sabato 2 novembre 2013

APPALTI: distinzione tra soluzioni migliorative e varianti (Cons. St., Sez. V, sentenza 24 ottobre 2013 n. 5160).


APPALTI: 
distinzione tra soluzioni migliorative 
e varianti 
(Cons. St., Sez. V, 
sentenza 24 ottobre 2013 n. 5160).


Massima

1.  Le soluzioni migliorative, che sono consustanziali alle procedure di affidamento secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si differenziano dalle varianti perché possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati “aperti” a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione del pregio delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione.  Si tratta di variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, direttamente riferibili alle singole forniture e le lavorazioni in cui si sostanzia l’opera, in virtù delle quali quest’ultima può risultare meglio rispondente al quadro delle esigenze funzionali poste a base della progettazione ed ai relativi aspetti qualitativi, come predeterminati nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 17 d.p.r. n. 207/2010 (C.d.S., Sez. V, sent. 29 marzo 2011, n. 1925).
2.  Le varianti, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara ex art. 76 d.lgs. n. 163/2006, e l’individuazione dei relativi requisiti minimi (comma 3 della citata disposizione), che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dall’amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr. C.d.S., sez. V, 21 dicembre 2012 n. 6615). 
Il confronto competitivo è in questo secondo caso necessariamente ristretto a singoli e predeterminati aspetti del progetto, entro i quali il ventaglio delle alternative progettuali proponibili è nondimeno più esteso, tant’è vero che è ammesso anche in procedure di gara con a base il progetto preliminare, come l’appalto-concorso (cfr. C.d.S., Sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6388).


Sentenza per esteso

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4116 del 2013, proposto da:
Ics Grandi Lavori s.p.a. (già Claudio Salini s.p.a.) in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con Salvatore Matarrese s.p.a. e quest’ultima in proprio, rappresentate e difese dagli avv. Gennaro Notarnicola e Corrado Morrone, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale XXI Aprile, 11; 
contro
Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria Puglia Lucania Irpinia (Eipli), rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Piazza, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Luigi Robecchi Brichetti 10;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12
Regione Basilicata;
Research Consorzio Stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a., rappresentate e difese dagli avv.ti Valentino Vulpetti ed Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Sabotino 2/A;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA, SEZIONE I, n. 00261/2013, resa tra le parti, concernente affidamento progettazione esecutiva e realizzazione lavori per l'irrigazione nei territori dei comuni di Banzi, Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio ed Irsina

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente per lo Sviluppo ed Irrigazione e Trasformazione Fondiaria Puglia Lucania Irpinia, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Research Consorzio Stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Notarnicola, Morrone, Piazza, Natale per l’Avvocatura dello Stato, Vulpetti e Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Si controverte nel presente giudizio intorno alla procedura di gara bandita dall’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (E.I.P.L.I.) per l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione dei lavori per l’irrigazione di circa 5.000 ettari nei territori dei Comuni di Banzi, Genzano, Palazzo S. Gervasio e Irsina, inserito nell’intervento “schema idrico Basento Brandano – “Progetto di Acerenza – distribuzione III lotto”, nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche della c.d. legge obiettivo (n. 443/2001), con base d’asta di € 77.157.328,45 e criterio di aggiudicazione consistente nell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La gara veniva aggiudicata alla l’A.T.I. con capofila ReseArch Consorzio Stabile s.c.a.r.l., classificatosi al primo posto con punti 86,75 (63,85 per l’offerta tecnica + 17,91 p. per l’offerta economica + 5 per l’offerta tempo), immediatamente davanti alla A.T.I. ICS Grandi Lavori s.p.a. e Salvatore Matarrese s.p.a., seconda con 77,17 punti (50,03 per l’offerta tecnica + 22,14 per l’offerta economica + 5 per l’offerta tempo).
In ossequio al dovere di sinteticità stabilito dal combinato disposto degli artt. 120, comma 10, e 74 cod. proc. amm., si omette la ricostruzione dello svolgimento processuale del presente giudizio, instaurato dalla citata ATI seconda graduata e respinto in primo grado dal TAR Basilicata, il quale ha conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso incidentale dell’aggiudicataria.
Si dà invece atto che nel presente appello la predetta ricorrente ripropone tutti i motivi di impugnazione e che in resistenza allo stesso si sono costituiti l’Ente irriguo resistente, la controinteressata ed i Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

DIRITTO
1. Preliminarmente va dichiarato il difetto di legittimazione passiva delle amministrazioni ministeriali evocate in questo giudizio d’appello.
