domenica 29 settembre 2013

SERVIZI PUBBLICI: gli affidamenti "in house" sono ben ammissibili, purché in concreto rispettino i presupposti comunitari (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, sentenza 23 settembre 2013 n. 780).


SERVIZI PUBBLICI: 
gli affidamenti "in house" sono ben ammissibili, 
purché in concreto rispettino i presupposti comunitari (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 
sentenza 23 settembre 2013 n. 780).


Una sentenza che fa il punto sull'attuale (caotica) normativa in materia di affidamenti in house  e che analizza una fattispecie concreta sui generis (partecipazione dello 0,1% da parte dell'Ente locale) che getta luce e spiega la fattispiece astratta in esame.


Massima

1.  Dal confronto tra i principi comunitari e la (ancora frammentaria) normativa interna, si possono desumere le seguenti indicazioni: 
(a) l’affidamento in house nel rispetto dello schema comunitario è sempre legittimo;
(b) anche la partecipazione alle gare da parte di soggetti in house è legittima, come pure lo svolgimento di attività a favore di terzi, ma espone al rischio di fuoriuscire dallo schema comunitario (se la parte più importante dell’attività non è più svolta con gli enti che detengono il controllo).
In definitiva, un argine contro gli affidamenti in house è rinvenibile unicamente nell’equilibrio che gli operatori economici devono mantenere nella loro attività per rispettare i principi diritto comunitario.
2. Può sussistere controllo analogo, in concreto, anche con una percentuale dello 0,1%.
Nel caso di specie, due le misure adottate dall'Ente locale per garantire lo stesso: 
(a) viene introdotto un comitato di coordinamento, inteso come diretta espressione della popolazione dell'Ente locale che partecipa alle riunioni dell’organo amministrativo ed esprime pareri da cui l’organo amministrativo può discostarsi solo con congrua motivazione; lo stesso Ente ha diritto di nominare un componente (su sette) del comitato di coordinamento i comuni e i raggruppamenti di comuni che rappresentino almeno il 15% della popolazione residente;
(b) i firmatari del patto parasociale si impegnano a votare in assemblea, su questioni che riguardano i servizi prestati in uno specifico comune, in conformità alla volontà espressa dal comune direttamente interessato.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 124 del 2013, proposto da:
APRICA SPA, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Salvadori, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via XX Settembre 8; 
contro
COMUNE DI CALCINATO, rappresentato e difeso dall'avv. Fiorenzo Bertuzzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 9; 
nei confronti di
GARDA UNO SPA, rappresentata e difesa dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Diaz 13/C; 
per l'annullamento
- della deliberazione consiliare n. 61 del 13 dicembre 2012, con la quale è stato affidato in house a Garda Uno spa il servizio di igiene urbana, raccolta e trasporto rifiuti, per un periodo di quindici anni;
- della deliberazione consiliare n. 60 del 13 dicembre 2012, con la quale è stato autorizzato l’acquisto dello 0,1% del capitale di Garda Uno spa per un importo pari a € 10.000;
- con domanda di risarcimento in forma specifica o per equivalente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Calcinato e di Garda Uno spa;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2013 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Calcinato, dopo aver praticato negli ultimi anni l’esternalizzazione della gestione del servizio di igiene urbana, ha deciso (v. deliberazione consiliare n. 61 del 13 dicembre 2012) di affidare il suddetto servizio mediante affidamento in house.
2. Il gestore prescelto è la società Garda Uno spa, di cui il Comune è divenuto socio mediante l’acquisto dello 0,1% del capitale per un importo pari a € 10.000 (v. deliberazione consiliare n. 60 del 13 dicembre 2012). La durata dell’affidamento è pari a quindici anni.
3. La scelta di aggregare il territorio comunale all’ambito già servito da Garda Uno spa è presentata come una forma di attuazione anticipata del principio codificato nell’art. 3-bis commi 1 e 1-bis del DL 13 agosto 2011 n. 138, in base al quale lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica è organizzato in modo unitario all’interno di ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei, tali da consentire economie di scala. Poiché la Regione non ha ancora individuato i bacini territoriali ottimali relativi al servizio di igiene urbana, e non è stato esercitato il potere sostitutivo statale, il Comune si è avvalso della sua autonomia organizzativa provvedendo all’affidamento del servizio.
4. Le ragioni che rendono possibile l’affidamento in house sono state esplicitate dal Comune tramite apposita relazione ai sensi dell’art. 34 comma 20 del DL 18 ottobre 2012 n 179, allegata alla deliberazione consiliare n. 61/2012. Nella predetta deliberazione si sottolinea inoltre che Garda Uno spa opera in regime di equilibrio economico-finanziario e non applica alcun margine di utile finalizzato a produrre dividendi.
