ADUNANZE PLENARIE:
la riscossione della cauzione
in danno delle imprese partecipanti
e non aggiudicatrici
(Ad. Plen.,
sentenza 10 dicembre 2014, n. 34)
Quanto vorrei dedicarmi di più al blog...
Gli impegni purtroppo mi assorbono (e temo mi assorbiranno nel breve periodo).
Speriamo, quindi, in un 2015 (non solo per me), se non meno faticoso, almeno meglio organizzato, così da essere più gratificante.
Per ora ripartiamo con un "classico" del blog: la Plenaria (l'ultima la n. 34/14).
A presto.
Massima
E’
legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di
affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione
provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma
solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di
carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 27 di A.P. del 2014, proposto da:
Comune di Erice, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Ciaravino, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
Comune di Erice, rappresentato e difeso dall'avv. Salvatore Ciaravino, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Scs
Costruzioni Edili Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro De Luca, con
domicilio eletto presso Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma,
piazza Capo di Ferro, 13;
per
la riforma
della
sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE III n. 00637/2013, resa tra le
parti, concernente rimessione all'adunanza plenaria con sentenza non definitiva
n.508/2014 del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia- in
relazione ad atti relativi all’ affidamento di lavori urgenti per la
manutenzione e il rifacimento di condotte idriche
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio di Scs Costruzioni Edili Srl;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014 il Cons. Sergio De Felice e udito
per le parti l’ avvocato Ciaravino;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso in appello proposto al Consiglio di Giustizia amministrativa per la
Regione Siciliana, il Comune di Erice impugnava la sentenza n.637 del 2013, con
la quale il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo, sez. III, aveva accolto,
nei limiti di cui in motivazione, il ricorso, promosso in primo grado dalla
S.C.S. costruzioni edili s.r.l. (d’ora in poi: SCS) avverso il provvedimento,
prot. n. 39705, del 10 ottobre 2012, di comunicazione dell’esclusione dalla
gara di appalto e della determinazione dirigenziale n. 366 dell’8 ottobre 2012,
con la quale si era stabilito di provvedere alla escussione della cauzione
provvisoria, di euro 12.360,00, versata dalla stessa partecipante SCS a corredo
dell’offerta e gli atti presupposti.
La
società SCS aveva partecipato a una gara indetta dal Comune di Erice per
l’affidamento dei lavori urgenti di manutenzione e rifacimento delle condotte
idriche di Casa Santa e Pizzolungo di Erice; il termine di presentazione delle
offerte, da far pervenire all’Ufficio regionale per l’espletamento delle gare
di appalto (U.R.E.G.A.) – servizio provinciale di Trapani, era stato stabilito
nel giorno 5 luglio 2012.
A
seguito di una segnalazione del Comune di Erice in data 19 settembre 2012,
inerente ad una presunta non veridicità delle dichiarazioni di regolarità
contributiva prodotte da alcune imprese concorrenti, tra le quali anche la SCS
(v. il verbale di seduta n. 6 del giorno 8 ottobre 2012), la commissione di
gara insediata presso l’U.RE.G.A. aveva disposto la rinnovazione degli atti di
gara e la conseguente esclusione di taluni operatori economici, compresa la
SCS; l’esclusione era stata motivata facendosi riferimento all’assenza di
regolarità contributiva e alla discrasia tra la situazione reale (d.u.r.c. non
regolare) e la dichiarazione resa, da dette imprese, in sede di partecipazione
alla gara; con determinazione dirigenziale n. 366 del 10 ottobre 2012, il
Comune di Erice aveva aggiudicato in via definitiva la gara ad altra impresa
(la NA.SA. costruzioni s.r.l.), con contestuale escussione, nei confronti delle
concorrenti escluse, della cauzione provvisoria (nella misura del 2% del valore
dell’appalto esitato) prodotta con le modalità fissate dalla lex specialis
della procedura, oltre a segnalare l'accaduto all'Autorità per la Vigilanza sui
Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture ai fini dell'eventuale
inserimento nel casellario informatico, e all'Autorità Giudiziaria, in merito
alle dichiarazioni non veritiere rese in sede di partecipazione alla gara.
La
SCS aveva proposto ricorso al T.a.r. onde ottenere l’annullamento delle
surrichiamate determinazioni con le quali il Comune di Erice aveva disposto
l’esclusione dalla gara indetta e l’incameramento della garanzia provvisoria.
Il
giudice di primo grado aveva respinto il motivo con cui la ricorrente aveva
dedotto che l’asserita assenza di regolarità contributiva fosse il frutto di
violazioni non gravi e comunque non definitivamente accertate e che la
dichiarazione di regolarità contributiva, da essa prodotta ai fini della
partecipazione alla gara, era corredata dal d.u.r.c. (regolare) rilasciato
dalla Cassa edile di Catania in data 5 giugno 2012, versato in copia agli atti
del giudizio; secondo la sentenza di primo grado era da escludere, ai fini
della legittima partecipazione ad una gara, l’effetto sanante di una successiva
regolarizzazione dei pagamenti.
