sabato 24 gennaio 2015

APPALTI: sul danno da mancata aggiudicazione (Cons. St., Sez. V, sentenza 22 gennaio 2015, n. 285).


APPALTI: 
sul danno da mancata aggiudicazione 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 22 gennaio 2015, n. 285)


Come di consueto, privilegiamo nella pubblicazione le sentenze sistematiche.
Perché? Perché forse sono meno "leggibili" su un piano "giornalistico", ma sicuramente più utili a non perdersi nel ginepraio delle pronunce del giustizia amministrativa, la quale ancora non ha raggiunto un livello razionalità concentrica (e non solo) da potersi definire "diritto processuale amministrativo". 
Anche perché non basta a tal fine un Codice, pur pregevolissimo, se l'organo di nomifilachia è giudice anche d'appello e non solo di pura "legittimità", e se ci sono tanti organi nomofilattici quante sono le giurisdizioni...



Massima

Premesso che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno derivante dalla dichiarata illegittimità degli atti della procedura di gara, non è necessaria alcuna particolare indagine in ordine all’elemento soggettivo della responsabilità dell’amministrazione, essendo la stessa in re ipsa - ciò in quanto il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria a condizione che la possibilità di riconoscere detto risarcimento non sia subordinata alla constatazione di un comportamento colpevole - deve rammentarsi che in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione la giurisprudenza ha raggiunto le seguenti univoche conclusioni, dalle quali non vi è motivo di discostarsi:
a) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell'an e del quantum del danno che assume di aver sofferto;
b) in tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo è chiamato a valutare (art. 30, comma 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente (Cons. St., Ad. Plen., 2011, n. 3);
c) spetta all'impresa danneggiata offrire la prova della percentuale di utile che avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, c.p.a.). Quest'ultimo, infatti, intanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato, la quale contraddistingue l'esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell'azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del principio dispositivo sancito in generale dall'art. 2697, comma primo, cod. civ.;
d) il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;
e) le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d'ufficio cosiddetta "percipiente", che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;
f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni. Al riguardo, va precisato che, per la configurazione di una ‘presunzione’, non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici. In ragione di ciò va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, sia perché non può formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo il quale allegato l'importo a base d'asta può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo;
g) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione, sicché, in assenza di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum;
h) anche per il cd. danno curricolare il presunto danneggiato deve offrire la prova puntuale del danno che asserisce di aver subito.



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE 
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 6319 del 2014, proposto dal COMUNE DI NEVIANO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso Sticchi Damiani Studio Bdl in Roma, via Bocca di Leone, n. 78; 
contro
L’IMPRESA DE PASCALI PANTALEO, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Quinto, con domicilio eletto presso l’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, n. 2; 
nei confronti di
VISCONTI COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Valeria Pellegrino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Rinascimento, n. 11; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Puglia, Sez. di Lecce, Sez. II, n. 942 dell’11 aprile 2014, resa tra le parti, concernente l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza e di prevenzione e di riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi presso l'edificio scolastico "Papa Giovanni XXIII" - risarcimento danni;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Impresa De Pascali Pantaleo e della s.r.l. Visconti Costruzioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Sticchi Damiani Saverio, Marchese T., per delega dell’avvocato Quinto Pietro, e Pellegrino Gianluigi, per delega dell’avvocato Pellegrino Valeria;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
1. Con bando di gara in data 26 aprile 2013, il Comune di Neviano ha indetto una procedura aperta per l'affidamento dei lavori di messa in sicurezza e di prevenzione e di riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi presso l'edificio scolastico "Papa Giovanni XXIII", per un importo a base d’asta di €. 270.760,86, di cui €. 7.886,24 per oneri di sicurezza, non soggetti a ribasso, da aggiudicarsi con criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell'art. 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
All’esito della gara l’appalto è stato aggiudicato definitivamente, giusta determinazione n. 120 del 19 giugno 2013, alla s.r.l. Visconti Costruzioni, la cui offerta aveva conseguito punti 84,097 (di cui punti 69,350 per l'aspetto tecnico e punti 14,747 per quello economico).
