GIOCHI E SCOMMESSE:
i limiti d'ordine pubblico
nel sistema concessorio-autorizzatorio
in materia di giochi e scommesse
(T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III,
sentenza 5 maggio 2014 n. 1151).
Un settore in tumultuosa espansione.
Massima
1. Il
sistema concessorio - autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui
legittimità è stata anche confermata dalle Corti europee, riguarda unicamente
operatori economici che intendano 'organizzare e gestire' nel territorio la
parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e
non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi
della negoziazione, non consentano l'individuazione dell'effettivo radicamento
giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse.
2. Invero, con il meccanismo predisposto, ove lo Stato italiano lo consentisse, il
reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all'estero senza
sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l'intermediatore,
rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando
incertezze presso gli stessi scommettitori. Anzi, tale incertezza costituisce
di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare
l'autorizzazione.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione
Terza)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 261 del 2012, proposto da: Roberto Tortosa,
rappresentato e difeso dagli avv. Vincenzo Matera, Filomena Cicinnati, presso
il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, via Benvenuto Cellini n.
2;
contro
Ministero
Dell'interno - Questore della Provincia di Como, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, presso i cui uffici è domiciliato
per legge in Milano, via Freguglia n. 1;
per
l'annullamento
-
del decreto DIV. - Cat. 11^E/2011, emesso dal Questore di Como in data 5
dicembre 2011 e notificato in data 12 dicembre 2011, nonché di tutti gli atti
connessi;
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 25 marzo 2014 il dott. Alberto Di Mario e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
e DIRITTO
1.
Il ricorrente impugna il diniego della sua istanza diretta a ottenere il
rilascio di autorizzazione per l’esercizio di trasmissione di dati inerenti a
scommesse a quota fissa su eventi sportivi per conto della società Playmatch
limited di Malta ai sensi dell’art. 88 TULPS per i seguenti motivi.
I)
Violazione e/o falsa applicazione degli arti. 3, 43, 45, 46, 49 del Trattato
istitutivo C.E. - disparità di trattamento – natura dell'ordine pubblico quale
limite alla diretta applicazione interna del diritto comunitario -
insussistenza - violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità.
Secondo
la ricorrente una normativa nazionale che vieta l'esercizio di attività di
raccolta, di accettazione, di registrazione e di trasmissione di proposte di
scommesse, in particolare sugli eventi sportivi, in assenza di concessione o di
autorizzazione di polizia rilasciate dallo Stato membro interessato,
costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento nonché alla libera
prestazione dei servizi previste rispettivamente agli artt. 43 CE e 49 CE.
Spetterebbe al giudice nazionale verificare se la normativa nazionale, in
quanto limita il numero di soggetti che operano nel settore dei giochi
d'azzardo, risponda realmente all'obiettivo mirante a prevenire l'esercizio
delle attività in tale settore per fini criminali o fraudolenti.
In
secondo luogo il rilascio dell'autorizzazione di P.S. non sarebbe subordinato
al preventivo possesso della concessione italiana, bensì alla sola verifica dei
requisiti soggettivi di moralità ed
incensuratezza.
II)
Violazione del principio di mutuo riconoscimento fra Stati membri.
Secondo
il ricorrente in virtù del principio del mutuo riconoscimento fra Stati membri,
l'Italia non potrà che riconoscere alla Play Match Limited, che non ha una
concessione in Italia, il totale adempimento a tutte le prescrizioni imposte
dalla legge maltese e la piena osservanza della normativa di tale Stato,
ispirata alla difesa delle medesime istanze che il sistema italiano afferma di
voler tutelare e permettere a tale impresa di operare in Italia senza
concessione.
La
difesa dello Stato ha chiesto la reiezione del ricorso.
All’udienza
del 25 marzo 2014 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2.
Il ricorso è infondato.
In
merito occorre rammentare che la Corte di giustizia dell’Unione europea con
sentenza 12 settembre 2013 nelle cause riunite C-660/11 e C-8/12 ha innanzi
tutto ribadito che “gli articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel
senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società
interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di
ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata
dallo Stato al fine di esercitare simili attività, e che limiti il rilascio di
una siffatta autorizzazione segnatamente ai richiedenti che già sono in
possesso di una simile concessione”.
Ciò
in quanto “un sistema di concessioni può costituire un meccanismo efficace che
consente di controllare coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo
allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o
fraudolenti”.
La
Corte ha quindi ribadito che “la condizione dell’autorizzazione di polizia in
forza della quale coloro che operano in tale settore nonché i loro locali sono
assoggettati ad un controllo iniziale e ad una sorveglianza continua …
contribuisce chiaramente all’obiettivo mirante a evitare che questi operatori
siano implicati in attività criminali o fraudolente e sembra una misura del
tutto proporzionata a tale obiettivo” e ha ulteriormente chiarito che “il fatto
che un operatore debba disporre sia di una concessione sia di un’autorizzazione
di polizia per poter accedere al mercato di cui trattasi non è, in sé,
sproporzionata rispetto all’obiettivo perseguito dal legislatore nazionale,
ossia quello della lotta alla criminalità collegata ai giochi d’azzardo”.