Veniva
invece accolto il secondo motivo dell’originario ricorso, diretto contro
l’incameramento della garanzia provvisoria prestata ai sensi degli artt. 75 e
113 del sunnominato D.Lgs. n. 163/2006, in quanto, secondo il giudice di prime
cure, in tema di gare per l’affidamento di appalti di lavori pubblici, l’art.
48 d.lgs. 12 aprile 2006, n.163, ammette l’escussione della garanzia
provvisoria nei confronti di un’impresa partecipante alla gara e non risultata
aggiudicataria soltanto quando, in sede di controllo a campione
circa il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa (c.d. requisiti speciali), il concorrente non confermi o
non comprovi quanto dichiarato all’atto dell’offerta in ordine ai suddetti
requisiti; mentre nessuna disposizione consente di sanzionare con
l’incameramento della garanzia i soggetti non aggiudicatari, come la
ricorrente, che hanno reso una dichiarazione ex art. 38, d.lgs. n.163 del 2006,
non veridica e che sono risultati privi dei correlati requisiti di ordine
generale.
Nel
caso di specie, peraltro, l’operato dell’Amministrazione non poteva neanche
dirsi agganciato alla littera legisdel disciplinare di gara
(peraltro impugnato) il quale, ad una lettura improntata al rispetto del
principio di buona fede oggettiva che deve governare anche l’interpretazione
degli atti amministrativi, non prescriveva chiaramente l’obbligo di escutere la
garanzia in capo ai soggetti non aggiudicatari della gara.
Avverso
la sentenza di primo grado proponeva appello il Comune di Erice, contestando le
statuizioni aventi ad oggetto, rispettivamente, l’accoglimento del secondo
motivo di appello e la compensazione delle spese processuali del primo grado di
giudizio, sviluppando, in sostanza, un unico articolato motivo, rubricato “violazione
e falsa applicazione degli artt. 38, 48, 49 e 75 del D.Lgs. n. 163/2006, nonché
dei principi generali in materia di incameramento della cauzione provvisoria;
violazione e falsa applicazione dell'art. 40 del D.Lgs. n. 104/2010, n. 104;
illogicità, contraddittorietà e carenza della motivazione”.
Secondo
il mezzo di gravame riassumibile la pronuncia gravata sarebbe ingiusta ed
errata, in quanto l'escussione della cauzione a seguito di false dichiarazioni,
seppur relative ai requisiti di carattere generale, era prevista dal
disciplinare di gara, laddove, con riferimento alla «procedura di
aggiudicazione» testualmente si disponeva che la Commissione procedesse “a)
all'esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non risulti confermato il
possesso dei requisiti generali...;…
c)
alla comunicazione di quanto avvenuto agli uffici della Amministrazione
appaltante cui spetta di provvedere all'escussione della cauzione provvisoria,
alla segnalazione, ai sensi dell'art. 48 D.L.vo n. 163/2006 e all'art. 8, comma
1, del D.P.R. n. 207/2010, del fatto all'Autorità per la Vigilanza sui
contratti pubblici e all'Osservatorio Regionale dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture ai fini dell'adozione da parte della stessa dei
provvedimenti di competenza, nonché all'eventuale applicazione delle norme
vigenti in materia di false dichiarazioni".
La lex
specialis della procedura prevedeva, dunque, secondo l’appello in modo
chiaro ed espresso – diversamente, quindi, da quanto opinato al riguardo dal
Tribunale - che l'escussione della cauzione dovesse far seguito all'esclusione
dalla gara dei concorrenti per i quali non fosse stato confermato il possesso
dei requisiti generali.
Tale
clausola sarebbe stata inserita proprio allo scopo di evitare l'insorgere di un
eventuale contenzioso nell'ipotesi in cui l'esclusione fosse stata disposta,
come avvenuto nella fattispecie, a fronte dell'insussistenza, non già di un
requisito tecnico-economico, bensì di un requisito di carattere generale: tanto
al fine di disincentivare i comportamenti quanto meno superficiali dei
concorrenti nel rendere le dichiarazioni, ivi incluse quelle relative ai
requisiti di ordine generale, e il correlato rischio di dover ripetere le
operazioni di gara (come verificatosi nel caso in esame).
Della
circostanza era, peraltro, ben edotta la SCS che, non casualmente, aveva anche
impugnato, per sua maggior cautela, anche il disciplinare di gara.
Secondo
il motivo di appello il Tribunale avrebbe dovuto giudicare inammissibile il
ricorso di primo grado, nella parte in cui recava l’impugnativa del
disciplinare, stante la violazione della regola di specificità dei motivi,
dell’art. 40 c.p.a.; l’impugnativa, invero, oltre a non contenere un’esatta
individuazione della clausola gravata, risultava limitata ad una mera formula
di stile ("per l'annullamento: …di ogni altro atto presupposto,
connesso e consequenziale, ivi compresi, ove occorra, il disciplinare di gara,
nonché, qualora medio tempore emessa, la comunicazione dell'esclusione da parte
del Comune di Erice all'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici"),
non sorretta dalla corrispondente deduzione di alcuna doglianza.