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, con la sentenza n. 942 dell’11 aprile 2014, nella resistenza dell’intimata amministrazione comunale di Neviano e della controinteressata aggiudicataria Visconti Costruzioni s.r.l., ha accolto il ricorso della Impresa De Pascali Pantaleo, seconda classificata, ed ha annullato l’impugnato provvedimento di aggiudicazione, ritenendo fondato il motivo di censura con cui era stata lamentata la mancata esclusione dalla gara dell’aggiudicataria che aveva omesso la dichiarazione circa l’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 del socio maggioritario (dichiarazione prevista espressamente prevista dal disciplinare, alla cui mancanza non poteva supplire la diversa dichiarazione resa dalla legale rappresentante della predetta società con riferimento “…ai soci elencati al precedente numero 1 e al successivo numero 6 della presente dichiarazione”, tra cui non risultava indicato il nominato del socio di maggioranza).
E’ stata peraltro respinta la domanda di inefficacia del contratto, che non costituiva, secondo il tribunale, un effetto automatico dell’annullamento dell’aggiudicazione, essendo piuttosto la conseguenza della giusta comparazione degli interessi contrapposti, ostandovi l’avanzato stato di esecuzione dei lavori; è stata accolta pertanto la domanda di risarcimento del danno per equivalente nella misura del 10% dell’importo totale dell’appalto a base d’asta, oltre al 3% a titolo di danno curriculare.
3. Il Comune di Neviano ha chiesto la riforma della predetta sentenza alla stregua di cinque articolati motivi di gravame così rubricati:
A) in via principale: 1) “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato l'aggiudicazione definitiva in favore della Visconti Costruzioni srl.”;
B) in subordine: 2) “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha quantificato il danno da mancato utile subito dall'Impresa De Pascali Pantaleo nella misura pari al 10% dell'importo a base di gara”; 3) “erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha quantificato il danno curriculare subito dall'impresa De Pascali Pantaleo nella misura pari al 3% dell'importo a base di gara”; 4) “erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha affermato la responsabilità solidale della Visconti Costruzioni srl nella causazione dei danni subiti dall'impresa De Pascali Pantaleo”; 5) “Erroneita della sentenza appellata nella parte in cui ha condannato il Comune di Neviano al pagamento, in favore dell'Impresa De Pascali Pantaleo, dell'importo erogato a titolo di contributo unificato”.
Ha resistito al gravame l’Impresa De Pascali Pantaleo, chiedendone il rigetto.
Si è costituita in giudizio anche la s.r.l. Visconti Costruzioni, aderendo in parte all’appello proposto dal Comune di Neviano con particolare riguardo al primo motivo di gravame, e chiedendone invece il rigetto quanto alle censure subordinate volte all’accertamento della sussistenza di una pretesa responsabilità solidale.
4. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione, le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.
All’udienza pubblica del 28 ottobre 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
5. E’ infondato il primo motivo di gravame, con cui il Comune di Neviano, deducendo “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha annullato l'aggiudicazione definitiva in favore della Visconti Costruzioni srl”, ha sostenuto che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, nel caso di specie l’omessa dichiarazione concernente il possesso dei requisiti ex art. 38 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, da parte del socio di maggioranza (trattandosi di società di capitali con meno di quattro soci) non sarebbe stata sanzionata dal disciplinare di gara (punto 6, lett. c1) del disciplinare) con l’esclusione dalla gara, ed ha aggiunto che tale mancanza si sarebbe potuta (e dovuta) regolarizzare con l’esercizio del ‘soccorso istruttorio’, giacchè nella domanda di partecipazione alla gara, conformemente alle previsioni della lex specialis, erano contenute tutte le indicazioni necessarie a consentire la consultazione dei registri camerali da parte della stessa amministrazione appaltante (consultazione da cui sarebbe emerso agevolmente proprio il nominativo del socio di maggioranza, nei cui confronti non sussisteva peraltro alcuna situazione ostativa ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006).
