lunedì 20 maggio 2013

PUBBLICO IMPIEGO - FORZE ARMATE Il carabiniere deve ispirare la sua condotta ai valori del Corpo anche se in quiescenza (T.A.R. Trieste Friuli Venezia Giulia sez. I, 11 febbraio 2013, n. 72).


Quando sia in questione il comportamento di un militare, nel caso di specie un appartenente all'Arma dei Carabinieri, ancorché in quiescenza, la sua condotta deve essere valutata con particolare severità, per la delicatezza dei compiti affidatigli e per il rapporto di fiducia che deve necessariamente sussistere tra cittadini e Forze dell'ordine.
FATTO
Il ricorrente, tenente dei Carabinieri in congedo, contesta la sanzione disciplinare di perdita del grado; fa presente di essere stato implicato in un'indagine penale riguardante fatti successivi al collocamento a riposo quando rivestiva la qualità di comandante della Polizia Locale della Bassa Valsugana e Tesino, sfociata in una sentenza di condanna patteggiata.
Considera illegittimo il provvedimento per i motivi di seguito compendiati.
Sarebbe stata violato l'art. 9 della legge 19/90, gli artt. 97 e 111 della Costituzione l'art. 2 della legge 241 del 1990, sarebbero stati violati i principi di certezza del diritto e ragionevolezza del termine di conclusione del procedimento e del buon andamento. Il ricorrente ritiene che i termini di 90 giorni per la conclusione del procedimento si applichi anche nel caso di sentenza patteggiata.
Altra censura concerne la violazione dell'art. 74 e seguenti della legge 113 del 1954 e 6 della legge 241 del 1990 per la carenza dell'istruttoria.
Il terzo motivo riguarda la violazione dell'art. 70 della legge 113 del 1954, del principio di proporzionalità, la carenza di istruttoria e di motivazione in riferimento a sanzioni alternative.
Altra doglianza riguarda la carenza di motivazione.
Ulteriore censura riguarda la violazione dell'art. 87 della legge 113 del 1954 eventualmente previa questione di costituzionalità per contrasto con i diritti della difesa ex artt. 3, 24 e 111 costituzione.
A seguito della produzione di documento il ricorrente ha proposto motivi aggiunti, in particolare sulla carenza di motivazione e per violazione dell'art. 87 della legge 113 del 1954 e per ulteriore carenza di motivazione.
Resiste in giudizio l'amministrazione che confuta tutte le censure di parte ricorrente.
In successiva articolata memoria depositata il 4 gennaio 2013 il ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie tesi.
Nel corso dell'udienza pubblica del 6 febbraio 2013 la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO
Oggetto della presente controversia è la sanzione di perdita del grado di un tenente dei carabinieri in congedo.
Va doverosamente premesso che, quando sia in questione il comportamento di un militare, nel caso un appartenente all'Arma dei Carabinieri, ancorché in quiescenza, la sua condotta deve essere valutata con particolare severità, per la delicatezza dei compiti affidatigli e per il rapporto di fiducia che deve necessariamente sussistere tra cittadini e forze dell'ordine.
Inoltre, considerata l'ampia discrezionalità che spetta all'amministrazione nell'ambito di un procedimento disciplinare, esso può essere contestato in sede di giudizio di legittimità solo in presenza o di palesi vizi procedurali ovvero qualora le incongruenze e illogicità risultino macroscopiche.
Ciò premesso il presente ricorso va esaminato in dettaglio.
La censura di tipo procedurale risulta fondata, in quanto i tempi del procedimento disciplinare, fissati dalla legge 97 del 2001, non sono stati rispettati.
Tale normativa prevede che l'inizio del procedimento decorre dalla data di conoscenza della sentenza irrevocabile di patteggiamento, e deve concludersi nel termine perentorio di 270 giorni.
Orbene, nel caso la sentenza irrevocabile risulta acquisita dall'amministrazione il 20 gennaio 2009, laddove il procedimento disciplinare si concludeva il 6 novembre 2009, per cui il termine di 270 giorni non risulta rispettato.
Quanto testé esaminato risulta sufficiente per accogliere il ricorso e annullare il provvedimento ministeriale gravato, laddove le spese di giudizio, secondo la regola codicistica, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla l'impugnato provvedimento.
Condanna l'amministrazione alla rifusione a favore del ricorrente delle spese e onorari di giudizio che liquida in euro 3.000 oltre agli accessori di legge (IVA se dovuta e CAP) e al rimborso del contributo unificato nella misura versata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente, Estensore
Enzo Di Sciascio, Consigliere
Oria Settesoldi, Consigliere


DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 11 FEB. 2013.

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