PROVVEDIMENTO:
i presupposti per il rinnovo del porto d'armi
(T.A.R. Umbria sent. 29 gennaio 2013 n. 45)
Massima
L’orientamento giurisprudenziale
prevalente, qualifica il potere del Prefetto di concedere il porto d’armi per
uso personale quale esercizio di un potere discrezionale (Cons. di Stato Sez.
VI, sent. n. 2536 del 21-05-2007), potere pertanto soggetto ad un sindacato di
manifesta irrazionalità o irragionevolezza e, nel concreto, diretto ad “apprezzare se la persona richiedente sia meritevole
del titolo, per le evidenti ricadute che tali atti abilitativi possono avere ai
fini di una efficace protezione di due beni giuridici di primario interesse
pubblico, quali l'ordine e la sicurezza pubblica (Cons. di Stato Sez. VI,
sent. n. 1925 del 06-04-2010 e T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, 30-03-2012,
n. 134)”.
In considerazione di tale contemperamento
di esigenze l'art. 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, dopo aver disposto il
divieto di portare fuori dalla propria abitazione armi ed altri strumenti
impropri di offesa, attribuisce al Prefetto la facoltà di rilasciare licenza di
porto d'armi "in caso di dimostrato bisogno". Il
rilascio della licenza di porto di pistola per difesa personale, pertanto, non
costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una
situazione giuridica soggettiva, ma configura un provvedimento con contenuto
permissivo in deroga al generale divieto per il cittadino di portare armi.
Il requisito del “dimostrato bisogno” è, in definitiva, requisito che
deve essere dimostrato in concreto, dovendosi analizzare l’attività
dell’istante e verificare se lo svolgimento di detta attività integra il
corretto esercizio del potere discrezionale, nei limiti in cui esso è
sindacabile.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 195 del 2011,
proposto da:
Marco Fabbretti, rappresentato e difeso dall'avv. Renato Ferrara, con domicilio eletto presso Stefano Gallo in Perugia, via G.B. Pontani, 14;
Marco Fabbretti, rappresentato e difeso dall'avv. Renato Ferrara, con domicilio eletto presso Stefano Gallo in Perugia, via G.B. Pontani, 14;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per
legge dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Perugia, via degli Offici,
14;
per l'annullamento:
- del Decreto emesso in data 09 Febbraio 2011 dal
Prefetto di Terni (prot. n. 0005173) con il quale veniva respinta domanda di
rinnovo del porto d’armi.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero
dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre
2012 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
L’attuale ricorrente, in quanto luogotenente dell’Arma
dei Carabinieri, presentava, nel corso del 16 Gennaio 2010, istanza di rinnovo
del porto d’armi per difesa personale.
Dall’esame degli atti risulta che il Commissario di
Pubblica Sicurezza di Orvieto, ricevuta l’istanza di cui si tratta, avesse
riferito alla Prefettura come non emergessero elementi ostativi al rinnovo del
porto d’armi di cui si tratta.
Analogo parere favorevole veniva rilasciato dal
Comandante della Compagnia Carabinieri di Orvieto.
Malgrado detti pareri favorevoli, in data 09 Febbraio
2010, il Comando Provinciale dei Carabinieri di Terni affermava come non
sussistessero particolari motivi che giustificassero un effettivo e concreto
bisogno di porto d’armi, così come previsto dalla Circolare del Ministero
dell’interno n. 5557/PAS.8121-10100 del 21/05/2006.
In data 04 Marzo 2010 la Prefettura di Terni
comunicava, ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/90, l’esistenza di
elementi ostativi che impedivano l’accoglimento dell’istanza, motivi in
relazione ai quali il ricorrente presentava le proprie controdeduzioni.
In data 17 febbraio 2011 il Commissario di Pubblica
Sicurezza di Orvieto notificava il Decreto emesso in data 09 Febbraio 2011 dal
Prefetto di Terni (prot. n. 0005173) con il quale veniva respinta domanda di
rinnovo porto d’armi, provvedimento impugnato con la presentazione del ricorso
ora sottoposto all’esame di questo Collegio.
Nell’ambito dello stesso ricorso l’attuale ricorrente
sosteneva il venire in essere di una violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS), non essendovi stata una
sufficiente valutazione delle situazioni che lo esporrebbero a pericolo e, ciò,
unitamente ad un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, rilevando
come la prefettura di Terni avesse respinto l’istanza di rinnovo di porto di
pistola per uso personale sia, in considerazione dell’inesistenza di “in un
reale e concreto pericolo per la propria incolumità” sia, in contraddizione
a precedenti provvedimenti in cui detto rinnovo era stato concesso.