5.1. La Sezione osserva al riguardo che il citato art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 - nell’individuare le cause ostative alla partecipazione alle gare di affidamento di concessioni e degli appalti di lavori, forniture o servizi nonché alla stipula dei relativi contratti, con riferimento alle società - ricomprende nel novero dei soggetti, nei cui confronti devono sussistere i requisiti di ordine generale, i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, o il socio unico persona fisica ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società.
Il disciplinare di gara della gara de qua (punto 2.1., sub par. par. 2) ha espressamente previsto che la dichiarazione concernente il possesso dei requisiti di ordine generale e l’assenza di cause ostative, ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006, riguardava “tutte le persone fisiche di cui al precedente numero 1)”, tra cui “il socio unico o i soci di maggioranza in caso di società di capitali con meno di quattro soci”.
Il successivo punto 6, nel prevedere le “cause di esclusione in fase di ammissione”, stabiliva al punto c) che sarebbero stati “…altresì esclusi, prima dell’apertura della busta interna, gli offerenti: c1) che non hanno presentato una o più d’una delle dichiarazioni richieste, successivamente aperta per qualsiasi motivo, ad eccezione di quanto diversamente previsto dal presente disciplinare di gara; oppure che hanno presentato una o più d’una delle dichiarazioni richieste recanti indicazioni gravemente erronee, insufficienti, non pertinenti, non veritiere, comunque non idonee all’accertamento dell’esistenza di fatti, circostanze o requisiti per i quali sono prodotte, che non possono essere regolarizzate ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. 163/2006, oppure non sottoscritte dal soggetto competente o non corredate, anche cumulativamente, da almeno una fotocopia del documento di riconoscimento di ciascun sottoscrittore o dichiarante; per gli operatori nazionali l’esclusione non opera in assenza della dichiarazione di cui al capo 2.1, numero 1, purchè siano dichiarate in modo in modo idoneo e sufficienti le indicazioni necessarie alla consultazione d’ufficio dei Registri della Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura, competente per territorio; (art. 13 – comma 3 – Statuto delle imprese”.
5.2. Ciò posto, non può ragionevolmente dubitarsi della sussistenza dell’obbligo della dichiarazione ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 anche per i soci di maggioranza delle società con meno di quattro soci, obbligo la cui violazione determinava l’esclusione dalla gara, e che nel caso in esame è stato effettivamente violato.
Come infatti emerge dalla documentazione versata in atti, la dichiarazione resa dalla legale rappresentante della società appellante ai fini della partecipazione alla gara non contiene alcuna indicazione circa il socio di maggioranza, benché il modello predisposto dalla stessa amministrazione appaltante e concretamente utilizzato prevedesse uno specifico riquadro proprio per le società o i consorzi con meno di quattro soci, così che nessuna equivocità o incertezza poteva derivare, incolpevolmente per i concorrenti, dall’utilizzo del modello e tanto meno dalla tenore letterale della lex specialis.
Ciò esclude che l’amministrazione appaltante, come sostenuto dalla società appellante, avesse l’obbligo di esercitare il soccorso istruttorio, trattandosi nel caso in esame non già di completare o di integrare una dichiarazione già resa, ma di una dichiarazione completamente mancante (ex multis, Cons. St., sez. V, 28 aprile 2014, n. 2201, secondo cui nelle gare pubbliche, l'omessa allegazione di un documento o di una dichiarazione previsti a pena di esclusione non può essere considerata alla stregua di un'irregolarità sanabile, in applicazione del cd. dovere di soccorso di cui all'art. 46, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e, quindi, non ne è permessa l'integrazione o la regolarizzazione postuma, non trattandosi di rimediare a vizi puramente formali, e ciò tanto più quando non sussistano equivoci o incertezze generati dall'ambiguità di clausole della legge di gara; sez. III, 9 maggio 2014, n. 2376; sez. IV, 29 maggio 2014, n. 2778; sez. V, 17 luglio 2014, n. 3807). Ciò sotto altro concorrente profilo rende irrilevante ed inutile, ai fini della eventuale sanatoria di tale omissione, la dichiarazione prodotta dal socio di maggioranza in ordine al possesso dei requisiti di cui all’art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 solo in data 10 settembre 2013, laddove il termine per presentare la domanda di partecipazione alla gara de qua scadeva improrogabilmente il 27 maggio 2013.