La questione non risulta essere stata esaminata dal TAR e pertanto, in assenza di giudicato interno, deve considerarsi devoluta nel presente grado di giudizio, tanto perché riproposta con memoria difensiva per l’udienza in camera di consiglio del 12 luglio 2013 nell’interesse del solo Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, quanto perché si tratta di questione rilevabile d’ufficio e che il Collegio in effetti rileva anche con riguardo all’altro Ministero formalmente costituitosi, vale a dire il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Il difetto di legittimazione passiva discende dal disposto dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., il quale prevede che l’azione di annullamento deve essere proposta nei confronti dell’amministrazione “che ha emesso l’atto impugnato”, per cui, essendo qui impugnata l’aggiudicazione della suddetta procedura di affidamento indetta dall’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, solo quest’ultimo assume la veste di amministrazione resistente nel presente giudizio. Analoghe considerazioni devono essere svolte per quanto concerne la domanda risarcitoria azionata dall’ATI ICS Grandi Lavori s.p.a., stante il suo carattere consequenziale rispetto alla suddetta azione impugnatoria, ai sensi dell’art. 7, comma 4, del citato codice del processo.
La medesima dichiarazione di carenza di legittimazione passiva, per le stesse ragioni sopra esposte, va dichiarata per la Regione Basilicata, non costituitasi in giudizio.
2. Venendo dunque all’esame delle questioni intercorrenti tra le giuste parti di questo giudizio, come anticipato nell’ordinanza cautelare n. 2713 del 15 luglio 2013, occorre innanzitutto dare atto del giudicato interno formatosi sulla questione della sospensione del giudizio in conseguenza della soppressione dell’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, disposta dall’art. 21, comma 11, del d.l. n.201/2011 (“Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”), convertito con legge n. 214/2011 e successive modifiche.
La questione è infatti coperta dal giudicato interno, riveniente dall’espressa e motivata statuizione di rigetto emessa sul punto dal TAR, a fronte della quale l’amministrazione resistente si è limitata ad una mera proposizione mediante memoria, inidonea a devolvere la questione in questo grado d’appello in assenza di specifica impugnazione.
Non può condividersi quanto in contrario deduce la medesima amministrazione, sul punto, nella propria memoria conclusionale, e cioè che non potrebbe configurarsi alcun giudicato sulle questioni relative alla sospensione necessaria del processo.
L’esistenza di una causa legale di sospensione del processo postula infatti, al pari di qualsiasi altra questione pregiudiziale rispetto al merito della controversia, un accertamento in ordine all’esistenza dei relativi presupposti giuridici. I presupposti ora detti attengono al rispetto delle norme sul processo, la cui violazione legittima, nel giudizio civile, la proposizione del ricorso per Cassazione per error in procedendo ai sensi dell’art. 360, n. 4), cod. proc. civ. (in questo senso Cass. 1 agosto 2007, n. 16992; 7 luglio 2001, n. 9261).
Nel processo amministrativo, per contro, l’errore in questione è invece rimediabile attraverso l’appello, al pari di qualsiasi altra violazione di norme processuali commessa in primo grado e come si ricava, inoltre dallo specifico rinvio al codice di procedura civile – e dunque anche all’interpretazione che di questo ne dà la Suprema Corte – contenuto nell’art. 79, comma 1, del codice di cui al d.lgs. n. 104/2010, concernente proprio l’istituto della sospensione (il cui 3 comma, è ancora il caso di soggiungere, contempla espressamente l’appello per le ordinanze di sospensione necessaria, in adattamento al rimedio del regolamento necessario di competenza, previsto invece dall’art. 42 cod. proc., implicitamente confermando, per il resto, l’applicabilità delle norme e dei principi operanti in ambito processualcivilistico).
3. Sempre in via preliminare, vanno dichiarati inammissibili i motivi del ricorso incidentale di primo grado riproposti dalle controinteressate Research consorzio stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a.
I motivi in questione sono infatti stati riproposti con memoria (in data 10 luglio 2013), anziché nella rituale forma dell’appello incidentale notificato alle controparti.
