PROCESSO:
la declaratoria d'illegittimità
del provvedimento
ai fini risarcitori
può esser dichiarata
solo in caso di contestuale proposizione
della domanda risarcitoria
(TAR Lazio, Roma, II "bis",
sentenza 14 ottobre 2015, n. 11659)
La pronuncia, pur avendo l' "attenuante" di inserirsi all'interno di una tesi giurisprudenziale vieppiù consolidata, non (mi) convince.
Al di là della chiaro tenore letterale dell'art. 34 co. 3 c.p.a., che non presuppone affatto ai fini della declaratoria dell'illegittimità del provvedimento (non annullato o annullabile) la contestuale domanda risarcitoria, o la relativa proposizione in un separato giudizio, ma richiede soltanto la sussistenza di un "interesse ai fini risarcitori", quindi una manifestazione di volontà e scienza della parte interessata, che emerga sì nel processo stesso, ma non necessariamente nelle predette asfittiche forme processuali, qui rileva una questione più generale.
E' evidente il disfavore, direi l'idiosincrasia del Giudice amministrativo, difatti, per la tutela risarcitoria contro la p.a.
E "transeat" che oramai il diritto amministrativo si è trasformato in diritto pubblico dell'economia prima ed in contabilità di Stato ora (è un'iperbole ovviamente, ma rende l'evoluzione/involuzione), "transeat" che era ed è ragionevole pensare che fosse una questione di "forma mentis", diversa da quella del Giudice civile, "transeat" che il processo amministrativo è "a maglie larghe", per cui (al di là del rinvio al c.p.c. dell'art. 39) il lavorio pretorio è fondamentale...
Transeat tutto insomma, però ogni limite ha la sua pazienza diceva il grande Totò.
Anche perché trasformare il processo amministrativo da "soggettivo" a "soggettivista", rischia di farlo tornare ad essere "oggettivo" (e qui tornano la Contabilità di Stato).
Massima
1. Secondo l''orientamento giurisdizionale oramai prevalente, la
previsione dell’art. 34, co. 3, c.p.a. secondo cui “qualora, nel corso
del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile
per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste
l’interesse a fini risarcitori”, può trovare applicazione soltanto “allorquando
la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando
la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di
risarcimento o che è in procinto di farlo” (cfr., ex multis, CdS, 23 aprile
2014, n. 2063; CdS, 15.5.13, n. 2626; C.d.S., 5.12.2012, n.
6229; TAR Lazio, 20.1.2014, n. 688; TAR Lazio, 24.9.2013, n. 8432).
2. Anche a voler seguire l'orientamento oramai recessivo, secondo cui, al fine di evitare un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, sul ricorrente grava almeno l’onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva proposizione dell’azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto (cfr. CdS 28.12.2012, n. 6703), non si sarebbe giunti a diversa conclusione, risultando inequivoco che l’interesse manifestato dalla ricorrente “a veder dichiarare l' "illegittimità del provvedimento
originariamente impugnato” è connotato da estrema genericità e, precipuamente,
del tutto avulso dalla produzione di elementi concreti in qualche modo
riconducibili alla configurabilità dell’azione risarcitoria.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Seconda Bis)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 6097 del 2013, integrato da motivi
aggiunti, proposto da:
Telecom Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Maria Carla Galli, con domicilio eletto presso Marco Orlando in Roma, piazza della Libertà n. 20;
Telecom Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Maria Carla Galli, con domicilio eletto presso Marco Orlando in Roma, piazza della Libertà n. 20;
contro
Comune
di Torri in Sabina, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso
dall'avv. Alberto Colabianchi, con domicilio eletto presso Alberto Colabianchi
in Roma, via Oslavia n. 30;
nei
confronti di
ARPA
Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa
dall'avv. Riccardo Biz, con domicilio eletto presso Riccardo Biz in Roma, via
dei Liburni n. 2;
per
l'annullamento,
previa
sospensiva,
-
quanto al ricorso introduttivo:
della
determinazione dirigenziale 10.4.2013 n. 2265 del Comune di Torri in Sabina,
Sportello Unico per l’Edilizia, con la quale è stata respinta la domanda della
società ricorrente di autorizzazione a installare una stazione radio base per
telefonia mobile;
ove
occorra e per quanto di ragione, del “Regolamento Comunale per la disciplina
delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”,
approvato con delibera in data 25.3.3013 del Consiglio Comunale di Torri in
Sabina, pubblicata nell’Albo Pretorio in data 11.4.2013;
-
quanto ai motivi aggiunti:
del
provvedimento del Comune di Torri in Sabina datato 30 dicembre 2014, prot. n.
7396, a mezzo del quale – in ottemperanza all’ordine di riesame disposto dal
Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217/2013 del 24 ottobre 2013 – è stato
espresso un nuovo diniego alla istanza presentata dalla Telecom in data 13
marzo 2013 di installazione di SRB denominata “RI Torri in Sabina”, sita in via
di Porta Ternana (Torri in Sabina);
di
ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e consequenziale;
Visti
il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Torri in Sabina e di ARPA
Lazio;
Visto
il ricorso incidentale proposto dal Comune di Torri in Sabina;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2015 il Consigliere Antonella Mangia
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
1.
Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 6
giugno 2013 e depositato il successivo 26 giugno 2013, la società ricorrente –
“autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico all’utilizzo delle
frequenze 1800 MHz 800 MHz 2600 per lo sviluppo del nuovo sistema di
comunicazione LTE” - impugna il provvedimento con cui, in data 10 aprile 2013,
il Comune di Torri in Sabina le ha negato l’autorizzazione per l’installazione
SRB per telefonia mobile denominata “RI Torri in Sabina”, sita in via Porta
Ternana, nonché i relativi atti presupposti, ivi compreso, ove occorra, il
“Regolamento Comunale per la disciplina delle installazioni delle stazioni
radio base per la telefonia mobile e le telecomunicazioni”, approvato con
deliberazione consiliare n. 13 del 25 marzo 2013.
