PUBBLICO IMPIEGO:
la disciplina degli incarichi "esterni"
di Procuratori ed Avvocati dello Stato
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez III-ter,
sentenza 27 gennaio 2015, n. 1467)
Massima
1. E' costituzionalmente legittimo l’art. 8 della L. n.114/2014, norma che impone il fuori ruolo agli avvocati dello stato che intendano svolgere incarichi di componente degli Organismi Indipendenti di valutazione (O.I.V.).
2. Con riguardo alla facoltà di assumere incarichi al di fuori dei compiti di istituto, difatti, gli avvocati dello stato svolgono una funzione che rende non comparabili i limiti ad essi imposti rispetto a quelli degli avvocati del libero foro.
A fronte di uno status giuridico ed economico che costituisce riconoscimento delle funzioni istituzionali che svolgono, per essi, come del pari per i magistrati, la disciplina degli incarichi deve tenere conto delle possibili incompatibilità, del prestigio dell’istituto, dell’efficienza e buon andamento degli uffici giudiziari.
3. A tali criteri sono, infatti, ispirate le disposizioni del d.P.R. n. 584/1993, recante il regolamento degli incarichi consentiti o vietati agli avvocati e procuratori dello Stato, ai sensi dell’art. 58 del D.Lgs n. 29/1993, ove distingue tra incarichi vietati e incarichi consentiti.
La disciplina contenuta nel suddetto d.P.R. prevede, altresì, ai fini del conferimento o dell’autorizzazione, una valutazione della “natura e del tipo di incarico, del suo fondamento normativo, della compatibilità con l’attività di istituto, anche sotto il profilo della durata e dell’impegno richiesto”.
4. Si tratta di previsioni che, ove limitano la libertà dell’interessato di accrescere o valorizzare la sua professionalità, trovano ampia giustificazione nell’esigenza di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost.
Per gli Avvocati dello Stato, come per i magistrati, persino la possibilità di svolgere incarichi non retribuiti non esclude la potestà autorizzatoria dell’organo di autogoverno ai fini della verifica in concreto delle ragioni connesse al prestigio della magistratura e alla funzionalità dell'ufficio giudiziario (Cass. Sezioni Unite Sent. n. 24669 del 28-11-2007 che rigetta, Cons. Sup. Mag. Roma, 27 Luglio 2006).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 11239 del 2014, proposto da P.D.P., rappresentato e difeso dagli avv. Angelo Clarizia, Fabrizio Doddi, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Clarizia in Roma, Via
Principessa Clotilde, 2;
contro
Enac
- Ente Nazionale Aviazione Civile, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del
provvedimento ENAC prot. 91850/DG del 02.09.14 avente ad oggetto: “art. 8 l. n.
114/2014 - incarichi negli uffici di diretta collaborazione - decadenza
dell'incarico di presidente dell'Organismo Indipendente di Valutazione
dell'ENAC;
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio di Enac - Ente Nazionale Aviazione Civile;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2014 la dott.ssa Anna Maria
Verlengia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso, notificato all’ENAC il 4 settembre 2014 e depositato in pari data,
l’Avvocato dello Stato P.D.P. impugna il provvedimento, meglio
descritto in epigrafe, con il quale il Direttore Generale dell’Enac dichiara il
ricorrente decaduto dall’incarico di Presidente dell’Organismo indipendente di
valutazione per effetto dell’intervenuta modifica dell’art. 1, comma 66 della
legge 190/2012 ad opera dell’art. 8 della legge 114/2014 di conversione del
d.l. 90/2014.
