mercoledì 17 luglio 2013

URBANISTICA: la "lottizzazione cartolare" è esclusa solo in ipotesi tassative (Cons. St., Sez. IV, sentenza 1 luglio 2013 n. 3534).


URBANISTICA: 
la "lottizzazione cartolare" 
è esclusa solo in ipotesi tassative 
(Cons. St., Sez. IV, sentenza 1 luglio 2013 n. 3534)


Massima

1. La mancata previsione nella legge della cessione frazionata di terreni in conto liquidazione delle quote societarie esclude che  sia possibile giustificare la lottizzazione cartolare realizzata con tale artificio
Pertantolo scioglimento di una società appare del tutto inconferente al fine di escludere l’abusivo intento lottizzatorio connesso con il frazionamento e la cessione delle aree risultanti.
In sostanza il semplice frazionamento connesso alla liquidazione di un’azienda appare una giustificazione incapace di nascondere l’inequivoca volontà  di destinare aree agricole ad edificazione in immediata e diretta violazione della specifica normativa di P.R.G. per le aree agricole.
2. La lottizzazione abusiva cartolare può, infatti, essere esclusa, ai sensi dell'art. 30 co. 10 del d.P.R. n. 380/01, solamente per i casi concernenti “… le divisioni ereditarie, le donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta”… i “ ..testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù”.
Al di fuori delle predette ipotesi, tutti gli altri frazionamenti di terreni agricolo integrano comunque una lottizzazione abusiva e non possono essere invocati come causa di esclusione dell’abuso lottizzatorio.



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9042 del 2006, proposto da:
Losani Antonio, Marini Cossetti Terigia, De Matti Giancarlo, Vento Carmelina, Zingales Lorenza, rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Campagnola, Antonio Pazzaglia, con domicilio eletto presso Antonio Campagnola in Roma, via Lutezia n. 8; 
contro
Comune di Roma, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi D'Ottavi, Mauro Martis, con domicilio eletto presso Mauro Martis in Roma, via Tempio di Giove n.21; 
nei confronti di
Pellegrini Orietta; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 11494/2005, resa tra le parti, concernente sospensione lottizzazione abusiva - interruzione opere edili abusive e divieto trasferimento suoli.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Antonio Campagnola e Luigi D'Ottavi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Gli odierni appellanti sono acquirenti di un lotto di terreno agricolo dalla Società “Azienda Agricola Palmarola” S.r.l. facente parte di un più vasto appezzamento di complessivi ettari venti circa sito in Roma, località Riserva Polledrara o Palmarola.
Con il presente gravame gli appellanti impugnano la sentenza del TAR con cui:
-- in parte, è stata dichiarata l’improcedibilità del gravame nei riguardi di Losani Antonio e Pellegrini Orietta: i predetti ricorrenti nel 1985 avrebbero ottenuto il condono edilizio che avrebbe sanato le opere della lottizzazione non autorizzata;
-- per la restante parte, è stata rigettata la richiesta di annullamento dell’ordinanza del Sindaco di Roma n. 33927 del 5.11.1986, con cui -- sul presupposto dell’accertamento della realizzazione di una lottizzazione abusiva a scopo edificatorio su 19 lotti di grandezza variabile avvenuta per effetto di atti negoziali -- ha ordinato ai sensi dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985 la sospensione della lottizzazione e l’immediata interruzione delle eventuali opere abusive con conseguente divieto di disporre con atti tra vivi dei suoli e delle opere edilizie medio tempore realizzate.