In
particolare, la ricorrente espone quanto segue:
-
di aver inoltrato la richiesta per l’installazione dell’impianto su indicato in
data 12 marzo 2013 al Comune di Torri in Sabina e alla ARPA Lazio;
-
in data 29 marzo 2013 l’ARPA Lazio esprimeva parere favorevole;
-
in ragione dell’intervenuta adozione con delibera di C.C. n. 13 del 25 marzo
2013 del regolamento comunale degli impianti di cui trattasi, in data 10 aprile
2013 il Comune di Torri in Sabina adottava, invece, un provvedimento di
diniego, basato sulla non compatibilità dell’istanza “con le prescrizioni
fissate” dal regolamento.
Avverso
tale provvedimento la ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di
diritto:
1.
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 10 BIS DELLA
LEGGE N. 241 DEL 1990. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO.
DIFETTO DI MOTIVAZIONE, DI ISTRUTTORIA, atteso che l’Amministrazione comunale
non ha previamente comunicato il preavviso di rigetto.
2.
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 9 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE
N. 241 DEL 1990 E DEI PRINCIPI GENERALI IN MATERIA DI CONCLUSIONE DEL
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. DIFETTO ASSOLUTO DI MOTIVAZIONE, posto che il
diniego opposto si basa su un’“espressione “acritica, del tutto generica ed
apodittica” e, ancora, non tiene affatto conto che il regolamento è stato
adottato “dopo che la ricorrente ha presentato l’istanza per la realizzazione
dell’impianto” e, comunque, prevede – all’art. 25 – che solo le istanze “non
definitivamente istruite per incompletezza di documentazione presentata saranno
disciplinate dallo stesso”.
3.
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 25 DEL
REGOLAMENTO COMUNALE DEGLI IMPIANTI. VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO
PROCEDIMENTO E DELL’IRRETROATTIVITA’ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA. ECCESSO DI
POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI E CONTRADDITTORIETA’ DELL’AZIONE
AMMINISTRATIVA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL DINIEGO GRAVATO PER ILLEGITTIMITA’
DELL’ART. 8 DEL REGOLAMENTO E DELLO STESSO ART. 25 IN PARTE QUA, tenuto conto
che il regolamento è stato pubblicato all’albo pretorio in data successiva
all’adozione del diniego e – come già detto – non investe le richieste
pervenute in epoca antecedente che – come quella della ricorrente – risultino
“istruite”. In definitiva, il Comune ha attribuito a tale regolamento
un’illegittima efficacia retroattiva.
4.
ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO GRAVATO PER ILLEGITTIMITA’ DEGLI
ARTT. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 13, 15, 17, 19 E 23 DEL REGOLAMENTO COMUNALE DEGLI
IMPIANTI PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE; VIOLAZIONE DEGLI ARTT.
4 E 8 DELLA LEGGE N. 36/2001; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 86 E SS. D.LGS. N.
259/2003; VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003. ECCESSO DI POTERE PER
INCOMPETENZA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO DI DINIEGO.
SEGUE:
SULL’ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 2, 4, 5, 6, 7, 8, 15 E 17 DEL REGOLAMENTO PER
VIOLAZIONE DELL’ART. 117 COSTITUZIONE; DELL’ART. 8 DELLA LEGGE N. 36 DEL 2001;
VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003. ECCESSO DI POTERE PER INCOMPETENZA.
ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO DI DINIEGO, atteso che il citato art.
4 attribuisce allo Stato – e non alle Amministrazioni comunali, a cui sono
attribuiti poteri in materia di “governo del territorio” - la competenza in
ordine alla salvaguardia ed alla tutela della salute pubblica e, dunque, anche
la prescrizione dei limiti di esposizione e l’introduzione di limiti alla
localizzazione “per aspetti collegati con la salute umana”.
SEGUE:
SULL’ILLEGITTIMITA’ DEGLI ARTT. 7, 8, 9, 19 E 23 DEL REGOLAMENTO PER VIOLAZIONE
DELL’ART. 117 COSTITUZIONE; DELL’ART. 8 DELLA LEGGE N. 36 DEL 2001; VIOLAZIONE
DEGLI ARTT. 86 E SS. D.LGS. N. 259/2003; VIOLAZIONE DEL DPCM 8 LUGLIO 2003.
ECCESSO DI POTERE PER INCOMPETENZA. ILLEGITTIMITA’ DERIVATA DEL PROVVEDIMENTO
DI DINIEGO, in quanto risulta introdotto l’obbligo di richiedere il permesso di
costruire e la valutazione di impatto ambientale, in netto contrasto con la
disciplina speciale che regolamenta la materia nonché le prescrizioni che
definiscono le competenze comunali, senza, tra l’altro, considerare che il
parere dell’ARPA “non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero
per l’inizio dei lavori ma solo per l’attivazione dell’impianto”. Risulta,
altresì, imposto il pagamento di una vera e propria imposta sulla SRB, in
spregio dell’art. 93 del codice delle Comunicazioni e dell’art. 23 della
Costituzione.
Con
atto depositato in data 1 luglio 2013 si è costituito il Comune di Torri in
Sabina per resistere al “ricorso principale”.
In
particolare, il citato Comune ha sostenuto la correttezza del proprio operato
invocando l’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 e, sostanzialmente,
affermando l’immediata eseguibilità del regolamento adottato con la delibera di
C.C. n. 13 del 25 marzo 2013 e, dunque, delle prescrizioni in esso riportate
all’art. 6, riguardanti l’esclusione delle “aree residenziali del centro
storico ed urbano” e delle aree “che accolgono strutture scolastiche, casa di
cura ed affini, quale quella destinata ad ospitare l’impianto della Telecom”,
costituenti – di per sé – una motivazione per relationem.
