SANITA':
legittimi i tetti di spesa sanitari
per i non residenti nella Regione
(T.A.R., Sez. III, sentenza 3 maggio 2013 n. 4424)
Massima
1. Non può ritenersi irrilevante per una Regione che le prestazioni sanitarie vengano erogate in favore dei residenti nella stessa Regione ovvero in favore di residenti in altre Regioni tenuto conto dell'interesse, proprio di ogni Regione, di soddisfare innanzitutto le esigenze sanitarie dei propri residenti.
2. Nel momento in cui si sono ridotte sensibilmente le risorse disponibili per il settore sanitario e sono stati elaborati Piani di rientro per le Regioni in stato di dissesto, con la determinazione di tetti di spesa particolarmente stringenti, risulta necessario per le Regioni (soprattutto se sottoposte a Piani di rientro) governare anche quei processi di mobilità sanitaria fra le Regioni che non sempre sono determinati dalla diversa qualità delle prestazioni rese (o dai tempi necessari per poter ottenere le prestazioni). Senza considerare gli effetti che si determinano in modo indiretto anche sul piano della fiscalità regionale.
3. Risulta, quindi, giustificata la fissazione di specifici tetti di spesa anche per le prestazioni sanitarie rese in favore di residenti fuori Regione o, più genericamente, considerata anche l'esigenza di un complessivo equilibrio del sistema, l'inclusione nei tetti di spesa delle prestazioni rese (anche) in favore di soggetti non residenti. E tali tetti possono essere determinati anche a seguito di accordi sottoscritti fra Regioni confinanti. Ma l'erogazione di prestazioni sanitarie in favore dei non residenti non può poi considerarsi irrilevante, neppure sotto il profilo puramente economico.
4. Se è vero, infatti, che alla spesa devono poi provvedere le Regioni di residenza degli assistiti si deve anche considerare che i loro rimborsi sono corrisposti solo a consuntivo e dopo una operazione di compensazione che, per la sua complessità, è disciplinata da apposite linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. In conseguenza, ogni Regione deve remunerare immediatamente le proprie case di cura per le prestazioni fornite ai pazienti che provengono da altre Regioni a fronte di un rimborso che è concesso dalla Regione di residenza degli assistiti, se non ci sono contestazioni, dopo quasi due anni. Ciò evidentemente non è irrilevante soprattutto per le Regioni che sono state commissariate e che sono sottoposte al piano di rientro e che, a volte, hanno difficoltà anche ad erogare, nei tempi previsti, le risorse assegnate alle proprie strutture accreditate.
Sentenza per esteso
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7018 del 2011,
proposto da:
Centro Diagnostico Bramante Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Calcioli e Antonella Blasi, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, via Muzio Clementi, 58;
Centro Diagnostico Bramante Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Filippo Calcioli e Antonella Blasi, con domicilio eletto presso il loro studio, in Roma, via Muzio Clementi, 58;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Allocca, con domicilio eletto
presso l’avvocatura dell’Ente, in Roma, via Marcantonio Colonna, 27; Presidente
della Regione Lazio in qualità di Commissario ad Acta per la Sanità,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in
Roma, via dei Portoghesi, 12;
Asl 106 - RM/F, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
Asl 106 - RM/F, in persona del legale rappresentante p.t., n.c.;
per l'annullamento
del decreto del Presidente della Regione Lazio in
qualità di Commissario ad Acta per la Sanità n. 34/11.5.11, avente ad oggetto:
“Remunerazione anno 2011 dei soggetti privati erogatori di prestazioni di
Risonanza Magnetica Nucleare con onere S.S.R.”, pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione Lazio n. 22 del 14.6.2011, nonché degli allegati
documenti recanti la determinazione dei tetti di spesa individuali e lo schema
di accordo; di ogni altro provvedimento presupposto, conseguente, dipendente o
comunque collegato;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Regione Lazio e del Presidente della Regione Lazio in qualità di Commissario ad
Acta per la Sanità;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno
30 gennaio 2013 il cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
I. I. Costituiscono oggetto d’impugnativa, da parte
della ricorrente s.r.l. Centro Diagnostico Bramante, struttura che eroga
prestazioni sanitarie di RMN, il decreto del Presidente della Regione Lazio in
qualità di Commissario ad Acta per la Sanità n. 34/11.5.2011, avente ad
oggetto: “Remunerazione anno 2011 dei soggetti privati erogatori di prestazioni
di Risonanza Magnetica Nucleare con onere S.S.R.”, pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione Lazio n. 22 del 14.6.2011, nonché gli allegati
documenti recanti la determinazione dei tetti di spesa individuali e lo schema di
accordo.
