Pubblico volentieri l'intervista al mio amico e collega Gabriele Pepe, con l'augurio che il tempo dia ragione ai nostri sacrifici.
FF
Intervista
a Gabriele Pepe
sul tema della europeizzazione del diritto amministrativo
Introduzione
Agli albori del Nuovo Millennio, in un mondo sempre più interconnesso
e globale, il diritto amministrativo, un tempo espressione esclusiva dei
pubblici poteri nazionali, travalica i propri originari confini, per aprirsi
verticalmente ed orizzontalmente alle influenze di altri ordinamenti, statali e
sovranazionali. In un panorama delle fonti giuridiche, ormai pluralistico e
multilivello, il diritto dell'Unione europea viene progressivamente a plasmare gli
apparati giuridici nazionali, alterandone le originarie caratteristiche.
Il volume Principi
generali dell'ordinamento comunitario e attività amministrativa di Gabriele
Pepe analizza natura e caratteri dei principi generali europei, soffermandosi principalmente
sulle ricadute che gli stessi hanno nell’ordinamento amministrativo italiano.
Il fil rouge
dell'indagine è rintracciabile nella tesi che i principi generali
dell'ordinamento europeo, coniati e sviluppati dalla Corte di giustizia, abbiano
conformato capillarmente i rapporti tra potere pubblico e cittadini, da un
lato, limitando privilegi e abusi delle autorità amministrative, dall'altro,
valorizzando le libertà e le pretese dei c.d. amministrati. "I diritti e le libertà individuali
rappresentano, infatti, la stella cometa del nuovo panorama europeo e
nazionale, fungendo sia da finalità che da limite all’esercizio dei pubblici
poteri".
In special modo i principi di certezza del diritto,
legittimo affidamento, giusto procedimento, proporzionalità, pienezza ed effettività
della tutela hanno innescato profondi mutamenti, sia in via diretta che in modo
riflesso, nell'azione delle Pubbliche Amministrazioni, ampliando gli spazi di
libertà del cittadino e, contestualmente, ridimensionando con l'imposizione di
nuove regole i profili più imperativi dell'attività amministrativa.
Siamo oggi in compagnia di Gabriele
Pepe, Autore della monografia "Principi
generali dell'ordinamento comunitario e attività amministrativa",
Roma, 2012
Alcune informazioni
sull'Autore
Allievo dei Prof.i di Diritto Amministrativo Massimo Stipo e
Gennaro Terracciano.
Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca ed è Ricercatore
in Diritto amministrativo dal 2011. Svolge incarichi di Commissario Liquidatore
di Cooperative in Liquidazione Coatta Amministrativa ed esercita la Professione
di Avvocato occupandosi in special modo di Procedure ad Evidenza pubblica e Contrattualistica.
Nella suo opera monografica Lei affronta la tematica della europeizzazione del diritto
amministrativo italiano. Può fornirci chiarimenti al riguardo?
Sin dal XIX
sec. il diritto amministrativo ha fedelmente rispecchiato le tradizioni
giuridiche di ciascuna Nazione, in omaggio ad una concezione "statocentrica" riconducibile al
dogma della statualità del diritto.
Dunque, per
decenni, il diritto amministrativo è stato il prodotto di un'autoreferenziale elaborazione
statale, impermeabile ad influenze esterne.
La crisi delle mitologie giuridiche del positivismo (sovranità statale,
primato della legge, rigida separazione dei poteri, gerarchia delle fonti), iniziata
nel corso del XX sec., ha innescato un processo di progressiva apertura della
produzione normativa, attraverso fenomeni di legal transplants e cross-fertilization
fra ordinamenti.
La nascita delle Comunità europee (oggi Unione europea),
accompagnata da un'inarrestabile globalizzazione economica e giuridica, consacra
la carsica e progressiva "europeizzazione"
dei diritti amministrativi domestici.
La primazia delle fonti europee sulle fonti interne (anche
di rango costituzionale) impone, infatti, al legislatore ed alla giurisprudenza
nazionali l'osservanza dei principi e delle regole dell'ordinamento UE.
