URBANISTICA:
la "lottizzazione cartolare"
è esclusa solo in ipotesi tassative
(Cons. St., Sez. IV, sentenza 1 luglio 2013 n. 3534)
Massima
1. La mancata previsione nella legge della cessione frazionata di terreni in conto liquidazione delle quote societarie esclude che sia possibile giustificare la lottizzazione cartolare realizzata con tale artificio.
Pertantolo scioglimento di una società appare del tutto inconferente al fine di escludere l’abusivo intento lottizzatorio connesso con il frazionamento e la cessione delle aree risultanti.
In sostanza il semplice frazionamento connesso alla liquidazione di un’azienda appare una giustificazione incapace di nascondere l’inequivoca volontà di destinare aree agricole ad edificazione in immediata e diretta violazione della specifica normativa di P.R.G. per le aree agricole.
2. La lottizzazione abusiva cartolare può, infatti, essere esclusa, ai sensi dell'art. 30 co. 10 del d.P.R. n. 380/01, solamente per i casi concernenti “… le divisioni ereditarie, le donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta”… i “ ..testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù”.
Al di fuori delle predette ipotesi, tutti gli altri frazionamenti di terreni agricolo integrano comunque una lottizzazione abusiva e non possono essere invocati come causa di esclusione dell’abuso lottizzatorio.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9042 del 2006,
proposto da:
Losani Antonio, Marini Cossetti Terigia, De Matti Giancarlo, Vento Carmelina,
Zingales Lorenza, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Campagnola, Antonio
Pazzaglia, con domicilio eletto presso Antonio Campagnola in Roma, via Lutezia
n. 8;
contro
Comune di Roma, rappresentato e difeso dagli avv.
Luigi D'Ottavi, Mauro Martis, con domicilio eletto presso Mauro Martis in Roma,
via Tempio di Giove n.21;
nei confronti di
Pellegrini Orietta;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n.
11494/2005, resa tra le parti, concernente sospensione lottizzazione abusiva -
interruzione opere edili abusive e divieto trasferimento suoli.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di
Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile
2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Antonio
Campagnola e Luigi D'Ottavi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Gli odierni appellanti sono acquirenti di un lotto di
terreno agricolo dalla Società “Azienda Agricola Palmarola” S.r.l. facente
parte di un più vasto appezzamento di complessivi ettari venti circa sito in
Roma, località Riserva Polledrara o Palmarola.
Con il presente gravame gli appellanti impugnano la
sentenza del TAR con cui:
-- in parte, è stata dichiarata l’improcedibilità del
gravame nei riguardi di Losani Antonio e Pellegrini Orietta: i predetti
ricorrenti nel 1985 avrebbero ottenuto il condono edilizio che avrebbe sanato
le opere della lottizzazione non autorizzata;
-- per la restante parte, è stata rigettata la
richiesta di annullamento dell’ordinanza del Sindaco di Roma n. 33927 del
5.11.1986, con cui -- sul presupposto dell’accertamento della realizzazione di
una lottizzazione abusiva a scopo edificatorio su 19 lotti di grandezza
variabile avvenuta per effetto di atti negoziali -- ha ordinato ai sensi
dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985 la sospensione della lottizzazione e
l’immediata interruzione delle eventuali opere abusive con conseguente divieto
di disporre con atti tra vivi dei suoli e delle opere edilizie medio tempore
realizzate.
