venerdì 7 dicembre 2012

PROCESSO: prescrizione e P.A.: verso una giurisdizione di diritto oggettivo?




PROCESSO:
prescrizione e P.A.; 
verso una giurisdizione di diritto oggettivo?


Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III,  21 novembre 2012, n. 5914 il Collegio rileva che la prescrizione ha delle regole che la P.A. non conosce.
La controversia riguarda il riconoscimento delle differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori, ed è originata dall'impugnazione del provvedimento negativo di controllo del Co.Re.Co. rispetto a quello, positivo (avendo riconosciuto alla ricorrente il trattamento economico di Responsabile apicale del Servizio per la tutela sanitaria materna per un decennio) di un Comitato di gestione delle (già) U.S.L..
La (prima) domanda è: la prescrizione può divenire un istituto sostanziale strumentale, in sede processuale, alla tutela dell'erario in deroga al processo di parti, basato sul principio dispositivo? E più in generale, è ammissibile controvertere di prescrizione in sede di giurisdizione generale di legittimità? 
Sembra proprio di sì.
Questo è difatti l'apparato motivazionale della sentenza in merito: 
"Non sembra pertinente la sottolineatura, nella sentenza di primo grado, del fatto che l’eccezione di prescrizione debba essere sollevata dalla parte (la Regione non si era costituita in primo grado) e non possa essere sollevata d’ufficio in giudizio, in quanto il decorso del tempo ed il connesso effetto prescrizionale vengono in rilievo non come eccezione, bensì quale contenuto di uno dei rilievi di legittimità opposti, nei confronti del disposto riconoscimento (pieno) del diritto, nel procedimento di controllo".
"Ciò, senza contare che la regola della non rinunciabilità della prescrizione da parte dell'Amministrazione, anche se non vale a qualificare quella sulla prescrizione come eccezione rilevabile d'ufficio, comporta una limitazione al divieto dello ius novorum in appello dal momento che l'Amministrazione, quando deduce per la prima volta in appello l'eccezione di prescrizione, esercita il suo potere-dovere di corretta gestione delle ricorse finanziarie pubbliche, rimediando alle carenze o all'inerzia nello svolgimento delle difese di primo grado (cfr. Cons. St. VI, 16 giugno 2006, n. 3544; 11 marzo 2004, n. 1240; 7 agosto 2002 n. 414)".
Ancora: "Non è poi condivisibile nemmeno che l’eccezione di prescrizione, anche se di massima doverosa per l’Amministrazione, sia ‹‹rimessa ad una serie di valutazioni, tra loro connesse (in primo luogo sul quando, ma anche sull’an, sul quomodo, sul quantum), di per sé non sindacabili in sede di controllo di legittimità di un singolo atto amministrativo››(così la motivazione della sentenza appellata, sul punto).
Infatti, la possibilità di rinuncia (espressa o tacita) alla prescrizione contemplata dall'articolo 2937 c.c. per crediti pecuniari aventi fonte in un rapporto di pubblico impiego è preclusa per la P.A. dall'articolo 3 del R.D.L. 295/1939, a norma del quale, ove risulti effettuato il pagamento di una somma prescritta, l'amministrazione per conseguire il rimborso può trattenere il pagamento delle rate successive; ne consegue che una volta maturato il termine di prescrizione l'amministrazione ha l'obbligo di eccepirla senza che sussista alcuna discrezionalità di avvalersi o meno della stessa e che, a maggior ragione, non possono derivare dall'intervenuto pagamento effetti abdicativi più ampi, come il diritto agli interessi ed alla svalutazione monetaria (cfr. Cons. Stato, A.P., 27 novembre 1996, n. 11).
Dunque, se eccepire l’intervenuta prescrizione costituiva per l’Amministrazione comportamento doveroso [...] di fronte ad un provvedimento che (non riteneva espressamente di non avvalersi della prescrizione (ndr: ?) - nel qual caso si sarebbe forse potuto discutere della legittimità di una simile scelta e della relativa motivazione - ma semplicemente) trascurava di considerare tale profilo (omettendo, quindi di limitare la durata del riconoscimento a fini economici), il rilievo dell’organo di controllo che ha sottolineato detta omissione non sconfina nel merito amministrativo, ma rientra a pieno titolo nell’ambito della legittimità".
In definitiva: la ultra-liberalizzazione/privatizzazione della recentissima politica economica, non starà paradossalmente portando ad una "oggettivizzazione del processo amministrativo", in controtendenza con gli ultimi quattro lustri di tendenziale passaggio dal giudizio sull'atto a quello sul rapporto (come insegnano, ex multis, il potere di legittimazione dell'Antitrust ai sensi dell'art. 21-bis della l. n. 287/90, o i poteri riconosciuti al G.A. nel rito degli appalti, in particolare con le sanzioni alternative?).
In altre parole (la seconda domanda) non sembra profilarsi come sempre più vasta ed evidente una giurisdizione di diritto oggettivo rispetto alla "neonata" di diritto soggettivo?

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