Deve aggiungersi inoltre che l’esclusione dalla gara per l’omessa dichiarazione di cui si discute, oltre a ricollegarsi direttamente alle previsioni del d. lgs. n. 163 del 2006, era espressamente prevista, come rilevato in precedenza, dallo stesso disciplinare di gara, non potendo trovare accoglimento la suggestiva ricostruzione proposta dall’appellante secondo cui nel caso di specie troverebbe ingresso l’eccezione, pure prevista dal punto 6, c1, del disciplinare per essere comunque state fornite le indicazioni necessarie e sufficienti alla stazioni appaltanti per la consultazione d’ufficio dei Registri della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura.
Al riguardo, va sottolineato che l’esclusione dalla gara è stata determinata non già dall’omessa indicazione del socio di maggioranza, ma dall’omessa dichiarazione - da parte di costui - del possesso dei requisiti di ordine generale del più volte ricordato art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006 (così che il fatto che le indicazioni altrimenti contenute nella domanda fossero sufficienti alla consultazione dei registri della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura non sono idonee a neutralizzare la mancanza della dichiarazione).
Le finalità perseguite con la dichiarazione che è mancata non consentono poi di apprezzare favorevolmente la tesi, propugnata dall’appellante, circa la necessaria interpretazione ‘sostanzialistica’ delle ricordate disposizioni della lex specialis (contrapposta a quella ‘formalistica’ che sarebbe stata accolta dai primi giudici), secondo cui l’esclusione non avrebbe potuto mai essere disposta o dichiarata, sussistendo in capo al socio maggioritario i requisiti di ordine generale ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006.
5.3. In conclusione, non merita censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato l’aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore della Impresa Visconti Costruzioni s.r.l., che andava invece effettivamente esclusa dalla gara.
6. Il rigetto del primo motivo di appello impone alla Sezione di procedere allo scrutinio degli altri motivi di gravame dedotti dall’appellante in via espressamente subordinata al mancato accoglimento del primo.
6.1. Possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo, con cui - lamentando “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha quantificato il danno da mancato utile subito dall'Impresa De Pascali Pantaleo nella misura pari al 10% dell'importo a base di gara” e “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha quantificato il danno curriculare subito dall'impresa De Pascale Pantaleo nella misura pari al 3% dell'importo a base di gara” - l’appellante ha contestato l’ammontare del risarcimento del danno riconosciuto spettante alla impresa De Pascali Pantaleo.
I motivi sono parzialmente fondati, secondo le osservazioni che seguono.
