PROCESSO:
prescrizione e P.A.;
verso una giurisdizione di diritto oggettivo?
Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 21 novembre 2012, n. 5914 il Collegio rileva che la prescrizione ha delle regole che la P.A. non conosce.
La controversia riguarda il
riconoscimento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni
superiori, ed è originata dall'impugnazione del provvedimento negativo di
controllo del Co.Re.Co. rispetto a quello, positivo (avendo riconosciuto alla
ricorrente il trattamento economico di Responsabile apicale del Servizio per la
tutela sanitaria materna per un decennio) di un Comitato di gestione delle
(già) U.S.L..
La (prima) domanda è: la prescrizione può
divenire un istituto sostanziale strumentale, in sede processuale, alla tutela
dell'erario in deroga al processo di parti, basato sul principio dispositivo? E
più in generale, è ammissibile controvertere di prescrizione in sede di
giurisdizione generale di legittimità?
Sembra proprio di sì.
Questo è difatti l'apparato
motivazionale della sentenza in merito:
"Non sembra pertinente la
sottolineatura, nella sentenza di primo grado, del fatto che l’eccezione di
prescrizione debba essere sollevata dalla parte (la Regione non si era
costituita in primo grado) e non possa essere sollevata d’ufficio in giudizio,
in quanto il decorso del tempo ed il connesso effetto prescrizionale vengono in
rilievo non come eccezione, bensì quale contenuto di uno dei rilievi di
legittimità opposti, nei confronti del disposto riconoscimento (pieno) del
diritto, nel procedimento di controllo".
"Ciò, senza contare che la regola
della non rinunciabilità della prescrizione da parte dell'Amministrazione,
anche se non vale a qualificare quella sulla prescrizione come eccezione
rilevabile d'ufficio, comporta una limitazione al divieto dello ius
novorum in appello dal momento che l'Amministrazione, quando deduce per
la prima volta in appello l'eccezione di prescrizione, esercita il suo
potere-dovere di corretta gestione delle ricorse finanziarie pubbliche,
rimediando alle carenze o all'inerzia nello svolgimento delle difese di primo
grado (cfr. Cons. St. VI, 16 giugno 2006, n. 3544; 11 marzo 2004, n. 1240; 7
agosto 2002 n. 414)".
Ancora: "Non è poi condivisibile nemmeno che l’eccezione di prescrizione,
anche se di massima doverosa per l’Amministrazione, sia ‹‹rimessa ad
una serie di valutazioni, tra loro connesse (in primo luogo sul quando, ma
anche sull’an, sul quomodo, sul quantum),
di per sé non sindacabili in sede di controllo di legittimità di un singolo
atto amministrativo››(così la motivazione della sentenza appellata, sul punto).
Infatti, la possibilità di rinuncia
(espressa o tacita) alla prescrizione contemplata dall'articolo 2937 c.c. per
crediti pecuniari aventi fonte in un rapporto di pubblico impiego è preclusa
per la P.A. dall'articolo 3 del R.D.L. 295/1939, a norma del quale, ove risulti
effettuato il pagamento di una somma prescritta, l'amministrazione per
conseguire il rimborso può trattenere il pagamento delle rate successive; ne
consegue che una volta maturato il termine di prescrizione l'amministrazione ha
l'obbligo di eccepirla senza che sussista alcuna discrezionalità di avvalersi o
meno della stessa e che, a maggior ragione, non possono derivare
dall'intervenuto pagamento effetti abdicativi più ampi, come il diritto agli
interessi ed alla svalutazione monetaria (cfr. Cons. Stato, A.P., 27 novembre
1996, n. 11).
Dunque, se eccepire l’intervenuta
prescrizione costituiva per l’Amministrazione comportamento doveroso [...] di
fronte ad un provvedimento che (non riteneva espressamente di non
avvalersi della prescrizione (ndr: ?) - nel qual caso si
sarebbe forse potuto discutere della legittimità di una simile scelta e della
relativa motivazione - ma semplicemente) trascurava di considerare tale profilo
(omettendo, quindi di limitare la durata del riconoscimento a fini economici),
il rilievo dell’organo di controllo che ha sottolineato detta omissione non
sconfina nel merito amministrativo, ma rientra a pieno titolo nell’ambito della
legittimità".
In definitiva: la ultra-liberalizzazione/privatizzazione
della recentissima politica economica, non starà paradossalmente portando ad
una "oggettivizzazione del processo amministrativo", in
controtendenza con gli ultimi quattro lustri di tendenziale passaggio dal
giudizio sull'atto a quello sul rapporto (come insegnano, ex multis, il
potere di legittimazione dell'Antitrust ai sensi dell'art. 21-bis della
l. n. 287/90, o i poteri riconosciuti al G.A. nel rito degli appalti, in
particolare con le sanzioni alternative?).
In altre parole (la seconda domanda) non sembra
profilarsi come sempre più vasta ed evidente una giurisdizione di diritto
oggettivo rispetto alla "neonata" di diritto soggettivo?
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