ADUNANZE PLENARIE:
finalmente esce la n. 17
in tema di riparto di giurisdizione
in materia di contributi pubblici
(Ad. Plen., sentenza 29 luglio 2013 n. 17)
Bah, tutti i miei dubbi sul fondare il riparto G.A./G.O. sulla sussistenza o meno di un atto discrezionale o di un atto vincolato ex lege.
La Corte Cost. nelle due celebri sentenza 204/2004 e 191/2006 non aveva parlato di potere, anche "mediato", della P.A. per fondare la giurisdizione del G.A. (ed in particolare per estenderla nelle materie di giurisdizione esclusiva anche alla cognizione dei "diritti soggettivi")?
Nell'atto vincolato non c'è esercizio di un potere? O si vuol arrivare a sostenere che c'è, ma è "esaurito" dalla scelta del legislatore...?
Allora tutti i provvedimento sanzionatori/repressivi in materia di abusivismo edilizio perché non vanno al G.O.?
Perché il Consiglio di Stato e la Suprema Corte devono "spartirsi" le materie, perché la "cognizione", è potere.
Non c'è nulla di giuridico.
Buona lettura!
FF
Massima
1. In tema di sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati - e, in particolare, di agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, le quali sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette direttive, nonché secondo le disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della "documentazione definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero dell'industria, l'amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.
2. Premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge (e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, la Suprema Corte ha affermato che “la controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati; e ciò, ancorché il finanziamento medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7” (Cassazione civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di ammissione ).
3. Ciò posto, nel caso in esame la revoca del finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora “calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali”, e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo.
Deve pertanto conclusivamente affermarsi nel caso di specie la giurisdizione del giudice amministrativo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3 di A.P. del
2013, proposto da:
Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Feliciano Palmieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena;
Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Feliciano Palmieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena;
contro
il Ministero per lo sviluppo economico, in persona del
ministro in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei
Portoghesi, 12
nei confronti di
M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a.,
in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE
III n. 04317/2012, resa tra le parti, che ha dichiarato il proprio difetto di
giurisdizione, in tema di revoca di agevolazioni finanziarie e connesse
richieste risarcitorie.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati,
con tutti gli atti e documenti di causa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero
appellato;
Visto che non si è costituito in giudizio l’Istituto
di credito pure appellato;
Vista l’Ordinanza della Sez. VI n. 517/2013;
Visti gli artt. 105, comma 2, ed 87, comma 3, del
codice del processo amministrativo;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 27
maggio 2013, il Consigliere di Stato Salvatore Cacace;
Uditi per le parti, alla stessa Camera di consiglio,
l’avvocato dello Stato Vittorio Russo e l’avv. Feliciano Palmieri per
l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa
al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1° dicembre 2006,
riguardante il progetto "La nuova scocca per camper AZ”, relativo ad un
programma di sviluppo precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione
della legge n. 488 del 1992).
Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione
generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali del Ministero per
lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha
ammesso al beneficio, poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di
rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una prestazione
rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D.C.R., sua
ausiliaria, con cui aveva stipulato un contratto chiavi in mano.
La mancata valutazione della medesima prestazione era
dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la fornitura non assumeva
un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia
contrattuale, anche perché non era stata considerata comprovata la specifica
competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.C.R.
II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012
(proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il decreto ministeriale
n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il
risarcimento dei danni subiti.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato,
eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e
l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.
III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012,
ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la Campania.
A seguito della riassunzione del giudizio, con la
sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della
giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo
pubblico - per inadempimento del concessionario - inciderebbe su un diritto
soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.
IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che,
in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della
giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo
grado.
Il Ministero appellato si è costituito in giudizio ed
ha chiesto che l’appello sia respinto.
In particolare, il Ministero ha richiamato
l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione
civile, quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di
un precedente atto concessivo di un contributo o di una sovvenzione (cfr. Cass.
civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).
Non si è costituito in giudizio l’istituto di credito
delegato all’istruttoria, pure evocato.
