RECENSIONI:
"La primazia negli organi collegiali pubblici"
di Gabriele Pepe
(Introduzione)
Carissimi,
pubblico l'introduzione alla monografia "La primazia negli organi
collegiali pubblici", di recentissima pubblicazione, del mio collega ed amico Gabriele Pepe (ricercatore in diritto amministrativo).
A brevissimo pubblicherò l'intera opera, che a mio modesto valore, è di assoluto valore.
Lo ringrazio sentitamente.
A presto.
* * *
INTRODUZIONE
Negli organi collegiali amministrativi
e, più in generale, negli organi collegiali pubblici[1] si è soliti indicare con
il concetto di primazia la posizione giuridica di colui che esercita compiti di
impulso e coordinamento delle attività del collegio, normalmente definito presidente[2];
una posizione da cui discende un'originale relazione di equiordinazione tra l'ufficio
preposto alla guida dell'organo collegiale e gli uffici di semplice componente.
Nonostante si tratti di
una figura organizzatoria di pariordinazione, la primazia implica, cionondimeno,
l'attribuzione in capo al titolare dell'ufficio presidenziale di poteri eterogenei
in vista del corretto ed efficace svolgimento dei lavori; poteri che qualificano
il presidente alla stregua di un primus
inter pares, in una posizione di preminenza formale sugli altri componenti
del consesso.
In passato le nozioni di
primazia e di primus inter pares hanno
assunto significati differenti tanto nell'ambito delle relazioni infra-collegiali quanto nei rapporti
interorganici ed interindividuali. Il primo come espressione di una posizione, più
o meno accentuata, di sovraordinazione[3], il secondo, viceversa, quale
formula indicativa di una posizione di priorità nella pariteticità.
Massimo Severo Giannini è
stato il primo ad assimilare le due espressioni, un tempo eterogenee. Nelle
Lezioni del 1950 il Maestro individua, infatti, nella primazia una figura organizzatoria
di originale equiordinazione, applicabile alle relazioni infra-collegiali, in cui il presidente è solamente un primus inter pares[4] rispetto agli altri membri
del consesso. La primazia si caratterizza, del resto, per l'attribuzione al
presidente di alcune funzioni amministrative idonee a garantire il corretto
andamento dei lavori; funzioni che esprimono, in via ordinaria, una posizione
di preminenza meramente formale sugli altri componenti, secondo un principio di
reciproca pariordinazione[5]. Questi interessanti spunti
di riflessione vengono, poi, approfonditi dalla dottrina successiva[6] che si è domandata, in special
modo, se alcune funzioni presidenziali siano effettivamente riconducibili ad una
relazione di pariordinazione o vadano piuttosto inquadrate in un diverso rapporto
di sovraordinazione con il collegio ed i suoi membri.
Obiettivo del volume è analizzare
gli aspetti fisiologici e patologici della primazia, illustrando se, e per
quali ragioni, la preminenza del presidente sugli altri componenti sia esclusivamente
formale o possa assumere, eccezionalmente, caratteri sostanziali, con ricadute
sullo svolgimento dell'iter collegiale.
La primazia si articola in
una pluralità di funzioni amministrative discrezionali, generalmente identificate
nella:
- Convocazione delle
adunanze.
- Formulazione
dell'ordine del giorno.
- Direzione dei lavori.
- Polizia delle sedute.
Tali funzioni
amministrative ricorrono in tutti gli organi collegiali pubblici, in quanto il
soddisfacimento della finalità deliberativa postula il riconoscimento in capo
al presidente di poteri strumentali al corretto andamento dei lavori. L'ampia
discrezionalità che, di regola, connota queste funzioni può subire limitazioni qualora
il diritto positivo preveda espressamente forme di condivisione con il collegio
ed i suoi componenti[7] oppure azzeri ogni margine
di scelta configurando in senso vincolato uno o più atti presidenziali[8].
Gli elementi che
qualificano le funzioni tipiche della primazia si rinvengono nella:
- Strumentalità rispetto
al corretto svolgimento dell'attività collegiale e al suo fisiologico esito
deliberativo.
- Natura meramente
formale-procedurale da cui discende l'inidoneità ad incidere sull'autonomia
decisionale degli altri componenti.
Malgrado ciò, da un'analisi
empirica emerge come in alcuni organi collegiali il concreto esercizio delle
funzioni di primus inter pares possa,
eccezionalmente, determinare episodi di preminenza sostanziale del presidente
sugli altri membri del consesso; una preminenza, pertanto, occasionalmente
idonea ad incidere sulla formazione della volontà collegiale e,
conseguentemente, sulla deliberazione finale.
Le ragioni di un tale fenomeno
vanno individuate sia, a valle, nei casi di patologico esercizio delle funzioni
di primus inter pares sia, ancor
prima a monte, in alcuni elementi o vicende che possono connotare fisiologicamente
l’ufficio di presidente ed il rispettivo titolare. In special modo è possibile
rilevare un'accresciuta intensità di esercizio dei poteri presidenziali nelle
ipotesi di:
- Attribuzione della
diversa ed ulteriore posizione di organo monocratico[9].
