EDILIZIA:
sulla compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale
e condono edilizio "per silentium"
(Cons. St., Sez. IV,
sentenza 26 novembre 2013 n. 5615).
Massima
1. Tutte le volte in cui il provvedimento, di natura discrezionale, sia annullato per la mancata comunicazione d’avvio del relativo procedimento l’amministrazione ha l’obbligo di riavviare il procedimento comunicandolo all’interessato ed esaminando i suoi contributi, impregiudicato il tenore del provvedimento finale che rimane nella piena disponibilità dell’amministrazione.
E’ pur vero che, in applicazione dell’art. 21 octies l. 241/90, il giudice può verificare, con prognosi ex post, quale sia la potenziale incidenza del contributo negato, ma ciò è necessario unicamente per discriminare i vizi formali non invalidanti da quelli invalidanti. Una volta appurata la potenziale incidenza del contributo procedimentale sul tenore dell’atto conclusivo, e la conseguente sussistenza di un vizio formale invalidante come tale giustificante l’annullamento giurisdizionale, l’effetto della pronuncia demolitoria non può travalicare i limiti proprio del vizio dedotto, né elidere la discrezionalità amministrativa, se non nei limiti, del resto già previsti dalla legge, derivanti dalla meritevolezza delle deduzioni procedimentali dell’interessato.
2. Quanto alla compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale e condono edilizio per silentium, occorre ribadire che l'oblazione di cui agli art. 31 s., L. n. 47/85, e l'indennità prevista dall'art. 15, L. n. 1497/39, trovano disciplina in normative differenti che delineano procedimenti autonomi nei quali intervengono differenti autorità titolari di interessi finalizzati alla tutela dell'ambiente.
2.1 Pertanto l'indennità è dovuta anche in caso in cui sia intervenuto il condono edilizio delle opere abusive ricadenti in zone paesaggisticamente vincolate, per le quali l'autorità preposta alla tutela del vincolo abbia espresso parere favorevole.
2.2 Ciò è confermato dall'art. 2 co. 46, L. n. 662/96, ai sensi del quale l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative, sancita in termini generali dall'art. 38, l. n. 47 del 1985, per gli abusi condonati, non si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all'art. 15, l. n. 1497 del 1939, anche se l'abuso edilizio sia stato ritenuto condonabile dall'autorità preposta alla tutela del vincolo.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5085 del 2008,
proposto da:
Grillo Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto presso Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi, 5;
Grillo Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto presso Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Parascandolo, con domicilio eletto
presso Massimo Lauro in Roma, via Ludovisi, 35;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – Napoli - Sezione
VII n. 01881/2008, resa tra le parti, concernente indennità risarcitoria
ambientale per opere oggetto di condono
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno
2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Enrico Soprano e
Ferdinando Pinto su delega dell'avvocato Giuseppe Parascandolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Il sig. Grillo, odierno appellante, presentava, in
data 14 febbraio 1986, un’istanza di condono edilizio ai sensi della legge n.
47/1985, avente ad oggetto un fabbricato adibito a civile abitazione
abusivamente realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Con provvedimento n. 39 del 26 aprile 2007, il Comune
di Vico Equense ordinava il pagamento della somma di €. 42.000,00 a titolo di
indennità risarcitoria ambientale per le opere oggetto dell’istanza di condono,
subordinando il rilascio del permesso di costruire in sanatoria al pagamento di
tale somma.
Tale provvedimento era ritenuto illegittimo dal TAR
Campania, per violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990, e
conseguentemente annullato con sentenza 29 dicembre 2006, n. 10826.
Da ultimo, il Comune di Vico Equense reiterava, previa
comunicazione d’avvio del procedimento, l’ingiunzione di pagamento della
predetta somma: provvedimento, quest’ultimo, che era nuovamente impugnato
dinanzi al TAR Campania.