Premessa la ricognizione del conferente quadro
normativo nazionale, delle principali determinazioni di carattere generale in
materia intervenute in ambito regionale e degli esiti giurisdizionali delle
impugnative mosse avverso talune di esse (D.Lgs. 502/92, art. 6 L. 724/94, art.
1 L. n. 662/96, D.Lgs. n. 229/99, DGR 436/2007, Piano di rientro del 2007
sottoscritto dalla Regione Lazio, nomina dei relativi Commissari ad acta via
via succedutisi, Programma Operativo 2010, DCA 44/2010 di determinazione del
tetto di spesa 2010, impugnato al TAR Lazio ed annullato con sentenze 23, 24,
25 del 2011), l’istante propone il ricorso in trattazione (ex adverso al quale
l’intimata Regione controdeduce con memoria depositata il 23.9.2011)
lamentando, con il primo motivo di gravame, quanto segue:
1) Violazione dell’art. 3 L. n. 241/90; Difetto di
motivazione in ordine ai criteri per la determinazione del budget per la
Risonanza Magnetica; Eccesso di potere per ingiustizia manifesta; Disparità di
trattamento; Difetto di istruttoria, sviamento e travisamento dei fatti; Errore
di fatto; Illogicità e contraddittorietà; Elusione del giudicato.
II. Il motivo è privo di fondamento. Al riguardo,
invero, occorre anzitutto rilevare, quanto alla lamentata inclusione, nei budget,
delle prestazioni rese nei confronti dei pazienti provenienti da altre Regioni
e della compartecipazione del cittadino (quota ricetta), che su tali questioni
(effettivamente a suo tempo valorizzate da questo TAR con le sentenze, invocate
dalla ricorrente, nn. 23, 24 e 25 del 2011, di annullamento della delibera
commissariale n. 44/2010, di determinazione del budget per il 2010, richiamata
nella delibera ora in impugnativa) sia il TAR stesso che il Consiglio di Stato
(tra l’altro riformando le sentenze predette) si sono successivamente (e
condivisibilmente) pronunciati nel senso della legittimità al riguardo
dell’operato dell’Amministrazione (cfr. TAR Lazio, III quater, n. 6319/2012;
CdS, III, nn. 217, 495, 498, 499 del 2012).
Ha chiarito in particolare il Consiglio di Stato che
"non può ritenersi irrilevante per una Regione che le prestazioni
sanitarie vengano erogate in favore dei residenti nella stessa Regione ovvero
in favore di residenti in altre Regioni tenuto conto dell'interesse, proprio di
ogni Regione, di soddisfare innanzitutto le esigenze sanitarie dei propri
residenti. Nel momento in cui si sono ridotte sensibilmente le risorse
disponibili per il settore sanitario e sono stati elaborati Piani di rientro
per le Regioni in stato di dissesto, con la determinazione di tetti di spesa
particolarmente stringenti, risulta quindi necessario per le Regioni
(soprattutto se sottoposte a Piano di rientro) governare anche quei processi di
mobilità sanitaria fra le Regioni che non sempre sono determinati dalla diversa
qualità delle prestazioni rese (o dai tempi necessari per poter ottenere le
prestazioni). Senza considerare gli effetti che si determinano in modo
indiretto anche sul piano della fiscalità regionale. E ciò è tanto più vero per
quelle Regioni che, come il Lazio, hanno un forte assorbimento di mobilità e
quindi risultano creditrici di importi rilevanti nei confronti delle altre
regioni per le prestazioni erogate da strutture accreditate in favore di non
residenti. A ciò va aggiunto che tutto il sistema dei tetti di spesa regionali
risulterebbe vanificato se non venissero limitate anche le prestazioni
erogabili in favore di soggetti residenti in regioni diverse. Risulta quindi
giustificata la fissazione di specifici tetti di spesa anche per le prestazioni
sanitarie rese in favore di residenti fuori Regione o, più genericamente,
considerata anche l'esigenza di un complessivo equilibrio del sistema,
l'inclusione nei tetti di spesa delle prestazioni rese (anche) in favore dei
soggetti non residenti. E tali tetti possono essere determinati anche a seguito
di accordi sottoscritti fra regioni confinanti. Ma l'erogazione di prestazioni
