EDILIZIA:
la sospensione "sine die" del permesso a costruire
(Cons. St., Sez. IV, sentenza 13 giugno 2013 n. 3276)
Massima
1. In generale, un provvedimento di sospensione sine die è illegittimo perché contrasta radicalmente con la finalità attributiva del potere pubblico.
L’ordinamento riconosce infatti alla p.a. un generale potere – desumibile dall’art. 7, co. 2, L. n. 241/90, e ora espressamente disciplinato dall’art. 21-quater della medesima legge – di natura cautelare e durata temporanea, consistente nella sospensione degli effetti dell’atto amministrativo precedentemente adottato.
Deve tuttavia essere rimarcata la necessità della prefissione di un termine che salvaguardi l’esigenza di certezza della posizione giuridica della parte, restando così scongiurato il rischio di una illegittima sospensione sine die (cfr., in termini, Cons. St., V, 4.3.2008, n. 904, Cons. St., sez. VI, 11.2.2011, n. 905).
2. In particolare, il provvedimento del Comune, nella misura in cui ha sospeso senza prefissare alcun termine la validità del permesso di costruire, si pone in netta antitesi con il principio di cautela e con il fine di certezza sottesi al provvedimento di sospensione, quale configurato dall’astratto paradigma legislativo, ed è in quanto tale illegittimo, sicché rettamente il giudice di prime cure ne ha pronunciato l’annullamento, osservando che l’atto stesso si traduce, di fatto, in una revoca definitiva del provvedimento autorizzatorio.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8928 del 2008,
proposto da:
Comune di Acquaviva delle Fonti in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso l’Avv. Eugenio Gagliano in Roma, via Giuseppe Pitré, n. 13;
Comune di Acquaviva delle Fonti in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Franco Gagliardi La Gala, con domicilio eletto presso l’Avv. Eugenio Gagliano in Roma, via Giuseppe Pitré, n. 13;
contro
Efim di Morgese Pietro & Figli s.r.l., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall’Avv. Pasquale Medina, con domicilio eletto presso l’Avv. Franco G. Scoca
in Roma, via Paisiello, n. 55;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE III
n. 01389/2008, resa tra le parti, concernente il diniego del permesso di
edificazione fabbricato per civile abitazione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile
2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Franco
Gagliardi La Gala e l’Avv. Pasquale Medina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. Puglia, Efim
di Morgese Pietro & Figli s.r.l. (d’ora in poi, per brevità, Efim)
impugnava l’ordinanza n. 3670 del 25.2.2008, a firma del Dirigente della
Ripartizione tecnica – Sportello unico per l’Edilizia, con la quale veniva
sospesa temporaneamente la validità del permesso di costruire n. 24/06 del
4.7.2006, rilasciato dal Comune di Acquaviva delle Fonti alla Efim per
l’edificazione di un fabbricato per civile abitazione, al dichiarato fine di
assumere le definitive determinazioni in ordine alla effettiva e legittima
destinazione urbanistica dell’area.
Efim censurava il provvedimento de quo per
tre profili:
1) la mancata fissazione di un termine di durata della
disposta sospensione;
2) la mancata osservanza delle forme di pubblicità
costitutiva prescritte dall’art. 1, commi 1 e 5, della l. 1/1978 per
l’approvazione della variante di progetto, che avrebbe giustificato il
mutamento di destinazione dell’area posto a fondamento dell’impugnato
provvedimento di sospensione, e il successivo intervento di una nuova variante,
nel 1980, che avrebbe ripristinato l’originaria destinazione dell’area;
3) la violazione dell’art. 7 della l. 241/90 da parte
del Comune.
Si costituiva nel giudizio di prime cure il Comune di
Acquaviva delle Fonti (d’ora in avanti, per brevità, il Comune), resistendo al
ricorso.
Il T.A.R. Puglia, con la sentenza n. 1389 del
4.6.2008, accoglieva il ricorso, annullando il provvedimento di sospensione per
tutti i tre dedotti profili di illegittimità.
Avverso tale sentenza ha interposto appello il Comune,
lamentandone l’erroneità in ordine a tutti i tre motivi di illegittimità
ritenuti sussistenti dal giudice di prime cure.
Si è costituita Efim, resistendo all’avversario
appello e domandandone la reiezione.
La Sezione, con ordinanza n. 6366/2008, ha disposto la
verificazione, richiedendo al competente ufficio tecnico del Comune una
relazione che chiarisca la destinazione urbanistica dell’area in relazione al
quale è stato emesso il contestato provvedimento di sospensione temporanea
della validità del permesso di costruire.
Detta relazione è stata acquisita l’8.1.2009.
All’udienza pubblica del 9.4.2013 il Collegio, udita
la discussione, ha assunto la causa in decisione.
2. L’appello del Comune deve essere respinto.
Con il primo motivo il Comune appellante si duole che
la sentenza appellata abbia erroneamente annullato il provvedimento di
sospensione per essere stata questa disposta sine die, deducendo
che la mancata apposizione del termine di efficacia sospensiva non
costituirebbe, di per sé, ragione sufficiente a giustificare la caducazione
dell’atto, ma al più si risolverebbe in una constatazione di accertamento che
lo stesso avrebbe perduto la sua efficacia interdittiva all’espansione del c.d. ius
aedificandi.
Si tratta di un assunto fallace e, come tale, non
meritevole di accoglimento.
Un provvedimento di sospensione sine die,
infatti, è illegittimo perché contrasta radicalmente con la finalità attributiva
di tale potere.
L’ordinamento riconosce infatti alla p.a. un generale
potere – desumibile dall’art. 7, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241, e ora
espressamente disciplinato dall’art. 21-quater della medesima legge
– di natura cautelare e durata temporanea, consistente nella sospensione degli
effetti dell’atto amministrativo precedentemente adottato.