Contrariamente a quanto le suddette controinteressate sostengono, era proprio tale modalità di proposizione dei motivi a rendersi necessaria in questo giudizio d’appello, vista la dichiarazione di improcedibilità emessa dal TAR con riguardo al ricorso incidentale nei quali essi erano stati originariamente dedotti.
A questo riguardo, si deve osservare che la suddetta statuizione di improcedibilità non è per nulla assimilabile ad un omesso esame o ad una dichiarazione di assorbimento, le quali sole legittimano ex art. 101, comma 2, cod. proc. amm. la riproposizione in appello dei motivi mediante memoria. La dichiarazione in questione, infatti, trae il proprio fondamento dal riscontro del sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia nel merito di una domanda (art. 35, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.), dando luogo, dunque, ad una soccombenza su una questione pregiudiziale, ostativa all’esame nel merito. Si tratta più precisamente di una soccombenza virtuale, visto l’esito negativo dell’altrui impugnazione, ma che è destinata ad concretizzarsi una volta riproposta quest’ultima mediante appello principale, rendendo conseguentemente necessaria l’incrociata contro-impugnazione nelle suddette forme dell’appello incidentale, al fine di impedire la formazione del giudicato interno sulla questione negativamente risolta in primo grado.
4. In ragione di quanto detto, risultano devoluti a questo giudice d’appello i soli motivi contenuti nell’appello principale dell’ATI ICS Grandi Costruzioni, i quali devono ora essere esaminati.
Come anticipato nell’ordinanza cautelare resa dalla Sezione in questo giudizio, sopra citata, possono essere esaminati nel merito soltanto i primi tre motivi, giacché gli altri risultano carenti del requisito di specificità imposto dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., dovendo pertanto essere dichiarati anch’essi inammissibili.
4.1 Per confutare i contrari rilievi di parte appellante, se ne sintetizza di seguito il contenuto:
- con il quarto motivo si censura la mancata esclusione della controinteressata malgrado plurime omissioni del certificato di iscrizione alla C.C.I.A.A. comprensivo di nulla-osta, o dichiarazione sostitutiva, da parte dei direttori tecnici delle società componenti il raggruppamento dalla predetta indicato ex art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163/2006 per la progettazione esecutiva e relativa ausiliaria; con altra censura, contenuta nel medesimo motivo, l’ATI appellante contesta la mancata decadenza dall’aggiudicazione del Consorzio Research a causa dell’omessa presentazione dell’informativa antimafia nel termine di 10 giorni previsto dall’art. 48, comma 2, cod. contratti pubblici;
- con il quinto motivo l’appellante assume che il consorzio controinteressato avrebbe dovuto essere escluso a causa dell’omessa presentazione del certificato della Cancelleria del competente Tribunale attestante la mancata sottoposizione a procedure concorsuali nell’ultimo quinquennio da parte dell’impresa Sintagma ausiliaria della Dms Geotechincal s.r.l., mandante del RTP indicato dall’aggiudicataria;
- con il sesto motivo si enuclea un’ulteriore ragione di esclusione di quest’ultima, consistente nell’omessa produzione di copia fotostatica del documento di identità del firmatario dell’offerta economica;
- con il settimo motivo, si deduce, in relazione al decreto commissariale n. 1505 del 26 marzo 2012 di aggiudicazione definitiva, l’incompetenza dell’organo ad adottare atti di gestione amministrativa.
4.2 Quindi, si espongono le motivazioni a sostegno del rigetto di tali motivi, contenute nella sentenza di primo grado:
- nel respingere la prima doglianza, il TAR ha valorizzato l’assenza nella legge di gara di una espressa comminatoria espulsiva e l’inestensibilità dell’obbligo dichiarativo in questione ai direttori tecnici ed ai titolari di cariche sociali delle società ausiliarie ai sensi dell’art. 49 del citato codice di cui al d.lgs. n. 163/2006; parimenti, il giudice di primo grado ha disatteso la censura concernente l’omessa produzione dell’informativa antimafia, affermando che è compito della stazione appaltante procedere alla relativa acquisizione presso la competente Prefettura.
- quindi, ha escluso che l’ausiliaria predetta fosse tenuta a produrre l’attestazione relativa alle procedure concorsuali, o autocertificazione sostitutiva, dovendo tale obbligo dichiarativo essere circoscritto ai concorrenti e non già alle imprese di cui questi si avvalgono.