Per il TAR legittimamente l’ordinanza sindacale
avrebbe sanzionato, attraverso la sospensione delle attività, la lottizzazione
abusiva avvenuta per effetto di semplici frazionamenti e dei conseguenti atti
negoziali di trasferimento del diritto di proprietà per quote, in quanto:
-- la destinazione dei lotti a scopo edificatorio
sarebbe evidente, sostanziandosi nella “… sottrazione di un terreno alla
destinazione allo stesso impressa dalle previsioni di piano regolatore generale
per renderlo suscettibile di ricevere un diverso assetto edificatorio”, per
cui “… sussistono elementi sufficienti a ritenere integrata la fattispecie
della lottizzazione abusiva vietata dall' art. 18 cit. nelle lottizzazioni
poste in essere mediante stipula di atti negoziali di compravendita da cui sia
derivata l'attuale insistenza di uno svariato numero di proprietà, alcune delle
quali di superficie estremamente ridotta”;
-- la situazione sarebbe dunque stata oggettivamente
idonea a manifestare l’intento di lottizzazione degli atti di assegnazione e di
trasferimento della proprietà delle singole quote del terreno acquistato dalla
Società “Azienda Agricola Palmarola” S.r.l., come dimostrerebbero appunto le domande
di condono edilizio presentate da alcuni dei ricorrenti per abusi realizzati
già prima dell’adozione dell’ordinanza sindacale impugnata.
L’appello, senza l’intestazione di specifiche
rubriche, è affidato alla denuncia della violazione sotto tre capi di doglianza
dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma che, con
memoria per la discussione, ha contestato le affermazioni dei ricorrenti ed ha
concluso per il rigetto.
Con memoria per la discussione e con una successiva
replica, gli appellanti hanno ribadito le loro argomentazioni ed hanno
insistito per l’accoglimento del gravame.
Chiamata all'udienza pubblica,uditi i patrocinatori
delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
___1.§. Per ragioni di economia espositiva i tre
profili di doglianza, che attengono ad una censura sostanzialmente unica,
possono essere confutati unitariamente.
___1.§.1 Con il primo motivo gli appellanti contestano
la sentenza che sarebbe frutto di un’errata rappresentazione dei fatti e della
documentazione prodotta in giudizio.
L’istanza protocollo n. 74024/1985 del 21 novembre
1985 del ricorrente Losani non riguarderebbe il terreno di via Casal del Marmo
di cui all’ordinanza sindacale impugnata, ma si riferirebbe ad un diverso
immobile sito in Roma via Abbiategrasso n. 27. Quanto poi alla signora
Pellegrini, l’istanza n. 65610 non sarebbe del 1985 come riportato in sentenza
bensì del 30 marzo 1995 e sarebbe stata diretta a sanare l’abuso oggetto della
presente ordinanza sindacale.
Inoltre il mero frazionamento di per sé non sarebbe
stato elemento idoneo a manifestare l’intento lottizzatorio degli atti di
assegnazione e di trasferimento, così come la domanda di condono della
Pellegrini non poteva costituire un fattore presuntivo dell’intento di
edificare, come insinuato nell’ordinanza sindacale. In ogni caso la domanda di
sanatoria non esisteva al momento dell’adozione del provvedimento sindacale.
___ 1.§.2. Con il secondo motivo si lamenta che non
sarebbe sufficiente il frazionamento e la vendita del terreno in lotti, perché
si possa ritenere sussistente una lottizzazione abusiva, ma il frazionamento e
la vendita dovrebbero denunciare in modo inequivoco l’intento di edificare e di
far luogo a trasformazioni urbanistico-edilizie dei terreni, in violazione
delle prescrizioni di strumenti urbanistici vigenti adottati. Pertanto i
ricorrenti, in questa sede, ripropongono identicamente le medesime censure
svolte in primo grado, ribadendo che nel caso di specie non risulterebbero univoci
e gravi elementi idonei a supportare l’accertamento complessivo che deve essere
alla base della fattispecie della lottizzazione cartolare ai sensi del predetto
art. 18.
Il frazionamento invece avrebbe trovato esplicita
ragione dell’esigenza di provvedere alla ripartizione fra i soci - con
mantenimento in capo ad essi dell’uso già in essere - dei beni dell’Azienda
Agricola Palmarola r.s.l., che, originaria unica proprietaria, era stata posta
in liquidazione.
___1.§.3. Con il terzo capo di doglianza si lamenta
che l’ordinanza impugnata sarebbe in ogni caso priva di una qualsiasi
motivazione delle ragioni che avrebbero indotto il Comune di Roma a ritenere
che, a fronte di un mero frazionamento del terreno, si vertesse in ipotesi di
lottizzazione cartolare.
___ 2.§. L’appello è complessivamente infondato in
tutti i suoi profili.
