mercoledì 15 gennaio 2014

EDILIZIA: sulla compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale e condono edilizio "per silentium" (Cons. St., Sez. IV, sentenza 26 novembre 2013 n. 5615).


EDILIZIA: 
sulla compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale 
e condono edilizio "per silentium
(Cons. St., Sez. IV, 
sentenza 26 novembre 2013 n. 5615).


Massima

1.  Tutte le volte in cui il provvedimento, di natura discrezionale, sia annullato per la mancata comunicazione d’avvio del relativo procedimento l’amministrazione ha l’obbligo di riavviare il procedimento comunicandolo all’interessato ed esaminando i suoi contributi, impregiudicato il tenore del provvedimento finale che rimane nella piena disponibilità dell’amministrazione.
E’ pur vero che, in applicazione dell’art. 21 octies l. 241/90, il giudice può verificare, con prognosi ex post, quale sia la potenziale incidenza del contributo negato, ma ciò è necessario unicamente per discriminare i vizi formali non invalidanti da quelli invalidanti. Una volta appurata la potenziale incidenza del contributo procedimentale sul tenore dell’atto conclusivo, e la conseguente sussistenza di un vizio formale invalidante come tale giustificante l’annullamento giurisdizionale, l’effetto della pronuncia demolitoria non può travalicare i limiti proprio del vizio dedotto, né elidere la discrezionalità amministrativa, se non nei limiti, del resto già previsti dalla legge, derivanti dalla meritevolezza delle deduzioni procedimentali dell’interessato.
2.  Quanto alla compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale e condono edilizio per silentium, occorre ribadire  che l'oblazione di cui agli art. 31 s., L.  n. 47/85, e l'indennità prevista dall'art. 15, L. n. 1497/39, trovano disciplina in normative differenti che delineano procedimenti autonomi nei quali intervengono differenti autorità titolari di interessi finalizzati alla tutela dell'ambiente. 
2.1  Pertanto l'indennità è dovuta anche in caso in cui sia intervenuto il condono edilizio delle opere abusive ricadenti in zone paesaggisticamente vincolate, per le quali l'autorità preposta alla tutela del vincolo abbia espresso parere favorevole. 
2.2  Ciò è confermato dall'art. 2 co. 46, L. n. 662/96, ai sensi del quale l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative, sancita in termini generali dall'art. 38, l. n. 47 del 1985, per gli abusi condonati, non si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all'art. 15, l. n. 1497 del 1939, anche se l'abuso edilizio sia stato ritenuto condonabile dall'autorità preposta alla tutela del vincolo.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5085 del 2008, proposto da:
Grillo Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Enrico Soprano, con domicilio eletto presso Enrico Soprano in Roma, via degli Avignonesi, 5; 
contro
Comune di Vico Equense, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Parascandolo, con domicilio eletto presso Massimo Lauro in Roma, via Ludovisi, 35; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – Napoli - Sezione VII n. 01881/2008, resa tra le parti, concernente indennità risarcitoria ambientale per opere oggetto di condono

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Enrico Soprano e Ferdinando Pinto su delega dell'avvocato Giuseppe Parascandolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Il sig. Grillo, odierno appellante, presentava, in data 14 febbraio 1986, un’istanza di condono edilizio ai sensi della legge n. 47/1985, avente ad oggetto un fabbricato adibito a civile abitazione abusivamente realizzato in area sottoposta a vincolo paesaggistico.
Con provvedimento n. 39 del 26 aprile 2007, il Comune di Vico Equense ordinava il pagamento della somma di €. 42.000,00 a titolo di indennità risarcitoria ambientale per le opere oggetto dell’istanza di condono, subordinando il rilascio del permesso di costruire in sanatoria al pagamento di tale somma.
Tale provvedimento era ritenuto illegittimo dal TAR Campania, per violazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990, e conseguentemente annullato con sentenza 29 dicembre 2006, n. 10826.