6.1.1. Premesso che, ai fini dell’ammissibilità della domanda di risarcimento del danno derivante dalla dichiarata illegittimità degli atti della procedura di gara, non è necessaria alcuna particolare indagine in ordine all’elemento soggettivo della responsabilità dell’amministrazione, essendo la stessa in re ipsa (ex multis, Cons. St., sez. V, 21 giugno 2013, n. 3397; sez. IV, 27 marzo 2014, n. 1478, ciò in quanto il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività della tutela previsto dalla normativa comunitaria a condizione che la possibilità di riconoscere detto risarcimento non sia subordinata alla constatazione di un comportamento colpevole), deve rammentarsi che in tema di determinazione del danno da mancata aggiudicazione la giurisprudenza ha raggiunto le seguenti univoche conclusioni, dalle quali non vi è motivo di discostarsi (Cons. St., sez. V, 8 agosto 2014, n. 4242):
a) ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., il danneggiato deve offrire la prova dell'an e del quantum del danno che assume di aver sofferto;
b) in tema di risarcimento danni nei confronti della Pubblica amministrazione, il giudice amministrativo è chiamato a valutare (art. 30, comma 3, c.p.a.), senza necessità di eccezione di parte e acquisendo anche d'ufficio gli elementi di prova all'uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento dell'atto illegittimo e dell'utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe evitato in tutto o in parte il danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente (Cons. St., Ad. Plen., 2011, n. 3);
c) spetta all'impresa danneggiata offrire la prova della percentuale di utile che avrebbe conseguito, qualora fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, commi 1 e 3, cod. proc. amm.). Quest'ultimo, infatti, intanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato, la quale contraddistingue l'esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell'azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del principio dispositivo sancito in generale dall'art. 2697, comma primo, cod. civ.;
d) il ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., è ammesso soltanto in presenza di situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno;
e) le parti non possono sottrarsi all'onere probatorio e rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d'ufficio cosiddetta "percipiente", che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l'accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti;
f) la prova in ordine alla quantificazione del danno può essere raggiunta anche mediante presunzioni. Al riguardo, va precisato che, per la configurazione di una ‘presunzione’, non occorre che l'esistenza del fatto ignoto rappresenti l'unica conseguenza possibile di quello noto, secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva (sulla scorta della regola della inferenza necessaria), ma è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit (in virtù della regola dell'inferenza probabilistica), sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre non può attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici. In ragione di ciò va esclusa la pretesa di ottenere l'equivalente del 10% dell'importo a base d'asta, sia perché detto criterio non può essere oggetto di applicazione automatica ed indifferenziata, sia perché non può formularsi un giudizio di probabilità fondato sull’id quod plerumque accidit secondo il quale allegato l'importo a base d'asta può presumersi che il danno da lucro cessante del danneggiato sia commisurabile al 10% del detto importo;
g) il mancato utile spetta nella misura integrale solo se la concorrente dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare mezzi e maestranze, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione, sicché, in assenza di tale dimostrazione, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi, con la conseguente decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum;
h) anche per il cd. danno curricolare il presunto danneggiato deve offrire la prova puntuale del danno che asserisce di aver subito.
6.1.2. Applicando tali principi alla fattispecie in esame, deve convenirsi con l’amministrazione appellante sull’erroneità della decisione impugnata, che, acriticamente aderendo alla richiesta della originaria ricorrente ed invocando un ‘consolidato’ indirizzo giurisprudenziale che per contro non è tale, ha quantificato il risarcimento del danno da mancata aggiudicazione nella misura del 10% dell’importo totale dell’appalto a base d’asta, ritenendo a tal fine sufficiente la prova del congelamento dei mezzi aziendali nelle more del contenzioso e riconoscendo altresì a titolo di danno curriculare un ulteriore importo pari al 3% della somma a base d’asta.
In effetti non può ammettersi un tale riconoscimento forfettario del danno subito, ciò costituendo un’inammissibile elusione dell’onere della prova dell’effettività del danno subito, con violazione degli articoli 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., oltre che dell’art. 2697 c.c., tanto più che – in applicazione dei principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio - va comunque consentito all’amministrazione resistente di poter contestare l’effettiva sussistenza dei danni e la loro quantificazione.
D’altra parte, il criterio forfettario di quantificazione del danno, previsto per la diversa ipotesi di recesso ad nutumdella stazione appaltante nella fase di esecuzione del contratto, proprio quale eccezione alla regola generale del principio secondo cui onus probandi incubit ei qui dicit, non è suscettibile di applicazione analogica alla fattispecie risarcitoria, introducendosi altrimenti una forma generalizzata di indennizzo predeterminato ed automatico, contrario alla stessa natura della tutela risarcitoria, oltre che agli ordinari principi probatori (Cons. St., sez. V, 6 aprile 2009, n. 2143; 20 aprile 2012, n. 2317).