Il ricorrente sosteneva ancora il venire in essere di
un eccesso di potere sottolineando la circostanza in base alla detto porto
d’armi era stato concesso a partire dal 1998 e da allora sempre rinnovato.
Si costituiva il Ministero dell’Interno che rilevava
come risultasse indimostrato la sussistenza del “dimostrato bisogno” e,
in ciò, anche considerando come il ricorrente era stato autorizzato a portare
la pistola d’ordinanza anche per esigenze di difesa personale e, nel contempo,
come lo stesso si fosse rifiutato di portare una diversa arma più occultabile.
La stessa Amministrazione rilevava come non vi sarebbe
nemmeno l’eccesso di potere in quanto non sarebbe stata dimostrata
l’esposizione ad un rischio particolare.
All'udienza del 19 dicembre 2012, uditi i procuratori
delle parti e precisate le rispettive conclusioni, il ricorso veniva trattenuto
per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto per i motivi di
seguito precisati.
1. Con riferimento al primo motivo va rilevato come,
nel ricorso, si deduca la sussistenza del “dimostrato bisogno”,
presupposto, ai sensi dell’art. 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS) per
l’ottenimento del permesso di cui si tratta e, ciò, in considerazione del
servizio prestato dal 1999 al 2003 presso la Direzione centrale dei Servizi Antidroga
in Roma.
In conseguenza di detti servizi svolti in precedenza
il ricorrente rileva il compimento di incarichi particolarmente delicati in
ragione dei quali gli era stato accordato il porto d’arma per uso personale.
La tesi del ricorrente non può essere condivisa.
2. L’orientamento giurisprudenziale prevalente,
qualifica il potere del Prefetto di concedere il porto d’armi per uso personale
quale esercizio di un potere discrezionale (Cons. di Stato Sez. VI, sent. n.
2536 del 21-05-2007), potere pertanto soggetto ad un sindacato di manifesta
irrazionalità o irragionevolezza e, nel concreto, diretto ad “apprezzare se
la persona richiedente sia meritevole del titolo, per le evidenti ricadute che
tali atti abilitativi possono avere ai fini di una efficace protezione di due
beni giuridici di primario interesse pubblico, quali l'ordine e la sicurezza
pubblica (Cons. di Stato Sez. VI, sent. n. 1925 del 06-04-2010 e
T.A.R. Emilia-Romagna Parma Sez. I, 30-03-2012, n. 134)”.
2.1 In considerazione di tale contemperamento di
esigenze l'art. 42 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, dopo aver disposto il
divieto di portare fuori dalla propria abitazione armi ed altri strumenti
impropri di offesa, attribuisce al Prefetto la facoltà di rilasciare licenza di
porto d'armi "in caso di dimostrato bisogno". Il rilascio
della licenza di porto di pistola per difesa personale, pertanto, non
costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una
situazione giuridica soggettiva, ma configura un provvedimento con contenuto
permissivo in deroga al generale divieto per il cittadino di portare armi.
2.2 E’, allora, evidente che, al fine di superare tale
generale divieto, costituisce onere dell’istante quello di dimostrare quelle
particolari esigenze che determinano la necessità di munirsi dell'arma, così
costituendo motivata eccezione alla generale regola rappresentata dal suddetto
divieto (T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 29-06-2011, n. 939).
3. Alcune più recenti pronunce hanno affermato che la
sussistenza del presupposto del "dimostrato bisogno" (ai sensi
dell'art. 42 R.D. n. 773 del 1931 - TULPS) deve essere sottoposta ad una
rigorosa disamina sia in fase di primo rilascio che in quelle eventuali di
richiesta di rinnovo, dovendosi escludere che le precedenti autorizzazioni
possano comportare un affievolimento dell'attività di controllo sulla
sussistenza delle condizioni in sede di rinnovo (T.A.R. Campania Salerno Sez.
I, 27-02-2012, n. 403).
3.1 Altre pronunce hanno circoscritto ad ipotesi
eccezionali, espressamente comprovate, l’esistenza dei presupposti di cui
all’art. 42 sopra citato, rilevando che “la concessione di un porto d'armi
costituisce pur sempre un'eccezione. L'arma per difesa personale deve essere
una necessità reale e non un'opzione personale per situazioni meramente
ipotetiche; quando l'art. 42, comma 3, TULPS (R.D. n. 773/1931), concede
all'Autorità la facoltà di autorizzare il porto d'armi, il presupposto cogente
è il "dimostrato bisogno" per potere beneficiare di un'eccezione; in
tale contesto, l'Amministrazione non sarebbe neppure tenuta a motivare la
"non necessità", dovendosi limitare a considerare soli i dati
allegati, se concreti e sufficienti (T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I,
04-01-2012, n. 4).