- Previsione di
particolari requisiti soggettivi per la preposizione all'ufficio presidenziale.
- Individuazione attraverso
determinate modalità di scelta.
- Assenza di un
meccanismo di revoca da parte dei componenti.
- Riconoscimento di taluni
poteri di sovraordinazione.
Trattasi di alcuni elementi
che, individualmente o in modo concorrente, possono arricchire il contenuto della
primazia di ulteriori profili di preminenza sostanziale.
Seguendo tale filo
conduttore, il volume analizza le ricadute applicative della figura
organizzatoria della primazia negli organi collegiali:
- di autogoverno;
- a composizione tecnica;
- politico-assembleari;
- rappresentativi di
interessi economico-professionali;
- con funzioni
giurisdizionali.
In una prospettiva
teorico-pratica si vuole, da un lato, scrutinare la ricorrenza delle funzioni
tipiche della primazia, in quanto espressive di una posizione di preminenza
formale del presidente sugli altri componenti; dall'altro, esaminare l'idoneità
di alcuni elementi o vicende ad accrescere in senso sostanziale la posizione di
primazia del presidente nell'ambito del procedimento collegiale.
[1] Nel presente studio le espressioni
"organo collegiale", "collegio", "istituzione collegiale", “consesso” vengono utilizzate con
significato equivalente.
[2] La locuzione presidente discende
dal latino "praesedens",
colui che siede avanti; ad essa si ispira, altresì, l'ordinamento tedesco con
l'espressione "Vorsitzender"
da "vor-sitzen", trovarsi
avanti.
[3] Si pensi, a
titolo esemplificativo, all'esperienza canonistica del Primato di Pietro,
inteso quale peculiare rapporto di supremazia speciale sugli Apostoli, schema
poi transitato nel rapporto tra il Papa ed il collegio dei Vescovi.
[4] GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo,
Giuffrè, Milano, 1950, pp. 202-203.
[5] GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit.. Secondo l'Autore nella primazia ricorrerebbe, per
esprimersi con un'analogia geometrica, un agire della circonferenza al centro e
viceversa.
[6] VALENTINI S, La collegialità nella teoria dell'organizzazione, Giuffrè, Milano,
1968, ristampa Giuffrè, Milano, 1980.
[7] In proposito GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol.
II, Giuffrè, Milano, 1959, p. 193: "Per
avere una nozione precisa della posizione che il Presidente occupa nel collegio
bisogna distinguere le funzioni esclusive, che egli cioè può esercitare
individualmente ed autonomamente, dalle funzioni concorrenti che egli cioè può
o deve esercitare con la collaborazione degli altri membri del collegio".
[8] Con riferimento
agli atti vincolati, si intendono esaminare le ipotesi patologiche di omissione
del presidente a fronte della richiesta vincolante di un prescritto numero di componenti; una indagine resa
ancor più problematica dalla ricorrente assenza di rimedi idonei a tutelare, da
un lato, la funzionalità del collegio e, dall’altro, gli interessi legittimi
dei richiedenti.
[9] Particolare
attenzione è dedicata all'esigenza di vagliare la figura organizzatoria della
primazia sia in positivo sia in negativo, tracciando un discrimen con tutte le ipotesi che si risolvono, diversamente, in
un rapporto di sovra-sottordinazione esterna tra il presidente, quale organo
monocratico, il collegio ed i suoi componenti. Tali ipotesi che esulano dai
confini della primazia, pur avendo su di essa talune ricadute, sono
riconducibili alle tradizionali figure della direzione e del coordinamento
verticale. In dottrina sulla figura organizzatoria della direzione si segnalano
i contributi di D'ALBERGO S., voce Direttiva,
in Enc. dir., vol. XII, Milano, 1964,
pp. 602 e ss.. MARONGIU G., L'attività
direttiva nella teoria giuridica dell'organizzazione, Giuffrè, Milano,
1969. PICOZZA E., L'attività di indirizzo
della pubblica amministrazione, Cedam, Padova, 1988, il quale distingue
l'indirizzo, che sta a monte, rispetto alla direttiva che si colloca a valle e
dal primo scaturisce. MERUSI F.-CLARICH M., voce Direttiva, in Enc. giur.,
vol. XI, Roma, 1989. ANGIOLINI V., voce Direzione
amministrativa, in Dig. disc. pubbl.,
vol. V, Utet, Torino, 1990, pp. 109-118. SCIULLO G., La direttiva nell'ordinamento amministrativo (profili generali),
Giuffrè, Milano, 1993. VALENTINI S, Figure,
rapporti, modelli organizzatori. Lineamenti
di teoria dell'organizzazione, in Trattato
di diritto amministrativo, vol. IV, diretto da G. Santaniello, Cedam,
Padova, 1996, p. 88. D'ORSOGNA M., Programmazione
strategica e attività decisionale della pubblica amministrazione,
Giappichelli, Torino, 2001. CATELANI E., voce Direttiva (Dir. amm.), in
Diz. dir. pubbl., diretto da S.
Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 1854 e ss.. SARCONE V., La direttiva amministrativa quale atto di
conformazione dell'esercizio del potere pubblico, Eurilink, Roma, 2012.
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