- del pari analitica è la statuizione di rigetto dell’ultima censura, nella quale il TAR ha richiamato la clausola del disciplinare a mente del quale era sufficiente una sola copia del documento di identità per ciascun sottoscrittore (§ B); ha quindi ritenuto sufficiente a garantire la certezza sulla provenienza dell’offerta e la sua riconducibilità alla controinteressata la circostanza che una copia del documento di identità del firmatario era stata inserita nella busta contenente l’istanza di partecipazione alla gara, a sua volta inserita nell’unico plico nel quale sono state inserite tutte le buste imposte dalla legge di gara; ha infine giudicato contraria al principio di tassatività delle cause di esclusione contenuto nell’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006 ogni diversa lettura;
- in relazione alla censura di incompetenza relativa ad adottare l’aggiudicazione definitiva, il TAR l’ha ritenuta improcedibile, in conseguenza dell’emanazione del determinazione del direttore generale dell’ente intimato recante nuova aggiudicazione definitiva (n. 4429 del 24 aprile 2012).
4.3 Risulta dunque evidente che l’appellante ha sostanzialmente riproposto i motivi in cui si sostanzia l’originario ricorso, omettendo di prendere specifica posizione in ordine alle rationes decidendi di cui sopra, formulando critiche puntuali nei confronti di queste, in grado di enucleare le ragioni per le quali le stesse sarebbero errate. Con ciò, quindi, l’ATI ICS Grandi costruzioni è venuta meno all’onere di critica che, secondo quanto chiarito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, si impone al fine di devolvere al giudice d’appello il punto sfavorevolmente risolto in prime cure. Onere oggi positivizzato nel citato comma 1, dell’art. 101 del codice del processo (mentre all’epoca della citata decisione dell’organo di nomofilachia era applicabile l’art. 342 cod. proc. civ.) e più volte ribadito delle Sezioni di questo Consiglio di Stato (solo per citare le più recenti decisioni che si iscrivono in questo indirizzo: Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4628; 17 settembre 2013, n. 4613; 10 luglio 2013, n. 3674; 1 luglio 2013, n. 3534; 26 marzo 2013, n. 1698; Sez. V, 17 settembre 2012 n. 4915; 27 marzo 2013, n. 1824; Sez. VI, 28 giugno 2013, n. 3528).
5. Si procede quindi all’esame dei primi tre motivi dell’appello principale.
5.1 Il primo verte sulla conformità al progetto posto a gara della soluzione tecnica migliorativa offerta dalla controinteressata in relazione allo scavo della galleria, di cui al sub-criterio previsto al punto (A.4) del disciplinare di gara, e precisamente l’elemento di valutazione “A.4.1”, relativo alle “soluzioni tecniche e tecnologiche finalizzate a migliorare le condizioni di stabilità del fronte e del cavo al fine di minimizzare il rischio residuo”.
Secondo la prospettazione dell’odierna appellante, la proposta di controparte, di “realizzare la galleria naturale con scavo meccanizzato mediante TBM scudata tipo EPB, con posa in opera di un rivestimento di prima fase costituito da conci prefabbricati di c.a. di classe C50/60 aventi spessore 25 cm.” (cfr. relazione generale illustrativa delle proposte migliorative della controinteressata), si pone in contrasto la prescrizione progettuale in cui si esclude espressamente “l’impiego di conci prefabbricati in c.a. per il rivestimento definitivo per l’accertata inadeguatezza degli stessi alle sollecitazioni cui vengono sottoposti sia in fase esecutiva sia definitiva” (§ 5.2 della relazione generale del progetto definitivo).
5.1.1 Il TAR ha disatteso il motivo, rilevando che la posa dei conci prefabbricati non costituisce la soluzione definitiva offerta dall’aggiudicatario, ma solo il pre-rivestimento dello scavo, successivamente al quale lo stesso aggiudicatario ha previsto la realizzazione d’un rivestimento definitivo consistente in una fodera in calcestruzzo armato gettato in opera di classe C35/45 e di spessore 10 cm, a completamento del sostegno di prima fase in conci, al fine di renderlo un elemento unico monolitico.
5.1.2 Nel proprio appello, l’ATI ICS Grandi Costruzioni obietta che la suddetta prescrizione progettuale concerne espressamente anche la “fase esecutiva” e dunque si pone in violazione dell’art. 76 cod. contratti pubblici. Evidenzia al riguardo che il capitolato speciale d’appalto posto a gara impone il rispetto tassativo di alcune prescrizioni in ordine alle fasi di avanzamento dei lavori di scavo della galleria (contenute nel § 3.3.3 della relazione generale), che la soluzione tecnica di controparte non rispetterebbe, giacché il pre-rivestimento in conci proposto dalla controparte si protrarrebbe per 285 giorni, vale a dire fino al termine degli scavi, contro le 2 settimane consentite dal capitolato.