Conseguentemente il diritto amministrativo italiano viene ad essere profondamente
conformato dalla normativa sovranazionale in un sistema delle fonti ormai policentrico,
concorrente e multilivello.
Una europeizzazione che, in ragione del primato del diritto
sovranazionale sul diritto interno, impone un'apertura (verticale) degli Stati al
diritto europeo, determinando altresì meccanismi spontanei di apertura (orizzontale)
tra ordinamenti attraverso processi di imitazione ed osmosi fra sistemi
giuridici, un tempo distanti ed ora sempre più vicini.
Quale è stata la
fonte di ispirazione del suo Volume?
L'idea di
questo volume nasce da un'intuizione del Prof. Massimo Stipo che ai tempi dell'individuazione
del tema di ricerca per il dottorato mi propose un'indagine sul ruolo della
Corte di giustizia nell'enucleazione dei principi generali europei e
sull'impatto da questi esercitato nella realtà amministrativa italiana. Particolarmente
illuminante fu l'osservazione secondo cui le pronunce del giudice di
Lussemburgo, a differenza delle comuni statuizioni giurisprudenziali, esplicherebbero
un'efficacia non già inter partes ma erga omnes, assurgendo a vere e proprie
fonti del diritto, applicabili direttamente negli ordinamenti nazionali.
Da quel
momento prese l'abbrivio il mio percorso di ricerca lungo il quale ho potuto,
altresì, fare affidamento sui preziosi consigli del Prof. Gennaro Terracciano; di
particolare utilità è stata soprattutto l'idea secondo cui la valorizzazione nell'ordinamento
italiano delle pretese degli amministrati sarebbe ascrivibile principalmente all'influenza
esercitata dai principi dell'ordinamento europeo, una tesi che rappresenta il fil rouge dell'intera indagine.
Può brevemente descriverci i contenuti della
sua opera?
L'indagine
svolta mira ad applicare un metodo di analisi diacronico ed interdisciplinare che
tenta di essere scorrevole nella forma ed al contempo approfondito nei
contenuti.
Il volume si suddivide in due parti. La prima parte è
composta da tre capitoli.
Nel primo capitolo si analizzano le profonde trasformazioni
che nel corso del XX secolo hanno segnato lo scenario giuridico europeo, con il
superamento dei capisaldi della tradizione giuridica giuspositivista. Attraverso
un percorso storico ed interdisciplinare si ripercorrono la genesi e
l'evoluzione del sistema giuridico comunitario, in un processo di integrazione
tra ordinamenti, accentuato dalla forza conformativa del diritto europeo e dai
rimedi all'uopo previsti (interpretazione conforme, rinvio pregiudiziale,
disapplicazione).
Nel secondo capitolo l'indagine si sofferma su alcune questioni
di teoria generale utili ad illustrare natura e caratteri dei principi europei
che, come noto, attingono alle tradizioni giuridiche dei Paesi europei. L'analisi
prosegue, poi, con la descrizione dell'attività di elaborazione dei principi generali
da parte della Corte di giustizia, seguita dall'analisi delle forme di invalidità
degli atti amministrativi nazionali per contrasto con il diritto europeo.
Nel terzo capitolo il volume si sofferma sui principi
generali di certezza del diritto, tutela del legittimo affidamento,
proporzionalità, giusto procedimento, pienezza ed effettività della tutela nonché
sul decisivo ruolo dagli stessi ricoperto nell'ampliamento degli spazi di
tutela del cittadino nei rapporti amministrativi.
Nella seconda parte del volume (capitoli dal quarto al
settimo) viene illustrata l'influenza concretamente esercitata dai principi del
diritto europeo su talune regole ed istituti del sistema amministrativo
italiano.
Nel quarto capitolo si approfondiscono in particolare le
nozioni di situazioni giuridiche soggettive comunitarie, miste e nazionali (tra
cui l'interesse legittimo), nonché la diversa incidenza sulle stesse esercitata
dal diritto europeo.
