APPALTI & PLENARIE:
(finalmente) la Plenaria
decide su "subappalto necessario"
"ex" art. 107 co. 2 del d.P.R. n. 207/2010
e sui limiti temporali del soccorso istruttorio
su omessa indicazione
degli oneri di sicurezza aziendali
(Ad. Plen., 2 novembre 2015, n. 9)
Principi di diritto
- l’indicazione del nominativo del subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria, neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili previste all’art. 107, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010;
- non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6
di A.P. del 2015, proposto da:
Mattioda Pierino & Figli S.p.A. in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I., Sogeco s.r.l. in proprio e quale mandante del costituendo R.T.I. con la Mattioda Pierino & Figli Spa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gianluigi Pellegrino e Claudio Piacentini, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n.11;
Mattioda Pierino & Figli S.p.A. in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I., Sogeco s.r.l. in proprio e quale mandante del costituendo R.T.I. con la Mattioda Pierino & Figli Spa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gianluigi Pellegrino e Claudio Piacentini, con domicilio eletto presso Gianluigi Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, n.11;
contro
Safital s.r.l., rappresentata e difesa
dall'avv. Claudio De Portu, con domicilio eletto presso Claudio De Portu in
Roma, Via Flaminia, n.354;
nei confronti di
Sav - Societa' Autostrade Valdostane
S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.ti Umberto Giardini, Manuela Sanvido,
Giovanni Corbyons e Claudio Guccione, con domicilio eletto presso Giovanni
Corbyons in Roma, Via Cicerone n.44;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Italiana Società Concessionare Autostrade e Trafori (Aiscat), rappresentata e difesa dall'avv. Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, Largo Messico n.7; Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso Pierluigi Piselli in Roma, Via G. Mercalli n.13;
Associazione Italiana Società Concessionare Autostrade e Trafori (Aiscat), rappresentata e difesa dall'avv. Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, Largo Messico n.7; Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), rappresentata e difesa dall'avv. Pierluigi Piselli, con domicilio eletto presso Pierluigi Piselli in Roma, Via G. Mercalli n.13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VALLE D'AOSTA -
AOSTA n. 00018/2015, resa tra le parti, concernente l’annullamento e/o la
riforma della sentenza del T.A.R. della Valle d’Aosta nr. 18 pubblicata in data
13 febbraio 2015, con cui è stato accolto il ricorso promosso da Safital S.r.l.
avverso l’aggiudicazione definitiva al (costituendo) r.t.i. tra le imprese
Mattioda Pierino S.p.A. e Sogeco s.r.l.
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
di Safital s.r.l. e di Sav - Societa' Autostrade Valdostane S.p.A., nonché
l’appello incidentale proposto da quest’ultima;
Visti gli interventi in giudizio di Aiscat
e di Ance;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
7 ottobre 2015 il Cons. Carlo Deodato e uditi per le parti gli avvocati
Pellegrino, Piacentini, De Portu, Piselli, Tedeschini, Sanvido, Corbyons, e
Guccione;
Ritenuto e considerato in fatto e in
diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale
amministrativo regionale della Valle d’Aosta ha accolto il ricorso proposto
dalla Safital s.r.l. avverso l’aggiudicazione definitiva al (costituendo)
r.t.i. composto dalla mandataria Mattioda Pierino & figli S.p.A. (d’ora
innanzi Mattioda S.p.A.) e dalla mandante So.Ge.Co. s.r.l. dell’appalto avente
ad oggetto l’esecuzione dei lavori di sostituzione delle barriere
spartitraffico tra le progressive km. 78+816 e km 88+865 (tratto n.40)
dell’autostrada A5, disposta dalla Società Autostrade Valdostane S.p.A. (d’ora
innanzi SAV), in esito ad una procedura ristretta indetta con il criterio del
prezzo più basso e giudicata illegittima dai giudici di prima istanza a causa
della mancata (e, viceversa, doverosa) esclusione del r.t.i. aggiudicatario,
per aver omesso l’indicazione dell’impresa a cui avrebbe affidato il subappalto
delle opere per le quali era sprovvisto del requisito di qualificazione.
