"MEMOIRES D'UN JURISTE":
l'ipertrofia normativa (italica)
come concausa del superamento
del principio di legalità formale
Brevissima riflessione occasionata dal contenzioso che seguo in materia di giochi e scommesse.
A me sembra che l'ipertrofia normativa ("leggi su leggi per poterle meglio evadere od eludere" diceva Montanelli a proposito di questo antico male della Penisola)stia producendo un deciso superamento del principio di legalità formale rispetto a quello sostanziale, con esiti paradossali.
Mi spiego.
Prendiamo la questione della "ludopatia", normata da plurime fonti legislative, di diverso livello, spesso non coordinate, se non in conflitto.
E così una disciplina è dettata dall'art. 7 co. 10 del c.d. "decreto Balduzzi" del 2012, un'altra dalla Regione presa a riferimento (ad esempio la L.R. Liguria n. 17/2012, o quella la L.R. Puglia n. ), a loro volta originate dall'interpretazione "restrittiva" di ordine pubblico fornita dalla Consulta con la nota sentenza n. 300 del 2011.
Poi vi sono i regolamenti comunali, che o riproducono la disciplina regionale, oppure la ampliano (aumentando le distanze minime, o il numero dei c.d. "luoghi sensibili" come chiese, scuole, ospedali etc.).
Ebbene qual è l'esito di una tale congerie di norme, dietro cui spesso vi sono divergenti interessi pubblici (il decreto Balduzzi affida all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l'attuazione; qui l'interesse pubblico non può che essere il gettito erariale e la tutela della concorrenza attraverso il contingentamento e la distribuzione geografica dei centri scommesse; le Regioni tutelano la salute pubblica, ma bisogna anche dire che molte giunte hanno nel proprio programma elettorale la lotta alla ludopatia, un tema socialmente molto sentito, etc.)?
L'esito immediato è la totale incertezza normativa.
Quello mediato è la ipervalorizzazione, da parte dei giudici amministrativi, del principio di legalità sostanziale, declinato nei termini di "sembra doversi dare prevalenza all'interesse pubblico" (sì, ma quale? quello erariale, quello alla salute, quello alla concorrenza etc.)rispetto a quello privato".
Questa la ratio decidendi di molte pronunce cautelari (e non solo).
Ed il paradosso sta in questo: inutile invocare principi di specialità in materia di sanzioni amministrative, o criteri di soluzioni delle antinomie normative (come i manuali di costituzionale insegnano), in quanto l'eccesso di norme corrisponde alla mancanza, per cui alla violazione di legge si sostituisce l'eccesso di potere, ossia la patologia provvedimentale più legata alla discrezionalità pura, quindi all'arbitrio, delle p.a. come dei giudici che decidono sulla loro azione.
Con buona pace del principio di legalità formale come garanzia rispetto ai poteri pubblici e come elemento di razionalizzazione dell'attività amministrativa.
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