L’AVVOCATO: STORIA E POST-MODERNITA’. L’AMMINISTRATIVISTA.
"Non esiste nessun modo migliore di esercitare l’immaginazione che lo studio della legge" (Albert Einstein)
"Nessun poeta mai interpreterà la natura così liberamente come un avvocato la verità" (Jean Giraudoux: La
guerra di Troia non si farà. Dramma teatrale del 1935).
"E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie" (A. Einstein).
Un’istituzione di civiltà giuridica
Lo ad-vocatus (chiamato
presso) è figlio della retorica greca (Lisia, Demostene) e dell’oratoria
romana (Cicerone, Plinio il giovane) lo definisce come “colui che
nell’azione giudiziaria presta assistenza alle parti in causa, essendo
fornito di laurea ed iscritto all’albo”: una nozione empirica e per
nulla contenutistica.
Nel processo più famoso della storia dell’umanità, giudice Ponzio
Pilato, Gesù il Cristo non ha avuto né un amico, né un avvocato, né
consiglio, né conforto, né riposo, né intervallo.
Nel mondo ellenico ci sono i pragmaticoi,
che preparano il materiale per la difesa, ed i retori, che parlano a
sostegno dei litiganti; ad Atene, dove vige il principio che ognuno deve
sostenere da sé le proprie ragioni, c’è il logografo il quale prepara il
discorso scritto, cosa che Lisia fa per Socrate, che, però, lo rifiuta
per esprimere liberamente il suo pensiero sulla giustizia e le leggi della Polis.
Roma antica non conosce, per un certo periodo, l’avvocato, e vi è
l’autodifesa fino a quando dalla Gallia arriva una nutricula causidicorum (Giovenale); questi, però, svolgendo
una funzione civica, non è pagato, ma darsi all’avvocatura significa fare
vita pubblica ed acquistare prestigio sociale.
Divenuta fonte di lucro, si ha una sua notevole diffusione che
impone il numero chiuso (collegiae matricula), un tetto agli
onorari ed un limite temporale all’attività.
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