martedì 1 ottobre 2013

GIURISDIZIONE & RESPONSABILITA' P.A.: i termini dei procedimenti concorsuali sono ordinatori, ma in caso di abnormità del ritardo e di effettivo consequenziale danno, la P.A. è tenuta al risarcimento delle differenze retributive rivalutate (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, sentenza 15 maggio 2012 n. 4382).



RIPARTO DI GIURISDIZIONE 
& RESPONSABILITA' P.A.:
 i termini dei procedimenti concorsuali sono ordinatori, ma in caso di abnormità del ritardo 
e di effettivo consequenziale danno, 
la P.A. è tenuta al risarcimento 
delle differenze retributive rivalutate 
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 
sentenza 15 maggio 2012 n. 4382).


Massima

1.  La giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7/2005, 
La soddisfazione di un interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal ritardo nell’adozione da parte dell’Amministrazione di un richiesto provvedimento può consistere in una riparazione per equivalente (in sostanza, in un risarcimento del danno) solo allorché la mancata o ritardata adozione dell’atto richiesto abbia comportato un pregiudizio al bene della vita che sottende l’interesse pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al quale quest’ultimo si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il provvedimento richiesto e non adottato, ovvero adottato in ritardo, si configuri come favorevole per il privato istante, e non anche laddove esso compendi un rigetto dell’istanza presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da parte della legge n. 69/2009.
2. A presupposto di una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba essersi, innanzitutto, verificata la sussistenza della lesione alla sfera giuridica del soggetto direttamente connessa alla violazione delle regole procedimentali, “altra” rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece, quest’ultimo rilevanza al fine della verifica del nesso causale tra il fatto e la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta cessato dal servizio.
3.  Quanto alla fattispecie concreta, è rilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che il lungo lasso di tempo intercorso tra la pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e l’adozione degli atti conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha costituito l’impedimento al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, che, pure valutato favorevolmente, con un punteggio che gli avrebbe consentito di essere inserito tra i vincitori della procedura e di conseguire un livello superiore, non ha poi materialmente conseguito la progressione economica, essendo cessato dal servizio il 1° aprile 2002.
3.1 Più in particolare: i termini stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e, ove questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un potere di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
3.2  Nel caso di specie, invero, la procedura si è conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento della stessa, è evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004).
3.3  E’ ben vero che la procedura è stata oggetto di due annullamenti in autotutela, ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti procedimentali, che di per sé potrebbero giustificare un allungamento dei ragionevoli tempi di durata del procedimento, non appare comunque giustificabile il complessivo comportamento osservato.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo, sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in cui, peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale subita.
4.  Sul punto, ritiene il Collegio che correttamente il danno subito dal ricorrente deve essere ragguagliato alle differenze stipendiali tra il livello posseduto e quello che avrebbe dovuto essere attribuito con efficacia retroattiva; è, inoltre, indubitabile che tale perdita stipendiale abbia avuto effetti anche con riferimento al trattamento pensionistico in godimento del ricorrente riferito, naturalmente, al livello rivestito all’atto del collocamento in congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1° luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171 del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3191 del 2004, proposto da: Selli Alberto, rappresentato e difeso dagli avv. ti Francesco De Leonardis e Anna Romano, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Roma, via Germanico, 172; 
contro
il Consiglio Nazionale delle Ricerche - Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
Bozzato Luigi, non costituitosi in giudizio; 
per l'annullamento
del provvedimento n. 1934868 del 12 gennaio 2004, comunicato il 14 gennaio 2004, di approvazione della graduatoria del concorso interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo “Funzionario di amministrazione”, nella parte in cui dispone l’esclusione del ricorrente in quanto cessato dal servizio;
per l’accertamento del diritto all’inserimento in graduatoria nella posizione che verrà determinata a seguito dell’esame dei titoli allegato alla domanda di ammissione;
nonché per l’accertamento del diritto al risarcimento dei danni sofferti, con consequenziale condanna alla ricostruzione giuridica della carriera del ricorrente nel profilo professionale “Funzionario di amministrazione “ IV livello, a far data dal 1° luglio 1989, ed la pagamento delle relative differenze retributive;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Cnr;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2011 il Cons. Donatella Scala e udito, altresì, l’avv. De Leonardis per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame il ricorrente, già dipendente del resistente Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, ha introdotto due distinte azioni: la prima di annullamento del provvedimento di approvazione della graduatoria finale del concorso interno per titoli a 41 posti di IV livello professionale “profilo Funzionario di amministrazione”, nella parte in cui si dispone l’esclusione del medesimo in quanto cessato dal servizio nelle more dell’espletamento della procedura; la seconda, di accertamento del diritto al risarcimento del danno sofferto a causa del ritardo con cui è stata conclusa la procedura concorsuale de qua.