Nel
contempo, il citato Comune ha proposto “ricorso incidentale” ex art. 42
c.pr.amm., per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del parere
dell’ARPA del 13 marzo 2013 e della relativa nota di trasmissione del 29 marzo
2013 sulla base di motivi di diritto afferenti la violazione di legge e
l’eccesso di potere sotto svariati profili, in ragione essenzialmente della
collocazione dell’impianto all’interno del centro storico, a soli 60 metri da
un asilo nido e poco oltre da una scuola materna, una casa di riposo e un
parcheggio pubblico.
In
data 24 luglio 2013 la ricorrente ha prodotto una memoria con cui: - ha
eccepito l’inammissibilità del ricorso incidentale in ragione del rilievo che
l’interesse del Comune all’impugnativa de qua non può ritenersi “sorto in
dipendenza delle domande proposte in via principale” e, ancora, della natura
non provvedimentale del parere dell’ARPA; - ha eccepito l’irricevibilità del
ricorso incidentale per tardività (risalendo la conoscenza del provvedimento al
29 marzo 2013); - ha confutato le censure formulate.
Con
atto depositato in data 26 luglio 2013 si è costituita l’ARPA Lazio, eccependo
– del pari - l’inammissibilità del ricorso incidentale per violazione degli
artt. 41 e 42 del c.pr.amm. e, comunque, adducendo l’infondatezza di
quest’ultimo.
Il
successivo 27 luglio 2013 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto documenti e
una memoria difensiva con cui ha insistito sull’illegittimità del parere
dell’ARPA.
Con
ordinanza n. 3219 del 2 agosto 2013 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare
presentata dalla ricorrente.
Tale
provvedimento è stato riformato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4217
del 24 ottobre 2013, con disposizione – nel contempo – “di un rinnovato e
sollecito esame dell’originaria istanza di parte, nel pieno contraddittorio con
tutti i soggetti interessati, compresa l’ARPA”.
In
date 24 gennaio 2014 e 3 febbraio 2014 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto
documenti e uno scritto difensivo in cui è dato conto del riavvio del
procedimento e della già avvenuta comunicazione con nota del 9 gennaio 2014 di
“motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza”, con contestuale “istanza di
rinvio” dell’udienza pubblica fissata per il 6 marzo 2014.
Nel
corso dell’udienza pubblica in ultimo indicata tale istanza è stata accolta
(con rinvio all’udienza pubblica del 9 ottobre 2014).
In
date 29 luglio 2014 e 9 ottobre 2014 il Comune di Torri in Sabina ha prodotto
documenti, inerenti, tra l’altro, la valutazione della “fattibilità” ad opera
di Telecom Italia e Vodafone Omnitel di un “progetto di sharing dell’impianto
di telecomunicazioni già esistente in Torri in Sabina, località Montagnola”
2.
Tenuto conto delle peculiarità dell’evoluzione della vicenda in esame, con
ordinanza n. 12139 del 2014 la Sezione ha ravvisato profili di improcedibilità
del gravame e, pertanto, invitato le parti a depositare “memorie aggiuntive”
entro il termine di 30 giorni, ai sensi dell’art. 73, u.c., c.pr.amm..
In
data 30 dicembre 2014 la ricorrente ha prodotto “brevi note ex art. 73, comma
III, D.Lgs. 104/2010”, adducendo la già avvenuta formazione del “silenzio
assenso” in ordine all’istanza presentata, in virtù della mancata adozione di
un provvedimento di diniego nel termine di 90 gg. prescritto dall’art. 87 del
d.lgs. n. 259 del 2003, e, ancora, contestando l’orientamento assunto dal
Comune con le note del 27 febbraio 2014, di sospensione del procedimento, e
dell’8 ottobre 2014, riportante “valutazioni” in ordine alle “deduzioni”
dell’ARPA.
3.
Il successivo 23 marzo 2015 la ricorrente ha depositato “atto di motivi
aggiunti”, proposti per l’annullamento, previa sospensione, del nuovo
provvedimento di diniego opposto dal Comune con nota in data 30 dicembre 2014,
prot. n. 7396.
In
particolare, la ricorrente, dopo aver posto in evidenza, tra l’altro, di aver
proceduto a sollecitare l’Amministrazione a “rilasciare il titolo
autorizzatorio” anche con lettera del 31 luglio 2014, corredata da una “Nota
tecnica per l’installazione degli impianti di telefonia mobile sul Comune di
Torre in Sabina”, tesa a dimostrare “le scelte progettuali che hanno condotto
.. all’implementazione sul territorio comunale” degli impianti di telefonia
siti in Montagnola e Porta Ternana “con particolare attenzione alla verifica
della copertura radio – elettrica” di quest’ultimi, deduce le seguenti censure:
1.
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 87 D.LGS. N.
259/2003. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2 E 20 LEGGE N. 241/1990 E DEI PRINCIPI GENERALI
IN MATERIA DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO. ECCESSO DI POTERE.
Secondo la normativa che regolamenta la materia, in assenza “di un
provvedimento di diniego da parte dell’Amministrazione comunale interessata, da
esprimersi entro il termine di 90 giorni, l’istanza per l’installazione degli
impianti in questione deve intendersi come accolta”. Orbene, nel caso di specie
– sia che si tenga conto dell’efficacia interruttiva del preavviso di rigetto
sia che si consideri l’intervenuta “sospensione del procedimento” disposta per
60 gg. dal Comune con nota del 27 febbraio 2014 – non vi è dubbio che tale
termine “è da ritenersi scaduto” e, pertanto, si è maturato il “silenzio
assenso”. In senso contrario non possono, poi, deporre né la lettera di sollecito
della ricorrente del 31 luglio 2014 né l’ulteriore preavviso di rigetto
dell’Amministrazione del 9 ottobre 2014, in quanto si tratta di “comunicazioni”
comunque assunte “dopo il maturarsi del titolo autorizzatorio tacito”. Ciò
detto, il diniego gravato è sicuramente illegittimo.