Avverso la predetta decisione proponevano
appello la Mattioda S.p.A. e la So.Ge.Co. s.r.l., ribadendo l’eccezione di
inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione del bando di
gara, nella parte che qui rileva, contestando, nel merito, la correttezza del
gravato giudizio di illegittimità dell’aggiudicazione controversa, sulla base
del rilievo che la disciplina di riferimento (sia quella speciale della
procedura controversa, sia quella normativa generale) non imponevano (tantomeno
a pena d’esclusione) l’indicazione del nominativo del subappaltatore nel caso
di subappalto c.d. necessario, e concludendo per la riforma della decisione
appellata e per la conseguente reiezione del ricorso di primo grado.
Resisteva la Safital s.r.l., contestando
la fondatezza dell’appello, riproponendo la censura, rimasta assorbita nel
giudizio di prima istanza, relativa all’erroneità della positiva verifica
dell’anomalia dell’offerta aggiudicataria, sotto il profilo dell’omessa
indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale, e concludendo per il
rigetto dell’impugnazione e per la conferma della statuizione di annullamento,
in ipotesi con diversa motivazione.
La sentenza veniva appellata in via
incidentale anche dalla SAV, che aderiva alle conclusioni formulate con
l’appello principale.
Intervenivano ad adiuvandum l’Associazione
Nazionale Costruttori Edili (d’ora innanzi ANCE) e l’Associazione Italiana
Società Concessionarie Autostrade e Trafori (d’ora innanzi AISCAT), formulando
le medesime conclusioni delle parti appellanti (in via principale e
incidentale).
Con ordinanza n.2707/2015 in data 3 giugno
2015 la Quarta Sezione rimetteva all’Adunanza Plenaria la soluzione delle
questioni (meglio di seguito illustrate) relative alla necessità (o meno)
dell’indicazione nominativa, al momento della presentazione dell’offerta,
dell’impresa subappaltatrice, nelle ipotesi in cui quella concorrente sia
sprovvista del requisito di qualificazione per alcune categorie scorporabili e
abbia manifestato l’intenzione di subappaltare le relative lavorazioni, e alla
legittimità (o meno) del c.d. soccorso istruttorio al fine di consentire la
predetta identificazione (nell’ipotesi in cui l’Adunanza Plenaria la dovesse
giudicare necessaria e solo per le procedure nelle quali la fase di
presentazione delle offerte si sia conclusa in data anteriore al relativo
pronunciamento) e l’indicazione degli oneri di sicurezza aziendali (per le sole
procedure nelle quali la fase di presentazione delle offerte si sia conclusa
prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015,
che ne ha affermato l’obbligatorietà anche per gli appalti di lavori).
Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2015,
dinanzi all’Adunanza Plenaria, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- Prima di esaminare, nel merito, i
quesiti affidati all’Adunanza Plenaria, occorre verificare, d’ufficio,
l’ammissibilità degli interventi svolti da ANCE e AISCAT, essendo state
ritualmente informate le stesse della questione, nel corso dell’udienza
pubblica del 7 ottobre 2015, ai sensi e per gli effetti dell’art.73, comma 3,
c.p.a.
1.1- La legittimazione attiva (e, dunque,
all’intervento in giudizio) di associazioni rappresentative di interessi
collettivi obbedisce alle stringenti regole di seguito precisate (da reputarsi
applicabili anche nell’ipotesi, quale quella in esame, in cui l’interventore ad
adiuvandum in appello assuma la posizione sostanziale di interventore ad
adiuvandum in primo grado e possa, quindi, limitarsi a far valere un
interesse di mero fatto, come chiarito dalla recente decisione dell’Adunanza
Plenaria 28 gennaio 2015, n.1).
E’ necessario, innanzitutto, che la
questione dibattuta attenga in via immediata al perimetro delle finalità
statutarie dell’associazione e, cioè, che la produzione degli effetti del
provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo
istituzionale, e non della mera sommatoria degli interessi imputabili ai
singoli associati (Cons. St., sez. IV, 16 novembre 2011, n.6050).
E’, inoltre, indispensabile che
l’interesse tutelato con l’intervento sia comune a tutti gli associati, che non
vengano tutelate le posizioni soggettive solo di una parte degli stessi e che
non siano, in definitiva, configurabili conflitti interni all’associazione
(anche con gli interessi di uno solo dei consociati), che implicherebbero
automaticamente il difetto del carattere generale e rappresentativo della
posizione azionata in giudizio (cfr. ex multis Cons. St., sez.
III, 27 aprile 2015, n.2150).