5. Contro le deliberazioni consiliari n. 60 e 61 del 13 dicembre 2012 la ricorrente Aprica spa ha presentato impugnazione con atto notificato il 30 gennaio 2013 e depositato il 5 febbraio 2013.
6. Il ricorso ha la finalità di contrastare l’estensione dell’area degli affidamenti in house e di ristabilire la regola secondo cui la via prioritaria di individuazione dei gestori dei servizi rimane la procedura a evidenza pubblica. Nel caso in esame lo strumento dell’in house sarebbe stato applicato in modo scorretto, in quanto: (i) tra i principi generali dell’ordinamento, rintracciabili in via interpretativa al di là delle contingenti forme legislative, ve ne sarebbe uno che subordina l’affidamento in house all’impossibilità di applicare efficacemente in concreto le regole del mercato e della concorrenza (il punto emersione di tale principio, in un determinato momento storico, poteva essere individuato nel previgente art. 23-bis comma 3 del DL 25 giugno 2008 n. 112); (ii) mancherebbe inoltre il requisito del controllo analogo, come definito dalla giurisprudenza comunitaria, essendovi unicamente una minima partecipazione al capitale sociale; (iii) sarebbe violato l’art. 202 comma 6 del Dlgs. 3 aprile 2006 n. 152, che prevede il passaggio diretto e immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti del personale impiegato presso il gestore uscente otto mesi prima dell'affidamento del servizio. Oltre all’annullamento degli atti impugnati è stato chiesto il risarcimento in forma specifica o per equivalente.
7. Il Comune e la controinteressata Garda Uno spa si sono costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
Sull’affidamento diretto
9. Con l’espunzione dall’ordinamento nazionale dell’art. 23-bis del DL 112/2008 per effetto del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011, e poi con la cancellazione dell’art. 4 del DL 138/2011 per intervento della Corte Costituzionale (v. sentenza 20 luglio 2012 n. 199), è venuta meno la possibilità di imporre agli enti locali un percorso ordinato (e scandito da tempi certi) verso la liberalizzazione dei servizi pubblici. Il vuoto normativo provocato dal referendum e dalla sentenza n. 199/2012 non è stato colmato dalla reviviscenza di norme anteriori ma dall’estensione dei principi comunitari (v. TAR Brescia Sez. II 21 febbraio 2013 n. 196).
10. Nell’esame della materia si devono tenere distinte due prospettive, che corrispondono a quesiti diversi: (a) quali limiti possano ancora essere individuati alla scelta dell’opzione in house; (b) quali penalizzazioni possa ancora subire un soggetto in house che partecipi a procedure a evidenza pubblica o comunque svolga attività per conto di terzi.
11. Per quanto riguarda il primo quesito, la giurisprudenza comunitaria sembra ammettere la deroga al principio della procedura a evidenza pubblica ogni volta che un soggetto economico corrisponda al modello comunitario dell’in house. In sintesi, il modello viene rispettato se sussiste il requisito del controllo analogo (“quando l’entità di cui trattasi è assoggettata a un controllo che consente all’amministrazione aggiudicatrice di influenzare le decisioni dell’entità medesima” – v. C.Giust. Sez. III 29 novembre 2012 C-182/11 e C-183/11, Econord, punto 27), e se la parte più importante dell’attività viene svolta con gli enti che detengono il controllo (v. C.Giust. Sez. II 17 luglio 2008 C-371/05, Commissione/Italia, punti 31-32).
12. Per quanto riguarda il secondo quesito, in base alla giurisprudenza comunitaria i soggetti che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, e quindi anche i soggettiin house, possono certamente partecipare alle gare, come del resto possono partecipare in qualità di imprenditori gli stessi enti pubblici (v. C.Giust. Sez. IV 23 dicembre 2009 C-305/08, Conisma, punto 40; C.Giust. Sez. VI 7 dicembre 2000 C-94/99, Arge, punti 28-32).
13. Una parziale traduzione nel diritto interno dei principi comunitari è stata effettuata dall’art. 34 commi 20 e 21 del DL 179/2012. La prima norma (comma 20) stabilisce che la scelta della modalità di affidamento dei servizi pubblici (qualsiasi modalità: gara, in house, società mista, partenariato) deve essere motivata per dimostrarne la conformità al diritto comunitario. La seconda norma (comma 21) prevede una verifica sugli affidamenti in essere e l’adeguamento degli stessi ai principi comunitari entro il termine del 31 dicembre 2013, a pena di decadenza.