5.1.3 L’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione eccepisce l’inammissibilità del motivo in quanto contenente censure nuove, in specie nella parte in cui evidenzia il contrasto della soluzione proposta con le prescrizioni concernenti la suddetta fase esecutiva.
5.2 L’eccezione non può essere condivisa.
E’ infatti vero che tali censure non sono contenute nell’originario ricorso introduttivo. Ma è del pari vero che le stesse si sostanziano in critiche alla motivazione con la quale il TAR ha disatteso il motivo, le quali non solo sono consentite ma assurgono, in virtù del principio di specificità dei motivi d’appello sancito dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., e sopra ricordato, ad onere gravante sull’appellante a pena di inammissibilità del gravame. E ciò è tanto più vero quanto più si consideri che la controinteressata ha eccepito sin dalla propria memoria costitutiva proprio il difetto di specificità del motivo in esame, adducendo a conforto di ciò l’analitica motivazione del capo di sentenza nel quale lo stesso è stato disatteso.
E’ qui il caso di soggiungere che tali critiche, pur comportanti l’introduzione di profili di doglianza non dedotti in primo grado, sono ammissibili a condizione che esse rimangano nella cornice dei fatti e delle questioni giuridiche delineata dai motivi di impugnazione dedotti nel ricorso originario, e dunque consistano in uno sviluppo argomentativo sollecitato dalla contraria decisione assunta in primo grado.
Il che può dirsi avvenuto nel caso di specie, visto che nella propria originaria impugnativa l’RTI odierno appellante aveva asserito che la soluzione tecnica del rivestimento della galleria offerta dalla controinteressata sarebbe vietata dal progetto posto a gara, in quanto non sarebbe assicurata la sicurezza del rivestimento offerto.
5.3 Nel merito il motivo non è fondato.
È vero che tra le prescrizioni progettuali vi è quella di mantenere il pre-rivestimento per un tempo massimo di 14 giorni prima del rivestimento definitivo e per una lunghezza massima di 24 metri e che a fronte di ciò l’aggiudicataria prevede nella propria offerta tecnica che la durata del rivestimento provvisorio in conci prefabbricati è indicata in 285 giorni e per tutta la lunghezza della galleria, di oltre 4 km. Nondimeno, l’appellante non considera che, oltre a questa soluzione, il Consorzio Research ha previsto un rivestimento in cemento armato di 10 cm di spessore da rendere solidale ai conci attraverso una “spinottatura in barre” (pag. 17 della relazione illustrativa delle soluzioni migliorative), cui segue una descrizione dei vantaggi derivanti dall’utilizzazione della tecnica proposta.
A fronte di ciò l’ATI ICS Grandi Costruzioni controdeduce prospettando la possibilità di ostacoli in sede esecutiva, con particolare riguardo al funzionamento della trivella, ed particolare “un elevato rischio di incastro della macchina per il rapido rigonfiamento delle argille” (pag. 9 dell’appello).
Si tratta però di null’altro che una congettura, che rende la censura perplessa e comunque non sufficientemente specifica, visto che nella citata relazione illustrativa delle soluzioni migliorative offerte si afferma, senza che sul punto vi siano contestazioni da parte dell’odierna appellante, che la tecnica di scavo proposta “garantisce un contrasto efficace contro il fenomeno dello swelling sia perché le lavorazioni proposte minimizzano l’impiego di acqua (e dunque riducono gli effetti di rigonfiamento sia perché il robusto anello di rivestimento in conci prefabbricati offre un adeguato contrasto al rigonfiamento” (pag. 19).