Il Collegio non ignora che con la
decisione dell’Adunanza Plenaria 3 giugno 2011, n.10 è stata riconosciuta la
legittimazione ad agire in capo a un ordine professionale, anche nell’ipotesi
in cui il provvedimento impugnato avvantaggi alcuni degli iscritti, ma reputa
che tale sentenza non valga a smentire l’indirizzo dianzi citato, ma ne
costituisca, al contrario, una chiara conferma.
Nella decisione in esame, infatti,
l’Adunanza Plenaria ha ribadito che la legittimazione dell’ente esponenziale va
riguardata con esclusivo riferimento all’interesse istituzionalizzato e alla
portata lesiva di esso (rintracciabile nel provvedimento impugnato) e si è solo
limitata a rilevare correttamente che non vale ad escludere la legittimazione a
ricorrere, avverso un provvedimento lesivo degli interessi della collettività
dei professionisti iscritti all’ordine, la circostanza che lo stesso ne
avvantaggi alcuni, ma non come professionisti (nel chè va ravvisata la capacità
rappresentativa dell’ordine professionale), ma nelle diverse e del tutto
peculiari vesti di dipendenti o di docenti (e non, quindi, di liberi
professionisti), potenzialmente configgenti (come si è verificato nella
fattispecie ivi esaminata) con gli interessi, istituzionalmente rappresentati
dall’ordine, della generalità della categoria dei professionisti iscritti ad
esso.
Resta, infine, preclusa ogni iniziativa
giurisdizionale sorretta dal solo interesse al corretto esercizio dei poteri
amministrativi o per mere finalità di giustizia, occorrendo, si ripete, per
autorizzare l’intervento di un’associazione esponenziale di interessi
collettivi, un interesse concreto ed attuale (imputabile alla stessa
associazione) alla rimozione degli effetti pregiudizievoli prodotti dal
provvedimento controverso (Cons. St., sez. III, 9 giugno 2014, n.2892).
Orbene, entrambi gli interventi in esame
difettano dei predetti, indispensabili, requisiti.
1.2- Quanto alla posizione di ANCE, è
sufficiente osservare che la posizione assunta con l’intervento in merito alla
questione principalmente dibattuta (e, cioè, la non obbligatorietà
dell’indicazione nominativa del subappaltatore in sede di offerta), oltre a non
afferire alle finalità istituzionali dell’associazione, non può in alcun modo
ritenersi comune a tutti i suoi associati, tanto che, ad esempio, nella
presente controversia un’impresa di costruzioni sostiene la tesi contraria
(così come appare plausibile che accada in altre situazioni simili).
Si tratta, in altri termini, di una
situazione in cui il provvedimento impugnato in primo grado (l’aggiudicazione
di un appalto) ha concretato gli effetti di un conflitto di interessi tra gli
appartenenti alla categoria istituzionalmente rappresentata dall’ANCE, di
talchè l’intervento finalizzato alla sua difesa non può ritenersi sorretto
dall’esigenza di tutelare l’interesse collettivo statutariamente rappresentato
dall’Associazione.
1.3- In merito alla posizione di AISCAT, a
ben vedere, l’intervento non appare sorretto dall’esigenza di tutelare un
interesse da essa protetto e perseguito in via statutaria (come potrebbe
accadere, ad esempio, in una controversia concernente la legittimità delle
tariffe autostradali), quanto da quella di sostenere una tesi di diritto (e,
quindi, per mere ed astratte finalità di giustizia) la cui soluzione, tuttavia,
non incide in via diretta ed immediata sugli interessi istituzionalmente
rappresentati da AISCAT, ma produce effetti solo riflessi ed indiretti sulla
sfera giuridica dei concessionari autostradali (ciò che non può ritenersi
sufficiente a radicare la legittimazione all’intervento).
1.4- Alla stregua delle considerazioni che
precedono, gli interventi in questione vanno giudicati inammissibili e le
relative parti estromesse dal giudizio.
2.- Occorre, quindi, procedere all’analisi
delle questioni devolute all’Adunanza Plenaria, principiando da quella
formulata per prima (e meglio di seguito descritta).