Per il TAR legittimamente l’ordinanza sindacale avrebbe sanzionato, attraverso la sospensione delle attività, la lottizzazione abusiva avvenuta per effetto di semplici frazionamenti e dei conseguenti atti negoziali di trasferimento del diritto di proprietà per quote, in quanto:
-- la destinazione dei lotti a scopo edificatorio sarebbe evidente, sostanziandosi nella “… sottrazione di un terreno alla destinazione allo stesso impressa dalle previsioni di piano regolatore generale per renderlo suscettibile di ricevere un diverso assetto edificatorio”, per cui “… sussistono elementi sufficienti a ritenere integrata la fattispecie della lottizzazione abusiva vietata dall' art. 18 cit. nelle lottizzazioni poste in essere mediante stipula di atti negoziali di compravendita da cui sia derivata l'attuale insistenza di uno svariato numero di proprietà, alcune delle quali di superficie estremamente ridotta”;
-- la situazione sarebbe dunque stata oggettivamente idonea a manifestare l’intento di lottizzazione degli atti di assegnazione e di trasferimento della proprietà delle singole quote del terreno acquistato dalla Società “Azienda Agricola Palmarola” S.r.l., come dimostrerebbero appunto le domande di condono edilizio presentate da alcuni dei ricorrenti per abusi realizzati già prima dell’adozione dell’ordinanza sindacale impugnata.
L’appello, senza l’intestazione di specifiche rubriche, è affidato alla denuncia della violazione sotto tre capi di doglianza dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985.
Si è costituito in giudizio il Comune di Roma che, con memoria per la discussione, ha contestato le affermazioni dei ricorrenti ed ha concluso per il rigetto.
Con memoria per la discussione e con una successiva replica, gli appellanti hanno ribadito le loro argomentazioni ed hanno insistito per l’accoglimento del gravame.
Chiamata all'udienza pubblica,uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
DIRITTO
___1.§. Per ragioni di economia espositiva i tre profili di doglianza, che attengono ad una censura sostanzialmente unica, possono essere confutati unitariamente.
___1.§.1 Con il primo motivo gli appellanti contestano la sentenza che sarebbe frutto di un’errata rappresentazione dei fatti e della documentazione prodotta in giudizio.
L’istanza protocollo n. 74024/1985 del 21 novembre 1985 del ricorrente Losani non riguarderebbe il terreno di via Casal del Marmo di cui all’ordinanza sindacale impugnata, ma si riferirebbe ad un diverso immobile sito in Roma via Abbiategrasso n. 27. Quanto poi alla signora Pellegrini, l’istanza n. 65610 non sarebbe del 1985 come riportato in sentenza bensì del 30 marzo 1995 e sarebbe stata diretta a sanare l’abuso oggetto della presente ordinanza sindacale.
Inoltre il mero frazionamento di per sé non sarebbe stato elemento idoneo a manifestare l’intento lottizzatorio degli atti di assegnazione e di trasferimento, così come la domanda di condono della Pellegrini non poteva costituire un fattore presuntivo dell’intento di edificare, come insinuato nell’ordinanza sindacale. In ogni caso la domanda di sanatoria non esisteva al momento dell’adozione del provvedimento sindacale.
___ 1.§.2. Con il secondo motivo si lamenta che non sarebbe sufficiente il frazionamento e la vendita del terreno in lotti, perché si possa ritenere sussistente una lottizzazione abusiva, ma il frazionamento e la vendita dovrebbero denunciare in modo inequivoco l’intento di edificare e di far luogo a trasformazioni urbanistico-edilizie dei terreni, in violazione delle prescrizioni di strumenti urbanistici vigenti adottati. Pertanto i ricorrenti, in questa sede, ripropongono identicamente le medesime censure svolte in primo grado, ribadendo che nel caso di specie non risulterebbero univoci e gravi elementi idonei a supportare l’accertamento complessivo che deve essere alla base della fattispecie della lottizzazione cartolare ai sensi del predetto art. 18.
Il frazionamento invece avrebbe trovato esplicita ragione dell’esigenza di provvedere alla ripartizione fra i soci - con mantenimento in capo ad essi dell’uso già in essere - dei beni dell’Azienda Agricola Palmarola r.s.l., che, originaria unica proprietaria, era stata posta in liquidazione.