In
ogni caso, anche a ritenere efficacemente impugnata la lex specialis della
gara, nondimeno il Tribunale avrebbe dovuto comunque respingere il secondo
motivo del ricorso promosso dalla SCS, considerata la piena legittimità della
previsione che autovincolava la stazione appaltante all’escussione della
cauzione anche nel caso di accertata carenza di requisiti generali dichiarati
dai concorrenti in sede di partecipazione; in tal modo, difatti, non è stata
introdotta una clausola di esclusione non prevista dalla legge, ma è stato
soltanto prescritto – conformemente alla legge - l'incameramento della cauzione
conseguente alla falsa dichiarazione.
Il
Comune, lamentando inconvenienti amministrativi, richiamava in termini anche la
sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2232 del 18 aprile 2012,
rappresentando di aver subìto un danno e un aggravamento della procedura a
causa del comportamento superficiale della SCS, atteso che la commissione,
nella seduta del 30 luglio 2012, sulla scorta delle domande avanzate dai
concorrenti e non escluse per difetti od omissioni, aveva dapprima disposto
l'aggiudicazione provvisoria a favore dell'impresa Ferraro Ignazio, che aveva
formulato il ribasso del 26,4453% e che, poi, a seguito della verifica e delle
conseguenti esclusioni (tra cui quella della SCS), nella seduta di gara dell'8
ottobre 2012, aveva dovuto rideterminare la soglia percentuale di anomalia,
revocando l'aggiudicazione provvisoria adottata in data 30 luglio 2012.
Si
costituiva la SCS deducendo di avere ritualmente impugnato la lex
specialis; sulla vicenda la stessa Autorità di Vigilanza dei Contrati
Pubblici avrebbe riconosciuto il comportamento di piena buona fede della SCS,
archiviando il procedimento sanzionatorio ex art. 6, comma 11, D.Lgs. n.
163/06, giusta provvedimento n. 89 del 23 e del 24 aprile 2013 (acquisito in
via istruttoria e nel quale l’A.V.C.P. riteneva che, nel caso della SCS,
potesse ricorrere la fattispecie della colpa lieve nel
redigere la infedele dichiarazione, e disponeva, in via consequenziale,
l'archiviazione della segnalazione, senza applicazione di sanzioni, pur
restando impregiudicata l'esclusione dalla gara); nel merito, l’appellata
deduceva la tesi opposta a quella avversaria, in quanto l'espressione "la
garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto
dell'affidatario" (di cui all’art. 75, comma 6, D.Lgs n. 163/2006)
muoverebbe dall'indefettibile presupposto della qualità di aggiudicatario,
qualità soggettiva quest’ultima non rinvenibile nei confronti delle imprese
che, in difetto di uno o più requisiti di ordine generale, siano, per legge,
escluse dalla gara, senza avere accesso alle ulteriori fasi della procedura;
l'art. 48, comma 1, del Codice dei contratti pubblici disciplina,
espressamente, per il controllo a campione sui requisiti speciali, l'unica
ipotesi in cui l'incameramento della cauzione può essere disposto anche nei
confronti di imprese non aggiudicatarie.
Il
Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, con sentenza non
definitiva, si pronunciava nel senso di respingere il motivo di appello del
Comune di Erice con cui si deduceva l’inammissibilità del primitivo ricorso
poiché asseritamente non diretto contro il disciplinare di gara, essendo invece
lo stesso espressamente menzionato tra gli atti impugnati, dei quali la SCS
richiese l’annullamento (seppure con la clausola “ove occorra”); secondo
il giudice di appello, il secondo motivo, accolto dal T.a.r., ben si attagliava
sia alla determinazione dirigenziale n. 366 dell’8 ottobre 2012 sia al
presupposto disciplinare di gara; la mancanza di una diffusa argomentazione,
nel corpo del ricorso, rivolta nei confronti del disciplinare, non è
circostanza in grado di oscurare il senso complessivo della doglianza, la quale
mira indiscutibilmente ad ottenere una pronunzia caducatoria (anche) della
previsione della lex specialis della procedura; l’indicazione
dell’atto impugnato, nella specie il disciplinare di gara, nella parte di esso
riferita all’escussione della cauzione, era quindi sufficiente ai fini
dell’ammissibilità dell’impugnativa e della specificità dei motivi.
Il
Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia aggiungeva di
condividere le considerazioni svolte dal Comune di Erice in ordine all’assenza
di interferenze tra le questioni dedotte in contenzioso e il provvedimento di
archiviazione dell’A.V.C.P., non comportando questo alcuna inefficacia del
provvedimento di escussione della garanzia.
Respinto
quindi parzialmente l’appello, il C.G.A.R.S. riteneva di investire questa
Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1 c.p.a. ravvisandosi
l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale su un punto di diritto, relativo
alla valutazione della legittimità di atti di indizione di
procedure di affidamento di appalti pubblici che contengano clausole recanti la
comminazione dell’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di
a) imprese non risultate aggiudicatarie e, b) per le quali sia stato accertata
la carenza del possesso di requisiti di carattere generale di cui all’art. 38
del D.Lgs. n. 163/2006.