2.1- Come già rilevato in fatto, la Quarta
Sezione, registrando un contrasto giurisprudenziale sulla decisiva questione
dell’obbligatorietà (o meno) dell’indicazione del subappaltatore già nella fase
dell’offerta da parte dell’impresa concorrente sprovvista della qualificazione
in una o più categorie scorporabili (e, quindi, a fronte di un c.d. subappalto
necessario) e, quindi, sulla doverosità della sua esclusione, nell’ipotesi di
inosservanza del predetto obbligo (ove giudicato tale), ne ha devoluto la
risoluzione all’Adunanza Plenaria.
Al predetto problema, infatti, sono state
offerte due diverse soluzioni.
Secondo una prima tesi, infatti, la
necessità della dimostrazione, ai fini della partecipazione alla procedura,
della qualificazione per tutte le lavorazioni per le quali la normativa di
riferimento la esige implica, quale indefettibile corollario, la necessità
dell’indicazione del nominativo del subappaltatore già nella fase dell’offerta,
di guisa da permettere alla stazione appaltante il controllo circa il possesso,
da parte della concorrente, di tutti i requisiti di capacità richiesti per
l’esecuzione dell’appalto (Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2015, n. 944; sez. V,
10 febbraio 2015, n. 676; sez. V, 28 agosto 2014, n. 4405; sez. IV, 26 agosto 2014,
n. 4299; sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1224;
sez. III 5 dicembre 2013, n. 5781); secondo una diversa, e minoritaria, lettura
dell’istituto, viceversa, una corretta esegesi delle regole che presidiano i
requisiti di qualificazione, e che escludono che, ai fini della partecipazione
alla gara, sia necessario il possesso della qualificazione anche per le opere
relative alle categorie scorporabili (esigendo il ricorso al subappalto solo
per quelle a qualificazione necessaria e nella sola fase dell’esecuzione
dell’appalto), impone la diversa soluzione dell’affermazione del solo obbligo
di indicazione delle lavorazioni che il concorrente intende affidare in
subappalto, ma non anche del nome dell’impresa subappaltatrice (Cons. St., sez.
IV, 4 maggio 2015, n. 2223; sez. V, 7 luglio 2014, n. 3449; sez. V, 19 giugno
2012, n. 3563).
Si tratta, come si vede, di ricostruzioni
(entrambe) plausibili e ragionevoli, oltre che fondate sull’esigenza di
tutelare l’interesse pubblico all’amministrazione imparziale e corretta delle
procedure di affidamento dei contratti pubblici.
2.2- La scelta dell’opzione ricostruttiva
più coerente con la normativa di riferimento esige una preliminare disamina del
sistema di regole alla stregua del quale dev’essere affermata la sussistenza (o
meno) dell’obbligo dell’indicazione nominativa del subappaltatore ai fini della
partecipazione alla gara.
L’art.92, commi 1 e 3, del d.P.R. 5
ottobre 2010, n.207, che disciplina i requisiti di partecipazione alla gara,
stabilisce, innanzitutto, che, ai predetti fini, è sufficiente il possesso
della qualificazione nella categoria prevalente (quando il concorrente, singolo
o associato, non la possieda anche per le categorie scorporabili), purchè per
l’importo totale dei lavori.
Il combinato disposto degli artt.92, comma
7 e 109, comma 2, d.P.R. cit. e 37, comma 11, d.lgs. 12 aprile 2006, n.163
chiarisce, poi, che il concorrente che non possiede la qualificazione per le
opere scorporabili indicate all’art.107, comma 2 (c.d. opere a qualificazione
necessaria) non può eseguire direttamente le relative lavorazioni ma le deve
subappaltare a un’impresa provvista della relativa, indispensabile
qualificazione.
L’art.118 d.lgs. cit. (collocato
sistematicamente entro la Sezione V del codice, rubricata “principi relativi
all’esecuzione del contratto”) si occupa, invece, di definire le modalità e le
condizioni per il valido affidamento delle lavorazioni in subappalto e prevede,
per quanto qui rileva, che all’atto dell’offerta siano indicati (solo) i lavori
che il concorrente intende subappaltare e che l’affidatario depositi, poi, il
contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima
della data di inizio delle relative lavorazioni (unitamente a tutte le
attestazioni e dichiarazioni prescritte).
