PROCESSO:
il ricorso per l'ottemperanza non è utilizzabile per l'esecuzione di pronunce di rigetto
(Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 maggio 2013, n. 2724)
Massima
E' legittimato a chiedere le misure esecutive di una sentenza solo chi abbia proposto una domanda in sede di cognizione, quando questa sia stata accolta, e non anche il controinteressato soccombente in primo grado, che abbia ottenuto all’esito del giudizio di appello la reviviscenza dell’atto impugnato (di cui è beneficiario).
La pronuncia di rigetto lascia invariato l’assetto giuridico dei rapporti precedente alla proposizione del giudizio (rimanendo indifferente che la sentenza di rigetto sia stata pronunciata in primo grado ovvero in appello, con una sentenza di riforma della pronuncia di accoglimento emessa dal primo giudice).
Se all’esito del giudizio sono mantenuti fermi gli effetti di un provvedimento che comporta un obbligo di fare (come nella specie,, una ordinanza di demolizione), la fonte di tale obbligo continua ad essere il provvedimento amministrativo (e non la sentenza del giudice, che si è limitata a respingere il ricorso contro di esso).
L’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto può essere dunque chiesto da chi vi abbia titolo secondo gli strumenti consentiti dal sistema (se del caso, contestando il silenzio dell’Amministrazione), ma non anche col rimedio del giudizio d’ottemperanza, che postula una statuizione del giudice che abbia innovato la sfera giuridica dell’Amministrazione, con i propri effetti d’annullamento, ripristinatori o conformativi.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3709 del 2012,
proposto da Il Fienile s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Lembo, con domicilio
eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via G.G.Belli,39;
contro
Immobiliare Francesca s.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.
Roberto Righi, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo in Roma, via
G.Carducci, 4;
Comune di Montecatini Terme, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Rossana Parlanti e Roberto
Martire, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto Martire in
Roma, Circonvallazione Clodia, 86;
nei confronti di
Inps – Istituto nazionale della Previdenza Sociale,
già Inpdap, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso per legge dagli avv. Giuseppe Fiorentino, Giuseppe
Cipriani, domiciliata in Roma, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, in
Roma, Via Cesare Beccaria, 29;
Roberto Gonfiotti;
per l’ottemperanza
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n.
4589/2004, resa tra le parti, concernente l’ottemperanza alla sentenza n.
4589/2004 della Sezione VI del Consiglio di Stato, in tema di demolizione di
opere abusive per il ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della
Immobiliare Francesca Srl , del Comune di Montecatini Terme e dell’Inps
(succeduto all’Inpdap);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 marzo
2013 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Lembo e
l’avvocato Sanino, per delega dell'avvocato Martire;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. Viene in decisione il ricorso proposto dalla
società Il Fienile s.r.l. volto ad ottenere l’ottemperanza alla sentenza del
Consiglio di Stato n. 4589/2004, con la quale, in riforma della sentenza emessa
dal TAR Toscana n. 601/2000, è stato accolto l’appello proposto dalla società
odierna ricorrente e per l’effetto, è stato respinto il ricorso di primo grado
proposto dall’Immobiliare Francesca s.r.l. avverso l’ordinanza del Comune di
Montecatini Terme n. 86/1998, con la quale si ordinava la rimozione e la
demolizione di uno “stradello” insistente su un fondo di proprietà dell’INPDAP
(ora INPS) e sul quale grava una società di passaggio a favore della società il
Fienile.
2. Si è costituita in giudizio l’INPS, quale
successore ex lege dell’INDPAP ai sensi dell’art. 21, comma 1, d.l. 6 dicembre
2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214 che ha chiesto che
il ricorso venga dichiarato improcedibile o, comunque, sia rigettato, assumendo
la già avvenuta esecuzione dell’ordinanza di demolizione.
3. Si è costituito in giudizio anche il Comune di
Montecatini Terme, il quale, a sua volta, ha evidenziato che l’ordinanza di
demolizione di cui si è occupata la sentenza ottemperanda (che ha respinto il
ricorso di primo grado avverso la medesima proposto) è già stata eseguita, e
che lo “stradello” di cui in questa sede si chiede di nuovo la demolizione
sarebbe stato realizzato successivamente alla precedente demolizione.
4. Anche l’Immobiliare Francesca s.r.l., nel
costituirsi in giudizio, ha evidenziato la già avvenuta esecuzione
dell’ordinanza di demolizione.