sanitarie in favore dei non residenti non può poi considerarsi irrilevante,
contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, neppure sotto il
profilo puramente economico. Se è vero infatti che alla spesa devono poi
provvedere le Regioni di residenza degli assistiti, si deve anche considerare
che i loro rimborsi sono corrisposti solo a consuntivo e dopo una operazione di
compensazione che, per la sua complessità, è disciplinata da apposite linee
guida approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome (per
le attività del 2010, risulta approvato, in data 5 maggio 2011, il Testo Unico
per la Compensazione interregionale della mobilità sanitaria). In conseguenza,
ogni Regione, deve remunerare immediatamente le proprie case di cura per le
prestazioni fornite ai pazienti che provengono da altre regioni, a fronte di un
rimborso che è concesso dalla Regione di residenza degli assistiti, se non ci
sono contestazioni, dopo quasi due anni. E ciò (evidentemente) non è
irrilevante soprattutto per le Regioni che sono state commissariate e che sono
sottoposte al piano di rientro e che, a volte, hanno difficoltà anche ad
erogare, nei tempi previsti, le risorse assegnate alle proprie strutture
accreditate”.
III. Per ciò che attiene alla compartecipazione alla
quota ricetta, la ricorrente ne censura del tutto genericamente l’inclusione
nel budget, mentre al riguardo la Regione, sia nell’atto in impugnativa che
nelle proprie difese ben evidenzia trattarsi di un anticipo parziale del
pagamento della prestazione e quindi semmai di un beneficio per le strutture
sanitarie, che realizzano in tal modo una maggiore liquidità immediata. E
d’altra parte, deve considerarsi in proposito che il Consiglio di Stato (v.
decisione citata n. 495/2012), riformando sul punto la sentenza di questo TAR
n. 25/2011, ha precisato che “deve ritenersi irrilevante considerare
all’interno o al di fuori del budget le spese sostenute dai cittadini (con il
pagamento del ticket), una volta che sono stabilite le risorse che, tenendo
conto delle disponibilità complessive, possono essere assegnate al settore”.
IV. Anche in ordine alla dedotta “mancata attribuzione
dell’importo di 2.700.000,00 euro, accantonati con il Decreto Commissariale n.
9/2009 e mai utilizzati, senza alcuna giustificazione”, il rilievo della
ricorrente è privo di fondamento, recependo esso l’analoga censura (accolta dal
TAR con sentenza n. 25/11) mossa contro il DCA n. 44/2010, in relazione alla
quale, peraltro, il Consiglio di Stato, con le decisioni n. 495, n. 498 e n.
499 del 2012 (riformando sentenze di primo grado), ha stabilito tra l’altro
quanto segue: “l’accantonamento non riguardava l’intero settore della risonanza
magnetica, essendo stato previsto solo per le eventuali spese (aggiuntive
rispetto al budget di settore) delle tre individuate case di cura, ma
soprattutto l’accantonamento era risultato di fatto inutilizzabile considerata
la mancata approvazione dei Ministeri vigilanti sul piano di rientro. A ciò si
deve aggiungere che nessuna determinazione amministrativa imponeva alla Regione
di rendere disponibili, per il budget 2010 destinato alla risonanza magnetica,
le risorse aggiuntive accantonate per il 2009 e in tutto o in parte non
utilizzate. Come osservato dalla Regione, infatti, l’ammontare delle
prestazioni erogabili per il 2009 per il settore della risonanza magnetica era
stato determinato prescindendo da tali risorse. E l’ammontare delle risorse
assegnate al settore per l’anno 2010 ha confermato le disponibilità indicate
nel precedente anno, pur con una decurtazione (ritenuta legittima dal TAR per
il Lazio) del 4% determinata dalle minori risorse comunque disponibili”. Nel
richiamare per il resto, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. d), del C.P.A.,
con riferimento alla censura all’esame, l’intera ampia motivazione
sull’argomento fornita dalla decisione n. 495/12 predetta, il Collegio,
intendendo ad essa conformarsi, non può che disattendere il profilo di censura
sopra esposto.
