martedì 23 settembre 2014

GIOCHI E SCOMMESSE: i limiti d'ordine pubblico nel sistema concessorio-autorizzatorio in materia di giochi e scommesse (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, sentenza 5 maggio 2014 n. 1151).


GIOCHI E SCOMMESSE:
 i limiti d'ordine pubblico 
nel sistema concessorio-autorizzatorio 
in materia di giochi e scommesse 
(T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 
sentenza 5 maggio 2014 n. 1151). 



Un settore in tumultuosa espansione.

Massima

1. Il sistema concessorio - autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata anche confermata dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano 'organizzare e gestire' nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l'individuazione dell'effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse
2. Invero, con il meccanismo predisposto, ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all'estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l'intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori. Anzi, tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l'autorizzazione.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 261 del 2012, proposto da: Roberto Tortosa, rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Matera, Filomena Cicinnati, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, via Benvenuto Cellini n. 2; 
contro
Ministero Dell'interno - Questore della Provincia di Como, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, presso i cui uffici è domiciliato per legge in Milano, via Freguglia n. 1;
per l'annullamento
- del decreto DIV. - Cat. 11^E/2011, emesso dal Questore di Como in data 5 dicembre 2011 e notificato in data 12 dicembre 2011, nonché di tutti gli atti connessi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il dott. Alberto Di Mario e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente impugna il diniego della sua istanza diretta a ottenere il rilascio di autorizzazione per l’esercizio di trasmissione di dati inerenti a scommesse a quota fissa su eventi sportivi per conto della società Playmatch limited di Malta ai sensi dell’art. 88 TULPS per i seguenti motivi.
I) Violazione e/o falsa applicazione degli arti. 3, 43, 45, 46, 49 del Trattato istitutivo C.E. - disparità di trattamento – natura dell'ordine pubblico quale limite alla diretta applicazione interna del diritto comunitario - insussistenza - violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità.
Secondo la ricorrente una normativa nazionale che vieta l'esercizio di attività di raccolta, di accettazione, di registrazione e di trasmissione di proposte di scommesse, in particolare sugli eventi sportivi, in assenza di concessione o di autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento nonché alla libera prestazione dei servizi previste rispettivamente agli artt. 43 CE e 49 CE. Spetterebbe al giudice nazionale verificare se la normativa nazionale, in quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi d'azzardo, risponda realmente all'obiettivo mirante a prevenire l'esercizio delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti.
In secondo luogo il rilascio dell'autorizzazione di P.S. non sarebbe subordinato al preventivo possesso della concessione italiana, bensì alla sola verifica dei requisiti soggettivi di moralità ed
incensuratezza.
II) Violazione del principio di mutuo riconoscimento fra Stati membri.
Secondo il ricorrente in virtù del principio del mutuo riconoscimento fra Stati membri, l'Italia non potrà che riconoscere alla Play Match Limited, che non ha una concessione in Italia, il totale adempimento a tutte le prescrizioni imposte dalla legge maltese e la piena osservanza della normativa di tale Stato, ispirata alla difesa delle medesime istanze che il sistema italiano afferma di voler tutelare e permettere a tale impresa di operare in Italia senza concessione.
La difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.
All’udienza del 25 marzo 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. Il ricorso è infondato.
In merito occorre rammentare che la Corte di giustizia dell’Unione europea con sentenza 12 settembre 2013 nelle cause riunite C-660/11 e C-8/12 ha innanzi tutto ribadito che “gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in possesso di una simile concessione”.
Ciò in quanto “un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace che consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti”.
La Corte ha quindi ribadito che “la condizione dell’autorizzazione di polizia in forza della quale coloro che operano in tale settore nonché i loro locali sono assoggettati ad un controllo iniziale e ad una sorveglianza continua … contribuisce chiaramente all’obiettivo mirante a evitare che questi operatori siano implicati in attività criminali o fraudolente e sembra una misura del tutto proporzionata a tale obiettivo” e ha ulteriormente chiarito che “il fatto che un operatore debba disporre sia di una concessione sia di un’autorizzazione di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi non è, in sé, sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale, ossia quello della lotta alla criminalità collegata ai giochi d’azzardo”.