5. Con memoria difensiva depositata il 9 novembre
2012, la società ricorrente, in replica alla difese avversaria, ha evidenziato,
tuttavia, che l’originaria ordinanza di demolizione dello stradello in
questione non ha mai avuto una completa attuazione ed ha insistito quindi per
l’accoglimento del ricorso.
6. Alla camera di consiglio del 19 marzo 2013, la
causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Per orientamento ripetutamente seguito dal
Consiglio di Stato e dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, “il
ricorso per l’esecuzione del giudicato – strumento processuale previsto
dall’ordinamento per l’esecuzione coattiva delle pronunce passate in giudicato
– non è utilizzabile per l’esecuzione delle pronunce di rigetto, anche in
mancanza di un’espressa regola che circoscriva l’ottemperanza alle sole
decisioni di accoglimento” (in tal senso Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2013,
n. 1675; Cons. Stato, VI, 13 dicembre 2011, n. 6532; cfr., inoltre, Cons.
Stato, VI, 1° settembre 2009, n. 5114).
E’ stato, infatti, chiarito, a tale riguardo, che,
relativamente alle decisioni del giudice amministrativo, sono le statuizioni
preordinate ad una pronuncia di accoglimento a far nascere per
l’Amministrazione destinataria un obbligo di ottemperanza, che può dirsi
adempiuto solo se vengono posti in essere atti completamente satisfattivi
rispetto a quelle statuizioni.
In altri termini, è legittimato a chiedere le misure
esecutive di una sentenza solo chi abbia proposto una domanda in sede di
cognizione, quando questa sia stata accolta, e non anche il controinteressato
soccombente in primo grado, che abbia ottenuto all’esito del giudizio di
appello la reviviscenza dell’atto impugnato (di cui è beneficiario).
La pronuncia di rigetto lascia invariato l’assetto
giuridico dei rapporti precedente alla proposizione del giudizio (rimanendo
indifferente che la sentenza di rigetto sia stata pronunciata in primo grado
ovvero in appello, con una sentenza di riforma della pronuncia di accoglimento
emessa dal primo giudice).
Se all’esito del giudizio sono mantenuti fermi gli
effetti di un provvedimento che comporta un obbligo di fare (come nella
specie,, una ordinanza di demolizione), la fonte di tale obbligo continua ad
essere il provvedimento amministrativo (e non la sentenza del giudice, che si è
limitata a respingere il ricorso contro di esso).
L’adeguamento della situazione di fatto a quella di
diritto può essere dunque chiesto da chi vi abbia titolo secondo gli strumenti
consentiti dal sistema (se del caso, contestando il silenzio
dell’Amministrazione), ma non anche col rimedio del giudizio d’ottemperanza,
che postula una statuizione del giudice che abbia innovato la sfera giuridica
dell’Amministrazione, con i propri effetti d’annullamento, ripristinatori o
conformativi.
Tale regola, del resto, si applica anche quando nel
corso del giudizio sia stata modificata la situazione di fatto in seguito
all’accoglimento di una domanda cautelare: non assume rilievo, in senso
contrario, il principio desumibile dall’articolo 336, comma 2, cod. proc. civ.
secondo cui "la riforma o la cassazione della sentenza estende i suoi
effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o
cassata", in quanto la disposizione riguarda i provvedimenti e gli atti
del giudice e comunque non fornisce alcuna indicazione riguardante le modalità
attraverso le quali far valere gli effetti di un atto amministrativo non
annullato in sede giurisdizionale (ovvero le conseguenze degli adempimenti di
obbligazioni pecuniarie), posti in essere in esecuzione della sentenza di primo
grado riformata in appello (cfr. Cons. Stato, VI, 19 settembre 2008, n. 4523;
VI, 13 dicembre 2011, n. 6532).
Ciò comporta che non può essere disposta in via
coattiva nella presente sede di ottemperanza l’adeguamento della situazione di
fatto a quella di diritto coerente con l’assetto dei rapporti esistente
anteriormente al giudizio.
3. Per le esposte ragioni, il ricorso va dichiarato
inammissibile.
Si ravvisano, in considerazione delle particolarità e
del carattere interpretativo della controversia giustificate ragioni di
compensazione della spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in ottemperanza (R.G. n.
3709/2012), come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 19 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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