Avverso
la suddetta decisione dell’Enac parte ricorrente articola i seguenti motivi di
gravame:
1) violazione
e falsa applicazione dell’art. 14 del dlgs 150/2009, incompetenza, violazione
del principio del contrarius actus, per non essere stata seguita la medesima
procedura prevista per la nomina dall’art. 14 sopra citato. Né poteva il
Direttore Generale dell’ENAC, secondo parte ricorrente, adottare il
provvedimento impugnato il Direttore Generale, in quanto privo di poteri di
indirizzo politico-amministrativo ovvero incompetente. L’atto, inoltre, sarebbe
privo di motivazione e non sarebbe stato preceduto dal parere della
Commissione, come prescritto dalla delibera n. 12/2013 dell’A.N.A.C. per il
procedimento di revoca dell’incarico di componente degli Organismi Indipendenti
di Valutazione;
2)
violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del dl 90 del 24/6/2014,
convertito, con modificazioni dalla legge 11 agosto 241, eccesso di potere per
difetto dei presupposti, vizio del procedimento, sviamento, ingiustizia
manifesta, atteso che l’art. 8 del d.l. 90 del 2014 prevedeva la cessazione di
diritto degli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge di
conversione ove nei trenta giorni successivi non fosse stato adottato il
provvedimento di collocamento in posizione di fuori ruolo, mentre il
provvedimento gravato è stato adottato prima che decorresse tale termine,
privando il ricorrente della facoltà di scelta conferita dal legislatore.
Con
un terzo motivo parte ricorrente propone la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 8 del dl 90/2014 per violazione degli artt. 3, 35 e 98
della Costituzione, laddove la norma censurata pregiudicherebbe la possibilità
di esercizio di attività consentite ad alcune qualificate categorie
professionali (magistrati, avvocati e procuratori dello Stato). Si tratterebbe,
nel caso di specie, di attività definita saltuaria dalla stessa Avvocatura
Erariale, con ciò evidenziandosi l’irrazionalità della previsione. La nomina a
membro di OIV, non rientrando tra le limitazioni in materia di diritti politici
previste dall’art. 98 della Costituzione, non apparirebbe giustificata neanche
sotto tale profilo e determinerebbe una ingiustificata discriminazione nei
confronti degli avvocati del libero foro.
Parte
ricorrente conclude chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato previa
concessione di misure cautelari anche inaudita altera parte.
L’Enac
si è costituita con il patrocino dell’Avvocatura di Stato per chiedere il
rigetto del ricorso.
Con
decreto monocratico n. 4085 del 4 settembre 2014 è stata concessa la
sospensione del provvedimento impugnato, confermata dal Collegio con ordinanza
n. 4769 del 25 settembre 2014.
Alla
udienza pubblica del 4 dicembre 2014 il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
DIRITTO
Il
ricorso è solo in parte fondato, nei limiti e nei termini di seguito esposti.
Con
il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione
dell’art. 14 del dlgs 150/2009, l’incompetenza del Direttore Generale a
revocare l’incarico e la violazione del principio del contrarius actus, per non
essere stata seguita la medesima procedura prevista per la nomina dall’art. 14
sopra citato.
Il
motivo è infondato.
La
nota impugnata, a firma del Direttore Generale, non è una revoca, né altro
provvedimento in autotutela.
Si
tratta, infatti, come è reso evidente dal tenore dello stesso, di una
comunicazione al ricorrente e, per conoscenza, al Presidente dell’ENAC ed
all’Organismo di Valutazione, degli effetti dell’intervenuta disposizione di
legge, di cui all’art. 8 della legge 190/2012 e della conseguente declaratoria
di cessazione dall’incarico di Presidente del ricorrente.
Un
atto vincolato, ove non una mera presa d’atto, a differenza della revoca
disposta ai sensi dell’art. 10, comma 3, della delibera n. 12/2013 dell’ANAC,
citata da parte ricorrente, in ordine alla quale l’organo di gestione dell’ente
appare senz’altro competente, non richiedendo lo stesso spendita di alcuna
discrezionalità.
E’
invece fondato il secondo motivo di ricorso laddove viene in considerazione la
intempestività della gravata declaratoria di decadenza.
L’art.
8, comma 2, del d.l. 90/2014, come modificato dalla legge di conversione
114/2014, prevede, infatti, che “Gli incarichi di cui all'articolo 1, comma 66,
della legge n. 190 del 2012, come modificato dal comma 1, in corso alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, cessano di
diritto se nei trenta giorni successivi non è adottato il provvedimento di
collocamento in posizione di fuori ruolo”.