In
sintesi, la sentenza non definitiva così provvedeva: non definitivamente
pronunciando, respingeva in parte l’impugnazione interposta dal Comune di Erice
nei limiti indicati in motivazione e, per il resto, disponeva trasmettersi
l’appello e tutti gli atti della causa all’Adunanza plenaria del Consiglio di
Stato a norma dell’art. 99, comma 1, c.p.a., formulando (a pagina 22 nel
dispositivo della sentenza non definitiva) il seguente quesito: “se una
stazione appaltante possa disporre l'incameramento della cauzione provvisoria
soltanto nelle ipotesi specificamente previste dall'art. 48 del D.Lgs. n.
163/2006, relativa alla riscontrata carenza dei c.d. requisiti speciali, ovvero
anche nei casi, come quello di specie, in cui un'impresa non aggiudicataria
abbia omesso o reso in maniera difforme rispetto a quanto prescritto, una o più
dichiarazioni circa il possesso dei requisiti di ordine generale di cui
all’art. 38 del medesimo decreto.”.
In
realtà, nel corpo del provvedimento di rimessione, al punto 12 il C.G.A.R.S.
così si esprime: “ravvisandosi l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale
su un punto di diritto. In particolare, il contrasto ravvisato riguarda la
valutazione della legittimità, o no, di atti di indizione di procedure di
affidamento di appalti pubblici che contengano clausole recanti la comminazione
dell’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di a) imprese
non risultate aggiudicatarie e, b) per le quali sia stata accertata la carenza
del possesso di requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del D.Lgs.
n.163/2006”.
Nella
rimessione, la remittente esponeva i contrapposti indirizzi, precisando che il
primo, proprio del giudice di primo grado, è condiviso soprattutto da varia e
richiamata giurisprudenza amministrativa di primo grado (tra gli altri, T.a.r.
per la Sicilia, sez. III, 15 novembre 2013, n. 2188; T.a.r. per la Sicilia,
sez. III, 27 dicembre 2010, n. 14395; T.a.r. per il Piemonte, 21 dicembre 2009,
n. 3699; T.a.r. per la Toscana, sez. I, 23 settembre 2009, n. 1473; T.a.r. per
il Veneto, sez. I, 13 marzo 2009, n. 608; T.a.r. per la Campania, Napoli, sez.
VIII, 8 agosto 2008, n. 9943), ma anche di secondo grado (come Consiglio di
Stato, sez. V, dell’11 gennaio 2012, n. 80, secondo cui l'art. 48 del D.Lgs. n.
163/2006 prevede l'escussione della cauzione provvisoria soltanto con
riferimento alla mancanza del possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando di gara, così
che, a tale disposizione, in considerazione della sua funzione sanzionatoria,
deve attribuirsi carattere tassativo e, pertanto, la stessa non può essere
estesa a ipotesi diverse e, in particolare, alle fattispecie previste dall'art.
38 del medesimo codice; in termini, peraltro, anche Cons. Stato, sez. sez. VI,
28 agosto 2006, n. 5009, sebbene relativa al previgente regime risultante dalla
Legge Merloni) ed è volto a valorizzare la valenza sanzionatoria
dell’escussione della garanzia.
Gli
argomenti a favore dell’indirizzo più restrittivo, volto cioè ad escludere la
possibilità di un’escussione della cauzione al di fuori dei casi tassativamente
determinati dalla legge, sono i seguenti: a) l'art. 75, comma 6, del D.Lgs. n.
163/2006 presuppone la qualità di affidatario e siffatta qualità non è
rinvenibile nei confronti delle imprese le quali, in difetto di uno o più
requisiti di ordine generale, siano state escluse dalla gara e che, dunque, non
abbiano potuto avere accesso alle ulteriori fasi della procedura; il "fatto
dell'affidatario" è unicamente quello proprio dell'impresa che, una
volta definitivamente ammessa alla gara, sia divenuta aggiudicataria e che,
successivamente, per fatto proprio, non consenta la stipulazione del contratto;
b) l'art. 48 del D.Lgs. n. 163/2006 si riferisce solamente all’ipotesi
dell'accertata assenza dei requisiti di ordine speciale; una diversa lettura
del dato positivo contrasterebbe con l’interesse primario dell'amministrazione
pubblica alla massima partecipazione alle procedure di affidamento, posto che i
potenziali concorrenti potrebbero essere scoraggiati dalla possibilità di
vedersi irrogata una sanzione patrimoniale non prevista dalla legge per la fase
di mera ammissione alla gara, nonché per violazioni di ordine dichiarativo già
sanzionate con l'estromissione dalla procedura, oltreché, in ipotesi di
falsità, in sede penale; c) varrebbe il principio di tassatività e stretta
legalità delle sanzioni.
Il
contrapposto orientamento sostiene che l'incameramento della cauzione
provvisoria potrebbe essere disposto, invece, anche a fronte di dichiarazioni
non veritiere rese a norma dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, dovendosi
privilegiare l’altra funzione della cauzione, intesa come garanzia del rispetto
dell'ampio patto d'integrità cui si vincola chi partecipa a gare pubbliche.