2.3- Dall’analisi delle regole appena
citate si ricavano, quindi, i seguenti principi: a) per la partecipazione alla
gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente
per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la
qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate
all’art.107, comma 2, d.P.R. cit.); b) le lavorazioni relative alle opere
scorporabili nelle categorie individuate all’art.107, comma 2, d.P.R. cit. non
possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della
relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione
necessaria); c) nell’ipotesi sub b) il concorrente deve subappaltare
l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente
qualificazione; d) la validità e l’efficacia del subappalto postula, quali
condizioni indefettibili, che il concorrente abbia indicato nella fase
dell’offerta le lavorazioni che intende subappaltare e che abbia, poi,
trasmesso alla stazione appaltante il contratto di subappalto almeno venti
giorni prima dell’inizio dei lavori subappaltati; e) il subappalto è un
istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella
gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni
che ne formeranno oggetto), di talchè il suo mancato funzionamento (per
qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento
contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice (tra le
quali, ad esempio, l’incameramento della cauzione).
Si tratta come si vede di un apparato
regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie,
antinomie o lacune.
2.4- Ora, a fronte di un sistema di regole
chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni
ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si
risolverebbero, a ben vedere, nell’enucleazione di una regola non scritta (la
necessità dell’indicazione del nome del subappaltatore già nella fase
dell’offerta) che (quella sì) configgerebbe con il dato testuale della
disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità
del subappalto (art.118, comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente
e tassativa) delle stesse, non la contempla.
2.5- Secondo il canone interpretativo
sintetizzato nel brocardo in claris non fit interpretatio (e
codificato all’art.12 delle Preleggi), infatti, la prima regola di una corretta
esegesi è quella che si fonda sul significato delle parole e che, quindi, là
dove questo risulta chiaro ed univoco, quale deve intendersi il dato testuale
della predetta disposizione, non è ammessa alcuna interpretazione che corregga
la sua portata precettiva (per come desunta dal lessico ivi utilizzato, ove
risulti privo di ambiguità semantiche).
2.6- Ma anche in ossequio al canone
interpretativo espresso nel brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit
tacuit si perviene alle medesime conclusioni.
Là dove, infatti, l’art.118, secondo
comma, d.lgs. cit., ha catalogato (articolandoli in quattro lettere) i
requisiti di validità del subappalto, ha evidentemente inteso circoscrivere, in
maniera tassativa ed esaustiva, a quei presupposti (e solo a quelli) le
condizioni di efficacia del subappalto, sicchè ogni opzione ermeneutica che si
risolvesse nell’aggiunta di un diverso ed ulteriore adempimento (rispetto a
quelli ivi classificati) dev’essere rifiutata in quanto finirebbe per far dire
alla legge una cosa che la legge non dice (e che, si presume, secondo il
suddetto canone interpretativo, non voleva dire).
2.7- Dall’esame della vigente normativa di
riferimento può, in definitiva, identificarsi il paradigma (riferito all’azione
amministrativa, ma anche al giudizio della sua legittimità) secondo cui
l’indicazione del nome del subappaltatore non è obbligatoria all’atto
dell’offerta, neanche nei casi in cui, ai fini dell’esecuzione delle
lavorazioni relative a categorie scorporabili a qualificazione necessaria,
risulta indispensabile il loro subappalto a un’impresa provvista delle relative
qualificazioni (nella fattispecie che viene comunemente, e, per certi versi,
impropriamente definita come “subappalto necessario”).
2.8- La correttezza della soluzione appena
enunciata (e che risponde al primo quesito nel senso di negare la doverosità
dell’indicazione nominativa del subappaltatore) risulta, peraltro, avvalorata e
corroborata dai convergenti argomenti di seguito (sinteticamente) dettagliati.
2.9- L’esegesi ut supra preferita
risulta, innanzitutto, riscontrata dall’esame diacronico della legislazione in
materia, che consegna all’Adunanza la preziosa informazione dell’originaria
previsione (nella legge 11 febbraio 1994, n.109, c.d. Legge Merloni)
dell’obbligo dell’indicazione, già nella fase dell’offerta, di una rosa di
imprese subappaltatrici (fino al numero di sei) entro le quali avrebbe poi
dovuto essere scelta quella affidataria delle lavorazioni subappaltate, e della
successiva abrogazione di tale previsione (già nella legge 18 novembre 1998,
n.415, c.d. Legge Merloni ter e poi, definitivamente, con il
codice dei contratti pubblici), che costituisce il più valido indice della
consapevole ed univoca volontà del legislatore del 2006 di escludere, tra le
condizioni di validità del subappalto, l’obbligo dell’indicazione nominativa in
discussione.