Il primo motivo è inconferente, in quanto anche se il
TAR ha errato nella pronuncia dell’improcedibilità nei riguardi di Losani
Antonio e Pellegrini Orietta, perché le loro istanze di sanatoria concernevano
proprio la lottizzazione abusiva, ciò non toglie che la rettifica, sul punto,
della motivazione del primo giudice, non sarebbe comunque di alcuna utilità per
i due predetti ricorrenti, essendo del tutto corrette le conclusioni del TAR
relative alla sostanziale illegittimità dell’intera lottizzazione cartolare
abusivamente realizzata.
In secondo luogo, per ciò che concerne la mera
riproposizione dei motivi di primo grado, si deve ricordare che, ai sensi
dell'art. 101, c.p.a. nel processo amministrativo l'appello dinanzi al
Consiglio di Stato avverso la decisione di primo grado non può consistere né
nella mera riformulazione, né nel richiamo delle censure prospettate con il
ricorso di primo grado, né in una mera riproposizione delle questioni e delle
eccezioni articolate in quel grado, e neppure nell’indebito richiamo a motivi
collocati nell’ambito del “fatto”, in violazione al principio di
differenziazione delle parti del ricorso prescritto dall’art. 40 del c.p.a. .
L'appellante ha, cioè, l’onere di indicare nell'atto di appello le critiche
rivolte contro i capi della sentenza gravata, con conseguente inammissibilità
della mera riproduzione delle doglianze articolate nel ricorso introduttivo del
giudizio. La parte soccombente, quando adisce il giudice di appello, deve
indicare le ragioni per le quali le conclusioni cui il primo giudice è
pervenuto non sono condivisibili (cfr. Consiglio di Stato Sez. V 17 settembre
2012 n. 4915; Consiglio di Stato, Sez. III 13 settembre 2012 n. 4877).
Ciò posto, si deve ricordare, comunque nel merito del
contendere, che l’art. 1, II° co., lettera a) della legge regionale Lazio n. 34
del 22 luglio 1974 (pro-tempore in vigore poi sostituito con l’analogo precetto
di cui all’art.23 della L.R. 11-8-2008 n. 15) definiva, tra le altre, le
lottizzazioni a scopo edilizio conseguenti a “…iniziative comunque
tendenti a frazionare i terreni, non compresi in piani particolareggiati
d'esecuzione, nè in piani delle zone da destinare all'edilizia economica e
popolare, per renderli idonei ad accogliere insediamenti residenziali,
turistici, industriali, artigianali o commerciali, anche indipendentemente
dalle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ed in particolare: i
frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività
agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti da tali
strumenti; qualunque frazionamento delle aree destinate dagli strumenti
urbanistici alla formazione di spazi pubblici o di uso pubblico…”.
Secondo la definizione contenuta nell'art. 18, l. 28
febbraio 1985 n. 47, poi, si aveva lottizzazione abusiva quando il
frazionamento dei terreni in lotti per le relative caratteristiche (numero,
dimensioni, natura del terreno, ubicazione, presenza di opere di urbanizzazione)
rivelava in modo non equivoco la destinazione d'uso a scopo edificatorio dello
stesso.
In tale scia l'art. 30, t.u. 6 giugno 2001, n. 380 ha
definitivamente cristallizzato la nozione di lottizzazione cartolare, che si ha
nel caso di “…trasformazione …predisposta attraverso il frazionamento e la
vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro
caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla
sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o
l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi
riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a
scopo edificatorio”.
Ciò posto, l'accertamento della fattispecie relativa
alla c.d. lottizzazione negoziale implica la verifica degli elementi dai quali
è possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo
edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti.
In tali ambiti, non deve essere dimostrata la
contemporanea esistenza di tutti gli indici rilevatori indicati nella citata
norma, essendo sufficiente che lo scopo edificatorio emerga chiaramente anche
solo dal frazionamento o dalle modalità dell'attività negoziale, che
costituiscono lo strumento per il perseguimento dell'intento lottizzatorio
(cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937; Consiglio Stato, sez.
