in contrasto con quanto emerso dalle riunioni della Conferenza Stato Città ed Autonomie Locali, ha determinato anche una violazione del principio di leale collaborazione. Se è vero, infatti, che l’adozione del decreto in questione era ex lege formalmente sganciata nei contenuti dai risultati, anche parziali, ai quali tale conferenza era pervenuta, è altrettanto vero che, anche in applicazione di detto principio, il Ministero dell’Interno ne avrebbe dovuto tener conto.
10 – Per completezza deve rilevarsi che il d.l. 8.4.2013, n. 35, all’art. 10, ha, tra l’altro, modificato il più volte citato art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012, stabilendo che “per gli anni 2013 e 2014, in deroga a quanto previsto dal periodo precedente, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono pari agli importi indicati nell’allegato 3-bis del (…) decreto”, introdotto proprio dal d.l. n. 35/2013. Dalla relazione illustrativa concernente quest’ultimo d.l. emerge che gli importi, già predefiniti a livello primario e risultanti nella citata tabella 3 bis, derivano dal computo dei consumi intermedi, con esclusione delle spese per la formazione professionale, per il trasporto pubblico locale e per la raccolta dei rifiuti solidi urbani, nonché dei pagamenti della Provincia di Napoli relativi ai servizi socialmente utili finanziati dallo Stato.
10.1 - Tale circostanza rafforza ancor più il convincimento del Collegio secondo cui, sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16, comma 7, del d.l. n. 95/2012 e conformemente a quanto previsto in sede comunitaria dal Regolamento 2223/1996, il D.M. 25.10.2012, qui impugnato, è illegittimo, nella parte in cui ha previsto tagli basati su spese per consumi intermedi comprensive anche di voci che invece si sarebbero dovute escludere.
10.2 Solo per ulteriore completezza e senza, per ciò stesso, spostare minimamente i termini della questione, deve rilevarsi che, a seguito della legge di conversione (l. 6.6.2013, n. 64) pubblicata il 7.6.2013, il dato su riportato dell’espunzione di alcune voci dalla base di calcolo per operare la decurtazione per gli anni 2013 e 2014, nel testo originario del d.l. desumibile solo dalla relazione illustrativa, è indicato claris verbis nel nuovo testo della norma (art. 10, comma 1, del d.l. n. 35/2013).
11 – Deve, pertanto, concludersi che il ricorso è fondato e deve essere accolto, potendosi assorbire i motivi di doglianza che non hanno costituito precipuo oggetto della presente disamina.
11.1 - Ne deriva che il D.M. gravato deve essere annullato e l’Amministrazione deve assumere le conseguenti determinazioni.
12 – Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari di difesa, essi vanno, tuttavia, compensati integralmente tra le parti, in ragione di eccezionali motivi legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Prima Ter, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina all’Amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2013, con l’intervento dei Magistrati:
Linda Sandulli, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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