Non solo, ma anche nel disegno di legge di
delega al Governo per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e
2014/25/UE (all’esame della Camera dei Deputati, in seconda lettura, al momento
della redazione della presente decisione) può ricavarsi un ulteriore prezioso
riscontro alla tesi scelta dall’Adunanza Plenaria, là dove si ripristina, ivi,
l’obbligo dell’indicazione di una terna di subappaltatori, ad ulteriore
conferma che il silenzio serbato sul punto dal codice dei contratti pubblici in
vigore non può essere trattato alla stregua di una lacuna colmabile in esito ad
una complessa ed incerta operazione ermeneutica, ma costituisce una scelta
chiara e cosciente (tanto che la legislazione precedente e, forse, quella
successiva hanno operato e, probabilmente, opereranno una scelta diversa).
2.10- La correttezza della scelta
interpretativa sopra enunciata risulta, peraltro, avvalorata anche dalle
determinazioni dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (l’AVCP,
prima, e l’ANAC, poi) che hanno ripetutamente affermato il principio
dell’obbligatorietà della sola indicazione delle lavorazioni che si intendono
affidare in subappalto e contestualmente escluso l’obbligatorietà
dell’indicazione nominativa del subappaltatore (si vedano la determinazione
ANAC nr. 1 dell’8 gennaio 2015; il parere ANAC nr. 11 del 30 gennaio 2014 e la
determinazione AVCP nr. 4 del 10 ottobre 2012), approvando, in coerenza con
tali enunciazioni, gli schemi dei bandi, con il valore vincolante ad essi
assegnati dall’art. 64, comma 4-bis, d.lgs. cit. (e previo parere
conforme del Ministero delle infrastrutture).
Come si vede, dunque, le autorità
istituzionalmente provviste di competenza in ordine alla vigilanza sulla
corretta amministrazione delle procedure di affidamento degli appalti pubblici
hanno costantemente espresso l’avviso della doverosità della sola indicazione
delle lavorazioni da subappaltare (e non anche del nome dell’impresa subappaltatrice),
validando gli schemi dei bandi confezionati in coerenza a tale regola ed
ingenerando, perciò, un significativo affidamento circa la legittimità del
relativo modus procedendi.
2.11- Lo scrutinio delle direttive europee
non conduce ad esiti differenti, confermando, anzi, la correttezza dei principi
prima affermati.
Le direttive in materia di appalti
pubblici hanno, infatti, rimesso alla discrezionale scelta degli Stati membri
o, comunque, delle stazioni appaltanti l’opzione regolatoria attinente alla
doverosità dell’indicazione del nome del subappaltatore, ai fini della
partecipazione alla gara, astenendosi, quindi, dall’imporre una qualsivoglia
soluzione alla pertinente questione.
Orbene, in difetto di un vincolo europeo
all’introduzione (in via legislativa o amministrativa) dell’obbligo in
discussione, la sua positiva affermazione esige una chiara, univoca ed
esplicita sua previsione (con una specifica disposizione di legge), in mancanza
della quale resta precluso all’interprete (che eserciterebbe inammissibilmente,
in tal modo, in luogo del legislatore o della stazione appaltante, la potestà
discrezionale assegnata allo Stato membro dalle direttive) il suo
riconoscimento (in esito, peraltro, a un percorso ermeneutico di dubbio
fondamento positivo).
2.12- Non solo, ma la tesi contraria
dev’essere rifiutata anche perché produrrebbe effetti distorsivi (rispetto al
sistema) o, comunque, inutili (rispetto agli interessi che con la stessa si
intendono tutelare).
2.13- In primo luogo, l’affermazione dell’obbligo
di indicare il nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta si
risolverebbe in una eterointegrazione del bando (che non lo prevedeva),
mediante l’inammissibile inserzione automatica nella lex specialis di
un obbligo non previsto da alcuna disposizione normativa cogente pretermessa
nell’avviso (da valersi quale unica condizione legittimante della sua
eterointegrazione).
Mentre, infatti, l’eterointegrazione della lex
specialis postula logicamente l’omessa ripetizione, in essa, di un
adempimento viceversa sancito chiaramente da una disposizione normativa
imperativa (cfr. ex multis Cons. St., sez. VI, 11 marzo 2015,
n.1250), nella fattispecie in esame verrebbe, al contrario, automaticamente
inserita nel bando una clausola non rinvenibile nel diritto positivo e di mera
creazione giurisprudenziale.