Di
tale opinione, viene citata, tra le recenti la sentenza n. 2232 del 18 aprile
2012, Quinta Sezione del Consiglio di Stato, che, tra l’altro, afferma che:
l’escussione della cauzione provvisoria non presuppone in via esclusiva il
fatto dell’aggiudicatario ovvero la falsità delle dichiarazioni concernenti i
soli requisiti generali o speciali di partecipazione alla procedura; essa, al
contrario, trova spazio applicativo anche quando il concorrente, pur se non
aggiudicatario, dichiari il falso in occasione della rappresentazione di
elementi costitutivi dell’offerta; è legittima la previsione del bando di gara
che ammette l’escussione della garanzia per qualsivoglia ipotesi di falsità
nelle dichiarazioni – ovvero anche nei confronti della concorrente non
aggiudicataria – e, addirittura, in caso di mancato adempimento di ogni altro
obbligo derivante dalla partecipazione alla gara. La cauzione provvisoria
costituisce parte integrante dell’offerta e non mero elemento di corredo della
stessa; la finalità della cauzione è quella di responsabilizzare i partecipanti
in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità
dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste
qualità volute dal bando; l’escussione costituisce conseguenza della violazione
dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente.
La
remittente provvedeva anche a richiamare, a favore della tesi più ampliativa,
l’art. 49, commi 2, lett. b), e 3, del D.Lgs. n. 163/2006 che, pur se in
materia di avvalimento, prevede l’esclusione del concorrente e l’escussione della
cauzione provvisoria anche per il caso di mendace dichiarazione in ordine ai
requisiti generali.
La
remittente osservava la sussistenza degli estremi per rinviare la questione
all’Adunanza plenaria, atteso che i “contrasti giurisprudenziali” che
possono giustificare la rimessione di cui all’art. 99, comma 1, c.p.a. - in
assenza di difformi indicazioni ricavabili dalla citata previsione processuale
e secondo una lettura estesa della previsione volta a valorizzare massimamente
la funzione nomofilattica della Plenaria (nella direzione di detta estensione
semantica del campo applicativo dell’art. 99 c.p.a., seppure sotto altro
profilo, v. anche il precedente di questo Consiglio del 10 maggio 2013, n. 464)
- possono essere anche quelli relativi all’interpretazione fornita (soprattutto
ma non solo) dai giudici di primo grado, qualora quest’ultima si presenti
disallineata rispetto a quella espressa da quello d’appello, non imponendo la
norma che il conflitto esegetico rilevante sia unicamente quello tra sezioni di
tale secondo giudice; la sentenza non definitiva precisava, tuttavia, che la
tesi, più rigorosa, della quale si è dato sopra conto (seguita in prevalenza
dai Tribunali di primo grado), era stata condivisa anche dal Consiglio di
Stato, sez. V, dell’11 gennaio 2012, n. 80, secondo cui l'art. 48 del D.Lgs. n.
163/2006 prevede l'escussione della cauzione provvisoria soltanto con
riferimento alla mancanza del possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando di gara, così
che, a tale disposizione, in considerazione della sua funzione sanzionatoria,
deve attribuirsi carattere tassativo e, pertanto, la stessa non può essere
estesa a ipotesi diverse e, in particolare, alle fattispecie previste dall'art.
38 del medesimo codice (in termini, come detto, anche Cons. Stato, sez. VI, 28
agosto 2006, n. 5009, sebbene relativa al previgente regime risultante dalla
Legge Merloni).
La
società SCS Costruzioni Edili s.r.l. ha depositato memoria difensiva per
l’udienza pubblica, nella quale ha ribadito le sue difese, chiedendo il rigetto
dell’appello.
Alla
udienza di discussione del 19 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
1.Il
deferimento all’Adunanza Plenaria risulta giustificato dalla esistenza di
contrasti giurisprudenziali evidenziati dalla sentenza non definitiva di
rimessione, in ordine alla legittimità della clausola contenuta nell’atto di
indizione, che consenta l’incameramento della cauzione provvisoria nei
confronti dei concorrenti anche in caso non corrispondenza al vero di
dichiarazioni riguardanti i requisiti generali di cui all’art. 38 del codice
dei contratti pubblici.
Nel
processo amministrativo le ipotesi di deferimento della causa all’Adunanza
Plenaria sono due: quella facoltativa di cui all’art. 99, comma 1 c.p.a., che
ricorre quando la sezione riscontri un contrasto di giurisprudenza reale o
potenziale e non intende seguire l’indirizzo consolidato; quella obbligatoria
di cui all’art. 99, comma 3, c.p.a., quando la sezione intende rimettere in
discussione un principio di diritto già enunciato dall’Adunanza Plenaria (così,
Cons. Stato, V, 31 ottobre 2013, n.5246).
Nella
specie, si tratta di ipotesi del primo tipo.
Tale
contrasto emerge dalle opposte conclusioni alle quali sono pervenute
rispettivamente: nel senso della legittimità dell’operato dell’amministrazione
appaltante, Consiglio di Stato sezione quinta n.2232 del 18 aprile 2012, ma
anche, ex plurimis, Consiglio di Stato, VI, 4 agosto 2009, n.4905,
sezione V, 12 febbraio 2007, n.554, sezione IV, 7 settembre 2004, n.5792; nel
senso della illegittimità, Consiglio di Stato, sezione quinta, n.80 dell’11
gennaio 2012 e prima ancora, sezione sesta, 28 agosto 2006, n.5009, anche se
relativamente al regime precedente al Codice dei contratti pubblici.