Alla
data di entrata in vigore della legge di conversione recante la data dell’11
agosto 2014 il ricorrente era stato già nominato con la deliberazione n. 17 del
9 aprile 2014.
Ne
consegue che al momento in cui veniva comunicata la decadenza dall’incarico (la
nota è datata 2 settembre 2014) l’incarico era in corso e non era ancora
decorso il termine di trenta giorni, fissato dal legislatore per consentire il
collocamento in posizione di fuori ruolo dell’interessato.
La
cessazione di diritto si sarebbe verificata solo nei trenta giorni successivi
alla data di entrata in vigore della legge di conversione, il 10 settembre
2014, ove nel frattempo il ricorrente non fosse stato collocato in fuori ruolo.
Il
provvedimento è, pertanto, illegittimo sotto tale esclusivo profilo.
Con
il terzo ed ultimo motivo parte ricorrente propone questione di illegittimità
costituzionale dell’art. 8 della legge 114/2014, per violazione degli artt. 3,
35 e 98 della Costituzione, laddove la norma impone il fuori ruolo agli
avvocati dello stato che intendano svolgere incarichi di componente degli
Organismi Indipendenti di valutazione.
La
questione è manifestamente infondata.
Con
riguardo alla facoltà di assumere incarichi al di fuori dei compiti di istituto
gli avvocati dello stato svolgono una funzione che rende non comparabili i
limiti ad essi imposti rispetto a quelli degli avvocati del libero foro.
A
fronte di uno status giuridico ed economico che costituisce riconoscimento
delle funzioni istituzionali che svolgono, per essi, come del pari per i
magistrati, la disciplina degli incarichi deve tenere conto delle possibili
incompatibilità, del prestigio dell’istituto, dell’efficienza e buon andamento
degli uffici giudiziari.
A
tali criteri sono, infatti, ispirate le disposizioni del dpr 584/1993, recante
il regolamento degli incarichi consentiti o vietati agli avvocati e procuratori
dello Stato, ai sensi dell’art. 58 del decreto legislativo 29/1993, ove
distingue tra incarichi vietati e incarichi consentiti.
La
disciplina contenuta nel suddetto dpr prevede, altresì, ai fini del
conferimento o dell’autorizzazione, una valutazione della “natura e del tipo di
incarico, del suo fondamento normativo, della compatibilità con l’attività di
istituto, anche sotto il profilo della durata e dell’impegno richiesto”.
Si
tratta di previsioni che, ove limitano la libertà dell’interessato di
accrescere o valorizzare la sua professionalità, trovano ampia giustificazione
nell’esigenza di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost.
Per
gli Avvocati dello Stato, come per i magistrati, persino la possibilità di
svolgere incarichi non retribuiti non esclude la potestà autorizzatoria
dell’organo di autogoverno ai fini della verifica in concreto delle ragioni
connesse al prestigio della magistratura e alla funzionalità dell'ufficio
giudiziario (Cass. Sezioni Unite Sent. n. 24669 del 28-11-2007 che rigetta,
Cons. Sup. Mag. Roma, 27 Luglio 2006).
E
che l’incarico in questione ponga anche questioni di compatibilità è confermato
da quanto si legge al punto 3.5 della Delibera 12/2013 dell’Autorità Nazionale
Anticorruzione, laddove si precisa che, “in analogia con le previsioni della
legge n. 190/2012 e tenendo conto dello spirito che le anima, la Commissione,
in sede di formulazione dei criteri cui ispirerà le proprie decisioni, precisa
che non esprimerà parere favorevole nei confronti di coloro che:
(…)
f)
siano magistrati o avvocati dello stato che svolgono le funzioni nello stesso
ambito territoriale regionale o distrettuale in cui opera l’amministrazione
presso cui deve essere costituito l’OIV;
g)
abbiano svolto non episodicamente attività professionale in favore o contro
l’amministrazione”.