Con sentenza non definitiva n. 1425/2011 del 15 febbraio 2011, la Sezione ha rilevato, quanto al primo capo di impugnativa, che la procedura concorsuale in controversia riguardava la mera progressione economica, attraverso l’attribuzione di un superiore livello economico, senza passaggio ad un diverso e superiore profilo professionale, ossia senza novazione oggettiva del rapporto di lavoro, ed ha, pertanto, in via pregiudiziale, dichiarato, in parte qua, l’inammissibilità di tale domanda per difetto di giurisdizione del giudice adito, in quanto riservata alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).
Con la decisione parziale sopra richiamata, la Sezione è passata all’esame del secondo capo di domanda, relativa all’istanza risarcitoria da ritardo, dando atto dell’autonomia di questa rispetto all’azione impugnatoria, e precisando che: “Rileva il Collegio che a seguito dell’introduzione dell’art. 2-bis nella legge 241 del 1990, ad opera della lettera c), comma 1, dell’art. 7, legge 18 giugno 2009, n. 69, le pubbliche amministrazioni sono ora tenute al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento; l’art. 133 del codice del processo amministrativo indica, poi, tra le materie che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, le controversie in materia di risarcimento del danno per le ipotesi dall’art. 2 bis, legge 241 del 1990. Ritiene, peraltro, il Collegio che la violazione del termine finale di un procedimento amministrativo non comporta di per sé l’illegittimità dell’atto adottato tardivamente, in quanto le conseguenze che il legislatore fa scaturire sotto il profilo della responsabilità civile della P.A. sono strettamente correlate alla inosservanza dei termini procedimentali ovvero al ritardo con cui l’amministrazione conclude il procedimento. Ed invero, è solo la legge che può riconnettere alla violazione di un termine procedimentale valenza di vizio inficiante l’atto tardivamente adottato, ciò che avviene nelle specifiche ipotesi in cui il termine di conclusione del procedimento (ad esempio in tema di procedimento disciplinare) ha natura perentoria, e l’atto tardivo diviene atto ex se illegittimo. Il legislatore del 2009 non ha, peraltro, individuato un ulteriore profilo di illegittimità dell’atto amministrativo, e dunque il ritardo non può essere considerato un vizio in sé dell’atto ma è un presupposto che può determinare, in concorso con altre condizioni, una possibile forma di responsabilità risarcitoria della amministrazione. Da tali considerazioni discende che il ricorso, in parte qua, è ammissibile in quanto l’adito Tribunale è il giudice esclusivamente competente a valutare le controversie ex art. 2 bis, legge 241 del 1990. Il Collegio, peraltro, prima ancora di valutare la fondatezza dell’istanza risarcitoria, deve, prioritariamente, stabilire se il ricorrente abbia un concreto interesse ad accertare la sussistenza di un ritardo doloso o colposo nella conclusione della procedura concorsuale. Il ricorrente, invero, si duole, in sostanza che a causa del lungo lasso di tempo – ben 11 anni – occorso per la definizione della procedura concorsuale, non ha potuto conseguire il superiore livello, poiché medio tempore collocato a riposo. In punto di fatto, è pacifico che, a causa della esclusione del ricorrente dalla medesima procedura, l’Amministrazione non ha valutato i titoli allegati alla domanda di partecipazione e, pertanto, non è provato che il medesimo, ove non fosse stato escluso dalla graduatoria a causa del suo collocamento a riposo, avrebbe occupato all’interno della stessa una posizione utile. Si rende, pertanto, necessario che la resistente Amministrazione valuti, ora per allora, i titoli del ricorrente, alla stregua dei medesimi criteri a suo tempo utilizzati per gli altri concorrenti, onde appurare in quale posizione della graduatoria finale si sarebbe collocato il ricorrente. A tanto provvederà il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr – Dipartimento Servizi Tecnici e di Supporto, in persona del Direttore p.t. – che curerà il deposito presso la Segreteria della Sezione nel termine di giorni 90 (novanta) dalla notificazione della sentenza presso la sede reale della stessa Amministrazione, di cui è onerata parte ricorrente, dettagliata relazione circa la posizione che il ricorrente avrebbe occupato all’interno della finale graduatoria del concorso interno per titoli a n. 41 posti di IV livello professionale, profilo “Funzionario di amministrazione”. La trattazione del ricorso - e, con essa, ogni altra statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese di lite – è conseguentemente differita all'intervenuto espletamento degli indicati incombenti, all’udienza pubblica del 3 novembre 2011.”
