ADUNANZE PLENARIE:
la sospensione c.d. "impropria"
nel processo amministrativo
(Ad. Plen.,
ordinanza 15 ottobre 2014, n. 28)
1. Nel processo amministrativo, secondo un
consolidato indirizzo (ex multis ord. Sez. V, 27 settembre 2011, n.
5387; Sez. IV, 11 luglio 2002, n. 3926), trova ingresso la c.d. sospensione
impropria del giudizio principale nell’ipotesi di pendenza della questione di
legittimità costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma
sollevata in una diversa causa.
2. Nel nostro sistema della giustizia
amministrativa (arg. ex artt. 79 e 80, c.p.a.) non si rinviene, infatti, una
norma che vieti una tale ipotesi di sospensione (cfr. Cass., Sez. un., 16
aprile 2012, n. 5943), né si profila una lesione del contraddittorio
allorquando le parti, rese edotte della pendenza della questione di legittimità
costituzionale, non facciano richiesta di poter interloquire davanti al giudice
delle leggi sollecitando una formale rimessione della questione; tale esegesi,
inoltre, è conforme sia al principio di economia dei mezzi processuali che a
quello di ragionevole durata del processo (che assumono un particolare rilievo
nel processo amministrativo in cui vengono in gioco interessi pubblici), in
quanto, da un lato, si evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte
costituzionale dispendiosi adempimenti correlati alla rimessione della
questione di costituzionalità, dall’altro, si previene il rischio di prolungare
la durata del giudizio di costituzionalità (e di riflesso di quelli a quo);
3. Rimane inteso che il termine per la
prosecuzione del giudizio sospeso è quello innovativamente sancito dall’art.
80, co. 1, c.p.a. per tutte le ipotesi di sospensione del processo
amministrativo (90 giorni dimidiati nel caso di specie a 45, in forza del
combinato disposto degli artt. 87, co. 2, lett. d) e co. 3, e 114, co. 8 e 9,
c.p.a.) e tale termine decorrerà dalla data di pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale del provvedimento della Corte costituzionale che definisce il
giudizio.
Ordinanza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 23
di A.P. del 2014, proposto dalla Signora C.M., rappresentata e
difesa dall'avvocato Carlo Caniglia, domiciliata ai sensi dell’art. 25 c.p.a.
presso la Segreteria della Quarta Sezione del Consiglio di Stato in Roma,
piazza Capo di Ferro n. 13;
contro
Comune di Villa Castelli, in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato
Giovanni Pomarico, domiciliato ai sensi dell’art. 25 c.p.a. presso la
Segreteria della Quarta Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di
Ferro n. 13;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Puglia –
Sede staccata di Lecce - Sezione I, n. 383 del 21 febbraio 2013.
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
del Comune di Villa Castelli;
Vista l’ordinanza della Quarta Sezione del
Consiglio di Stato – n. 3347 del 3 luglio 2014 – che ha rimesso la presente
causa all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, co.1, c.p.a.;
Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il consigliere Vito Poli nella
camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014, nel corso della quale è stata
sottoposta alle parti, ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., la questione
concernente la pendenza, davanti alla Corte costituzionale, del giudizio avente
ad oggetto la legittimità della norma sancita dall’art. 42 bis,
d.P.R. 8 giugno 2011, n. 327 – Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità -;
Uditi, per le parti, gli avvocati Caniglia
e Pomarico.