2.
VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E 97 COSTITUZIONE; VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO GENERALE
DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DEL BUON ANDAMENTO ED IMPARZIALITA’
DELL’AMMINISTRAZIONE. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 86 E 87 D.LGS. N. 259/2003.
VIOLAZIONE DEL D.P.C.M. 8 LUGLIO 2003. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 7 LEGGE N.
241/1990. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA,
ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI E CONTRADDITTORIATA’, ILLOGICITA’ ED IRRAZIONALITA’
DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA. SVIAMENTO DI POTERE.
2.I.
SULLA ASSERITA MODIFICAZIONE DEL PROGETTO ORIGINARIO PRESENTATO DA TELECOM CON
CONSEGUENTE ASSERITA ASSENZA DI VALORE DEL PARERE ARPA. “Non vi è stata alcuna
modificazione al progetto originario presentato dalla Telecom”, specie ove si
tenga conto che la progettazione fin dall’inizio elaborata era “riferita
all’installazione di una Stazione Base di ultima generazione, in grado di
supportare sia la trasmissione UMTS (3G), sia quella LTE (4G)” (così come – del
resto – si trae dalla “Analisi di impatto elettromagnetico” - c.d. A.I.E.,
allegata all’istanza del 13 marzo 2013), predisposta nel rispetto dei limiti
previsionali stabiliti dal DPCM 8 luglio 2003, in linea con quanto accertato
anche dall’ARPA. L’errore in cui cade l’Amministrazione trae, tra l’altro,
origine dal “ritenere il servizio UMTS alternativo rispetto a quello LTE” ma
“non è assolutamente così, trattandosi di due sistemi perfettamente
complementari”.
2.II.
SULL’ASSERITA GENERICITA’ DEL PARERE FAVOREVOLE E DELLE OSSERVAZIONI RESE DALLA
ARPA LAZIO. Attraverso le argomentazioni inerenti al parere dell’ARPA,
riportate nel provvedimento, “l’Amministrazione ha surrettiziamente avocato a
sé funzioni di tutela della salute pubblica… esautorando le competenze
dell’ARPA ma anche eludendo, in pratica, due distinti pareri favorevoli resi
dall’Ente Regionale”. La stessa Amministrazione non ha tenuto, poi, in alcun
conto che il parere dell’ARPA “non ha alcuna incidenza nell’iter procedimentale
per il rilascio del titolo edilizio” ma investe esclusivamente l’attivazione
dell’impianto. In aggiunta, non si comprende “sulla base di quale prescrizione
normativa il Comune .. pretenderebbe di applicare ad un campo agricolo i valori
di attenzione prescritti per gli edifici adibiti ad abitazione”.
Dopo
aver proceduto in data 17 aprile 2015 a depositare copia del provvedimento
impugnato, con scritti difensivi prodotti in medesima data e in data 4 giugno
2015 il Comune di Torri in Sabina ha: - eccepito l’improcedibilità del ricorso
principale per sopravvenuta carenza di interesse, riconnessa alla sopravvenuta
adozione, in esito ad una rinnovata istruttoria, di un nuovo provvedimento di
diniego, “senza”, tra l’altro, “formulare alcuna domanda di accertamento
dell’intervenuta formazione del silenzio assenso”; - in ogni caso, ha escluso
la formazione del silenzio assenso, adducendo che quest’ultima presuppone “un
comportamento di buona fede da parte dell’interessato richiedente”, il quale,
nel caso di specie, è assolutamente mancato, tenuto conto delle differenti
iniziative assunte da Telecom in relazione all’impianto in località Montagnola,
le quali ben si prestavano a rivelare una “sopravvenuta carenza di interesse”
della predetta alla “conclusione del procedimento” per l’impianto di Porta
Ternana; - “ad ogni modo, allorché la Telecom … in data 4.8.2014 ha diffidato
il Comune a concludere il procedimento nei successivi 90 giorni,
l’Amministrazione comunale ha dato corso alla richiesta”; - il Comune non
poteva, poi, certo esimersi dal considerare le modifiche connesse
all’implementazione dell’impianto sito in località Montagnola e ritenere, per
tale motivo, il parere dell’ARPA “inattuale”.
A
seguito della produzione di memorie di “replica” ad opera delle parti
costituite, con cui il Comune ha anche eccepito la sopravvenuta carenza di
interesse per mancata “comunicazione di inizio dei lavori nel termine di legge”
e la ricorrente ha dato evidenza del persistere del proprio interesse a “veder
dichiarata l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato….. al
fine di avviare ulteriori iniziative giudiziarie .. anche a carattere
risarcitorio”, il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica
del 7 luglio 2015.
DIRITTO
1.
Come si trae dalla narrativa che precede, la questione prospettata risulta
“complessa”, in quanto connotata dalla proposizione di due diverse impugnative,
dirette a chiedere e ottenere l’annullamento di due differenti provvedimenti di
diniego all’installazione di una stazione base in località “Porta Ternana”, e,
ancora, da un ricorso incidentale, proposto dal Comune resistente al fine di
contestare la legittimità del parere favorevole rilasciato dall’ARPA in ordine
a tale installazione.