In esecuzione di quanto disposto, in data 3 giugno 2011 l’Avvocatura erariale ha depositato la relazione del Cnr da cui è emerso che i titoli del ricorrente erano già stati valutati dalla Commissione e che il medesimo si era collocato all’undicesimo posto della graduatoria di merito, come da verbale n. 75 del 25 novembre 2003, pure depositato in atti, confermando che il mancato inserimento del medesimo nella graduatoria finale, giusta provvedimento in data 12 gennaio 2004, rettificato il 14 gennaio 2004, è stato determinato dalla cessazione dal servizio, medio tempore intervenuta.
E’, dunque, accertato, in punto di fatto, che una tempestiva conclusione dell’iter procedimentale avrebbe consentito al ricorrente di ottenere la sperata progressione economica, ora per allora, atteso che il concorso interno per titoli indetto nel 1993 riguardava 41 posti di IV livello, e che ai dipendenti rientranti nel novero dei vincitori, tra cui sarebbe potuto rientrare anche il ricorrente, è stato attribuito il superiore livello a far data dal 1° luglio 1989.
Deve essere precisato che la valutazione dell’istanza risarcitoria per il ritardo procedimentale prescinde dall’accertamento della legittimità del successivo depennamento del ricorrente dalla graduatoria finale di merito, questione su cui, peraltro, questo giudice non ha più competenza, mentre invece è necessario verificare la sussistenza, oltre che della avvenuta lesione della sfera giuridica del medesimo deducente, degli altri presupposti necessari a tali fini, quali il nesso causale tra il lamentato ritardo ed il danno che ne sarebbe scaturito ed il dolo o la colpa.
Sul punto è bene evidenziare che la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo, a partire dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 7 del 15 settembre 2005, che ha precisato come, pur non potendosi escludere su di un piano di astratta logica che alla violazione da parte dell’Amministrazione dei termini di adempimento procedimentali ad essa assegnati dalla legge possano riconnettersi conseguenze negative per la P.A. medesima, anche di carattere patrimoniale, nondimeno la soddisfazione di un interesse pretensivo leso in capo al soggetto privato dal ritardo nell’adozione da parte dell’Amministrazione di un richiesto provvedimento può consistere in una riparazione per equivalente (in sostanza, in un risarcimento del danno) solo allorché la mancata o ritardata adozione dell’atto richiesto abbia comportato un pregiudizio al bene della vita che sottende l’interesse pretensivo medesimo, in rapporto all’interesse pubblico al quale quest’ultimo si giustappone e ciò accade nel solo caso in cui il provvedimento richiesto e non adottato, ovvero adottato in ritardo, si configuri come favorevole per il privato istante, e non anche laddove esso compendi un rigetto dell’istanza presentata dal privato medesimo.
E’ stato, poi, osservato che l’introduzione dell’art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/1990, da parte della legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi della p.a., essendo ora espressamente stabilito che le pubbliche amministrazioni e i soggetti a queste equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa e colposa del termine di conclusione del procedimento, atteso che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il titolare dell’interesse pretensivo al provvedimento che si duole di avere patito un danno ingiusto da ritardo, deve provare con rigore le conseguenze patrimoniali negative che si sono verificate nella propria sfera giuridica patrimoniale in conseguenza del ritardo colpevole dell’amministrazione nel provvedere.
Ritiene, pertanto, il Collegio che, a presupposto di una richiesta di danno da ritardo risarcibile, debba essersi, innanzitutto, verificata la sussistenza della lesione alla sfera giuridica del soggetto direttamente connessa alla violazione delle regole procedimentali, “altra” rispetto al mero fattore “tempo”, assumendo, invece, quest’ultimo rilevanza al fine della verifica del nesso causale tra il fatto e la lesione.
Se, dunque, il fattore “tempo” costituisce la causa di ulteriori e differenti danni rispetto al bene della vita oggetto di accertamento da parte dell’Amministrazione, è evidente, con riferimento al caso che ne occupa, nessuna rilevanza ha stabilire se il ricorrente, in possesso dei titoli al momento dell’indizione della procedura concorsuale per ottenere il passaggio di livello, avesse diritto a conservare tale titolo anche una volta cessato dal servizio.
E’, invece, rilevante, ai fini della presente controversia, il fatto che il lungo lasso di tempo intercorso tra la pubblicazione del bando di concorso (8 aprile 1993) e l’adozione degli atti conclusivi della procedura (12 e 14 gennaio 2004) ha costituito l’impedimento al verificarsi dell’ampliamento della sfera giuridica del ricorrente, che, pure valutato favorevolmente, con un punteggio che gli avrebbe consentito di essere inserito tra i vincitori della procedura, non ha poi materialmente conseguito la progressione economica, essendo cessato dal servizio il 1° aprile 2002.
