martedì 11 novembre 2014

EDILIZIA: la pertinenza "ammministrativistica" e la sua diversità da quella "civilistica" (T.A.R. LAzio, Roma, Sez. II-bis, sentenza 10 novembre 2014, n. 11278).


EDILIZIA: 
la pertinenza "ammministrativistica" 
e la sua diversità da quella "civilistica"
 (T.A.R. LAzio, Roma, Sez. II-bis, 
sentenza 10 novembre 2014, n. 11278)



Massima

1. Costituisce ius receptum il principio secondo cui il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire.
2. Nel caso di specie, al ricorrente è stata contestata la realizzazione di una tettoia di profondità pari ad un metro che si sviluppa per una lunghezza di metri 4. La descritta consistenza del manufatto è all’evidenza privo di “una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione” determina che l’opera possa essere compresa fra gli “interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” di cui all’art. 31, lett. b) della L. n. 457/1978 per i quali, a norma del successivo art. 48, co. 1, “la concessione prevista dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, è sostituita da una autorizzazione del sindaco ad eseguire i lavori”.
3. Come, infatti, già chiarito in giurisprudenza “la linea di demarcazione avuta di mira dal legislatore dell'epoca nella individuazione del discrimen tra manutenzione straordinaria e vera e propria ristrutturazione edilizia” è rappresentata dalla rilevazione di “modifiche tali da alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari”: caratteri non rinvenibili nella realizzazione contestata con il provvedimento oggetto del presente giudizio.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9860 del 1999, proposto da:
Di Maio Andrea, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Gilberto Correani e Daniele De Angelis, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, circonvallazione Trionfale n. 145; 
contro
Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. Cristina Montanaro presso il quale elegge domicilio, in Roma, via Tempio di Giove n. 21; 
per l'annullamento
della Relazione tecnica n. 6783 del 15 febbraio 1999;
della nota del Comando della Polizia Municipale n. n. 4663 del 19 febbraio 1999;
dell’ordine di sospensione dei lavori n. 419 del 4 marzo 1999;
dell’ordine di demolizione n. 649 del 9 aprile 1999;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2014 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con determinazione dirigenziale n. 649 del 9 aprile 1999, l’Amministrazione comunale di Roma ha ordinato al ricorrente la demolizione di opere realizzate sul terrazzo della propria abitazione consistenti in una tettoia con struttura portante in legno e copertura in coppi di materiale plastico e in un manufatto in muratura posto in essere ad ampliamento del fabbricato preesistente.
Il ricorrente ha impugnato il citato provvedimento deducendo una pluralità di profili di illegittimità.
L’Amministrazione comunale si è costituita in giudizio confutando le avverse doglianze e chiedendo la reiezione del ricorso.
All’esito della pubblica udienza del 14 ottobre 2014, la causa veniva decisa.
Il ricorrente, con un primo ordine di doglianze, contesta che la tettoia in questione si presti ad essere qualificata come nuova costruzione, soggetta in quanto tale al previo rilascio di una concessione edilizia, atteso che detto manufatto consisterebbe in una semplice pensilina posta a protezione degli infissi dell’abitazione che, in quanto opera priva di autonomia rispetto alla costruzione principale, rappresenterebbe una mera pertinenza.
La doglianza è fondata.
E’ noto al collegio l’orientamento giurisprudenziale in base al quale “il concetto di pertinenza, previsto dal diritto civile, va distinto dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso edilizio e urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire (TAR Campania, Napoli, Sez. II, 15 maggio 2014, n. 2710)
Deve, tuttavia, rilevarsi che, nel caso di specie, al ricorrente viene contestata la realizzazione di una tettoia di profondità pari ad un metro che si sviluppa per una lunghezza di metri 4.
La descritta consistenza del manufatto, all’evidenza privo di “una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione” determina che l’opera possa essere compresa fra gli “interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso” di cui all’art. 31, lett. b) della L. n. 457/1978 per i quali, a norma del successivo art. 48, comma 1, “la concessione prevista dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, è sostituita da una autorizzazione del sindaco ad eseguire i lavori”.
Come, infatti, già chiarito in giurisprudenza “la linea di demarcazione avuta di mira dal legislatore dell'epoca nella individuazione del discrimen tra manutenzione straordinaria e vera e propria ristrutturazione edilizia” è rappresentata dalla rilevazione di “modifiche tali da alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari” (TAR puglia, Lecce, Sez. I, 8 marzo 2006, n. 1426): caratteri non rinvenibili nella realizzazione contestata con il provvedimento oggetto del presente giudizio.
Con un secondo ordine di doglianze, formulato con riferimento alla rilevata abusività del manufatto in muratura, il ricorrente deduce il difetto di istruttoria e di motivazione evidenziando, sotto un primo profilo, che il contestato ampliamento del locale adibito a servizi igienici dell’appartamento al piano, senza creazione di un ulteriore vano, integrerebbe un intervento di restauro e risanamento conservativo soggetto a DIA che, anche quanto realizzato in assenza di titolo, non consentirebbe l’adozione della misura ripristinatoria ma della sola sanzione pecuniaria ex art. 10 della L. n. 47/1985.
In subordine deduce che la remissione in pristino rappresenterebbe, in ogni caso, una misura sproporzionata in ragione del tempo trascorso e della non scorporabilità dell’opera dalla restante parte dell’immobile.
L’Amministrazione, infine, non avrebbe accertato la pregressa consistenza del fabbricato (né avrebbe consentito al ricorrente l’accesso ai relativi atti), non avrebbe individuato il periodo cui risalirebbero i lavori contestati, né avrebbe considerato che la demolizione del bagno farebbe venir meno i requisiti igienico sanitari dell’abitazione.
Il motivo è fondato.
A tacere del fatto che l’Amministrazione non ha in alcun modo comprovato o documentato la difformità rilevata né in parte motiva del provvedimento (redatto in forma estremamente sintetica) né in corso di giudizio mediante produzioni documentali, deve rilevarsi che il manufatto in ipotesi realizzato dal ricorrente consisterebbe in un ampliamento del servizio igienico esistente rientrante, ai sensi dell’art. 31, lett. c) della L. n. 457/1978 fra gli interventi in relazione ai quali è richiesta la presentazione della D.I.A.. (“c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”)
Chiarito nei suesposti termini il regime autorizzatorio cui doveva soggiacere l’intervento in questione, non poteva precedersi all’applicazione della misura demolitoria trovando applicazione l’art. 10, comma 1, della L. n. 47/1985, a norma del quale “l'esecuzione di opere in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente o in difformità da essa comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione delle opere stesse”.
Con un terzo e ultimo ordine di doglianze, il ricorrente, una volta accertato che l’abuso contestatogli non determina il ripristino dello stato dei luoghi ma potrebbe comportare la sola applicazione di una sanzione pecuniaria, deduce che questa dovrebbe essere comminata all’effettivo responsabile dell’abuso individuabile in un precedente proprietario dell’unità abitativa.
Sull’Amministrazione, pertanto, graverebbe l’obbligo di accertare l’epoca dell’abuso e il soggetto che dall’intervento ne avrebbe tratto un effettivo beneficio.
La doglianza, in quanto diretta a neutralizzare gli effetti di un futuro ed eventuale provvedimento sanzionatorio, è inammissibile poiché non sorretta da alcun concreto ed attuale interesse.
Per quanto precede il ricorso deve essere accolto limitatamente alla domanda di annullamento dell’ordine di demolizione.
La specificità delle questioni oggetto del giudizio determina la compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente
Elena Stanizzi, Consigliere
Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/11/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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