Su
questa base, con le recenti sentenze del 27 novembre 2013 il Consiglio di
Stato, Sezione terza, ha confermato che “il sistema concessorio-autorizzatorio
imposto dal nostro ordinamento non si pone affatto in contrasto con
l’ordinamento comunitario; il che fa venir meno il presupposto giuridico,
sostanziale e processuale, su cui si fonda la posizione soggettiva della
società estera; e di conseguenza quella del CTD, che pure costituisce l’unico
oggetto del presente giudizio. A dimostrare ciò è sufficiente fare riferimento
alla già indicata sentenza della Corte di giustizia del 12 settembre 2013”.
La
Sezione terza del Consiglio di Stato si è anche spinta a indagare la natura dei
rapporti tra la società estera di gestione delle scommesse e il centro di
elaborazione dati richiedente l’autorizzazione di pubblica sicurezza,
osservando che “Il rapporto giuridico tra i due soggetti è regolato da un
contratto di servizio dal cui contenuto si ricava agevolmente che - in linea perfetta
con il contenuto della richiesta dell’autorizzazione di polizia, laddove viene
chiesta unicamente per lo svolgimento dell’attività di intermediazione, priva
di autonomia e di rischio economico - la prestazione del CTD consiste nel
trasmettere via internet, in tempo reale, alla società straniera le proposte di
scommessa sportiva su eventi a quota fissa ricevute dai clienti e che
quest’ultima accetta o meno la proposta di scommessa, trasmettendo, sempre in
via telematica, il relativo esito al centro dati. Nel medesimo contratto si
stabilisce che il rapporto si costituisce tra due parti, autonome e
indipendenti; ha natura esclusivamente commerciale e non costituisce né un
rapporto di lavoro subordinato, né un contratto di agenzia, né un contratto di
mandato, né un contratto di partnership, di joint-venture, di società o altro.
Si stabilisce altresì che il centro non può incidere sull’organizzazione della
gestione delle scommesse, sull’accettazione e sulle modalità di gioco; che non
ha la possibilità di modificare i dati, poiché queste spettano unicamente alla
società estera”.
L’esame
del contenuto delle rispettive prestazioni contrattuali, ha indotto la Sezione
a ritenere che “il rapporto, la cui qualificazione è riservata al giudice da
fare su basi oggettive, non può che essere ricondotto a quello di mediazione,
disciplinato dall’art 1754 del codice civile. La norma del codice civile,
laddove fornisce unicamente la nozione di ‘mediatore’ e non di ‘contratto di
mediazione’, consente di attrarre nella sua orbita anche forme di mediazione,
sistematica esclusiva e liberamente
organizzata
(in forma di impresa individuale o collettiva), a favore di un unico soggetto.
Tuttavia, quand’anche si volesse configurare un contratto a causa mista,
preponderante rimane quella propria del contratto di mediazione, costituita dal
mettere “in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza
essere legata ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o
di rappresentanza”. Quel che rileva è che il contratto di scommessa si concluda
direttamente, secondo le note regole del luogo ove il proponente conosce
dell’accettazione dell’altra parte, tra lo scommettitore e la società estera”.
Quanto
sopra ha consentito alla Sezione di concludere che “il centro trasmissione
dati, pur potendo formalmente proporre il ricorso sulla base del semplice fatto
di aver aperto il procedimento autorizzatorio, non avendo nessun titolo
sostanziale a chiedere l’autorizzazione, finisce con il non avere nemmeno la
legittimazione processuale sostanziale; e, comunque, è sufficiente ad escludere
l’attualità dell’interesse a ricorrere. Infatti, nessun vantaggio potrebbe
avere dall’annullamento dell’atto originariamente impugnato, dato che
presuppone il potere giuridico, che nel caso di specie manca, di organizzare e
gestire il mercato delle scommesse. In termini più chiari, il CTD non potrebbe
in ogni caso svolgere l’attività per cui è stata chiesta l’autorizzazione,
senza la qualificata presenza nel nostro ordinamento del soggetto nel cui
interesse agisce. Infatti, il sistema concessorio -autorizzatorio, vigente nel
nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti
europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano ‘organizzare e
gestire’ nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa
dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule
organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano
l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel
mercato nazionale delle scommesse. - Invece con il meccanismo predisposto, ove
lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe
svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo
attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe
ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori. - Anzi,
tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine
pubblico per denegare l’autorizzazione”.
In
definitiva quindi il ricorso va respinto.
Le
spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
respinge.
Condanna
la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.000,00
oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Adriano
Leo, Presidente
Alberto
Di Mario, Primo Referendario, Estensore
Valentina
Santina Mameli, Referendario
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
05/05/2014
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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