IV, 03 agosto 2010, n. 5170).
Nel caso in esame depongono per l’intento
lottizzatorio:
-- il rilevante numero, ben 19, dei lotti frazionati e
ceduti ad una generalità di soggetti attraverso lo scioglimento dell’Azienda
agricola;
-- l’ubicazione dei terreni in questione in prossimità
delle pubbliche vie;
-- ed infine la dimensione dei lotti interessati
inferiori rispetto al minimo consentito dall’art. 11 delle n.t.a. di P.R.G. del
Comune di Roma per la zona di destinazione agricola. Tale violazione, di cui al
cit. art. 1, II° co., lettera a) della L.R. Lazio n. 34 del 22 luglio 1974,
comporta senz’altro che debbano essere considerati lottizzazioni abusive tutti
i frazionamenti di terreni in lotti inferiori al minimo previsti nello
strumento urbanistico per le attività agricole. In tal caso, il frazionamento
del terreno in lotti da solo fa già emergere, proprio sul piano causale, un
inequivocabile intento edificatorio. La Sezione ha affermato, in un’analoga
fattispecie, che sussiste una lottizzazione abusiva quando manca la specifica
autorizzazione a lottizzare prevista dall'art. 28, legge urbanistica 17 agosto
1942 n. 1150 – tutt’ora in vigore -, per la fondamentale ragione che la legge
mira a prevenire, e reprimere, le condotte giuridiche artatamente intese ad
infittire la trama dell'edificato sul territorio, in diretto contrasto con la
pianificazione (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 18 settembre 2012 n. 4947).
Del resto, proprio per contrastare tali forme di
lottizzazione abusiva, il V co. dell’art. 18 L. n. 47/1985 (poi trasfuso nel
corrispondente comma dell’art. 30 del T.U. n.380) prevedeva che i frazionamenti
catastali dei terreni non potessero essere approvati dall’Ufficio Tecnico
Erariale (ed oggi dall'Agenzia del Territorio) in assenza della copia del tipo
dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo
risultava depositato presso il Comune.
In sostanza il semplice frazionamento connesso alla
liquidazione di un’azienda, alla luce della complessiva considerazione della
situazione, appare una giustificazione incapace di nascondere l’inequivoca
volontà degli appellanti di destinare aree agricole ad edificazione in
immediata e diretta violazione della specifica normativa di P.R.G. per le aree
agricole.
La lottizzazione abusiva cartolare può, infatti,
essere esclusa, ai sensi dell'art. 30 comma 10° del d.P.R. n. 380 cit.,
solamente per i casi concernenti “… le divisioni ereditarie, le donazioni
fra coniugi e fra parenti in linea retta”… i “ ..testamenti, nonché agli
atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di
servitù”.
Al di fuori delle predette ipotesi, tutti gli altri
frazionamenti di terreni agricolo integrano comunque una lottizzazione abusiva
e non possono essere invocati come causa di esclusione dell’abuso
lottizzatorio.
In sostanza, quindi, la mancata previsione nella legge
della cessione frazionata di terreni in conto liquidazione delle quote
societarie esclude che comunque sia possibile giustificare la lottizzazione
cartolare realizzata con tale artificio. Pertanto, ai fini che sono qui in discussione
lo scioglimento di una società appare del tutto inconferente al fine di
escludere l’abusivo intento lottizzatorio connesso con il frazionamento e la
cessione delle aree risultanti.
Di qui la legittimità dell’ordinanza del Sindaco di
Roma n. 33927 del 5.11.1986 e dei relativi atti presupposti impugnati in prime
cure.
L’appello deve dunque essere respinto, e per l’effetto
la sentenza impugnata deve essere confermata sia pure con le ulteriori
precisazioni e integrazioni motivazionali di cui sopra.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come
in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta) definitivamente pronunciando:
___1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto;
___2. condanna gli appellanti in solido al pagamento
delle spese del presente giudizio che vengono liquidate in € 5.000,00
(cinquemila/00) oltre all’IVA ed alla CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Nessun commento:
Posta un commento