Ciò
detto, anche per fornire riscontro alle eccezioni di inammissibilità e
improcedibilità sollevate dalle parti costituite in giudizio il Collegio
ritiene - in via preliminare - di dover rilevare quanto segue:
-
il ricorso incidentale va dichiarato primariamente inammissibile per carenza di
un effettivo rapporto di dipendenza dell’interesse vantato dal Comune di Torri
in Sabina, autore del ricorso de quo, rispetto alla proposizione del ricorso
principale, nei termini in cui viene richiesto e, quindi, imposto dall’art. 42
c.pr.amm.. In linea – del resto – con le peculiarità che connotano il parere
rilasciato dall’ARPA, strettamente inerente all’attivazione degli impianti di
comunicazione nel rispetto dei limiti di “esposizione” prescritti dalla legge,
sussistono, infatti, validi motivi per condividere le argomentazioni delle
controparti concernenti l’impossibilità di fare ricorso - nel caso di specie -
allo strumento dell’impugnativa “incidentale”, posto che l’interesse del Comune
in esame risulta o, meglio, si presenta “autonomo” rispetto a quello vantato
dalla società ricorrente Telecom e, pertanto, avrebbe richiesto l’attivazione
fin da subito da parte dello stesso Comune degli strumenti di tutela offerti
dall’ordinamento;
-
preso atto delle considerazioni di cui sopra, diviene, peraltro, anche doveroso
riconoscere l’irricevibilità per tardività del medesimo ricorso incidentale.
Dall’accertamento dell’insussistenza dei presupposti richiesti dal legislatore
per il ricorso allo strumento dell’impugnativa c.d. incidentale necessariamente
consegue, infatti, anche l’inoperatività della relativa disciplina e, in
particolare, dei termini all’uopo prescritti. Più in particolare, risulta
evidente che – in esito a tale accertamento – riprende piena operatività la
disciplina di carattere generale del combinato disposto di cui agli artt. 29 e
41 c.pr.amm., ossia l’onere di impugnativa per il soggetto interessato
dell’atto e/o provvedimento ritenuto lesivo entro il termine decadenziale di
legge di 60 gg., “decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena
conoscenza dell’atto”. Posto che la documentazione prodotta in giudizio rivela
che il parere dell’ARPA risulta essere stato comunicato al Comune con nota
trasmessa “via fax” in data 29 marzo 2013, l’impugnativa proposta da
quest’ultimo non può che essere dichiarata irricevibile per tardività in quanto
la notificazione di essa - effettuata in data 28 giugno 2013 – risale ad
un’epoca successiva allo spirare del termine prescritto dalla legge;
-
il ricorso principale va, invece, dichiarato improcedibile per sopravvenuta
carenza di interesse. Come già esposto in “fatto”, il Comune di Torri in Sabina
– seppure in esecuzione di quanto disposto dal Consiglio di Stato con
l’ordinanza n. 4217 del 24 ottobre 2013 – ha, infatti, proceduto al “riesame”
della richiesta presentata dalla Telecom in data 12 marzo 2013 “di installazione
SRB per telefonia mobile denominata TORRI IN SABINA” e, in esito a tale
riesame, connotato da una rinnovata istruttoria, ha proceduto in data 30
dicembre 2014 all’adozione di un nuovo provvedimento di diniego, poggiante, tra
l’altro, su un differente e ben più articolato supporto motivazionale. In
ragione dell’evoluzione che connota la vicenda, risulta, pertanto, evidente –
in linea, del resto, con la posizione già assunta dalla Sezione con l’ordinanza
n. 12139 del 2014, emessa ai sensi dell’art. 73, u.c., c.pr.amm. - che
un’eventuale condivisione delle censure originariamente formulate con il
ricorso introduttivo del presente giudizio e, dunque, l’eventuale annullamento
del provvedimento oggetto di impugnativa mediante la proposizione di quest’ultimo
risulterebbero privi di ogni vantaggio concreto e attuale per la ricorrente, la
quale si troverebbe – in ogni caso – inibita dall’installazione della stazione
radio base a causa del provvedimento di diniego “sopravvenuto”. Tenuto conto di
tale constatazione, la domanda di annullamento proposta con il ricorso
principale va dichiarata improcedibile;
-
per completezza, va – peraltro - ricordato che la ricorrente si è premurata di
manifestare la persistenza dell’interesse in capo alla predetta “a veder dichiarare
l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato. E ciò anche per
stigmatizzare e rendere evidente la condotta posta in essere
dall’Amministrazione al fine di avviare ulteriori iniziative giudiziarie nei
confronti di quest’ultima, anche a carattere risarcitorio”. In altre parole, la
ricorrente – pur non contestando la perdita di efficacia “del provvedimento
impugnato con il ricorso principale” in quanto “sostituito con successivo
provvedimento gravato con atto di motivi aggiunti” – vanta la pretesa a
chiedere e ottenere una “pronuncia sulla legittimità o meno del provvedimento
impugnato originariamente”, richiamando, tra l’altro, pronunce già emesse in
tali termini dal giudice amministrativo. Al riguardo, si osserva che – pur
corrispondendo a verità che, in relazione a casi similari, il giudice
amministrativo ha avuto modo di pronunciarsi nei termini indicati – non può
essere, però, sottaciuto che l’orientamento giurisprudenziale in materia non è
univoco e, anzi, l’orientamento invocato dalla ricorrente ha oramai assunto
carattere “recessivo”, atteso che quello prevalente è nel senso che la
previsione dell’art. 34, comma 3, c.pr.amm., secondo cui “qualora, nel corso
del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile
per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste
l’interesse a fini risarcitori”, può trovare applicazione soltanto “allorquando
la domanda risarcitoria sia stata proposta nello stesso giudizio, oppure quando
la parte ricorrente dimostri che ha già incardinato un separato giudizio di
risarcimento o che è in procinto di farlo” (cfr., ex multis, C.d.S., 23 aprile
2014, n. 2063; C.d.S., 15 maggio 2013, n. 2626; C.d.S., 5 dicembre 2012, n.