Assunta la causa in decisione alla Camera di consiglio
del giorno 18 dicembre 2012, la sezione VI, con sentenza parziale e contestuale
ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria n. 517/2013:
- ha respinto il primo motivo d’appello, con il quale
l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato il difetto
di giurisdizione, poiché - a seguito della declaratoria d’incompetenza del
T.a.r. per il Lazio e della susseguente riassunzione innanzi al T.a.r. per la
Campania - si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di
giurisdizione;
- passando al secondo motivo d’appello (con cui si è
dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della
controversia), la Sezione ha ritenuto che il suo esame andasse deferito
all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice
del processo amministrativo. A questo proposito la Sezione VI premette che, nel
caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia
disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento
delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli
ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive
azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione
alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla
scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al
giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca,
decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da
parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla
concessione del contributo. A tale orientamento, aggiunge l’ordinanza di
rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la
quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con
conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia
riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del
beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento
sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale
con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons.
St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n.
465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994. Nella specie, sottolineato in
punto di fatto che le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse
dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio non per vizi riconducibili
all’originario provvedimento ma per ragioni inerenti alla rendicontazione
finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso
dell’amministrazione, non avrebbero potuto essere computate (anche per
l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.R.C),
l’ordinanza della Sezione VI ritiene che la consolidata giurisprudenza in
materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto
soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa
essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che: a) il potere di
autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di
decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su
posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza
della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una
concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per
qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario); b)
l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice
amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti,
atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non
è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a
sua volta abbia natura autoritativa). L’ordinanza ricorda ancora in proposito
che la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse
legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più
rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto
di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione)
ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del
medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in
ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad
altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa. Peraltro,
secondo l’ordinanza stessa, la sussistenza della giurisdizione amministrativa
potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art.
12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i ‘provvedimenti attributivi di
vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi,
sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a
qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico. Sotto
tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b),
sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad
oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni
pubblici”. Né, si conclude, la portata applicativa delle disposizioni di legge
sopra richiamate potrebbe essere riducibile in via interpretativa, per il
rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009, che ha condotto
all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il
riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti
alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori,
di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto
espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle
tutele”.
In vista dell’odierna discussione parte appellante non
ha depositato memorie illustrative, mentre parte appellata ha espresso, con
memoria in data 4 maggio 2013, un nuovo e diverso orientamento in ordine alla
controversa giurisdizione, in senso adesivo all’ordinanza di rimessione.
Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2013 l’appello
è stato trattenuto in decisione.
V) Ritiene l’Adunanza plenaria che l’appello sia
fondato e vada accolto, restando peraltro a tal fine priva di rilevanza la
questione rimessa all’esame dell’Adunanza stessa.
Con il secondo motivo di appello, il cui esame è stato
appunto deferito a questa Adunanza dalla Sezione Sesta, si deduce invero che
“la revoca disposta con riferimento alle agevolazioni concesse ex Lege 19
dicembre 1992 n. 488 sia sempre riconducibile alla giurisdizione
amministrativa, anche quando venga disposta dopo la concessione provvisoria del
finanziamento” ( pag. 9 app. ).
Rileva in proposito il Collegio che vertesi in tema di
sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati e, in particolare, di
agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2,
convertito, con modificazioni, dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, destinate -
sulla base di una graduatoria formata dalla pubblica amministrazione - alle
imprese operanti nei settori di attività individuati dalle direttive emanate
con delibera del CIPE del 27 aprile 1995, e con decreto del Ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 20 luglio 1998 e
successive modifiche e integrazioni, ai sensi del D.L. n. 415 cit., art. 1,
comma 2 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 18, comma 1, lett. aa); esse
sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette
direttive, nonchè secondo le disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527,
che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria"
del contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai
sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della "documentazione
definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche
concessionarie al Ministero dell'industria, l'amministrazione provveda alla
c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.
