lunedì 22 dicembre 2014

RECENSIONI: "La primazia negli organi collegiali pubblici" di Gabriele Pepe (Introduzione).


RECENSIONI: 
"La primazia negli organi collegiali pubblici" 
di Gabriele Pepe 
(Introduzione)


Carissimi,

pubblico l'introduzione alla monografia "La primazia negli organi collegiali pubblici", di recentissima pubblicazione, del mio collega ed amico Gabriele Pepe (ricercatore in diritto amministrativo).
A brevissimo pubblicherò l'intera opera, che a mio modesto valore, è di assoluto valore.
Lo ringrazio sentitamente.
A presto.

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INTRODUZIONE

Negli organi collegiali amministrativi e, più in generale, negli organi collegiali pubblici[1] si è soliti indicare con il concetto di primazia la posizione giuridica di colui che esercita compiti di impulso e coordinamento delle attività del collegio, normalmente definito presidente[2]; una posizione da cui discende un'originale relazione di equiordinazione tra l'ufficio preposto alla guida dell'organo collegiale e gli uffici di semplice componente.
Nonostante si tratti di una figura organizzatoria di pariordinazione, la primazia implica, cionondimeno, l'attribuzione in capo al titolare dell'ufficio presidenziale di poteri eterogenei in vista del corretto ed efficace svolgimento dei lavori; poteri che qualificano il presidente alla stregua di un primus inter pares, in una posizione di preminenza formale sugli altri componenti del consesso.
In passato le nozioni di primazia e di primus inter pares hanno assunto significati differenti tanto nell'ambito delle relazioni infra-collegiali quanto nei rapporti interorganici ed interindividuali. Il primo come espressione di una posizione, più o meno accentuata, di sovraordinazione[3], il secondo, viceversa, quale formula indicativa di una posizione di priorità nella pariteticità.
Massimo Severo Giannini è stato il primo ad assimilare le due espressioni, un tempo eterogenee. Nelle Lezioni del 1950 il Maestro individua, infatti, nella primazia una figura organizzatoria di originale equiordinazione, applicabile alle relazioni infra-collegiali, in cui il presidente è solamente un primus inter pares[4] rispetto agli altri membri del consesso. La primazia si caratterizza, del resto, per l'attribuzione al presidente di alcune funzioni amministrative idonee a garantire il corretto andamento dei lavori; funzioni che esprimono, in via ordinaria, una posizione di preminenza meramente formale sugli altri componenti, secondo un principio di reciproca pariordinazione[5]. Questi interessanti spunti di riflessione vengono, poi, approfonditi dalla dottrina successiva[6] che si è domandata, in special modo, se alcune funzioni presidenziali siano effettivamente riconducibili ad una relazione di pariordinazione o vadano piuttosto inquadrate in un diverso rapporto di sovraordinazione con il collegio ed i suoi membri.
Obiettivo del volume è analizzare gli aspetti fisiologici e patologici della primazia, illustrando se, e per quali ragioni, la preminenza del presidente sugli altri componenti sia esclusivamente formale o possa assumere, eccezionalmente, caratteri sostanziali, con ricadute sullo svolgimento dell'iter collegiale.
La primazia si articola in una pluralità di funzioni amministrative discrezionali, generalmente identificate nella:
- Convocazione delle adunanze.
- Formulazione dell'ordine del giorno.
- Direzione dei lavori.
- Polizia delle sedute.
Tali funzioni amministrative ricorrono in tutti gli organi collegiali pubblici, in quanto il soddisfacimento della finalità deliberativa postula il riconoscimento in capo al presidente di poteri strumentali al corretto andamento dei lavori. L'ampia discrezionalità che, di regola, connota queste funzioni può subire limitazioni qualora il diritto positivo preveda espressamente forme di condivisione con il collegio ed i suoi componenti[7] oppure azzeri ogni margine di scelta configurando in senso vincolato uno o più atti presidenziali[8].
Gli elementi che qualificano le funzioni tipiche della primazia si rinvengono nella:
- Strumentalità rispetto al corretto svolgimento dell'attività collegiale e al suo fisiologico esito deliberativo.
- Natura meramente formale-procedurale da cui discende l'inidoneità ad incidere sull'autonomia decisionale degli altri componenti.
Malgrado ciò, da un'analisi empirica emerge come in alcuni organi collegiali il concreto esercizio delle funzioni di primus inter pares possa, eccezionalmente, determinare episodi di preminenza sostanziale del presidente sugli altri membri del consesso; una preminenza, pertanto, occasionalmente idonea ad incidere sulla formazione della volontà collegiale e, conseguentemente, sulla deliberazione finale.
Le ragioni di un tale fenomeno vanno individuate sia, a valle, nei casi di patologico esercizio delle funzioni di primus inter pares sia, ancor prima a monte, in alcuni elementi o vicende che possono connotare fisiologicamente l’ufficio di presidente ed il rispettivo titolare. In special modo è possibile rilevare un'accresciuta intensità di esercizio dei poteri presidenziali nelle ipotesi di:
- Attribuzione della diversa ed ulteriore posizione di organo monocratico[9].
- Previsione di particolari requisiti soggettivi per la preposizione all'ufficio presidenziale.
- Individuazione attraverso determinate modalità di scelta.
- Assenza di un meccanismo di revoca da parte dei componenti.
- Riconoscimento di taluni poteri di sovraordinazione.
Trattasi di alcuni elementi che, individualmente o in modo concorrente, possono arricchire il contenuto della primazia di ulteriori profili di preminenza sostanziale.
Seguendo tale filo conduttore, il volume analizza le ricadute applicative della figura organizzatoria della primazia negli organi collegiali:
- di autogoverno;
- a composizione tecnica;
- politico-assembleari;
- rappresentativi di interessi economico-professionali;
- con funzioni giurisdizionali.
In una prospettiva teorico-pratica si vuole, da un lato, scrutinare la ricorrenza delle funzioni tipiche della primazia, in quanto espressive di una posizione di preminenza formale del presidente sugli altri componenti; dall'altro, esaminare l'idoneità di alcuni elementi o vicende ad accrescere in senso sostanziale la posizione di primazia del presidente nell'ambito del procedimento collegiale.