In
tale ultimo senso, al fine di evitare il protrarsi di contrasti
giurisprudenziali ai sensi del primo comma dell’art. 99 del c.p.a., milita
l’osservazione che estesa parte della giurisprudenza di primo grado si esprima
per la tesi più restrittiva.
Questa
Adunanza Plenaria non può fare a meno di osservare che, certamente in senso
diverso rispetto alla tesi più restrittiva, si era già espressa questa stessa
Adunanza Plenaria (sentenza n.8 del 4 maggio 2012) affermando, sia pure in un
contesto più ampio, dedicato in modo centrale alla questione della gravità
delle irregolarità contributive, che la possibilità di incamerare la cauzione
provvisoria(che discende direttamente dall’art. 75 codice contratti pubblici)
riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto
dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo
alla stipulazione a lui riconducibile; dunque non solo il rifiuto di stipulare
o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di
requisiti generali di cui all’art. 38 codice citato.
La
affermazione della sentenza n. 8 del 2012 di questa Adunanza Plenaria, nel
senso sopra riportato, costituisce oramai un dato acquisito della
giurisprudenza di secondo grado (da ultimo, sentenza n.5283 del 27 ottobre 2014
della quinta sezione del Consiglio di Stato).
2.In
considerazione della pronuncia resa dalla sentenza non definitiva, la presente
controversia parte dal dato del passaggio in giudicato (oggetto della sentenza
parziale di appello resa dal C.G.A.R.S.) in relazione al primo motivo di
appello del Comune di Erice, sulla sufficienza del ricorso, ai fini della
impugnativa, da parte della ricorrente di primo grado, nei confronti del
disciplinare di gara, che contiene la clausola relativa all’incameramento della
cauzione provvisoria; la sentenza parziale aggiungeva di ritenere assenti
interferenze tra l’archiviazione pronunciata dall’AVCP e la controversia in
esame.
3.La
questione da esaminare attiene, quindi, a quanto posto dal quesito finale,
integrato con quanto la sentenza non definitiva di rimessione individua quale
contrasto di giurisprudenza e cioè: <<La valutazione della
legittimità di atti di indizione di procedure di affidamento di appalti
pubblici che contengano clausole recanti la comminatoria di escussione della
cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non aggiudicatarie, ma solo
partecipanti, per le quali sia stata accertata la carenza del possesso di
requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti
pubblici>>.
Una
volta che la sentenza non definitiva di rimessione si è pronunciata –
respingendo il primo motivo di appello - sulla ammissibilità della impugnativa
proposta avverso il disciplinare di gara, contenente la comminatoria
dell’incameramento della cauzione provvisoria, compito di questo Organo
giudicante è di pronunciarsi in ordine alla legittimità, nel suo
contenuto, del disciplinare di gara e della più volte menzionata clausola.
Ad
opinione di questa Adunanza Plenaria, la risposta al quesito deve essere di
tipo positivo, sulla base delle seguenti argomentazioni, che riprendono le
affermazioni già contenute nella sentenza n. 8 del 2012 dell’Ad. Pl. su citata
(e anche Adunanza Plenaria n.8 del 4 ottobre 2005, che afferma il possibile
incameramento della cauzione provvisoria per gli inadempimenti contrattuali di
tutti i concorrenti).
La
cauzione provvisoria assolve la funzione di garanzia del mantenimento
dell’offerta in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la
serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti
alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce
la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della
procedura, aggiudicataria.
In
questo senso, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 8
del 2005, ha affermato che la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la
stazione appaltante dall'eventuale mancata sottoscrizione del contratto da
parte dell'aggiudicatario (funzione indennitaria), svolge (può svolgere)
altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti
contrattuali dei concorrenti.
Per
quanto concerne le norme di riferimento vanno richiamati gli artt. 48, comma 1,
e 75, commi 1 e 6, del D.Lgs. n. 163/2006 i quali, rispettivamente, dispongono
per quanto d’interesse, quanto segue.
L’art.
48 prevede che “Le stazioni appaltanti prima di procedere all'apertura delle
buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non
inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità
superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni
dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel
bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella
lettera di invito. … Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le
dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, le
stazioni appaltanti procedono all'esclusione del concorrente dalla gara,
all'escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del
fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'articolo 6 comma 11.” .
L’art.
75 al comma 1 prevede che “L'offerta è corredata da una garanzia, pari al
due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma di
cauzione o di fideiussione, a scelta dell'offerente. …”; al comma 6
prevede che :” La garanzia copre la mancata sottoscrizione del
contratto per fatto dell'affidatario, ed è svincolata automaticamente al
momento della sottoscrizione del contratto medesimo.”.
La
prima disposizione si riferisce all’ipotesi di un controllo a campione che
abbia sortito un esito negativo circa il possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (ossia dei c.d. “requisiti
speciali”) dichiarati dal concorrente all’atto dell’offerta.