Le questioni affrontate in primo grado sono state: a)
l’asserita elusione del precedente giudicato del TAR Campania su provvedimento
del medesimo tenore; b) la formazione del silenzio assenso sulla domanda di
condono e la conseguente inapplicabilità della sanzione pecuniaria; c) la
prescrizione delle somme richieste; d) l’erronea quantificazione delle somme;
e) l’abusivo condizionamento del rilascio del condono al pagamento delle somme
richieste.
Il TAR Campania ha risolto le questioni, pur dando
atto di orientamenti contrastanti, nel modo che segue: 1) il giudicato
riguardava la violazione di oneri formali: le ulteriori considerazioni
motivazionali attenevano alla prova di resistenza, ex art. 21 octies l.
241/90, e pertanto prive di effetto conformativo; 2) a prescindere dalla
formazione del silenzio assenso, la giurisprudenza ha chiarito che l’art. 2
comma 46 della Legge 23/12/1996 n. 662 (norma che dichiara applicabile
l’indennità risarcitoria anche alle opere per le quali è già stata versata
l’oblazione) è estensibile anche agli abusi commessi in precedenza, in quanto
di natura interpretativa; 3) la prescrizione non corre poichè trattasi
dell’esercizio di un potere che la legge non subordina ad alcun termine di
decadenza; 4) il procedimento di stima è corretto, ed il valore congruo; 5) i
Comuni ben possono subordinare il condono al pagamento dell’indennità
risarcitoria.
L’appellante ora deduce:
1) erroneità della sentenza nella parte in cui ha
escluso l’elusione del giudicato: il giudicato, nell’affermare la valenza
viziante del difetto di comunicazione d’avvio del procedimento, avrebbe reso
inutilizzabili tutti gli atti istruttori, ivi compresi gli atti della
Commissione integrata per i beni ambientali relativi alla stima del danno
ambientale; inoltre avrebbe dato atto della circostanza che “i presupposti
legittimanti l’adozione del provvedimento da adottare, non risultavano ancorati
al riscontro obiettivo di un fatto strutturalmente semplice….”. Dunque
l’effetto conformativo andrebbe ben oltre la mera riedizione del potere con
obbligo di previa comunicazione dell’avvio del procedimento;
2) il giudice di prime cure avrebbe altresì errato nel
ritenere che l’art. 2 comma 46 della legge 662/1996 abbia natura interpretativa
e si applichi anche per il passato. Secondo l’appellante, l’abuso realizzato dovrebbe
ritenersi condonato sin dall’anno 1989, a seguito dell’intero pagamento
dell’oblazione e del rilascio di parere favorevole da parte della
Soprintendenza per i beni ambientali, con conseguente inapplicabilità della
legge del ’96. La regolarizzazione del titolo, anche sotto il profilo
paesaggistico, non lascerebbe alcun margine ad altre misure sanzionatorie;
3) contraddittorietà della sentenza nella parte in
cui, il giudice di prime cure, dapprima avrebbe dato atto dell’esigenza di
analiticità della stima, per poi concludere nel senso di escludere “un’indagine
dettagliata e minuta”. Invece - secondo l’appellante - pur dovendosi
riconoscere l’ampia discrezionalità che contraddistingue l’operato
dell’amministrazione, non v’è dubbio che debba comunque tenersi conto del
concreto impatto ambientale con specifico riferimento alle specifiche
caratteristiche del territorio vincolato, dandone conto in motivazione.
Adempimento nella specie asseritamente non avvenuto;
4) del pari errata sarebbe la tesi, sostenuta nella
sentenza gravata, dell’incompatibilità tra esercizio del potere (non soggetto a
decadenza in assenza di norme espresse) e prescrizione. Per gli illeciti
amministrativi in materia paesistica/edilizia – secondo l’appellante - dovrebbe
applicarsi la prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 legge 689/81 con
decorrenza dalla cessazione della permanenza, coincidente nella specie con il
formarsi del tacito assenso nell’89;
5) infine, l’appellante stigmatizza la decisione di
prime cure nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la subordinazione del
condono al pagamento dell’indennità risarcitoria ambientale. Nessuna norma
autorizzerebbe siffatto modus procedendi, vieppiù quando, come nel
caso di specie, la conditio venga imposta ben 17 anni dopo la
formazione del silenzio assenso.