Deve tuttavia essere rimarcata la necessità della
prefissione di un termine che salvaguardi l’esigenza di certezza della
posizione giuridica della parte, restando così scongiurato il rischio di una
illegittima sospensione sine die (cfr., in termini, Cons. St.,
V, 4.3.2008, n. 904, Cons. St., sez. VI, 11.2.2011, n. 905).
Orbene il provvedimento del Comune, nella misura in
cui ha sospeso senza prefissare alcun termine la validità del permesso di
costruire, si pone in netta antitesi con il principio di cautela e con il fine
di certezza sottesi al provvedimento di sospensione, quale configurato
dall’astratto paradigma legislativo, ed è in quanto tale illegittimo, sicché
rettamente il giudice di prime cure ne ha pronunciato l’annullamento,
osservando che l’atto stesso si traduce, di fatto, in una revoca definitiva del
provvedimento autorizzatorio.
3. Con il secondo motivo di appello lamenta il Comune
che altrettanto erroneamente il T.A.R. abbia stigmatizzato l’assenza di
partecipazione procedimentale e, in particolare, abbia censurato la violazione
dell’art. 7 della l. 241/90, pur in assenza di plausibili ragioni di urgenza,
da parte del Comune stesso.
Anche tale mezzo è infondato.
Correttamente il T.A.R., infatti, ha ritenuto che non
fosse stata garantita all’interessata la partecipazione al procedimento in
assenza di motivate e particolari ragioni di celerità del procedimento che ai
sensi dell’art. 7 della l. 241/90 giustificassero, in concreto, la mancata
comunicazione dell’avvio del procedimento stesso all’interessata.
Né certo rileva, in senso contrario, che l’odierna
appellata conoscesse, come assume il Comune, il regime delle aree, sulla base
dell’assunto che i suoi danti causa fossero perfettamente a cognizione di
questo per aver impugnato, tempo addietro, tutti gli atti comunali e regionali
che ne avevano dettato la disciplina.
Una simile affermata conoscenza, peraltro da parte di
soggetti diversi dalla Efim, non poteva certo dispensare il Comune dall’obbligo
di comunicare l’avvio di un diverso procedimento all’odierna appellata.
Anche tale motivo, quindi, va respinto.
4. Con il terzo motivo, infine, l’appellante censura
la sentenza anche nella parte in cui essa ha ritenuto che, essendo la variante
adottata dal Consiglio comunale, adottata con delibera n. 230 del 5.4.1979,
finalizzata all’esecuzione di un’opera pubblica ed essendo quest’ultima rimasta
irrealizzata, sarebbe stata caducata la destinazione impressa dalla stessa
variante all’area.
Assume il Comune che sarebbe venuta meno solo
l’implicita dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, ma
non certo l’effetto conformativo sul terreno imposto da detta variante, con la
conseguenza che il titolare della concessione edilizia non potrebbe realizzare
un’opera assolutamente in contrasto con la destinazione di “Zona B1 di
completamento intensivo” impressa da detta variante.
Si deve osservare, anzitutto, che i sopra evidenziati
profili di illegittimità formale dell’impugnato provvedimento di sospensione,
per la loro radicalità, appaiono assorbenti.
Il motivo deve essere disatteso, comunque, perché non
risulta con certezza e chiarezza dagli atti del giudizio, nemmeno all’esito
della disposta verificazione, se la variante sia stata approvata nelle forme
prescritte dall’art. 1, commi 1 e 5, della l. 1/1978 e se sia tuttora vigente o
superata da successivi strumenti urbanistici, come pure ha ritenuto il giudice
di prime cure.
Né la documentazione prodotta dal Comune né la
relazione di verificazione offrono elementi decisivi, infatti, per ritenere che
la variante adottata dal Consiglio comunale con la delibera n. 230 del 5.4.1979
sia stata approvata nel rispetto di tutti gli adempimenti previsti dalla l.
1/1978 e se, una volta correttamente entrata in vigore, sia poi stata o meno
sostituita da successivi strumenti urbanistici, essendo emerso con
incontestabile evidenza per tabulas il solo dato fattuale che
l’opera pubblica, in funzione del quale la variante era stata approvata, non è
stata ad oggi realizzata.
L’incertezza stessa che regna nei diversi atti, spesso
dal contenuto perplesso se non addirittura opposto, del competente ufficio
comunale dimostra che l’azione amministrativa, in riferimento al contestato
provvedimento di sospensione, non è stata preceduta né sorretta da un’adeguata
e perspicua considerazione degli esatti presupposti giuridici dell’intera
vicenda.
Spetterà alla competente autorità comunale quindi
accertare, in modo puntuale e rigoroso e, soprattutto, con un provvedimento
definitivo, la perdurante vigenza dello strumento urbanistico in questione e
l’effettivo regime dell’area, non esercitando l’effetto conformativo della
pronuncia resa dal T.A.R. alcun vincolo sulla futura attività del Comune,
diversamente da quanto assume l’appellante, ma solo sul provvedimento
“cautelativo” di sospensione oggetto del presente giudizio e ritenuto
illegittimo, peraltro, già per i motivi di illegittimità formale sopra
evidenziati. Resta assorbito ogni altro motivo od eccezione in quanto
ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.
5. Le spese del presente giudizio d’appello, liquidate
in dispositivo, seguono la soccombenza del Comune appellante.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna il Comune di Acquaviva delle Fonti a
rifondere in favore di Efim di Morgese Pietro & Figli s.r.l. le spese del
presente grado di giudizio, che liquida nell’importo di € 3.000,00, oltre gli
accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 9 aprile 2013 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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