14. Dal confronto tra i principi comunitari e la (ancora frammentaria) normativa interna, si possono desumere le seguenti indicazioni: (a) l’affidamento in housenel rispetto dello schema comunitario è sempre legittimo; (b) anche la partecipazione alle gare da parte di soggetti in house è legittima, come pure lo svolgimento di attività a favore di terzi, ma espone al rischio di fuoriuscire dallo schema comunitario (se la parte più importante dell’attività non è più svolta con gli enti che detengono il controllo).
15. I soggetti che, come la ricorrente, si sentono danneggiati dalla restrizione degli spazi di mercato conseguente alla proliferazione degli affidamenti in house non possono quindi trovare tutela immediata contro i suddetti affidamenti, ma possono eventualmente ottenere che sia dichiarata la contrarietà al diritto comunitario (v. art. 106 par. 1 TFUE), e quindi la sopravvenuta inefficacia, degli affidamenti diretti attribuiti a operatori economici che nel tempo abbiano perso la caratteristica di soggetti in house secondo lo schema comunitario.
16. In definitiva, un argine contro gli affidamenti in house è rinvenibile unicamente nell’equilibrio che gli operatori economici devono mantenere nella loro attività per rispettare i principi diritto comunitario.
17. Nell’ordinamento nazionale sono poi state introdotte altre linee di resistenza all’utilizzazione degli affidamenti in house, attraverso norme di finanza pubblica. In particolare: (a) l’art. 3-bis comma 3 del DL 138/2011 prevede che l’affidamento dei servizi pubblici tramite procedure a evidenza pubblica costituisca elemento di valutazione della virtuosità degli enti locali ai fini del nuovo patto di stabilità interno; (b) il successivo comma 4 dispone che i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali siano prioritariamente attribuiti ai gestori dei servizi pubblici selezionati tramite procedura a evidenza pubblica; (c) il comma 5 infine stabilisce che i gestori in house sono assoggettati al patto di stabilità interno.
18. Questa disciplina ha superato l’esame di legittimità costituzionale (v. C.Cost. 20 marzo 2013 n. 46) principalmente perché favorisce la liberalizzazione attraverso una tecnica premiale che non lede l’autonomia regionale. Non è quindi possibile estrarre da queste norme dei criteri immediatamente utilizzabili nella valutazione di legittimità degli atti amministrativi, se non la regola generale che non possono essere adottate soluzioni palesemente sbilanciate a favore della gestione in house e a detrimento delle procedure a evidenza pubblica. Tuttavia, l’applicazione di questa regola è estremamente complessa, in quanto occorrerebbe dimostrare in concreto che un ente pubblico preferisce la soluzione in house accettando non solo le penalizzazioni sul piano della finanza pubblica ma la prospettiva verosimile di una gestione economicamente svantaggiosa.
Sul controllo analogo
19. Come si è visto sopra, il requisito del controllo analogo, presupposto irrinunciabile della gestione in house secondo la consolidata giurisprudenza comunitaria, è stato ottenuto mediante l’acquisto dello 0,1% del capitale di Garda Uno spa per un importo pari a € 10.000.
20. Tale partecipazione minoritaria deve essere collocata nel contesto dell’ordinamento statutario di Garda Uno spa:
(a) si tratta di una società che ha avuto origine dalla trasformazione del Consorzio intercomunale istituito nel 1974 con lo scopo di preservare e risanare le acque del lago di Garda, proteggere l’ambiente e gestire beni di interesse collettivo. L’attività attuale si pone in continuazione con quella del Consorzio (art. 3.1 dello statuto);
(b) l’intero capitale sociale è ripartito tra enti pubblici locali, ed è vietata la partecipazione di soggetti privati (art. 6.4 e 8.2 dello statuto). L’eventuale cessione di azioni a privati è inefficace verso la società e non dà diritto di voto in assemblea (art. 8.18 dello statuto);
(c) l’espletamento di servizi a favore di soggetti diversi dai soci può avvenire nel limite del 20% del volume d’affari medio dell’ultimo triennio (art. 4.3 dello statuto). È comunque vietata la partecipazione a procedure di gara per l’affidamento di servizi da parte di enti non soci (art. 4.3 dello statuto);
(d) ogni azione dà diritto a un voto (art. 7.1 dello statuto). In aggiunta alle facoltà derivanti dalla partecipazione azionaria sono previsti (art. 5 dello statuto) poteri di controllo dei singoli soci in relazione al rispettivo territorio: diritto di accesso, redazione di convenzioni e disciplinari nell’ambito di iniziative o strategie anche sovracomunali, vigilanza sul corretto adempimento degli obblighi stabiliti dal contratto di servizio.