V. Quanto alla questione del “riproporzionamento”, è
anch’essa priva di fondamento. Premesso che al riguardo sono fuori termine i
profili di doglianza riferiti al contenuto del DCA n. 44/2010 (che nemmeno
erano stati a suo tempo accolti dal TAR), deve precisarsi che nella specie il
coefficiente di riproporzionamento applicato dall’Amministrazione (0,8121) non
appare manifestamente illogico né frutto di illegittima duplicazione. Esso
deriva infatti dal livello di finanziamento a disposizione del settore in base
ai programmi operativi 2011-2012 per le prestazioni di RMN. Tale finanziamento,
come evidenziato nell’atto in impugnativa e diffusamente illustrato negli atti
difensivi della Regione, ammonta ad euro 34.525.588,30 su cui applicare la
riduzione del 3%. Per cui, dovendosi distribuire l’importo disponibile nei
budget delle diverse strutture, è stato individuato il valore medio delle
prestazioni per struttura e si è poi pervenuti alla valorizzazione della
capacità produttiva massima a livello regionale ex DGR 434/2007 (decurtata di
sconto e ticket) rispetto alla quale (euro 42.511.715) è stato rapportato
l’importo stabilito per il finanziamento, in tal modo determinandosi appunto,
in maniera logica e consequenziale, il coefficiente 0,8121.
VI. In ordine poi all’accantonamento di somme per due
strutture per le quali sarebbero in corso provvedimenti formali per
l’integrazione della DGR 434/2007, le contestazioni della ricorrente al
riguardo sono generiche e dubitative, mentre la Regione condivisibilmente
precisa, nelle proprie deduzioni difensive, che detto accantonamento è stato
effettuato in ossequio a principi contabili comunemente utilizzati al fine di
evitare che le strutture in questione, una volta perfezionati gli atti di
integrazione sopra citati, potessero trovarsi senza copertura finanziaria per
l’attività svolta.
VII. Lamenta poi la ricorrente che il budget
attribuito mette le strutture destinatarie nelle condizioni di cessare
l’attività assistenziale già negli ultimi 4 mesi dell’anno. Il profilo di
doglianza, peraltro, ad avviso del Collegio, non prospetta profili di
illegittimità valorizzabili da questo Tribunale, e va quindi respinto,
impingendo esso nel merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione
volte a contemperare, con la fissazione di budget di spesa contenuti, le esigenze
di limitazione della spesa pubblica sanitaria in una Regione interessata da
relativo Piano di rientro, con le esigenze imprenditoriali delle strutture
sanitarie accreditate e quelle dei cittadini al mantenimento di adeguati
livelli essenziali di assistenza sanitaria.
VIII. Con il secondo mezzo l’istante lamenta poi
eccesso di potere per difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta, oltre
che disparità di trattamento. Il motivo non è assistito da giuridico
fondamento, posto che la congruità o meno del budget in rapporto al territorio
di riferimento della struttura, da un lato, è questione afferente al merito
delle scelte amministrative, dall’altro è profilo che, stando alla stessa
prospettazione della ricorrente, è venuto in rilievo già ai fini dei budget
attribuiti in anni precedenti, non potendo quindi costituire elemento di
pregiudizio specificamente ed esclusivamente ricollegabile all’atto in
impugnativa. E comunque, quanto all’impugnativa della DGR 174/2008 e alla
relativa ordinanza interlocutoria n. 1018/2010 (cui fa riferimento la
ricorrente), deve rilevarsi che nella sentenza n. 389/2011 di questa Sezione,
che ha definito quel giudizio, sono state considerate inammissibili le censure
volte a contestare la legittimità della fissazione del tetto di prestazioni.
Peraltro nella sentenza stessa è stato accolto il profilo di doglianza relativo
alla ricomprensione, nel budget, della spesa per “non residenti”, ma si tratta
di aspetto in generale ormai superato (e non ulteriormente valorizzabile da questo
Tribunale) alla stregua, come già detto, della sopravvenuta riferita
giurisprudenza del TAR e del Consiglio di Stato (cui aderisce il Collegio).