6229; TAR Lazio, II, 20 gennaio 2014, n. 688; TAR Lazio, III bis, 24 settembre
2013, n. 8432). Posto che non si ravvisano validi elementi per discostarsi
dall’orientamento da ultimo richiamato, diviene doveroso prendere atto che –
nel caso di specie – le su esposte condizioni sono insussistenti e, quindi,
pervenire alla conclusione che la pretesa della ricorrente di cui si discute
non è meritevole di riscontro;
-
risultando inequivoco che l’interesse manifestato dalla ricorrente “a veder
dichiarare l’illegittimità del provvedimento originariamente impugnato” è
connotato da estrema genericità e, precipuamente, del tutto avulso dalla
produzione di elementi concreti in qualche modo riconducibili alla
configurabilità dell’azione risarcitoria, preme aggiungere, ancora, che alla
medesima conclusione avrebbe – del resto – condotto anche l’eventuale adesione
all’ulteriore orientamento, meno restrittivo, secondo cui, al fine di evitare
un possibile inutile esercizio della funzione giurisdizionale, sul ricorrente
grava almeno l’onere di allegare compiutamente i presupposti per la successiva
proposizione dell’azione risarcitoria, a partire ovviamente dal danno sofferto
(cfr. C.d.S., Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6703).
2.
Tutto ciò premesso, permane da valutare l’atto di “motivi aggiunti”, con cui la
ricorrente chiede l’annullamento del nuovo provvedimento di diniego del Comune
di Torri in Sabina del 30 dicembre 2014.
Tale
atto è procedibile e, nel contempo, fondato per le ragioni di seguito indicate.
2.1.
Ai fini del decidere, appare opportuno ricordare quanto segue:
-
in data 12 marzo 2013 la Telecom ha chiesto al Comune di Torri in Sabina, “ai
sensi e per gli effetti degli Artt. 86, 87, 88 D.Lgs. 259/03, il rilascio
dell’autorizzazione per l’installazione” di un impianto “con potenza in antenna
maggiore a 20 Watt” “all’interno dell’area recintata della Centrale Telecom
esistente sita” in via Porta Ternana, “dichiarandone la conformità ai limiti di
esposizione ed ai valori di attenzione di cui alla Legge 22.02.2001, n. 36 ed
al D.P.C.M. 08.07.2003”;
-
pur essendo stato espresso parere favorevole all’esecuzione dell’opera da parte
dell’ARPA Lazio in data 29 marzo 2013, con provvedimento del 10 aprile 2013 il
Comune di Torri in Sabina ha rigettato l’indicata istanza “poiché non
compatibile con le prescrizioni fissate dal Regolamento Comunale per la
disciplina delle installazioni delle stazioni radio base per la telefonia
mobile e le telecomunicazioni”, di cui alla Delibera di C.C. n. 13 del 25 marzo
2013, pubblicata all’Albo Pretorio comunale in data 11 aprile 2013;
-
in ottemperanza all’ordine di riesame impartito dal Consiglio di Stato con
l’ordinanza n. 4217/2013, di riforma dell’ordinanza di questo Tribunale n.
3219/2013, il Comune di Torri in Sabina è tornato a provvedere in ordine
all’istanza su indicata, adottando in data 30 dicembre 2014 un nuovo
provvedimento di diniego, essenzialmente basato sulla sopravvenuta inattualità
del parere dell’ARPA, sull’idoneità dell’impianto nel frattempo assentito in località
Montagnola a “garantire una copertura più che adeguata dell’intero territorio
comunale”, ossia sulla possibilità di Telecom di “utilizzare la tecnologia 4G
in località Montagnola invece che installare ormai superata tecnologia 3G sul
Montagnola per giustificare la necessità dell’ulteriore impianto (anche esso in
3G come da ultimo modificato) in località Porta Ternana”, sull’indeterminatezza
dell’originario parere dell’ARPA “circa l’area da interdire al pubblico
transito” a cui “si aggiunge l’ulteriore questione.. di superamento di 4
Volt/metro in zona agricola, vicina all’impianto senza tener conto che in tale
zona agricola la permanenza di persone è superiore alle 4 ore/giorno
trattandosi di coltivazioni ed uliveti frequentemente presidiati dall’uomo” con
successivo limite non di 20V/m bensì di 6V/m, e, ancora, su ulteriori
considerazioni inerenti alla tecnologia dell’impianto, così come rappresentato
nel progetto;
-
la ricorrente insorge avverso tale provvedimento, denunciandone l’illegittimità
per la sussistenza di molteplici vizi, inerenti alla violazione di legge ed
all’eccesso di potere sotto svariati profili.
2.2.
Ciò detto, il Collegio ritiene che rivesta carattere primario la disamina della
censura afferente la violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del 2003 e dei
principi che governano il procedimento amministrativo, basata sul rilievo che,
in ordine alla istanza di cui sopra, si sarebbe formato il “silenzio assenso”
e, dunque, sulla circostanza che “l’istanza per l’installazione” dell’impianto
in via Porta Ternana “deve intendersi come accolta”, tenuto anche conto che
alla stessa problematica risulta, tra l’altro, riconnessa l’eccezione di
improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, sollevata dal Comune
resistente in ragione della mancata realizzazione delle opere entro il termine
perentorio di dodici mesi (cfr. “repliche” depositate in data 16 giugno 2015).