4. Il requisito del “dimostrato bisogno” è,
allora, requisito che deve essere dimostrato in concreto, dovendosi analizzare
l’attività dell’istante e verificare se lo svolgimento di detta attività
integra il corretto esercizio del potere discrezionale, nei limiti in cui esso
è sindacabile.
5. Sulla base di quanto premesso è evidente la
legittimità del provvedimento adottato dall’Amministrazione.
Il ricorrente riconduce, infatti, la situazione di
pericolo alla circostanza di aver svolto dal 1999 al 2003 presso la Direzione
Centrale per i servizi antidroga di Roma e, ciò, unitamente allo svolgimento
delle attività ordinarie che l’avrebbe portato ad essere esposto a minacce ed
intimidazioni.
5.1 Per quanto riguarda l’attività pregressa deve
ritenersi come quest’ultima sia del tutto inidonea a giustificare una situazione
di reale pericolo e, ciò, nell’indimostrata ipotesi (indimostrata nel caso di
specie) che le trascorse attività non siano suscettibili di integrare
l’attuale, concreto ed effettivo, “dimostrato bisogno” di cui si tratta.
6. Per quanto riguarda le situazioni “attuali” dedotte
a fondamento dell’istanza di cui si tratta va rilevato come sia la stessa
Amministrazione a rilevare come le situazioni di pericolo prospettate non siano
diverse da quelle proprie di altre Forze Armate e, ciò, unitamente alla circostanza,
relativa sempre al caso specifico, in base alla quale lo stesso ricorrente era
stato già autorizzato a portare la pistola d’ordinanza per esigenze di difesa
personale così come previsto dalla Circolare n. 557/PA.8121-10100A.
Deve inoltre, evidenziarsi come lo stesso ricorrente,
al di là di mere affermazioni di principio, non abbia dimostrato l’esistenza
dei presupposti di cui si tratta, essendo al contrario presumibile, quanto
affermato dall’Amministrazione, laddove si è evidenziato che le circostanze a
cui il ricorrente ricollega l’esistenza di un concreto pericolo siano riferite
allo svolgimento della normale attività di polizia.
6.1 Si consideri, ancora, come al fine di ovviare
all’obiezione in base alla quale la pistola d’ordinanza veniva ritenuta
difficilmente occultabile nei periodi estivi, si era autorizzato il ricorrente
ad utilizzare un diverso revolver, proposta quest’ultima rifiutata dallo stesso
ricorrente.
Il motivo è pertanto infondato.
7. E’, altresì, infondato il secondo motivo alla base
del ricorso mediante il quale il ricorrente riconduce l’illegittimità dell’atto
impugnato all’insussistenza, tra i requisiti di legge, della nozione di “concreto
e reale pericolo” per l’incolumità personale di cui viene fatta menzione
nella motivazione del provvedimento impugnato.
Come già ricordato l’art. 42 sopra citato, nel
consentire una deroga al divieto di portare armi per difesa personale,
riconduce il fondamento di detta deroga all’esistenza di una comprovata
necessità, reale ed effettiva e, in ciò, interpretando la nozione del
presupposto del "dimostrato bisogno" di cui allo stesso art. 42.
7.1 L'istanza volta ad ottenere il rilascio di licenza
di porto d'armi per difesa personale deve, quindi, essere vagliata non già in
astratto, ma in concreto.
Ne consegue che non è sufficiente considerare la
tipologia di mansioni istituzionalmente espletate dall'istante, essendo
necessario che emergano circostanze concrete attestanti un attuale ed effettivo
pericolo per l'incolumità personale.
Si consideri ancora come il D.L. n. 371/1994 subordina,
espressamente, l’emanazione della licenza del porto d’armi di cui all’art. 42,
in esenzione della tassa di concessione governativa, nei confronti di quei
soggetti che risultino esposti a grave rischio per l’incolumità personale.
7.2 E’ pertanto evidente come la nozione di “concreto
e reale pericolo”, non solo costituisca una specificazione del “dimostrato
bisogno”, ma costituisca l’espressione di precise disposizioni legislative
dirette a consentire l’attuazione dell’art. 42 del TULPS.
Il ricorso è pertanto infondato e va respinto.
La peculiarità della fattispecie trattata consente di
compensare le spese di lite tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria
(Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo Respinge così come precisato in parte motiva.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del
giorno 19 Dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Paolo Amovilli, Referendario
Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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