Su questa base, con le recenti sentenze del 27 novembre 2013 il Consiglio di Stato, Sezione terza, ha confermato che “il sistema concessorio-autorizzatorio imposto dal nostro ordinamento non si pone affatto in contrasto con l’ordinamento comunitario; il che fa venir meno il presupposto giuridico, sostanziale e processuale, su cui si fonda la posizione soggettiva della società estera; e di conseguenza quella del CTD, che pure costituisce l’unico oggetto del presente giudizio. A dimostrare ciò è sufficiente fare riferimento alla già indicata sentenza della Corte di giustizia del 12 settembre 2013”.
La Sezione terza del Consiglio di Stato si è anche spinta a indagare la natura dei rapporti tra la società estera di gestione delle scommesse e il centro di elaborazione dati richiedente l’autorizzazione di pubblica sicurezza, osservando che “Il rapporto giuridico tra i due soggetti è regolato da un contratto di servizio dal cui contenuto si ricava agevolmente che - in linea perfetta con il contenuto della richiesta dell’autorizzazione di polizia, laddove viene chiesta unicamente per lo svolgimento dell’attività di intermediazione, priva di autonomia e di rischio economico - la prestazione del CTD consiste nel trasmettere via internet, in tempo reale, alla società straniera le proposte di scommessa sportiva su eventi a quota fissa ricevute dai clienti e che quest’ultima accetta o meno la proposta di scommessa, trasmettendo, sempre in via telematica, il relativo esito al centro dati. Nel medesimo contratto si stabilisce che il rapporto si costituisce tra due parti, autonome e indipendenti; ha natura esclusivamente commerciale e non costituisce né un rapporto di lavoro subordinato, né un contratto di agenzia, né un contratto di mandato, né un contratto di partnership, di joint-venture, di società o altro. Si stabilisce altresì che il centro non può incidere sull’organizzazione della gestione delle scommesse, sull’accettazione e sulle modalità di gioco; che non ha la possibilità di modificare i dati, poiché queste spettano unicamente alla società estera”.
L’esame del contenuto delle rispettive prestazioni contrattuali, ha indotto la Sezione a ritenere che “il rapporto, la cui qualificazione è riservata al giudice da fare su basi oggettive, non può che essere ricondotto a quello di mediazione, disciplinato dall’art 1754 del codice civile. La norma del codice civile, laddove fornisce unicamente la nozione di ‘mediatore’ e non di ‘contratto di mediazione’, consente di attrarre nella sua orbita anche forme di mediazione, sistematica esclusiva e liberamente
organizzata (in forma di impresa individuale o collettiva), a favore di un unico soggetto. Tuttavia, quand’anche si volesse configurare un contratto a causa mista, preponderante rimane quella propria del contratto di mediazione, costituita dal mettere “in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legata ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza”. Quel che rileva è che il contratto di scommessa si concluda direttamente, secondo le note regole del luogo ove il proponente conosce dell’accettazione dell’altra parte, tra lo scommettitore e la società estera”.
Quanto sopra ha consentito alla Sezione di concludere che “il centro trasmissione dati, pur potendo formalmente proporre il ricorso sulla base del semplice fatto di aver aperto il procedimento autorizzatorio, non avendo nessun titolo sostanziale a chiedere l’autorizzazione, finisce con il non avere nemmeno la legittimazione processuale sostanziale; e, comunque, è sufficiente ad escludere l’attualità dell’interesse a ricorrere. Infatti, nessun vantaggio potrebbe avere dall’annullamento dell’atto originariamente impugnato, dato che presuppone il potere giuridico, che nel caso di specie manca, di organizzare e gestire il mercato delle scommesse. In termini più chiari, il CTD non potrebbe in ogni caso svolgere l’attività per cui è stata chiesta l’autorizzazione, senza la qualificata presenza nel nostro ordinamento del soggetto nel cui interesse agisce. Infatti, il sistema concessorio -autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano ‘organizzare e gestire’ nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse. - Invece con il meccanismo predisposto, ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori. - Anzi, tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l’autorizzazione”.
In definitiva quindi il ricorso va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.000,00 oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Alberto Di Mario, Primo Referendario, Estensore
Valentina Santina Mameli, Referendario


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




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