Tale
censura non è meritevole di condivisione per le seguenti ragioni:
-
la documentazione agli atti prova che – seppure in epoca successiva all’inoltro
dell’istanza presentata dalla ricorrente – l’Amministrazione comunale ha
adottato un regolamento che, ove effettivamente riportante - come affermato nel
primo provvedimento impugnato - previsioni ostative all’installazione dell’impianto
nella località indicata dal richiedente, avrebbe imposto la previa impugnativa
dello stesso regolamento o, almeno, la disapplicazione di quest’ultimo al fine
di poter configurare le condizioni di diritto utili per la maturazione del
termine previsto per la formazione del silenzio assenso;
-
in ogni caso, non può non tenersi conto della comunicazione con cui, in data 31
luglio 2014, la Telecom ha formalmente diffidato il Comune “a concludere nel
termine di 90 giorni … il procedimento di rinnovo della richiesta di
autorizzazione relativa all’impianto” di Torri in Sabina, pena il maturare del
silenzio assenso, atteso che – dando anche per sussistenti le condizioni
imposte dalla legge per la formazione del silenzio assenso - una tale
comunicazione non può che rivestire l’inequivoco carattere di “rinuncia” al
provvedimento ampliativo eventualmente formatosi in virtù del decorso del
termine prescritto dalla legge, implicando chiaramente il pieno riconoscimento
da parte del privato del persistere del potere dell’Amministrazione di
provvedere in ordine all’istanza presentata;
-
del resto, risulta incontestabile che la configurazione della comunicazione su
indicata nei termini in precedenza riportati si profila come l’unica
effettivamente rispondente ai principi di buona fede e di correttezza che
devono presiedere anche i rapporti tra le Amministrazioni e i privati;
- a
ulteriore favore della conclusione a cui si è pervenuti depongono poi ulteriori
fattori, quali – in primis – il provvedimento di sospensione adottato dal
Comune in data 27 febbraio 2014, non oggetto, tra l’altro, di tempestivo e
autonomo gravame, in quanto idoneo inequivocabilmente a rivelare, oltre che la
volontà del Comune stesso di ottemperare all’ordinanza del Consiglio di Stato
n. 4217/2013, l’insorgenza nell’Amministrazione, chiaramente percepibile dalla
controparte, di un determinato convincimento circa la sussistenza di un
collegamento tra il persistere dell’interesse della Telecom alla realizzazione
dell’impianto di via Porta Ternana e l’assenso del “progetto di sharing
dell’impianto di telecomunicazioni già esistente in Torri in Sabina, località
Montagnola” (avvalorato, tra l’altro, dalla mancata produzione ad opera della
Telecom di deduzioni “circa la comunicazione ex art. 10 bis della legge n.
241/1990 dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza per l’installazione”
dell’impianto in località Porta Ternana, effettuata dal Comune in data 9
gennaio 2014), il quale ben si presta di per sé a giustificare l’inerzia
lamentata, con connessa impossibilità – sempre nel rispetto dei principi di
buona fede e di correttezza - di ricondurre alla stessa inerzia la formazione
di un provvedimento tacito di assenso;
-
preso atto dell’impossibilità di configurare l’avvenuta formazione del silenzio
assenso sia in data 9 aprile 2014 che in data 8 giugno 2014 (come, per contro,
sostenuto dalla ricorrente) e, valutando, dunque, la questione in stretta
aderenza ai contenuti della diffida della Telecom del 31 luglio 2014,
sussistono valide condizioni per affermare che il silenzio assenso non si è
formato nemmeno in epoca successiva, atteso che in data 8 ottobre 2014 il
Comune ha comunicato il preavviso di rigetto e in data 30 dicembre 2014 ha,
poi, adottato il provvedimento definitivo di diniego.
In
sintesi, la censura inerente alla violazione dell’art. 87 del d.lgs. n. 259 del
2003, della legge n. 241 del 1990 e, ancora, dei “principi generali in materia
di conclusione del procedimento amministrativo” è infondata in ragione
dell’insussistenza delle condizioni di legge necessarie per la configurabilità
del “silenzio assenso”.
In
ragione di tale constatazione, si rivela, altresì, priva di fondamento
l’eccezione di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di
interesse, sollevata dall’Amministrazione nelle “repliche” depositate in data
16 giugno 2014, riconnessa – appunto – alla mancata realizzazione delle opere
“nel termine perentorio di dodici mesi” a fare data, tra l’altro, dalla
formazione del silenzio assenso.
2.3.
La ricorrente denuncia, ancora, l’illegittimità del provvedimento impugnato per
violazione di legge ed eccesso di potere sotto differenti profili, in quanto
afferma che la decisione adottata risulta fondata su “presupposti di fatto del
tutto errati”, quali la non conformità dell’impianto originariamente progettato
a “quello rappresentato nella nota tecnica datata 31.7.2014” e, dunque,
l’inattualità del parere dell’ARPA, e lamenta, tra l’altro, un’esautorazione da
parte del Comune delle competenze della ARPA, con contestuale evidenziazione
del pieno rispetto dei valori di attenzione prescritti.
Tale
motivo di diritto è meritevole di positivo riscontro.
Come
più volte posto in evidenza anche dalla giurisprudenza, la disciplina generale
degli impianti di telefonia mobile (inerente precipuamente all’introduzioni di
prescrizioni generali relative alle distanze minime da rispettare nel caso di
installazione di impianti di tal genere nonché alla fissazione di limiti di
esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici) è riservata allo Stato
in quanto espressione del potere a quest’ultimo spettante di introduzione
nell’ordinamento di “principi fondamentali”, atti a vincolare l’attività
legislativa regionale e l’attività normativa locale (ai sensi dell’art. 117,
u.c., della Cost.), perché intrinsecamente connessa alla c.d. “determinazione
dei livelli essenziali di prestazioni” che l’Amministrazione è tenuta a
garantire su tutto il territorio nazionale, e, ancora, poiché inerente alla
salvaguardia dell’ambiente e dell’ecosistema, ossia – in termini generali – in
quanto riguardante materie di “preminente interesse generale”, siccome
coinvolgenti l’interesse nazionale.