2.14- La statuizione dell’adempimento in
questione finirebbe, inoltre, per costituire una clausola espulsiva atipica, in
palese spregio del principio di tassatività delle cause di esclusione
(codificato all’art.46, comma 1-bis, d.lgs. cit.).
Se è vero, infatti, che la latitudine
applicativa della predetta disposizione è stata decifrata come comprensiva
anche dell’inosservanza di adempimenti doverosi prescritti dal codice, ancorchè
non assistiti dalla sanzione espulsiva (cfr. Ad. Plen. n.9 e n. 16 del 2014), è
anche vero che l’applicazione di tale principio esige, in ogni caso,
l’esistenza di una prescrizione legislativa espressa, chiara e cogente (nella
fattispecie non rintracciabile nel codice dei contratti pubblici).
2.15- La tesi favorevole all’affermazione
dell’obbligo in questione comporterebbe, peraltro, una confusione tra
avvalimento e subappalto, nella misura in cui attrae il rapporto con l’impresa
subappaltatrice nella fase della gara, anziché in quella dell’esecuzione
dell’appalto, con ciò assimilando due istituti che presentano presupposti,
finalità e regolazioni diverse, ma senza creare il medesimo vincolo
dell’avvalimento e senza assicurare, quindi, alla stazione appaltante le stesse
garanzie contrattuali da esso offerte.
Non solo, ma il relativo assunto si rivela
distorsivo del mercato dei lavori pubblici, nella misura in cui costringe le
imprese concorrenti a scegliere una (sola) impresa subappaltatrice, già nella
fase della partecipazione alla gara, mediante l’imposizione di un onere
partecipativo del tutto sproporzionato e gravoso.
2.16- La prospettazione qui disattesa
finirebbe, infine, per introdurrebbe un requisito di qualificazione diverso ed
ulteriore rispetto a quelli stabiliti, con disciplina completa ed
autosufficiente, dall’art.92 d.P.R. cit. (che, come si è già rilevato, esclude
l’obbligo del possesso delle attestazioni nelle categorie scorporabili,
ancorchè a qualificazione necessaria, ai fini della partecipazione alla gara),
implicando, di conseguenza, la sua inammissibile disapplicazione, che,
tuttavia, postula l’indefettibile presupposto, nella specie inconfigurabile,
dell’illegittimità della norma secondaria in quanto confliggente con la
disposizione legislativa primaria (come chiarito, ex multis, da
Cons. St., sez. VI, 14 luglio 2014, n.3623).
Se, infatti, il fondamento logico e
sistematico della tesi ricostruttiva che afferma l’obbligatorietà
dell’indicazione del nominativo del subappaltatore all’atto dell’offerta
dev’essere rinvenuto nell’esigenza di garantire alla stazione appaltante il
controllo del possesso da parte del concorrente di tutti i requisiti di
qualificazione necessari, la sua condivisione postula l’affermazione della
necessità, ai fini della partecipazione alla procedura, della dimostrazione
della titolarità delle attestazioni riferite anche alle opere scorporabili (ciò
che, invece, risulta chiaramente escluso dalla citata disposizione
regolamentare dedicata alla disciplina delle qualificazioni e che andrebbe,
quindi, logicamente disapplicata, ma in difetto della indispensabile
condizione, sopra ricordata, della sua illegittimità).
3.- La soluzione del primo quesito implica
la decadenza del secondo, in quanto fondato sull’unico presupposto
dell’affermazione della necessità dell’indicazione nominativa del
subappaltatore (viceversa negata con la risposta al primo quesito).
4.- Con il terzo quesito si chiede
all’Adunanza Plenaria di chiarire la legittimità (rectius: la
doverosità) dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase
procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della
pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3 (con la
quale è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art.87, comma 4, d.lgs.
cit., di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli
appalti di lavori).
A tale problema occorre offrire una
risposta negativa, in quanto con la medesima decisione dell’Adunanza Plenaria è
stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio
dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si
risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale
dell’offerta (cfr. Ad. Plen. n. 3 del 2015, punto 2.10).