___1.§.3. Con il terzo capo di doglianza si lamenta che l’ordinanza impugnata sarebbe in ogni caso priva di una qualsiasi motivazione delle ragioni che avrebbero indotto il Comune di Roma a ritenere che, a fronte di un mero frazionamento del terreno, si vertesse in ipotesi di lottizzazione cartolare.
___ 2.§. L’appello è complessivamente infondato in tutti i suoi profili.
Il primo motivo è inconferente, in quanto anche se il TAR ha errato nella pronuncia dell’improcedibilità nei riguardi di Losani Antonio e Pellegrini Orietta, perché le loro istanze di sanatoria concernevano proprio la lottizzazione abusiva, ciò non toglie che la rettifica, sul punto, della motivazione del primo giudice, non sarebbe comunque di alcuna utilità per i due predetti ricorrenti, essendo del tutto corrette le conclusioni del TAR relative alla sostanziale illegittimità dell’intera lottizzazione cartolare abusivamente realizzata.
In secondo luogo, per ciò che concerne la mera riproposizione dei motivi di primo grado, si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 101, c.p.a. nel processo amministrativo l'appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso la decisione di primo grado non può consistere né nella mera riformulazione, né nel richiamo delle censure prospettate con il ricorso di primo grado, né in una mera riproposizione delle questioni e delle eccezioni articolate in quel grado, e neppure nell’indebito richiamo a motivi collocati nell’ambito del “fatto”, in violazione al principio di differenziazione delle parti del ricorso prescritto dall’art. 40 del c.p.a. . L'appellante ha, cioè, l’onere di indicare nell'atto di appello le critiche rivolte contro i capi della sentenza gravata, con conseguente inammissibilità della mera riproduzione delle doglianze articolate nel ricorso introduttivo del giudizio. La parte soccombente, quando adisce il giudice di appello, deve indicare le ragioni per le quali le conclusioni cui il primo giudice è pervenuto non sono condivisibili (cfr. Consiglio di Stato Sez. V 17 settembre 2012 n. 4915; Consiglio di Stato, Sez. III 13 settembre 2012 n. 4877).
Ciò posto, si deve ricordare, comunque nel merito del contendere, che l’art. 1, II° co., lettera a) della legge regionale Lazio n. 34 del 22 luglio 1974 (pro-tempore in vigore poi sostituito con l’analogo precetto di cui all’art.23 della L.R. 11-8-2008 n. 15) definiva, tra le altre, le lottizzazioni a scopo edilizio conseguenti a “…iniziative comunque tendenti a frazionare i terreni, non compresi in piani particolareggiati d'esecuzione, nè in piani delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare, per renderli idonei ad accogliere insediamenti residenziali, turistici, industriali, artigianali o commerciali, anche indipendentemente dalle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, ed in particolare: i frazionamenti delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alle attività agricole, ove i lotti siano inferiori a quelli minimi previsti da tali strumenti; qualunque frazionamento delle aree destinate dagli strumenti urbanistici alla formazione di spazi pubblici o di uso pubblico…”.
Secondo la definizione contenuta nell'art. 18, l. 28 febbraio 1985 n. 47, poi, si aveva lottizzazione abusiva quando il frazionamento dei terreni in lotti per le relative caratteristiche (numero, dimensioni, natura del terreno, ubicazione, presenza di opere di urbanizzazione) rivelava in modo non equivoco la destinazione d'uso a scopo edificatorio dello stesso.
In tale scia l'art. 30, t.u. 6 giugno 2001, n. 380 ha definitivamente cristallizzato la nozione di lottizzazione cartolare, che si ha nel caso di “…trasformazione …predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
Ciò posto, l'accertamento della fattispecie relativa alla c.d. lottizzazione negoziale implica la verifica degli elementi dai quali è possibile desumere in maniera non equivoca "la destinazione a scopo edificatorio" degli atti posti in essere dalle parti.