Si può tuttavia ammettere, fermo restando il principio fondamentale dell’onere della prova, che l’ammontare del risarcimento possa essere determinato in via equitativa nella misura del 10% dell’importo dell’offerta, solo se ed in quanto l’impresa abbia documentato di non aver potuto utilizzare, in quanto apprestati ed approntati in previsione dell’appalto da aggiudicare, mezzi e maestranze per l’esecuzione di altri contratti, ed in caso diverso potendo operarsi una decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum (Cons. St., sez. V, 7 settembre 2013, n. 4376).
6.1.3. Nel caso in esame, escluso, in mancanza di adeguata prova dell’effettivo ammontare del danno subito (e non essendo stata neppure prospettata una impossibilità incolpevole di fornire la predetta prova), che possa riconoscersi forfettariamente a titolo di risarcimento per l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione la somma corrispondente al 10% dell’importo a base d’asta, come statuito dai primi giudici, può tuttavia accedersi ad una valutazione equitativa del danno.
L’impresa De Pascali Pantaleo, ricorrente in primo grado, come si evince dalla documentazione in atti, aveva rappresentato all’amministrazione comunale di Neviano sin dal 27 settembre 2013 (in occasione della comunicazione di proposizione dell’appello avverso l’ordinanza cautelare del tribunale salentino che aveva respinto la richiesta di sospensione dell’esecutività dell’impugnata aggiudicazione) di non aver acquisito “…ulteriori impegni incompatibili con quelli per cui è causa, mantenendo inutilizzati mezzi e personali che, in caso di esito vittorioso del giudizio, sarebbero utili ed indispensabili per lo svolgimento dell’appalto…”.
Tale specifica circostanza, che è stata confermata con la successiva nota in data 31 ottobre 2013 (con la quale la predetta impresa aveva chiesto la revoca dell’impugnata aggiudicazione, sospesa per effetto dell’accoglimento dell’appello cautelare, giusta ordinanza n. 4272 del 29 ottobre 2013 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato) e che non è stata in alcun modo contestata dall’amministrazione, costituisce un elemento di fatto di cui si può ragionevolmente tener conto ai fini dell’effettiva sussistenza del danno.
Quest’ultimo, tenuto conto del tempo trascorso tra il provvedimento di aggiudicazione (19 giugno 2013) e le ricordate note dell’impresa ricorrente (27 settembre 2013 e 31 ottobre 2013), del valore presuntivo che esse hanno ai fini dell’esistenza del danno e del fatto che, come già rilevato, non è stata neppure prospettata una impossibilità incolpevole a provare l’effettività del danno subito, può essere pertanto equitativamente quantificato nella misura del 5% dell’importo a base d’asta, decurtato della percentuale di ribasso offerta in sede di gara.
6.1.4. Nessuna somma può essere invece riconosciuta, in difetto di specifica prova, a titolo di danno curriculare.
Occorre al riguardo premettere, per la esatta individuazione di tale categoria di danno, che di norma l'interesse alla aggiudicazione di un appalto, nella vita di un operatore economico, non si esaurisce nella sola esecuzione dell'opera e nei relativi ricavi diretti, ad essa ricollegandosi anche una serie di effetti favorevoli indiretti, quali l’immagine della società, il suo radicamento nel mercato, l’ampliamento della sua capacità industriale o commerciale (Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2010, n. 8253).
Proprio a tali effetti indiretti deve pertanto ragionevolmente ricollegarsi la fattispecie del danno curriculare, che non può pertanto coincidere con il danno derivato direttamente dall’illegittimità dell’aggiudicazione e conseguentemente dal mancato legittimo conseguimento dell’appalto, né può essere ricompreso nella mera perdita di chanches: sennonché di nessuno di tali effetti indiretti è stato oggetto della necessaria prova, né è stata altrimenti provata la perdita di specifiche concrete possibilità di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell’incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare (su tali affermazioni di principio, v. Cons. St. sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20 ; sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3144; sez. VI, 9 giugno 2008, n. 2751; sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2680; sez. V, 23 luglio 2009, n. 4594; sez. V, 12 febbraio 2008, n. 491; sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3723 ; Cass., 4 giugno 2007, n. 12929).