Da ultimo, il Comune di Vico Equense reiterava, previa comunicazione d’avvio del procedimento, l’ingiunzione di pagamento della predetta somma: provvedimento, quest’ultimo, che era nuovamente impugnato dinanzi al TAR Campania.
Le questioni affrontate in primo grado sono state: a) l’asserita elusione del precedente giudicato del TAR Campania su provvedimento del medesimo tenore; b) la formazione del silenzio assenso sulla domanda di condono e la conseguente inapplicabilità della sanzione pecuniaria; c) la prescrizione delle somme richieste; d) l’erronea quantificazione delle somme; e) l’abusivo condizionamento del rilascio del condono al pagamento delle somme richieste.
Il TAR Campania ha risolto le questioni, pur dando atto di orientamenti contrastanti, nel modo che segue: 1) il giudicato riguardava la violazione di oneri formali: le ulteriori considerazioni motivazionali attenevano alla prova di resistenza, ex art. 21 octies l. 241/90, e pertanto prive di effetto conformativo; 2) a prescindere dalla formazione del silenzio assenso, la giurisprudenza ha chiarito che l’art. 2 comma 46 della Legge 23/12/1996 n. 662 (norma che dichiara applicabile l’indennità risarcitoria anche alle opere per le quali è già stata versata l’oblazione) è estensibile anche agli abusi commessi in precedenza, in quanto di natura interpretativa; 3) la prescrizione non corre poichè trattasi dell’esercizio di un potere che la legge non subordina ad alcun termine di decadenza; 4) il procedimento di stima è corretto, ed il valore congruo; 5) i Comuni ben possono subordinare il condono al pagamento dell’indennità risarcitoria.
L’appellante ora deduce:
1) erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso l’elusione del giudicato: il giudicato, nell’affermare la valenza viziante del difetto di comunicazione d’avvio del procedimento, avrebbe reso inutilizzabili tutti gli atti istruttori, ivi compresi gli atti della Commissione integrata per i beni ambientali relativi alla stima del danno ambientale; inoltre avrebbe dato atto della circostanza che “i presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento da adottare, non risultavano ancorati al riscontro obiettivo di un fatto strutturalmente semplice….”. Dunque l’effetto conformativo andrebbe ben oltre la mera riedizione del potere con obbligo di previa comunicazione dell’avvio del procedimento;
2) il giudice di prime cure avrebbe altresì errato nel ritenere che l’art. 2 comma 46 della legge 662/1996 abbia natura interpretativa e si applichi anche per il passato. Secondo l’appellante, l’abuso realizzato dovrebbe ritenersi condonato sin dall’anno 1989, a seguito dell’intero pagamento dell’oblazione e del rilascio di parere favorevole da parte della Soprintendenza per i beni ambientali, con conseguente inapplicabilità della legge del ’96. La regolarizzazione del titolo, anche sotto il profilo paesaggistico, non lascerebbe alcun margine ad altre misure sanzionatorie;
3) contraddittorietà della sentenza nella parte in cui, il giudice di prime cure, dapprima avrebbe dato atto dell’esigenza di analiticità della stima, per poi concludere nel senso di escludere “un’indagine dettagliata e minuta”. Invece - secondo l’appellante - pur dovendosi riconoscere l’ampia discrezionalità che contraddistingue l’operato dell’amministrazione, non v’è dubbio che debba comunque tenersi conto del concreto impatto ambientale con specifico riferimento alle specifiche caratteristiche del territorio vincolato, dandone conto in motivazione. Adempimento nella specie asseritamente non avvenuto;
4) del pari errata sarebbe la tesi, sostenuta nella sentenza gravata, dell’incompatibilità tra esercizio del potere (non soggetto a decadenza in assenza di norme espresse) e prescrizione. Per gli illeciti amministrativi in materia paesistica/edilizia – secondo l’appellante - dovrebbe applicarsi la prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 legge 689/81 con decorrenza dalla cessazione della permanenza, coincidente nella specie con il formarsi del tacito assenso nell’89;
5) infine, l’appellante stigmatizza la decisione di prime cure nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la subordinazione del condono al pagamento dell’indennità risarcitoria ambientale. Nessuna norma autorizzerebbe siffatto modus procedendi, vieppiù quando, come nel caso di specie, la conditio venga imposta ben 17 anni dopo la formazione del silenzio assenso.