- Nel giudizio si è costituito il Comune di Vico
Equense. Totalmente infondata sarebbe la tesi del silenzio assenso, atteso che
l’appellante ha effettuato il pagamento dei ratei solo nel 2006. Non
condivisibili tutte le altre argomentazioni, già motivatamente e
convincentemente respinte dal Giudice di prime cure.
- La causa è stata trattenuta in decisione alla
pubblica udienza del 4 giugno 2013.
DIRITTO
L’appello non è fondato.
1. Dev’essere esclusa l’elusione del giudicato (primo
motivo di gravame). Tutte le volte in cui il provvedimento, di natura
discrezionale, sia annullato per la mancata comunicazione d’avvio del relativo
procedimento l’amministrazione ha l’obbligo di riavviare il procedimento
comunicandolo all’interessato ed esaminando i suoi contributi, impregiudicato
il tenore del provvedimento finale che rimane nella piena disponibilità
dell’amministrazione.
E’ pur vero che, in applicazione dell’art. 21 octies l.
241/90, il giudice può verificare, con prognosi ex post, quale
sia la potenziale incidenza del contributo negato, ma ciò è necessario
unicamente per discriminare i vizi formali non invalidanti da quelli
invalidanti. Una volta appurata la potenziale incidenza del contributo
procedimentale sul tenore dell’atto conclusivo, e la conseguente sussistenza di
un vizio formale invalidante come tale giustificante l’annullamento
giurisdizionale, l’effetto della pronuncia demolitoria non può travalicare i
limiti proprio del vizio dedotto, né elidere la discrezionalità amministrativa,
se non nei limiti, del resto già previsti dalla legge, derivanti dalla
meritevolezza delle deduzioni procedimentali dell’interessato.
In sintesi, in caso di attività discrezionale, le
considerazioni sostanziali compiute dal giudice hanno un oggetto interno al
vizio procedimentale e sono strumentali alla verifica della natura invalidante
dello stesso, esulando dalle stesse ogni profilo relativo all’accertamento del
rapporto.
Nel caso di specie, l’amministrazione ha riavviato il
procedimento, concludendolo con un provvedimento del medesimo tenore di quello
annullato, evidentemente giudicando non convincenti i contributi procedimentali
dell’interessato innanzi negati. Nessuna fattispecie elusiva, quindi, ma solo
un nuovo provvedimento frutto della valutazione discrezionale
dell’amministrazione, della cui legittimità ovviamente si deve discutere
secondo i consueti schemi dell’ordinaria annullabilità.
2. In proposito, è preliminare dal punto di vista
logico l’esame del secondo motivo d’appello (nella numerazione sopra assegnata)
a mezzo del quale si contesta, in radice, la compatibilità tra indennità
risarcitoria ambientale e condono edilizio per silentium.
La quaestio iuris è già stata
esaminata dalla Sezione, che ha avuto modo di chiarire che l'oblazione di cui
agli art. 31 s., l. 28 febbraio 1985 n. 47, e l'indennità prevista dall'art.
15, l. 29 giugno 1939 n. 1497, trovano disciplina in normative differenti che
delineano procedimenti autonomi nei quali intervengono differenti autorità
titolari di interessi finalizzati alla tutela dell'ambiente. Pertanto
l'indennità è dovuta anche in caso in cui sia intervenuto il condono edilizio
delle opere abusive ricadenti in zone paesaggisticamente vincolate, per le
quali l'autorità preposta alla tutela del vincolo abbia espresso parere
favorevole. Ciò è confermato dall'art. 2 comma 46, l. 23 dicembre 1996 n. 662,
ai sensi del quale l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative, sancita in
termini generali dall'art. 38, l. n. 47 del 1985, per gli abusi condonati, non
si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all'art. 15, l. n. 1497
del 1939, anche se l'abuso edilizio sia stato ritenuto condonabile
dall'autorità preposta alla tutela del vincolo (Cfr. Consiglio di Stato, sez.