IX. Quanto al terzo motivo (eccesso di potere per
difetto di motivazione ed ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e
violazione dell’affidamento), è anch’esso da disattendere, posto che la
fissazione del budget (peraltro conoscibile già al momento della pubblicazione
sul BUR) a metà dell’anno di riferimento e con effetto retroattivo, costituisce
circostanza che non esorbita dalla legittima prassi in materia, alla stregua
della giurisprudenza amministrativa al riguardo formatasi (cfr. CdS, Ad. Pl.,
n. 3/2012), e tenuto conto altresì dei Programmi Operativi a monte, della non
eclatante diminuzione del budget rispetto a quello dell’anno precedente, della
ben prevedibile progressione degli interventi di rientro dal deficit della
spesa sanitaria nella Regione Lazio, nonché del coinvolgimento delle
Associazioni di categoria sin dal mese di aprile 2011.
X. Con l’ultimo mezzo, la ricorrente eccepisce la
violazione degli artt. 18 e 19 della L.R. Lazio n. 4 del 3.3.2003, la
violazione dell’art. 8 quinquies, comma 2, del D.Lgs. n. 502/1992 e successive
modificazioni (art. 8 del D.Lgs. n. 229/1999 ed art. 8 comma 3 del D.Lgs. n.
254/2000), eccesso di potere per sviamento, violazione del principio di buon
andamento e di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., violazione del
principio di giusto procedimento, arbitrarietà.
Il composito suddetto motivo deve essere disatteso,
alla stregua delle seguenti considerazioni:
a) il dedotto vizio procedurale di violazione degli
artt. 18 e 19 della L.R. n. 4/2003 è insussistente posto che tali disposizioni
si riferiscono ai soggetti accreditati (e nella specie il processo di accreditamento
nella Regione Lazio non è ancora concluso). Comunque, nella specie il
Commissario ad acta, organo straordinario dotato di ampi poteri sostituivi
degli organi ordinari, ha assunto le determinazioni in impugnativa in dovuta
attuazione del Piano di rientro e in applicazione degli obiettivi vincolanti
fissati nei programmi operativi, per cui non v’era spazio per determinazioni di
carattere generale della Giunta Regionale (o “sentita la competente Commissione
consiliare”) che in ipotesi si potessero discostare da tali obiettivi;
b) quanto alla mancanza di una previa intesa e di un
accordo con le Associazioni di categoria, rileva il Collegio come costituisca
ormai principio acquisito quello per cui, utilizzando le chiare parole
dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (decisione n. 3/2012),
“l'evoluzione della disciplina della programmazione sanitaria è stata in
seguito caratterizzata dal progressivo accentuarsi del carattere autoritativo
della pianificazione.
In particolare, ai sensi dell'art. 32, comma 8, della
legge 27 dicembre 1997, n. 449 le Regioni, in attuazione della programmazione
sanitaria ed in coerenza con gli indici di cui all'art. 2 comma 5 della legge
28 dicembre 1995 n. 549 e successive modificazioni, individuano
preventivamente, per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata,
compresi i presidi ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni
sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario
ed i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità
per la contrattazione di cui all'art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre
1996, n. 662.
Alle Regioni è stato pertanto affidato il compito di
adottare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti
alla spesa sanitaria, in coerenza con l'esigenza che l'attività dei vari
soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell'ambito di una
pianificazione finanziaria.
Alla stregua di detta disciplina spetta ad un atto
autoritativo e vincolante di programmazione regionale, e non già ad una fase
concordata e convenzionale, la fissazione del tetto massimo annuale di spesa
sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di
istituzioni, nonché la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni
(Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 418).