- Nel giudizio si è costituito il Comune di Vico Equense. Totalmente infondata sarebbe la tesi del silenzio assenso, atteso che l’appellante ha effettuato il pagamento dei ratei solo nel 2006. Non condivisibili tutte le altre argomentazioni, già motivatamente e convincentemente respinte dal Giudice di prime cure.
- La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 4 giugno 2013.

DIRITTO
L’appello non è fondato.
1. Dev’essere esclusa l’elusione del giudicato (primo motivo di gravame). Tutte le volte in cui il provvedimento, di natura discrezionale, sia annullato per la mancata comunicazione d’avvio del relativo procedimento l’amministrazione ha l’obbligo di riavviare il procedimento comunicandolo all’interessato ed esaminando i suoi contributi, impregiudicato il tenore del provvedimento finale che rimane nella piena disponibilità dell’amministrazione.
E’ pur vero che, in applicazione dell’art. 21 octies l. 241/90, il giudice può verificare, con prognosi ex post, quale sia la potenziale incidenza del contributo negato, ma ciò è necessario unicamente per discriminare i vizi formali non invalidanti da quelli invalidanti. Una volta appurata la potenziale incidenza del contributo procedimentale sul tenore dell’atto conclusivo, e la conseguente sussistenza di un vizio formale invalidante come tale giustificante l’annullamento giurisdizionale, l’effetto della pronuncia demolitoria non può travalicare i limiti proprio del vizio dedotto, né elidere la discrezionalità amministrativa, se non nei limiti, del resto già previsti dalla legge, derivanti dalla meritevolezza delle deduzioni procedimentali dell’interessato.
In sintesi, in caso di attività discrezionale, le considerazioni sostanziali compiute dal giudice hanno un oggetto interno al vizio procedimentale e sono strumentali alla verifica della natura invalidante dello stesso, esulando dalle stesse ogni profilo relativo all’accertamento del rapporto.
Nel caso di specie, l’amministrazione ha riavviato il procedimento, concludendolo con un provvedimento del medesimo tenore di quello annullato, evidentemente giudicando non convincenti i contributi procedimentali dell’interessato innanzi negati. Nessuna fattispecie elusiva, quindi, ma solo un nuovo provvedimento frutto della valutazione discrezionale dell’amministrazione, della cui legittimità ovviamente si deve discutere secondo i consueti schemi dell’ordinaria annullabilità.
2. In proposito, è preliminare dal punto di vista logico l’esame del secondo motivo d’appello (nella numerazione sopra assegnata) a mezzo del quale si contesta, in radice, la compatibilità tra indennità risarcitoria ambientale e condono edilizio per silentium.
La quaestio iuris è già stata esaminata dalla Sezione, che ha avuto modo di chiarire che l'oblazione di cui agli art. 31 s., l. 28 febbraio 1985 n. 47, e l'indennità prevista dall'art. 15, l. 29 giugno 1939 n. 1497, trovano disciplina in normative differenti che delineano procedimenti autonomi nei quali intervengono differenti autorità titolari di interessi finalizzati alla tutela dell'ambiente. Pertanto l'indennità è dovuta anche in caso in cui sia intervenuto il condono edilizio delle opere abusive ricadenti in zone paesaggisticamente vincolate, per le quali l'autorità preposta alla tutela del vincolo abbia espresso parere favorevole. Ciò è confermato dall'art. 2 comma 46, l. 23 dicembre 1996 n. 662, ai sensi del quale l'inapplicabilità delle sanzioni amministrative, sancita in termini generali dall'art. 38, l. n. 47 del 1985, per gli abusi condonati, non si estende alle sanzioni in materia paesistica di cui all'art. 15, l. n. 1497 del 1939, anche se l'abuso edilizio sia stato ritenuto condonabile dall'autorità preposta alla tutela del vincolo (Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 04/02/2004, n. 395; Consiglio di Stato, sez. IV, 03/05/2005, n. 2111).