Ne
consegue che l’avere esteso, con le modifiche apportate in sede di conversione,
la necessità del collocamento in fuori ruolo anche ai componenti degli OIV non
sembra irragionevole.
Si
tratta di organismi la cui indipendenza è posta a salvaguardia delle sue
finalità per le quali basterebbe leggere l’elenco delle ipotesi di conflitto di
interesse individuate dalla Commissione Indipendente per la Valutazione, come
anche l’esclusività del rapporto di cui al punto 9 della citata delibera,
nonché le situazioni di incompatibilità indicate nel decreto legislativo
istitutivo dell’OIV (v. in particolare art. 14, comma 8), per fugare ogni
dubbio sulla coerenza della modifica introdotta dal Parlamento.
La
norma impugnata, lungi dal vietare all’Avvocato dello Stato di assumere tale
incarico, ne impone solo il fuori ruolo.
Si
tratta di un mandato di durata triennale che, alla luce dei compiti dell’OIV,
elencati ai commi 4 e segg. dell’art. 14 del decreto legislativo 150/2009,
istitutivo di tali organismi, appare difficilmente configurabile come
saltuario.
Ai
sensi delle citate disposizioni l'Organismo indipendente di valutazione della
performance deve:
-
monitorare il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della
trasparenza e integrità dei controlli interni ed elaborare una relazione
annuale sullo stato dello stesso;
-
comunicare tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi
interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti,
all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione di cui all'articolo
13;
-
validare la Relazione sulla performance di cui all'articolo 10 ed assicurare la
visibilità attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale
dell'amministrazione;
-
garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché
dell'utilizzo dei premi di cui al Titolo III, secondo quanto previsto dal
presente decreto, dai contratti collettivi nazionali, dai contratti
integrativi, dai regolamenti interni all'amministrazione, nel rispetto del
principio di valorizzazione del merito e della professionalità;
-
proporre, sulla base del sistema di cui all'articolo 7, all'organo di indirizzo
politico-amministrativo, la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e
l'attribuzione ad essi dei premi di cui al Titolo III;
- è
responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e
degli strumenti predisposti dalla Commissione di cui all'articolo 13;
-
promuovere e attestare l'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza
e all'integrità di cui al presente Titolo;
-
verificare i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari
opportunità”
L'Organismo
indipendente di valutazione della performance, inoltre, “sulla base di appositi
modelli forniti dalla Commissione di cui all'articolo 13, cura annualmente la
realizzazione di indagini sul personale dipendente volte a rilevare il livello
di benessere organizzativo e il grado di condivisione del sistema di
valutazione nonché la rilevazione della valutazione del proprio superiore
gerarchico da parte del personale, e ne riferisce alla predetta Commissione”
(comma 5, art. 14 dlgs 150/2009).
Le
pronunce della Corte Costituzionale, citate nel ricorso a sostegno delle
argomentazioni di parte ricorrente, oltre a riguardare posizioni non
comparabili con quella degli avvocati dello stato o dei magistrati, presentano
profili di totale diversità dalla questione sub judice.
La
sentenza n. 78/2013 riguardava il divieto di conferimento di incarichi di
insegnamento per il solo personale tecnico amministrativo, nell’ambito delle
diverse categorie di dipendenti delle università, mentre nel caso che ci
occupa, non solo non vi è un divieto assoluto allo svolgimento di tali
incarichi, ma la disciplina restrittiva è estesa a categorie omogenee
(magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari avvocati e
procuratori dello stato) ma trova la sua giustificazione nell’esigenza di
imparzialità e buon andamento di istituzioni di particolare rilievo nelle quali
la garanzia di trasparenza, imparzialità ed efficienza, al cui fine sono
adottate sia le previsioni di cui alla legge 150/2009 che le previsioni della
legge 190/2012 e del dl 90/2014, ne pervade tutta la disciplina.