Orbene, sul tema specifico all’esame la Corte
regolatrice, premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e
giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il
contributo o la sovvenzione è riconosciuto direttamente dalla legge ( e alla
p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva
sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da
quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di riconoscere
l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in
relazione all'interesse pubblico primario apprezzando discrezionalmente l'an,
il quid ed il quomodo dell'erogazione, ha affermato che “la controversia avente
ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992,
n. 415, convertito in legge dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla
giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una
sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da
questa puntualmente indicati (per una fattispecie simile, v. Cass. Sez. Un. 25
novembre 2008 n. 28041); e ciò, ancorchè il finanziamento medesimo sia stato
già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6,
comma 7” ( Cassazione civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi
di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte
erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non
ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di ammissione ).
V.1) Non contrastano peraltro con l’enunciato
principio:
- né, come rilevato espressamente dalla medesima
citata Ord. n. 25398 del 2010, il precedente della stessa Corte 10 luglio 2006,
n. 15618, che riguarda la giurisdizione non già sul provvedimento di revoca
dell'intera agevolazione, bensì sulla riduzione - in rapporto a spese non
ammissibili - di un finanziamento provvisorio già deliberato, in ordine al
quale, sino a che il titolo non venga meno nelle forme di legge, sussiste un
diritto soggettivo del beneficiario;
- né il precedente costituito da Cass., Sez. un., 20
luglio 2011, n. 15867, nel quale si afferma la giurisdizione del giudice
ordinario in una controversia sulla revoca di un finanziamento erogato ai sensi
della legge n. 44 del 1986 per la promozione e lo sviluppo
dell’imprenditorialità giovanile nel mezzogiorno, per l’impossibilità del
raggiungimento delle finalità perseguite con il beneficio finanziario a séguito
della dichiarazione di fallimento dell’impresa destinataria dello stesso e
dunque in un caso in cui, come sottolineato dall’ordinanza stessa,
l’Amministrazione, nel revocare il contributo stesso o nel dichiarare la
decadenza da esso, non compie alcuna valutazione discrezionale, rispetto alla
quale il privato possa vantare una posizione di interesse legittimo; ma si
limita piuttosto ad accertare il venir meno di un presupposto previsto in modo
puntuale dalla legge.
Ciò posto, nel caso in esame la revoca del
finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato
dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente
indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20
ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente qualora
“calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6,
comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti
stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la
formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi,
rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali” ( del tutto analogamente,
dunque, al caso deciso dalla citata decisione delle Sez. Un. n. 25398 del 2010,
concernente una ipotesi di applicazione della lett. e) dello stesso comma 1 );
e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale ( in relazione alla
ammissibilità di alcune spese rendicontate che ha determinato uno scostamento
del grado previsto dall’indicata lett. f) ), in relazione al quale la posizione
del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice
amministrativo.
VI. Deve pertanto conclusivamente affermarsi, in
accoglimento dell’appello, la giurisdizione del giudice amministrativo, in
applicazione dei principii ripetutamente enunciati dalle Sezioni unite della
Corte di Cassazione in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche; donde
l’irrilevanza, nel presente giudizio, della questione di diritto posta
dall’Ordinanza di rimessione, postulante la sussistenza della giurisdizione
amministrativa sulla base del superamento nella materia de qua degli ordinarii
criterii di riparto fondati sulla natura delle posizioni soggettive azionate.
La causa va conseguentemente rimessa, ai sensi del
comma 1 dell’art. 105 c.p.a., al giudice di primo grado, dinanzi al quale le
parti dovranno riassumere il processo con le modalità e nei termini, di cui al
comma 3 dello stesso articolo.
La sostanziale coincidenza delle posizioni delle parti
quanto alla controversia questione di giurisdizione induce il Collegio a
compensare integralmente tra esse le spese della presente fase di appello.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Adunanza Plenaria, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, lo
accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la
giurisdizione del giudice amministrativo.
Rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi
dell’art. 105 c.p.a.
Spese della presente fase compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 27 maggio 2013, con l'intervento dei giudici:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Aldo Scola, Consigliere
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2013
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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