21. Il quadro appena descritto si riferisce allo statuto approvato il 26 aprile 2007 e appare coerente con lo schema comunitario dell’in house, in particolare se si tiene presente che tale impostazione è anteriore ad alcune importanti precisazioni della giurisprudenza comunitaria sulla necessità che il socio ultraminoritario eserciti il proprio controllo non solo in forma congiunta con gli altri enti pubblici ma anche in modo effettivo (v. C.Giust. Sez. III 29 novembre 2012 C‑182/11 e C‑183/11, Econord, punti 31-33; C.Giust. Sez. III 10 settembre 2009 C-573/07, Sea, punti 81-86; C.Giust. Sez. III 13 novembre 2008 C-324/07, Coditel Brabant, punto 46).
22. Successivamente all’adozione delle deliberazioni qui impugnate ma prima dell’odierna udienza pubblica di decisione della causa, il consiglio di amministrazione di Garda Uno spa ha approvato il 16 aprile 2013 alcune modifiche statutarie e il contestuale patto parasociale che rafforzano in modo significativo il ruolo dei soci minoritari e ultraminoritari. In particolare:
(a) viene introdotto un comitato di coordinamento, inteso come diretta espressione della popolazione degli enti locali, che partecipa alle riunioni dell’organo amministrativo ed esprime pareri da cui l’organo amministrativo può discostarsi solo con congrua motivazione (art. 24-bis dello statuto). Hanno diritto di nominare un componente (su sette) del comitato di coordinamento i comuni e i raggruppamenti di comuni che rappresentino almeno il 15% della popolazione residente (art. 24-ter dello statuto);
(b) i firmatari del patto parasociale si impegnano a votare in assemblea, su questioni che riguardano i servizi prestati in uno specifico comune, in conformità alla volontà espressa dal comune direttamente interessato.
23. Tali innovazioni da un lato attribuiscono rilievo direttamente alla popolazione e dall’altro (attraverso il patto parasociale) assicurano a ciascun comune il ruolo di dominus nelle decisioni circa il frammento di gestione relativo al proprio territorio. Si può quindi considerare pienamente dimostrata l’attuale esistenza di un controllo analogo esteso anche ai comuni con partecipazioni sociali minime.
Sul passaggio di personale
24. L’art. 202 comma 6 del Dlgs. 152/2006 stabilisce che vi sia un passaggio diretto e immediato al nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti del personale impiegato a una certa data presso il gestore uscente. La norma si applica espressamente anche nel caso in cui il gestore uscente sia un’impresa privata.
25. Una simile previsione, pur avendo di mira un obiettivo di sicura utilità sociale come la tutela dell’occupazione, si espone a dubbi di costituzionalità, in quanto fa gravare sul nuovo gestore un costo aggiuntivo che può poi tradursi in incrementi tariffari per gli utenti o in minore qualità del servizio, oppure può costituire ex ante un disincentivo alla partecipazione a eventuali gare (una questione in termini analoghi è stata in effetti sollevata, ma è stata dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale con sentenza 24 luglio 2009 n. 249).
26. Un’impostazione più attenta alla mediazione tra i diversi interessi meritevoli di tutela è quella seguita nella disciplina sopravvenuta, e in particolare nell’art. 3-bis comma 2 del DL 138/2011. In base a tale norma, infatti, nelle procedure a evidenza pubblica l'adozione di strumenti di tutela dell'occupazione costituisce elemento di valutazione dell'offerta e non condizione per il subentro nel servizio.
27. In ogni caso, i problemi del transito del personale dal vecchio al nuovo gestore sono complessi e devono essere esaminati in concreto al momento del cambio di gestione. Normalmente dovrà intervenire la mediazione di appositi accordi sindacali, essendo necessario ordinare e graduare posizioni e aspettative non sempre omogenee (i lavoratori, in ipotesi, potrebbero essere impegnati in più gestioni per conto di comuni diversi, oppure potrebbero essere interessati a rimanere alle dipendenze del vecchio gestore con un parziale cambio di mansioni).
28. Non può quindi costituire un sintomo di illegittimità il fatto che la scelta relativa alla forma di gestione del servizio e all’individuazione del soggetto affidatario non entri in questioni organizzative di estremo dettaglio.
Conclusioni
29. Sulla base delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, sia nella parte impugnatoria sia in relazione alla domanda risarcitoria. La complessità di alcune questioni consente l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, respinge il ricorso. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere, Estensore
Stefano Tenca, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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