Il quinto capitolo si concentra, poi, sull'evoluzione delle
dinamiche autorità-libertà in una rigenerata dimensione dell'esercizio del
potere amministrativo, orientata al soddisfacimento delle pretese individuali, in
cui l'amministrato diviene "coautore" delle scelte pubbliche che lo
riguardano. Di questa rinnovata filosofia è possibile rinvenire traccia, nella
nuova prospettiva della "legalità di risultato", nell'istituto delle
illegittimità non invalidanti, nel sindacato del giudice sulla violazione del
principio di proporzionalità dell'azione amministrativa.
Nel sesto capitolo il focus
dell'indagine riguarda alcune tra le plurime applicazioni del principio di
tutela del legittimo affidamento quale principio europeo dal maggior impatto
sull'ordinamento amministrativo. Si vedano in tal senso l'istituto degli
accordi ex art. 11 l. 241 del 1990, il
regime dell'autotutela, la risarcibilità del danno "da ritardo puro".
Nel settimo capitolo sono, infine, esaminate le ricadute del
principio di pienezza ed effettività della tutela sul processo amministrativo italiano
(atipicità della tutela, ampliamento delle azioni esperibili, transizione del
giudizio dall'atto al rapporto intersoggettivo controverso).
Nel suo lavoro descrive con efficacia
l'influenza esercitata dai principi comunitari nell'ordinamento italiano. Può
fornirci lumi al riguardo?
Nel
corso dei decenni i principi
generali dell'ordinamento comunitario, elaborati e definiti dalla Corte di
giustizia, si sono infiltrati con imprevedibile capillarità nei sistemi
giuridici nazionali, conformandone in via diretta o riflessa i principali istituti.
In particolare nell'area del diritto amministrativo italiano
i principi europei hanno svolto un ruolo determinante nell'evoluzione in senso
democratico dei rapporti tra il potere pubblico e i cittadini, imponendo un'evoluzione
dell'azione amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla
consensualità, dalla gerarchia alla paritarietà.
Il procedimento amministrativo diviene, oggi, luogo della
rinnovata centralità del cittadino attraverso la valorizzazione delle situazioni
soggettive di cui egli è portatore.
Inoltre, in base al primato del diritto europeo sul diritto italiano,
sia i giudici sia le pubbliche amministrazioni nazionali sono tenute ad
osservare nonché a fornire piena attuazione ai principi sovranazionali, anche
disapplicando norme interne con essi in conflitto.
In definitiva i principi generali dell'ordinamento comunitario
rappresentano un nuovo parametro di legittimità dell’azione di tutti i pubblici
poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi.
Qual è il ruolo del giurista moderno in
un'epoca di grandi cambiamenti?
Per troppo
tempo il giurista italiano ed europeo, sotto l'influenza della scuola pandettistica
tedesca, ha vissuto in una solitaria turris
eburnea, elaborando metodi di indagine e soluzioni lontane dal contesto sociale
e politico di riferimento.
Le tumultuose ed
incessanti trasformazioni che hanno segnato negli ultimi decenni i processi politici, economici e culturali hanno imposto
al giurista un cambio di paradigma, costringendolo a venir fuori dal proprio
tradizionale isolamento per adeguare tecniche e schemi giuridici ad una realtà
in perenne evoluzione.
Con la
rivisitazione dei capisaldi della tradizione giuspositivista (piena
sovranità statale, centralità della legge, gerarchia delle fonti, separazione
dei poteri), il giurista del
Terzo Millennio è chiamato ad immergersi completamente nel mondo che lo
circonda, per cogliere ogni aspetto (politico, sociologico, economico) dei
fenomeni oggetto di indagine.
Eclettismo,
pragmatismo e trasversalità di analisi devono oggi arricchire lo strumentario del
giurista moderno che voglia affrontare con successo le nuove sfide della
modernità.
Ringraziamo Gabriele Pepe per la disponibilità
in attesa di futuri incontri
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