6.2. Deve essere parzialmente accolto anche il quarto motivo di gravame, rubricato “Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha affermato la responsabilità solidale della Visconti Costruzioni srl nella causazione dei danni subiti dall'impresa De Pascale Pantaleo”.
Non può infatti negarsi che l’illegittimità del provvedimento impugnato sia da attribuirsi non solo all’operato dell’amministrazione appaltante, che non ha verificato la mancata produzione da parte della aggiudicataria della dichiarazione del socio di maggioranza, ma anche – e soprattutto - alla stessa aggiudicataria s.r.l. Visconti Costruzioni, che effettivamente non ha prodotto quella dichiarazione, agendo con ‘specifica negligenza’, non rinvenendosi alcun elemento di equivocità o di incertezza al riguardo nelle previsioni della lex specialis e nella modulistica predisposta, che possa giustificare quel comportamento.
A ciò consegue che, sotto il profilo causale, non può ragionevolmente dubitarsi che il danno subito sia ascrivibile alla s.r.l. Visconti Costruzioni, oltre che alla amministrazione appellante: ad entrambe essa deve ascriversi in misura uguale (50%), non emergendo dagli atti di causa, né essendo stato prospettato dalla stessa amministrazione appaltante elementi di fatto idonei ad una diversa ripartizione della responsabilità.
Deve al riguardo aggiungersi, sotto il profilo processuale, che l’accertamento della responsabilità concorrente della società originariamente aggiudicataria e del riparto interno della stessa nella misura del 50% deve ritenersi consentito non solo dai principi fondanti la giustizia amministrativa, in base ai quali la controversia deve essere decisa con l’esercizi di poteri decisori e conformativi, e dall’art. 41, comma 2, c.p.a. (che prevede il litisconsorzio necessario del beneficiario dell’atto, in ragione dei peculiari poteri concernenti le statuizioni da adottare anche nei confronti del beneficiario dell’atto illegittimo), ma anche delle domande, eccezioni e difese avanzate dalle parti, con il conseguente rispetto del principio di necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato (in termini, Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2012, n. 5279).
6.3. E’ invece infondato il quinto motivo, con cui l’amministrazione appellante ha ritenuto erroneo ed ingiusto il capo delle sentenza che, pur compensando tra le parti le spese del giudizio, l’ha tuttavia condannata al pagamento in favore della ricorrente in primo grado dell’importo erogato a titolo di contributo unificato.
Al riguardo, va rilevato che nel processo amministrativo nella compensazione delle spese giudiziali non può ritenersi compreso anche il contributo unificato, atteso che esso, ai sensi dell'art. 13 comma 6 bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 2 comma 35 bis, lett. e), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, come integrato dalla legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148, è oggetto di un'obbligazione "ex lege" sottratta alla potestà del giudice, sia quanto alla possibilità di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare (Cons. St., sez. III, 13 marzo 2014, n. 1160).
7. In conclusione l’appello deve essere parzialmente accolto nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado dalla impresa De Pascali Pantaleo deve essere parzialmente accolto, nei sensi pure indicati in motivazione.
La parziale fondatezza del gravame giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di Neviano avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, sez. II, n. 942 dell’11 aprile 2014, così provvede:
- accoglie l’appello nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, parzialmente riformando la sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso proposto in primo grado dall’impresa De Pascali Pantaleo ed in particolare: 1) annulla il provvedimento di aggiudicazione; 2) dichiara responsabili del danno subito dalla ricorrente impresa De Pascali Pantaleo in misura uguale (50%) l’amministrazione comunale di Neviano e la società Visconti Costruzioni s.r.l.; 3) condanna l’amministrazione comunale di Neviano al pagamento in favore della ricorrente a titolo dell’intero risarcimento del danno, equitativamente determinato, della somma corrispondente al 5% dell’importo dell’appalto a base d’asta, detratto del ribasso percentuale offerto in sede di gara;
- dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
Manfredo Atzeni, Consigliere
Fulvio Rocco, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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