IV, 04/02/2004, n. 395; Consiglio di Stato, sez. IV, 03/05/2005, n. 2111).
Non occorre pertanto prendere specifica posizione sul
formarsi del silenzio assenso (comunque contestato dal Comune che deduce
l’avvenuto pagamento dei ratei solo nel 2006) anteriormente alla legge 662/96,
poichè essa 1) ha portata interpretativa, ma, ancor più in generale, 2)
l’indennità ambientale è compatibile con la sanatoria edilizia, ed anzi
quest’ultima, ed in particolare il parere di “compatibilità” rilasciato
dall’autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale, costituiscono
proprio il presupposto per l’applicazione della prima, imponendosi,
diversamente, la più radicale sanzione della demolizione (v. art. 167 comma 5
Decreto legislativo 22/01/2004 n. 42: “Qualora venga accertata la
compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma
equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito
mediante la trasgressione”).
3. In ordine alla quantificazione dell’indennità
(terzo motivo), può ribadirsi quanto già argomentato dal Giudice di prime cure,
le cui statuizioni non sono affatto contraddittorie. Il procedimento di stima
del danno ed i relativi parametri sono disciplinati dal DM 26/09/1997, e
prescindono da un’analitica dimostrazione in ragione della natura indennitaria
e non puramente risarcitoria dell’obbligazione derivante dall’abuso (ne sono un
chiaro indice: la forfettizazione del parametro “profitto conseguito
dall’esecuzione delle opere abusive”, pari, in via ordinaria, al tre per cento
del valore d'estimo dell'unità immobiliare e, ancor più, l’obbligatoria
applicazione dell'indennità risarcitoria nella misura non inferiore a quella
minima, anche se dalla predetta valutazione emerge che il parametro danno sia
pari a zero – artt. 3 e 4 DM cit.).
Nel caso di specie, la scheda di valutazione contiene
il riferimento al procedimento ed ai parametri indicati dal DM 26/09/1997 e non
presenta palesi illogicità o macroscopiche incongruità, ove si consideri che,
come dedotto dall’amministrazione, si tratta di un manufatto di 564,34 mq,
articolato in quattro distinte unità abitative disposte su due livelli,
insistente in un contesto di pregevolissima valenza ambientale (la penisola
sorrentina), per di più in prossimità della costa.
4. Anche le rimanenti questioni sono state
correttamente decise dal Giudice di prime cure.
4.1. Quanto all’asserita prescrizione del credito, non
v’è dubbio che essa si debba riferire alle somme oggetto di ingiunzione, ma non
al potere dell’amministrazione di ingiungere l’indennità a fronte dell’abuso,
il quale è inesauribile salvo espresse e puntuali previsioni decadenziali. Del
resto, anche a voler applicare la logica prescrizionale, traguardando il potere
come il tramite liquidatorio di un’obbligazione già sorta, in ogni caso si
sarebbe dinanzi ad un illecito permanente, posto che, come già chiarito,
l’abuso rimane tale anche se è accertata ex post la
compatibilità ambientale.
4.2. In ordine – da ultimo- alla subordinazione del
condono al pagamento dell’indennità risarcitoria, se è pur vero che essa non
corrisponde ad alcuna prescrizione di legge, costituisce tuttavia una prassi
cautelativa al fine evitare che l’immobile sia oggetto di trasferimento a terzi
e per questa via sottratto al patrimonio del debitore, costituente garanzia
generica del credito; prassi del resto non irragionevole né oltremodo
pregiudizievole, non implicando - il condizionamento del condono al pagamento
dell’indennità - anche la possibilità di adottare sanzioni demolitorie.
5. In conclusione l’appello è respinto.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come
da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di
lite in favore del Comune di Vico Equense, forfettariamente liquidate in €.
2.000,00, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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