Ancora
diverso il caso risolto dalla sentenza n. 321/2011 laddove il Giudice delle
Leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni di
una legge regionale nella parte in cui escludevano la possibilità per gli
psicologi di ricoprire incarichi apicali nei Se.r.t. in contrasto con la
normativa statale.
E’,
conclusivamente, opinione del Collegio che la norma censurata non ponga
problemi di irragionevolezza, per quanto sopra osservato, né contenga un
divieto assoluto di svolgimento di determinati incarichi.
Per
tale ultima ragione essa non si pone in contrasto neanche con gli artt. 35 e 98
della Costituzione.
Dubbi
di legittimità non sorgono nemmeno analizzando i profili evidenziati dal
ricorrente nella memoria del 17 settembre 2014.
In
tale atto la difesa del ricorrente insiste sulla pretesa non omogeneità della
disposizione inserita in sede di conversione con la ratio e le finalità del
decreto originario.
A
tale riguardo va innanzitutto precisato che in sede di conversione non è stata
inserita una ulteriore autonoma norma, essendosi l’emendamento limitato ad
estendere ai componenti degli OIV la necessità del fuori ruolo già prevista per
altri incarichi, che, come questo, pongono problemi di conflitto di interessi
e/o di compatibilità dell’impegno lavorativo da essi derivante.
Per
quanto già osservato, tali analogie non sono revocabili in dubbio e si tratta,
altresì, degli stessi criteri che il legislatore nazionale, con le previsioni
di cui all’art. 1, comma 67, della legge 190/2012, ha fissato per guidare
l’azione del Governo nella delega ivi contenuta.
La
legge 190/2012 aveva già individuato nelle disposizioni in materia di
disciplina degli incarichi di determinate categorie di pubblici dipendenti, in
una ottica di maggiore efficienza, uno dei settori di intervento per la
prevenzione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e
l’emendamento inserito in sede di conversione del decreto legge 90/2014 si pone
nello stesso solco preordinato dall’atto normativo del parlamento del 2012, con
ciò escludendo la dedotta incoerenza ed estraneità dell’emendamento sub judice.
In
tale senso deve leggersi il già citato comma 67 dell’art. 1 della legge
190/2012, non modificato dal d.l. 90 e dalla legge di conversione 114/2014, ove
prevede la delega al Governo ad adottare un decreto legislativo per
l’individuazione di ulteriori incarichi che, in aggiunta a quelli di cui al
comma 66, comportano l’obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo.
Il
Parlamento, con l’emendamento qui censurato, ha fatto quello che aveva delegato
il Governo a fare già nel 2012. La delega, anche in base a quanto si legge nella
documentazione degli atti parlamentari era rimasta inattuata (v. scheda di
lettura n. 196/1 del 30 giugno 2014 della Camera dei Deputati sul D.L. 90/2014
– A.C. 2486).
Da
quanto sopra osservato si può inferire la perfetta coerenza e ponderazione di
cui è frutto la modifica del d.l. in oggetto.
Una
modifica, quale quella in discorso, non necessitava di un dibattito
particolarmente approfondito, trattandosi di una mera estensione della
previsione di cui all’art. 1 comma 66 della legge 190/2012 ad incarichi in
organismi connotati da indipendenza, a garanzia della efficienza ed
imparzialità del controllo che sono deputati a svolgere sulle amministrazioni
vigilate.
Il
terzo motivo di gravame va, quindi, respinto poiché infondato.
Alla
luce di quanto sopra esposto il provvedimento impugnato va annullato perché
adottato prima che fossero scaduti i termini concessi all’interessato per
proporre domanda di fuori ruolo, facendo salvi i successivi provvedimenti
dell’amministrazione.
Le
spese di giudizio possono essere compensate alla luce dell’accoglimento
parziale e della assoluta novità della questione trattata.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie
in parte, nei termini e nei limiti di cui in motivazione, e per il resto lo
respinge.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 4 dicembre 2014 e 9 gennaio
2015, con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe
Daniele, Presidente
Maria
Grazia Vivarelli, Consigliere
Anna
Maria Verlengia, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
27/01/2015
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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