La
seconda previsione concerne invece il caso del contratto che non venga
sottoscritto per fatto dell’aggiudicatario.
Riprendendo
nuovamente la prima disposizione di legge (perché riprodotta nella sostanza
della regola dal disciplinare di gara) secondo il tenore testuale dell’art. 48,
co. 1, secondo periodo, qualora l’impresa concorrente, in sede di controllo a
campione <<…non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di
partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti procedono all’esclusione
del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria
e alla segnalazione del fatto all’Autorità…>>.
Il
disciplinare di gara, come ha chiarito la sentenza non definitiva di
rimessione, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado,
prevedeva in modo chiaro ed espresso, che l’escussione della cauzione dovesse
fare seguito alla esclusione dalla gara dei concorrenti per i quali non fosse
stato confermato il possesso dei requisiti generali.
Il
disciplinare disponeva che “a) all’esclusione dalla gara dei concorrenti per
i quali non risulti confermato il possesso dei requisiti generali….; c) alla
comunicazione di quanto avvenuto agli uffici della Amministrazione appaltante
cui spetta di provvedere all’escussione della cauzione provvisoria”.
Emerge
evidente che, nella fattispecie, dalla disciplina di gara, tratta dal combinato
disposto della norma primaria e della sua integrazione a mezzo del
disciplinare, l’escussione della cauzione non presupponga in via esclusiva il
fatto dell’aggiudicatario né si limita alle dichiarazioni sui requisiti
speciali; essa, al contrario, trova spazio applicativo anche quando (come
verificatosi nel caso di specie), per il concorrente (pur se non
aggiudicatario), risulti non corrispondente al vero quanto dichiarato in
occasione della rappresentazione di requisiti generali (in tal senso, i
principi già affermati da Ad.Plen. su citata n.8 del 4 maggio 2012).
Le
conclusioni alle quali si perviene risultano inoltre giustificate, se non
imposte, sia dalla funzione della cauzione provvisoria e dalla previsione del
suo incameramento, che dalla sua natura giuridica.
Secondo
i principi elaborati dalla giurisprudenza e dall’Autorità di settore (cfr.
Corte cost., 13 luglio 2011, n. 211/ord.; Cons. St., sez. V, 24 novembre 2011,
n. 6239; sez. V, 9 novembre 2010, n. 7963; sez. V, 5 agosto 2011, n. 4712; sez.
V, 12 giugno 2009, n. 3746; sez. V, 8 settembre 2008, n. 4267; sez. V, 9
dicembre 2002, n. 6768; Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici,
determinazione n. 1 del 2010) strutturalmente la cauzione costituisce parte
integrante dell'offerta e non mero elemento di corredo della stessa (che la
stazione possa liberamente richiedere e quantificare).
L’escussione
della cauzione provvisoria si profila come garanzia del rispetto dell’ampio
patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica.
La
sua finalità è quella di responsabilizzare i partecipanti in
ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità
dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste
qualità volute dal bando.
La
presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara
quantomeno per un aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a
vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità
promesse, con le relative questioni successivamente innescabili (come
verificatosi nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo
aggiudicatario).
L’escussione
costituisce conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante
sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di
partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della
relativa procedura delle quali hanno piena contezza.
Si
tratta di una misura autonoma ed ulteriore (rispetto alla esclusione dalla gara
ed alla segnalazione all’Autorità di vigilanza), che costituisce, mediante
l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’amministrazione, un distinto
rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore (tanto che si ammette
l’impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente
lesiva dell’interesse dell’impresa).
Sotto
il profilo della natura giuridica, si ritiene (tra varie, Cons.
Stato, VI, 3 marzo 2004, n. 1058 e Cons. Stato, V, 15 aprile 2013, n.2016) che
ferma restando la generale distinzione fra l’istituto della clausola penale
(1383 c.c.) avente funzione di liquidazione anticipata del danno da
inadempimento e della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) avente la funzione
di dimostrare la serietà dell’intento di stipulare il contratto sin dal momento
delle trattative o del perfezionamento dello stesso, l’istituto della cauzione
provvisoria debba ricondursi alla caparra confirmatoria, sia perché è
finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia
perché tale qualificazione risulta la più coerente con l’esigenza, rilevante
contabilmente, di non vulnerare l’amministrazione costringendola a pretendere
il maggior danno (per altra giurisprudenza, si veda in tal senso, Cons. Stato,
V, 11 dicembre 2007, n.6362, la cauzione provvisoria svolge la funzione della
clausola penale, diretta a predeterminare la liquidazione forfettaria del
danno, tanto che non viene prevista la possibilità del danno eventualmente non
coperto dalla cauzione incamerata).
In
definitiva e in sostanza, si tratta di una misura di indole patrimoniale, priva
di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce
l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali
espressamente accettati.