Preso atto che:
a) l’oggetto del presente giudizio è
costituito dal provvedimento reso in data 10 settembre 2012 dal commissarioad
acta - nominato dalla sentenza del T.a.r. per la Puglia, sede staccata
di Lecce, Sez. I, n. 928 del 2012 per l’esecuzione del giudicato formatosi
sulla decisione del medesimo giudice n. 3342 del 19 novembre 2008 – recante,
nella sostanza, l’approvazione di un decreto di acquisizione in sanatoria ex
art. 42-bis t.u. espr. in danno della Signora Carmela Marraffa
odierna appellante;
b) quest’ultima ha proposto reclamo, ai
sensi dell’art. 114, co. 6, c.p.a., avverso il provvedimento commissariale, che
è stato respinto dall’impugnata sentenza del T.a.r. di Lecce n. 383 del 21 febbraio
2013;
c) la Quarta Sezione del Consiglio di
Stato, investita del gravame avverso la su menzionata sentenza, ha deferito il
ricorso all’Adunanza plenaria ex art. 99, co. 1, c.p.a., sottoponendole il
seguente quesito di diritto: <<se nella fase di ottemperanza –
con giurisdizione, quindi, estesa al merito – ad una sentenza avente ad oggetto
una domanda demolitoria di atti concernenti una procedura espropriativa,
rientri o meno tra i poteri sostitutivi del giudice, e per esso, del
commissario ad acta, l’adozione della procedura semplificata di cui all’art. 42
bis cit.>>;
d) come esattamente evidenziato dalla
stessa ordinanza di rimessione, il giudice delle leggi è stato chiamato a
giudicare della questione di legittimità costituzionale del più volte richiamato
art. 42-bis su impulso delle Sezioni unite della Corte di
cassazione (cfr. ordinanza 13 gennaio 2014, n. 441);
Ritenuto che:
e) nel processo amministrativo, secondo un
consolidato indirizzo (cfr., fra le tante, ordinanza Sez. V, 27 settembre 2011,
n. 5387; Sez. IV, 11 luglio 2002, n. 3926), trova ingresso la c.d. sospensione
impropria del giudizio principale per la pendenza della questione di
legittimità costituzionale di una norma, applicabile in tale procedimento, ma
sollevata in una diversa causa;
f) non si rinviene, infatti, nel sistema
della giustizia amministrativa (arg. ex artt. 79 e 80, c.p.a.) una norma che
vieti una tale ipotesi di sospensione (cfr. Cass., Sez. un., 16 aprile 2012, n.
5943), né si profila una lesione del contraddittorio allorquando (come nel caso
di specie), le parti, rese edotte della pendenza della questione di legittimità
costituzionale, non facciano richiesta di poter interloquire davanti al giudice
delle leggi sollecitando una formale rimessione della questione; tale esegesi,
inoltre, è conforme sia al principio di economia dei mezzi processuali che a
quello di ragionevole durata del processo (che assumono un particolare rilievo
nel processo amministrativo in cui vengono in gioco interessi pubblici), in
quanto, da un lato, si evitano agli uffici, alle parti ed alla medesima Corte
costituzionale dispendiosi adempimenti correlati alla rimessione della
questione di costituzionalità, dall’altro, si previene il rischio di prolungare
la durata del giudizio di costituzionalità (e di riflesso di quelli a
quo);
g) rimane inteso che il termine per la
prosecuzione del giudizio sospeso è quello innovativamente sancito dall’art.
80, co. 1, c.p.a. per tutte le ipotesi di sospensione del processo
amministrativo (90 giorni dimidiati nel caso di specie a 45, in forza del
combinato disposto degli artt. 87, co. 2, lett. d) e co. 3, e 114, co. 8 e 9,
c.p.a.); tale termine decorrerà dalla data di pubblicazione nella Gazzetta
ufficiale del provvedimento della Corte costituzionale che definisce il
giudizio relativo al più volte menzionato art. 42-bis t.u. espr.;
invero, deve ritenersi ragionevole, ai fini della tempestiva prosecuzione del
processo sospeso per la pendenza di un giudizio di legittimità costituzionale
sulla disciplina applicabile nella causa a seguito di questione sollevata da
altro giudice, che il termine decorra dalla data di pubblicazione della
sentenza della Corte costituzionale sulla Gazzetta ufficiale - che integra un
idoneo sistema di pubblicità legale per la conoscenza delle sorti del processo
costituzionale - e non dalla notificazione operata dal soggetto interessato
alle controparti a fini sollecitatori, in quanto tale meccanismo, rimesso alla
mera volontà delle parti, non è compatibile con il principio di ragionevole
durata del processo essendo suscettibile di provocare una quiescenza sine
die del processo (cfr. Cass. civ., sez. I, 26 marzo 2013, n. 7580;
Cons. St., ordinanza Sez. IV, 11 luglio 2002, n. 3926).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Adunanza Plenaria), sospende il giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Carlo Deodato, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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