Il danno risarcibile, in tale prospettiva, è quello che si è realizzato nella sfera giuridica del ricorrente, quale diretta conseguenza della inosservanza dell’aspetto legato ai termini del procedimento, per non avere il medesimo conseguito il superiore livello, pure essendo in possesso dei requisiti previsti a tali fini dal bando di concorso, e pure avendo superato positivamente la fase di valutazione dei titoli nell’ambito di una procedura concorsuale indetta ad hoc.
Osserva il Collegio che, in generale, i termini stabiliti per l'espletamento dei concorsi devono ritenersi ordinatori e, ove questi decorrano inutilmente, hanno il solo effetto di attualizzare un potere di sostituzione, totale o parziale, della commissione in capo all’Amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
Nel caso di specie, invero, la procedura si è conclusa, ma, al di là della natura dei termini previsti per il completamento della stessa, é evidente l’abnormità del periodo di durata delle operazioni concorsuali, completata in oltre un decennio (1993- 2004), al di là, dunque, di ogni ragionevole aspettativa di cui il ricorrente era titolare all’epoca dell’indizione della stessa, in quanto in servizio attivo presso l’Ente resistente, e che ha raggiunto il collocamento a riposo solo nel 2002, dunque, dopo ben nove anni dall’inizio della stessa procedura concorsuale.
E’ ben vero che, come riferisce l’Avvocatura Generale dello Stato, la procedura è stata oggetto di due annullamenti in autotutela, ma, tenuto anche conto di tali aggravamenti procedimentali, che di per sé potrebbero giustificare un allungamento dei ragionevoli tempi di durata del procedimento, non appare comunque giustificabile - né sul punto nulla è stato addotto dalla parte resistente - il complessivo comportamento osservato, in relazione alla scansione temporale occorsa anche per il completamento dei due procedimenti di secondo grado, il primo avviato nel 1998, a distanza di cinque anni dall’inizio della procedura, ed il secondo, risalente al 2000, conclusosi finalmente nel 2004 con il provvedimento di approvazione della graduatoria finale.
Attesa, dunque, la sussistenza del nesso di causalità tra l’enorme ritardo colpevolmente accumulato nell’ambito del procedimento concorsuale e la mancata progressione economica a causa della esclusione del ricorrente dalla graduatoria dei vincitori, perché ormai collocato a riposo, sussistono i presupposti per accogliere la domanda risarcitoria avanzata, in cui, peraltro, è stata doviziosamente quantificata la perdita patrimoniale subita.
Sul punto, ritiene il Collegio che correttamente il danno subito dal ricorrente deve essere ragguagliato alle differenze stipendiali tra il livello posseduto e quello che avrebbe dovuto essere attribuito con efficacia retroattiva; è, inoltre, indubitabile che tale perdita stipendiale abbia avuto effetti anche con riferimento al trattamento pensionistico in godimento del ricorrente riferito, naturalmente, al livello rivestito all’atto del collocamento in congedo.
A tali fini, pertanto, il Cnr dovrà corrispondere al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, una somma da calcolarsi sulla base delle differenze retributive, tenendo conto di quanto percepito effettivamente e quello che gli sarebbe stato corrisposto per il periodo 1° luglio 1989 – data a partire dalla quale avrebbe dovuto retroagire, ai sensi del combinato disposto del bando di concorso e dell’art. 14, del d.P.R. n. 171 del 1991, l’attribuzione del IV livello del profilo di funzionario di amministrazione – 1 ° aprile 2002 - data della cessazione dal servizio del ricorrente; inoltre, a tale somma deve essere aggiunto anche l'ammontare delle contribuzioni pensionistiche che, in relazione a dette differenze retributive, l'Amministrazione avrebbe dovuto versare all'ente di previdenza obbligatoria.
Sulla somma dovuta complessivamente a titolo di risarcimento del danno, che costituisce un debito di valore, spettano la rivalutazione monetaria fino alla data del soddisfo, e gli interessi calcolati nella misura legale separatamente sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze mensili fino al soddisfo (Cass. civ., III, n. 5671/2010; Cons. Stato, IV, n. 2983/06).
In conclusione, deve essere accolta l’istanza risarcitoria introdotta dal ricorrente; le spese del giudizio seguono la soccombenza, giusta quanto in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in accoglimento della domanda risarcitoria ivi formulata, condanna il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., al pagamento in favore del ricorrente, di una somma da calcolarsi secondo i criteri di cui in parte motiva, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, come per legge.
Condanna, altresì, il Consiglio Nazionale delle Ricerche – Cnr, in persona del legale rappresentante p. t., alla refusione delle spese di lite in favore del ricorrente, liquidate forfetariamente nella somma di € 1.000,00 (mille/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Daniele, Presidente
Donatella Scala, Consigliere, Estensore
Rosa Perna, Primo Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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