Per
replicare alle obiezioni sollevate dalla tesi più restrittiva, si ritiene di
osservare che l’invocato principio di legalità riguarda le sanzioni in senso
proprio e non già le misure di indole patrimoniale liberamente contenute negli
atti di indizione, accettate dai concorrenti, non irragionevoli né illogiche,
rispondenti all’autonomia patrimoniale delle parti, non contrarie a norme
imperative e anzi agganciate alla ratio rinvenibile nelle
disposizioni del codice.
Il
principio di tassatività è, allo stesso modo, male invocato, essendo lo stesso
riferibile alle sole cause di esclusione dalla gara (nel senso della
legittimità della previsione di adempimenti a pena di esclusione, ma purchè
conformi ai casi tassativi indicati dall’articolo 46 del
codice dei contratti pubblici, Consiglio di Stato, ad.plen. 25 febbraio 2014,
n.9) e non già ad altre misure di tipo patrimoniale contenute in clausole degli
atti di indizione e riferibili a doveri di correttezza contrattuale.
Si
aggiunga che – oltre ad una lettura evolutiva dell’art. 75 nel senso sopra
riportato di far riferimento anche ai concorrenti e non solo all’aggiudicatario
e non solo ai requisiti speciali di cui all’art. 48 ma anche ai requisiti
generali di cui all’art. 38 – porta e concludere nel senso sostenuto anche la
previsione contenuta nell’art. 49, che, sia pure nell’ambito della disciplina
dell’avvalimento, ma con valenza sistematica (ai sensi degli articoli 1362 e
seguenti codice civile) dal punto di vista interpretativo, al comma 3 prevede
che “nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione
dell’articolo 38, lettera h nei confronti dei sottoscrittori, la stazione
appaltante esclude il concorrente(non già il solo aggiudicatario) e
escute la garanzia”.
Per
completezza, si deve rilevare che il recente inserimento, all’articolo 38, del
comma 2-bis, (inserito dall’art. 39, comma 1, del D.L. 24 giugno 2014, n.90,
convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n.114) prevede che
la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi
e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che
vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della
sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore
all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e
comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla
cauzione provvisoria (assegnando termine per regolarizzare e prevedendo altresì
che le irregolarità non essenziali non rilevino). In caso di inutile decorso
del termine il concorrente è escluso dalla gara.
Il
legislatore, inoltre, proprio al fine di evitare gli inconvenienti determinati
da “mancanze, falsità o incompletezze delle dichiarazioni”, prevede, in
modo innovativo, che ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di
una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione,
regolarizzazione o esclusione delle offerte, non debba rilevare ai fini del
calcolo di medie nella procedura, né per la individuazione della soglia di
anomalia delle offerte.
Al
di là della irrilevanza ratione temporis, in virtù della disposizione
intertemporale del comma 3 del su menzionato art. 39 (per il quale le
nuove disposizioni si applicano solo alle procedure di affidamento indette successivamente
al 24 giugno 2014), ciò che rileva per l’interprete, ove mai ve ne fosse
bisogno, è la conferma della legittimità (della previsione nei bandi della
“sanzione”) dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di mancanze
relative ai requisiti generali di cui all’art. 38, riferibili a tutti i
concorrenti e non al solo aggiudicatario.
4.Ai
sensi dell’art. 99, comma 4 c.p.a., l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,
investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, in omaggio
al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, di regola
decide la controversia anche nel merito, salva la presenza di ulteriori
esigenze istruttorie, nel caso di specie insussistenti (così Consiglio di
Stato, ad.plen., 13 giugno 2012, n.22).
Ritenendo
pertanto di decidere nel merito per intero la controversia sottoposta
all’esame, sulla base delle sopra esposte considerazioni, va accolto ai sensi
di cui in motivazione il ricorso in appello proposto dal Comune di Erice e, in
riforma dell’appellata sentenza, va respinto il ricorso originario, con la
enunciazione dei seguenti principi di diritto:
<<E’
legittima la clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di
affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione
provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma
solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di
carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici>>.
Sussistono
giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del doppio grado
di giudizio, a causa delle contrastanti indicazioni della giurisprudenza, che
hanno reso, finora, non del tutto prevedibile il diritto giurisprudenziale
vivente.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) definitivamente
pronunciando sull'appello del Comune di Erice, come in epigrafe proposto, lo
accoglie e, in riforma dell’appellata sentenza, respinge il ricorso originario.
Spese
del doppio grado compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 novembre 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Giorgio
Giovannini, Presidente
Riccardo
Virgilio, Presidente
Pier
Giorgio Lignani, Presidente
Stefano
Baccarini, Presidente
Alessandro
Pajno, Presidente
Marco
Lipari, Presidente
Marzio
Branca, Consigliere
Vito
Poli, Consigliere
Francesco
Caringella, Consigliere
Carlo
Deodato, Consigliere
Nicola
Russo, Consigliere
Salvatore
Cacace, Consigliere
Gabriele
Carlotti, Consigliere
Sergio
De Felice, Consigliere, Estensore
Claudio
Contessa, Consigliere
|
||
|
||
IL PRESIDENTE
|
||
|
||
|
||
|
||
L'ESTENSORE
|
IL SEGRETARIO
|
|
|
||
|
||
|
||
|
||
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
10/12/2014
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il
Dirigente della Sezione
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