In
aderenza a tale premessa è stato, pertanto, affermato che:
-
alle Regioni e ai Comuni è consentito – nell’ambito delle proprie e rispettive
competenze – individuare criteri localizzativi degli impianti di telefonia
mobile, quali, ad esempio, il divieto di collocare antenne su specifici edifici
(ospedali, case di cura ecc.), mentre non è consentito introdurre limitazioni
alla localizzazione consistenti in criteri distanziali generici ed eterogenei
(cfr., ex multis, C.d.S., n. 44 del 2013);
-
più specificamente, ai Comuni è consentito l’esercizio di poteri che risultino
strettamente correlati o, meglio, si rivelino funzionali al c.d. “governo del
territorio”, con conseguente impossibilità per i predetti di adottare misure
idonee, nella sostanza, ad introdurre deroghe ai limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici fissati dallo Stato o, comunque, misure che non si prestino a
trovare giustificazione alcuna se non quella della tutela della popolazione
dalle immissioni elettromagnetiche, riservate – come già detto – allo Stato
(cfr., tra le altre, TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 764);
-
per i motivi in precedenza indicati, risulta, altresì, evidente che – in sede
di disamina di istanze di autorizzazione all’installazione di impianti di
comunicazione – i Comuni debbono sempre e comunque limitarsi a valutare i
profili riguardanti l’ordine urbanistico e territoriale degli impianti e non
possono, per contro, procedere a considerazioni riguardanti il rispetto o meno
dei valori di esposizione imposti dalla normativa nazionale;
-
del resto, è noto che, in relazione alla verifica di suddetti valori, sussiste
la specifica competenza dell’ARPA, la quale risulta tenuta, ai sensi di legge,
ad esprimere il proprio parere affinché trovi adeguata tutela la salute della
popolazione esposta, senza che residuino campi di intervento per
l’Amministrazione comunale.
Tutto
ciò detto, la compiuta disamina di quanto riportato nel provvedimento di
diniego gravato conduce ad affermare che il Comune non ha correttamente
operato, atteso che:
-
quanto riportato nella nota tecnica allegata alla diffida della Telecom del 31
luglio 2014 appare inadeguato a giustificare le asserzioni dell’Amministrazione
circa l’introduzione di una “modifica sostanziale del progetto”, atta – in
quanto tale – a comportare, tra l’altro, la perdita di valore del “parere
originario ARPA”;
-
come posto in evidenza anche dalla ricorrente, l’esame della “scheda tecnica
dell’impianto” (cfr. all. n. 4 del ricorso introduttivo) rivela, infatti, in
termini inequivoci che la progettazione in origine presentata contemplava non
soltanto la trasmissione UMTS (3G), bensì anche quella LTE (4G), sicché il
riferimento nella indicata nota tecnica alle “emissioni 3G” si rivela privo di
un effettivo carattere innovativo, valido – di per sé – a concretizzare una
modifica sostanziale del “progetto”;
-
nella stessa nota tecnica la ricorrente offre, poi, un’esaustiva
rappresentazione delle ragioni alla base del persistere – pure a seguito
dell’attivazione del sito in località di Montagnola - dell’interesse per
l’installazione dell’impianto in via Porta Ternana ma di tali ragioni
l’Amministrazione non sembra avere tenuto adeguatamente conto, limitandosi ad
affermare che l’impianto Vodafone 4G assentito in località Montagnola “appare”
idoneo a garantire una copertura più che adeguata dell’intero territorio
comunale compreso il centro storico;
-
il Comune si sofferma, poi, diffusamente sul parere dell’ARPA, attribuendo
sostanzialmente ad esso un carattere che non gli compete, ossia il carattere di
condizione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione comunale;
-
in aggiunta, il Comune procede ad un vero e proprio sindacato sui contenuti del
parere dell’ARPA, mettendo in discussione le considerazioni da quest’ultima
effettuate circa il mancato superamento dei limiti di legge ed effettuando,
altresì, valutazioni in ordine alla rilevanza del parere de quo, in esito
all’intervento di adeguamento che ha interessato l’impianto in località
Montagnola.
In
definitiva, non può che prendersi atto che il Comune resistente ha
sostanzialmente travalicato i limiti che connotano la propria competenza,
estendendo il proprio sindacato anche a profili al predetto estraneo, in quanto
riguardanti aspetti differenti da quelli del governo del territorio e, dunque,
riservati – in quanto tali - alla competenza di organismi giuridici differenti
(quale l’ARPA).
A
ulteriore conferma di quanto già detto depone – del resto – anche il rilievo
che il Comune ha proceduto a negare l’autorizzazione richiesta sulla base, tra
l’altro, di argomenti già riportati nel ricorso incidentale, quali quelli
riguardanti il rispetto del limite di 6V/m rispetto agli “asilo nido” e agli
“uffici pubblici nei pressi di Porta Ternana”, realizzando - in tal modo - una
sorta di tutela “in proprio”, assolutamente inaccettabile nel nostro
ordinamento giuridico.
3.
Per le ragioni illustrate, il ricorso incidentale è inammissibile, il ricorso
introduttivo del presente giudizio è improcedibile, mentre l’atto di motivi
aggiunti va accolto.
Le
spese di giudizio sono liquidate a favore della ricorrente in € 2.000,00, oltre
IVA e CPA nei termini di legge, e compensate tra le altre parti.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis),
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 6097/2013, come in epigrafe
proposto:
-
dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto dal Comune di Torri in
Sabina;
-
dichiara improcedibile il ricorso introduttivo del giudizio;
-
accoglie i “motivi aggiunti” e, per l’effetto, annulla il provvedimento di
diniego adottato dal Comune di Torri in Sabina in data 30 dicembre 2014;
-
condanna il Comune di Torri in Sabina al pagamento delle spese di giudizio,
liquidate a favore della ricorrente in € 2.000,00, oltre IVA e CPA nei termini
di legge. Le compensa tra le altre parti;
-
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2015 con
l'intervento dei Magistrati:
Domenico
Lundini, Presidente
Solveig
Cogliani, Consigliere
Antonella
Mangia, Consigliere, Estensore
|
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L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
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|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
14/10/2015
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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