[1] Nel presente studio le espressioni "organo collegiale", "collegio", "istituzione collegiale", “consesso” vengono utilizzate con significato equivalente.
[2] La locuzione presidente discende dal latino "praesedens", colui che siede avanti; ad essa si ispira, altresì, l'ordinamento tedesco con l'espressione "Vorsitzender" da "vor-sitzen", trovarsi avanti.
[3] Si pensi, a titolo esemplificativo, all'esperienza canonistica del Primato di Pietro, inteso quale peculiare rapporto di supremazia speciale sugli Apostoli, schema poi transitato nel rapporto tra il Papa ed il collegio dei Vescovi.
[4] GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 1950, pp. 202-203.
[5] GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit.. Secondo l'Autore nella primazia ricorrerebbe, per esprimersi con un'analogia geometrica, un agire della circonferenza al centro e viceversa.
[6] VALENTINI S, La collegialità nella teoria dell'organizzazione, Giuffrè, Milano, 1968, ristampa Giuffrè, Milano, 1980.
[7] In proposito GALATERIA L., Gli organi collegiali amministrativi, vol. II, Giuffrè, Milano, 1959, p. 193: "Per avere una nozione precisa della posizione che il Presidente occupa nel collegio bisogna distinguere le funzioni esclusive, che egli cioè può esercitare individualmente ed autonomamente, dalle funzioni concorrenti che egli cioè può o deve esercitare con la collaborazione degli altri membri del collegio".
[8] Con riferimento agli atti vincolati, si intendono esaminare le ipotesi patologiche di omissione del presidente a fronte della richiesta vincolante di un prescritto numero di componenti; una indagine resa ancor più problematica dalla ricorrente assenza di rimedi idonei a tutelare, da un lato, la funzionalità del collegio e, dall’altro, gli interessi legittimi dei richiedenti.
[9] Particolare attenzione è dedicata all'esigenza di vagliare la figura organizzatoria della primazia sia in positivo sia in negativo, tracciando un discrimen con tutte le ipotesi che si risolvono, diversamente, in un rapporto di sovra-sottordinazione esterna tra il presidente, quale organo monocratico, il collegio ed i suoi componenti. Tali ipotesi che esulano dai confini della primazia, pur avendo su di essa talune ricadute, sono riconducibili alle tradizionali figure della direzione e del coordinamento verticale. In dottrina sulla figura organizzatoria della direzione si segnalano i contributi di D'ALBERGO S., voce Direttiva, in Enc. dir., vol. XII, Milano, 1964, pp. 602 e ss.. MARONGIU G., L'attività direttiva nella teoria giuridica dell'organizzazione, Giuffrè, Milano, 1969. PICOZZA E., L'attività di indirizzo della pubblica amministrazione, Cedam, Padova, 1988, il quale distingue l'indirizzo, che sta a monte, rispetto alla direttiva che si colloca a valle e dal primo scaturisce. MERUSI F.-CLARICH M., voce Direttiva, in Enc. giur., vol. XI, Roma, 1989. ANGIOLINI V., voce Direzione amministrativa, in Dig. disc. pubbl., vol. V, Utet, Torino, 1990, pp. 109-118. SCIULLO G., La direttiva nell'ordinamento amministrativo (profili generali), Giuffrè, Milano, 1993. VALENTINI S, Figure, rapporti, modelli organizzatori. Lineamenti di teoria dell'organizzazione, in Trattato di diritto amministrativo, vol. IV, diretto da G. Santaniello, Cedam, Padova, 1996, p. 88. D'ORSOGNA M., Programmazione strategica e attività decisionale della pubblica amministrazione, Giappichelli, Torino, 2001. CATELANI E., voce Direttiva (Dir. amm.), in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, pp. 1854 e ss.. SARCONE V., La direttiva amministrativa quale atto di conformazione dell'esercizio del potere pubblico, Eurilink, Roma, 2012.

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