5.3.1 Sempre su questa censura, occorre richiamare il passaggio motivazionale della sentenza di primo grado relativo al profilo della conformità dell’offerta del Consorzio Research al capitolato d’appalto, nell’ambito della quale si è osservato che tale ultimo documento (al § 3.4, sottoparagrafo 3.4.1) “prevede proprio l’esecuzione d’un getto di rivestimento definitivo in modo da realizzare, in ogni punto, “una perfetta aderenza ed un perfetto collegamento tra il calcestruzzo ed il precedente anello di pre-rivestimento””. Ebbene, non risulta che l’ICS Grandi Costruzioni abbia enucleato alcuna specifica critica a tale ratio decidendi, essendosi la stessa limitata ad affermare di non riuscire “a cogliere la ragione per cui il TAR abbia considerato la modalità costruttiva in questione come “del tutto in linea col capitolato””, mentre in realtà, come ora visto, il giudice di primo grado ha anche richiamato la fonte di prova a sostegno del proprio convincimento.
5.4 Per le ragioni ora esposte la doglianza va anche respinta laddove diretta a censurare l’attribuzione del massimo punteggio alla controinteressata per il sottocriterio in contestazione. In relazione alla medesima, peraltro, va anche ricordato che secondo incontrastata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l’obbligo motivazionale imposto all’amministrazione in sede di valutazione delle offerte presentate nelle procedure di affidamento di contratti è assolto mediante la sua espressione in forma numerica, purché – e ciò non è contestato - i criteri di valutazione siano sufficientemente specifici ed in grado di consentire la ricostruzione dell’iter decisionale dell’amministrazione (solo per citare le più recenti pronunce: Sez. III, 25 febbraio 2013, n. 1169; Sez. IV, 4 giugno 2013, n. 3059; Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 95; 12 giugno 2012, n. 3445; 3 maggio 2012, n. 2552).
6. Il secondo motivo concerne la discordanza tra le soluzioni migliorative offerte dalla controinteressata e la lista delle categorie di lavoro e forniture previste per l’esecuzione dell’appalto (“lista prezzi”), che ai sensi del paragrafo “E” del disciplinare di gara le offerenti erano tenute a presentare in sede di offerta economica. L’ATI odierna appellante sostiene che controparte non ha integrato la lista in base alle migliorie offerte, così ingenerando un’insuperabile indeterminatezza dell’offerta, tale da legittimarne l’esclusione dalla gara, oltre a determinare una violazione dell’art. 119, comma 5, del regolamento di attuazione di cui al d.p.r. n. 207/2010, richiamato dal disciplinare di gara.
6.1 Il TAR ha respinto il motivo, affermando che la legge di gara non imponeva alcuna modificazione della lista prezzi in relazione alle proposte migliorative, non potendo valorizzarsi a questo fine il richiamo al citato art. 119 del d.p.r. n. 207/2010, giacché l’obbligo da essa imposto ai concorrenti di verificare le voci delle lavorazioni e forniture di cui si compone l’offerta attiene alla corrispondenza di queste con gli elaborati progettuali a base di gara, ma non si estende alle migliorie offerte. Gli oneri economici rivenienti da queste ultime - secondo il giudice di primo grado – “trovano compensazione all’interno dell’offerta economica presentata senza che per questa ragione l’offerta possa ritenersi indeterminata o generica”, pena altrimenti la disomogeneità delle basi su cui la stazione appaltante è tenuta ad effettuare le proprie valutazioni e l’impossibilità di determinare il corrispettivo finale nel caso in cui la medesima stazione appaltante non accetti le migliorie.
6.2 L’amministrazione resistente e la controinteressata osservano che le pretese varianti consistono in realtà in mere soluzioni migliorative, in relazione alle quali la legge di gara non imponeva di integrare la lista delle lavorazioni a base di gara, dovendo tali soluzioni intendersi comprese nell’utile offerto.
6.3 Il Collegio osserva innanzitutto che, in fatto, è incontestato che l’offerta della ReseArch Consorzio Stabile contenga numerose soluzioni migliorative, potendosi sul punto rinviare alla relazione illustrativa da questa presentata.
In diritto, poi, le critiche mosse dall’appellante alla sfavorevole decisione del TAR non si rivelano condivisibili.
6.3.1 In primo luogo, non vi è alcuna indeterminatezza dell’offerta.
Da un lato, l’offerta economica è data dal ribasso offerto sul prezzo posto a base di gara, mentre, dall’altro lato, l’offerta tecnica è quella in cui si sostanzia il progetto per la realizzazione dell’opera e le migliorie offerte in sede esecutiva.
6.4 L’ATI appellante sostiene poi che queste ultime devono trovare corrispondente evidenziazione nella “lista delle categorie di lavoro e forniture per l’esecuzione dell’appalto” imposta per la formulazione dell’offerta economica dal disciplinare di gara, pena l’esclusione dalla stessa, per violazione dell’art. 119, comma 5, d.p.r. n. 207/2010.