Non occorre pertanto prendere specifica posizione sul formarsi del silenzio assenso (comunque contestato dal Comune che deduce l’avvenuto pagamento dei ratei solo nel 2006) anteriormente alla legge 662/96, poichè essa 1) ha portata interpretativa, ma, ancor più in generale, 2) l’indennità ambientale è compatibile con la sanatoria edilizia, ed anzi quest’ultima, ed in particolare il parere di “compatibilità” rilasciato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo ambientale, costituiscono proprio il presupposto per l’applicazione della prima, imponendosi, diversamente, la più radicale sanzione della demolizione (v. art. 167 comma 5 Decreto legislativo 22/01/2004 n. 42: “Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione”).
3. In ordine alla quantificazione dell’indennità (terzo motivo), può ribadirsi quanto già argomentato dal Giudice di prime cure, le cui statuizioni non sono affatto contraddittorie. Il procedimento di stima del danno ed i relativi parametri sono disciplinati dal DM 26/09/1997, e prescindono da un’analitica dimostrazione in ragione della natura indennitaria e non puramente risarcitoria dell’obbligazione derivante dall’abuso (ne sono un chiaro indice: la forfettizazione del parametro “profitto conseguito dall’esecuzione delle opere abusive”, pari, in via ordinaria, al tre per cento del valore d'estimo dell'unità immobiliare e, ancor più, l’obbligatoria applicazione dell'indennità risarcitoria nella misura non inferiore a quella minima, anche se dalla predetta valutazione emerge che il parametro danno sia pari a zero – artt. 3 e 4 DM cit.).
Nel caso di specie, la scheda di valutazione contiene il riferimento al procedimento ed ai parametri indicati dal DM 26/09/1997 e non presenta palesi illogicità o macroscopiche incongruità, ove si consideri che, come dedotto dall’amministrazione, si tratta di un manufatto di 564,34 mq, articolato in quattro distinte unità abitative disposte su due livelli, insistente in un contesto di pregevolissima valenza ambientale (la penisola sorrentina), per di più in prossimità della costa.
4. Anche le rimanenti questioni sono state correttamente decise dal Giudice di prime cure.
4.1. Quanto all’asserita prescrizione del credito, non v’è dubbio che essa si debba riferire alle somme oggetto di ingiunzione, ma non al potere dell’amministrazione di ingiungere l’indennità a fronte dell’abuso, il quale è inesauribile salvo espresse e puntuali previsioni decadenziali. Del resto, anche a voler applicare la logica prescrizionale, traguardando il potere come il tramite liquidatorio di un’obbligazione già sorta, in ogni caso si sarebbe dinanzi ad un illecito permanente, posto che, come già chiarito, l’abuso rimane tale anche se è accertata ex post la compatibilità ambientale.
4.2. In ordine – da ultimo- alla subordinazione del condono al pagamento dell’indennità risarcitoria, se è pur vero che essa non corrisponde ad alcuna prescrizione di legge, costituisce tuttavia una prassi cautelativa al fine evitare che l’immobile sia oggetto di trasferimento a terzi e per questa via sottratto al patrimonio del debitore, costituente garanzia generica del credito; prassi del resto non irragionevole né oltremodo pregiudizievole, non implicando - il condizionamento del condono al pagamento dell’indennità - anche la possibilità di adottare sanzioni demolitorie.
5. In conclusione l’appello è respinto.
6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite in favore del Comune di Vico Equense, forfettariamente liquidate in €. 2.000,00, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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