Il valore autoritativo e vincolante delle
determinazioni in tema di limiti delle spese sanitarie di competenza delle
regioni ai sensi dell'art. 32, comma 8, legge 27 dicembre 1997, n. 449, esprime
la necessità che l'attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si
svolga nella cornice di una pianificazione finanziaria. Tale funzione
programmatoria, volta a garantire la corretta gestione delle risorse
disponibili, rappresenta, quindi, un dato inabdicabile nella misura in cui la
fissazione dei limiti di spesa si atteggia ad adempimento di un obbligo che
influisce in modo pregnante sulla possibilità stessa di attingere le risorse
necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate (Consiglio Stato,
sez. V, 25 gennaio 2002, n. 418 cit.)”;
c) la fissazione dei budget di spesa è dunque, per
pacifico principio valido anche per la Regione Lazio, il frutto di
determinazione autoritativa e vincolante della Regione (e non concordata con le
Associazioni di categoria). Si rileva, comunque, che nella sentenza della
Sezione n. 7107/2009 (intervenuta in un giudizio nel corso del quale pure era
stata accolta in sede cautelare la prospettata violazione dell’art. 19 della
L.R. n. 4/2003) è stato condivisibilmente rilevato, in sede di definizione del
merito, con notazione agevolmente estensibile anche alla vicenda che ne occupa,
che “la specifica fattispecie in esame s’inquadra comunque nella c.d. normativa
emergenziale, dettata dalle leggi finanziarie per il rientro di alcune Regioni
dal notevole disavanzo di bilancio.
In particolare la deliberazione di Giunta impugnata è
stata adottata in esecuzione dell’accordo stipulato dalla Regione Lazio con i
Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, ai sensi dell’art. 1,
comma 180°, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, al fine di individuare “gli
interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel
rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa
prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell’accordo è condizione necessaria
per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche
in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva
attuazione del programma”.
“Detti interventi previsti dal piano di rientro
sopracitato sono vincolanti per la Regione ai sensi dell’art. 1, comma 796°,
lett. b, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, onde poter usufruire del riparto
del Fondo transitorio stanziato con detta legge finanziaria per le Regioni
interessate da rilevanti disavanzi”.
“E’ chiaro quindi che tale disciplina “speciale” e di
emergenza si sovrappone a quella ordinaria ed anche alle norme che da parte
ricorrente si assumono violate”; quanto all’art. 8 quinquies introdotto nel
decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 dall’art. 8, IV c., del decreto
legislativo 19 giugno 1999 n. 229, si specifica nella sentenza suddetta che
esso “disciplina i termini degli accordi e dei contratti con le varie strutture
sanitarie, ma sempre nell’ambito dei limiti massimi di spesa predeterminati in
funzione delle esigenze di bilancio”;
d) ancora in riferimento alla dedotta mancanza di
concertazione con le Associazioni di categoria, si rileva, in contrario, che
tale esigenza è stata comunque soddisfatta con gli inviti alle (e la
partecipazione delle) Associazioni stesse (cfr. verbale del 14.4.2011),
irrilevante al riguardo essendo la mancanza di una intesa conclusiva, non
potendo certamente la Regione rinunciare, per mancato raggiungimento
dell’intesa stessa, al proprio potere – dovere di stabilire, con proprio atto
autoritativo (ma sostanzialmente applicativo di indirizzi già predeterminati
negli obiettivi fissati nei Programmi Operativi), i budget di remunerazione dei
soggetti privati erogatori di prestazioni di RMN;
e) sempre in relazione al motivo di censura riferito
alla dedotta violazione degli artt. 18 e 19 più volte citati, deve da ultimo
evidenziarsi che l’art. 1 comma 83 e 84 della L.R. n. 14 del 2008 ha imposto l’obbligo
delle strutture classificate eroganti prestazioni sanitarie per conto del
servizio sanitario regionale, di sottoscrivere entro il 30 settembre 2008 gli
accordi per l'erogazione delle prestazioni in conformità alle deliberazioni di
attuazione della programmazione sanitaria regionale per il 2008. adottate ai
sensi dell'articolo 43 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 26, relativo
alla determinazione dei livelli massimi di finanziamento delle prestazioni
sanitarie per il settore privato. E ciò a prescindere, dunque, dal previo
intervento delle determinazioni di cui agli artt. 18 e 19 della L.R. n. 4/2003.
XI. In base alle esposte considerazioni, va
conclusivamente respinto il ricorso in epigrafe ma, data la molteplicità e
complessità delle questioni sollevate e trattate, si ravvisano sufficienti
motivi per compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 30 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
Domenico Lundini, Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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