Non si ravvisano, peraltro, ragioni per
rimeditare tale (condivisibile e recente) avviso, nella misura in cui si rivela
coerente con la lettura della funzione e dei limiti di operatività
dell’istituto del soccorso istruttorio, per come enunciati da questa stessa
Adunanza Plenaria (Ad. Plen. n.9 del 2014).
A questo proposito non può accedersi alla
tesi propugnata dalla difesa delle appellanti secondo cui, in applicazione del
principio di cui alla A.P. n. 21 del 2012, dovrebbe affermarsi che la
esclusione dalla gara per non avere indicato gli oneri di sicurezza aziendale
potrebbe essere comminata solo per le procedure bandite successivamente alla
pubblicazione della decisione della A.P. n. 3 del 2015.
L’Adunanza al riguardo approfondendo la
questione, ritiene di dover riaffermare il tradizionale insegnamento in tema di
esegesi giurisprudenziale, anche monofilattica, che attribuisce ad essa valore
esclusivamente dichiarativo.
La diversa opinione finisce per attribuire
alla esegesi valore ed efficacia normativa in contrasto con la logica
intrinseca della interpretazione e con il principio costituzionale della
separazione dei poteri venendosi a porre in sostanza come una fonte di
produzione.
In proposito è stato perspicuamente
osservato: “Ad una diversa conclusione potrebbe invero giungersi solo
ove si ritenga che la precedente interpretazione, ancorché poi corretta,
costituisca il parametro normativo immanente per la verifica di validità
dell’atto compiuto in correlazione temporale con essa (ut lex temporis acti).
Ma con ciò, all’evidenza, si trasformerebbe una sequenza di interventi
accertativi del contenuto della norma in una operazione di creazione di un
novum ius, in sequenza ad un vetus ius, con sostanziale attribuzione, ai
singoli arresti, del valore di atti fonte del diritto, di provenienza dal
giudice; soluzione non certo coniugabile con il precetto costituzionale
dell’art. 101 Cost.” (Cassazione SS.UU. n. 15144 del 2011).
E’ significativo che anche le recenti
aperture del giudice di legittimità in tema di prospective overruling siano
rimaste confinate in ambito strettamente delimitato.
A far tempo dalla già citata pronuncia
delle Sezioni unite n. 15144 del 2011 si è costantemente affermato che per
attribuire carattere innovativo all’intervento nomofilattico occorre la
concomitanza di tre precisi presupposti e cioè che l’esegesi incida su una
regola del processo; che si tratti di esegesi inprevedibile susseguente ad
altra consolidata nel tempo e quindi tale da indurre un ragionevole
affidamento, e che infine - presupposto decisivo – comporti un effetto
preclusivo del diritto di azione o di difesa (v. anche Cass. 28967/11; 12704/12
e, da ultimo, 19700/15; 20007/15).
Nel caso di specie nessuno degli anzidetti
presupposti può ritenersi sussistente non trattandosi di norma attinente ad un
procedimento di carattere giurisdizionale, non preesistendo un indirizzo
lungamente consolidato nel tempo e non risultando precluso il diritto di azione
o di difesa per alcuna delle parti in causa.
In conclusione, se da un lato non sembra
possibile elevare la precedente esegesi al rango di legge per il periodo
antecedente al suo mutamento, dall’altro non possono essere sottotaciute le
aspirazioni del cittadino alla sempre maggiore certezza del diritto ed alla
stabilità della nomofiliachia, ma trattasi di esigenze che, ancorché
comprensibili e condivisibili de jure condendo, nell’attuale
assetto costituzionale possono essere affrontate e risolte esclusivamente dal
legislatore.
5.- Alla stregua delle considerazioni che
precedono, si devono, quindi, affermare i principi di diritto che seguono:
a) l’indicazione del nominativo del
subappaltatore già in sede di presentazione dell’offerta non è obbligatoria,
neanche nell’ipotesi in cui il concorrente non possieda la qualificazione nelle
categorie scorporabili previste all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit.;
b) non sono legittimamente esercitabili i
poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli
oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della
presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della
decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto:
a) dichiara inammissibili gli interventi
in giudizio di ANCE e di AISCAT;
b) formula i principi di diritto di cui in
motivazione;
c) restituisce gli atti alla IV Sezione
del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito
nonché sulle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 7 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Paolo Numerico, Presidente
Luigi Maruotti, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere, Estensore
Nicola Russo, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
IL PRESIDENTE
|
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/11/2015
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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