In tali ambiti, non deve essere dimostrata la contemporanea esistenza di tutti gli indici rilevatori indicati nella citata norma, essendo sufficiente che lo scopo edificatorio emerga chiaramente anche solo dal frazionamento o dalle modalità dell'attività negoziale, che costituiscono lo strumento per il perseguimento dell'intento lottizzatorio (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937; Consiglio Stato, sez. IV, 03 agosto 2010, n. 5170).
Nel caso in esame depongono per l’intento lottizzatorio:
-- il rilevante numero, ben 19, dei lotti frazionati e ceduti ad una generalità di soggetti attraverso lo scioglimento dell’Azienda agricola;
-- l’ubicazione dei terreni in questione in prossimità delle pubbliche vie;
-- ed infine la dimensione dei lotti interessati inferiori rispetto al minimo consentito dall’art. 11 delle n.t.a. di P.R.G. del Comune di Roma per la zona di destinazione agricola. Tale violazione, di cui al cit. art. 1, II° co., lettera a) della L.R. Lazio n. 34 del 22 luglio 1974, comporta senz’altro che debbano essere considerati lottizzazioni abusive tutti i frazionamenti di terreni in lotti inferiori al minimo previsti nello strumento urbanistico per le attività agricole. In tal caso, il frazionamento del terreno in lotti da solo fa già emergere, proprio sul piano causale, un inequivocabile intento edificatorio. La Sezione ha affermato, in un’analoga fattispecie, che sussiste una lottizzazione abusiva quando manca la specifica autorizzazione a lottizzare prevista dall'art. 28, legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150 – tutt’ora in vigore -, per la fondamentale ragione che la legge mira a prevenire, e reprimere, le condotte giuridiche artatamente intese ad infittire la trama dell'edificato sul territorio, in diretto contrasto con la pianificazione (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 18 settembre 2012 n. 4947).
Del resto, proprio per contrastare tali forme di lottizzazione abusiva, il V co. dell’art. 18 L. n. 47/1985 (poi trasfuso nel corrispondente comma dell’art. 30 del T.U. n.380) prevedeva che i frazionamenti catastali dei terreni non potessero essere approvati dall’Ufficio Tecnico Erariale (ed oggi dall'Agenzia del Territorio) in assenza della copia del tipo dal quale risulti, per attestazione degli uffici comunali, che il tipo medesimo risultava depositato presso il Comune.
In sostanza il semplice frazionamento connesso alla liquidazione di un’azienda, alla luce della complessiva considerazione della situazione, appare una giustificazione incapace di nascondere l’inequivoca volontà degli appellanti di destinare aree agricole ad edificazione in immediata e diretta violazione della specifica normativa di P.R.G. per le aree agricole.
La lottizzazione abusiva cartolare può, infatti, essere esclusa, ai sensi dell'art. 30 comma 10° del d.P.R. n. 380 cit., solamente per i casi concernenti “… le divisioni ereditarie, le donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta”… i “ ..testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù”.
Al di fuori delle predette ipotesi, tutti gli altri frazionamenti di terreni agricolo integrano comunque una lottizzazione abusiva e non possono essere invocati come causa di esclusione dell’abuso lottizzatorio.
In sostanza, quindi, la mancata previsione nella legge della cessione frazionata di terreni in conto liquidazione delle quote societarie esclude che comunque sia possibile giustificare la lottizzazione cartolare realizzata con tale artificio. Pertanto, ai fini che sono qui in discussione lo scioglimento di una società appare del tutto inconferente al fine di escludere l’abusivo intento lottizzatorio connesso con il frazionamento e la cessione delle aree risultanti.
Di qui la legittimità dell’ordinanza del Sindaco di Roma n. 33927 del 5.11.1986 e dei relativi atti presupposti impugnati in prime cure.
L’appello deve dunque essere respinto, e per l’effetto la sentenza impugnata deve essere confermata sia pure con le ulteriori precisazioni e integrazioni motivazionali di cui sopra.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
___1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto;
___2. condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate in € 5.000,00 (cinquemila/00) oltre all’IVA ed alla CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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