Quest’assunto è errato.
La lista in questione (lista prezzi) è la modalità di espressione imposta dal disciplinare per la formulazione del ribasso offerto: “il prezzo offerto ai fini dell’attribuzione del punteggio sarà determinato applicando il ribasso offerto calcolato, applicato al prezzo dei lavori soggetto al ribasso” (§ E, pag. 12 del disciplinare).
Da tale norma di lex specialis si evince che il metodo di ribasso utilizzato ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta economica è quello sull’elenco dei prezzi unitari, previsto dall’art. 118 del regolamento di esecuzione del codice dei contratti in alternativa a quello sull’importo dei lavori, e disciplinato dal successivo art. 119, richiamato appunto dal disciplinare, il quale si caratterizza per la presentazione sulla base della lista delle lavorazioni e forniture predisposta dalla stazione appaltante per la gara.
Il comma 5 dell’art. 119, relativo tra l’altro agli appalti di progettazione ed esecuzione, prevede quindi l’obbligo per gli offerenti “di controllare le voci riportate nella lista attraverso l'esame degli elaborati progettuali”, al fine di “integrare o ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive e ad inserire le voci e relative quantità che ritiene mancanti, rispetto a quanto previsto negli elaborati grafici e nel capitolato speciale nonché negli altri documenti che è previsto facciano parte integrante del contratto, alle quali applica i prezzi unitari che ritiene di offrire”.
La verifica di corrispondenza imposta dalla norma regolamentare in esame si effettua e si esaurisce tra le lavorazioni offerte e quelle invece presenti negli elaborati progettuali posti a gara e non è in alcun modo funzionale all’evidenziazione delle migliorie risultanti dall’offerta tecnica. L’obbligo di cui costituisce oggetto, infatti, ha la finalità, per le opere a corpo - come appunto quelle previste nella suddetta tipologia di appalti, ai sensi dell’art. 53, commi 2, lett. b), e 4, d.lgs. n. 163/2006 - di impegnare la concorrente alla loro realizzazione, “restando fisso ed invariabile l’importo indicato nella lista prezzi” (§ E, pag. 13 del disciplinare di gara). A tal fine, il ridetto art. 119, comma 5, pedissequamente richiamato dal disciplinare, impone alle imprese offerenti la dichiarazione di impegno “che l'indicazione delle voci e delle quantità non ha effetto sull'importo complessivo dell'offerta che, seppure determinato attraverso l'applicazione dei prezzi unitari offerti alle quantità delle varie lavorazioni, resta fisso ed invariabile”.
6.4.1 La ratio della disciplina in esame è quella di mantenere inalterato il funzionamento del metodo di selezione del ribasso sull’elenco dei prezzi unitari posti a base di gara, tipico dei contratti da stipulare a misura (art. 118, comma 1, lett. a, d.p.r. n. 207/2010), nei contratti da stipulare necessariamente a corpo come gli appalti di progettazione ed esecuzione, in virtù dell’art. 53, commi 2, lett. b), e 4, d.lgs. n. 163/2006, sopra citato.
La verifica di cui si discute ha dunque rilievo esclusivo ai fini della serietà dell’offerta finale e del suo carattere vincolante per la concorrente poi divenuta aggiudicataria, elementi su cui l’amministrazione deve confidare, malgrado carenze progettuali o discordanze tra la somma dei prezzi unitari delle singole voci e l’importo complessivo offerto, al fine di avere contezza sull’onere economico riveniente dal contratto.
Come evidenziato dal TAR, nondimeno, essa concerne esclusivamente l’offerta economica, tant’è vero che le norme richiamate riguardano le procedure di affidamento il cui criterio selettivo è quello del massimo ribasso, mentre gli aspetti tecnici sono già predeterminati dall’amministrazione nel progetto posto a gara.
Ne consegue che nella redazione della lista prezzi non devono trovare ingresso gli elementi dell’offerta tecnica.
6.4.2 Il fatto che in questa siano proposte soluzioni migliorative – e non già varianti, per il quale vi è un espresso divieto nella legge di gara, ex art. 76 cod. proc. amm. (punto II.1.6 del bando) – è insito nell’adozione del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, attraverso quest’ultimo metodo di selezione del contraente si persegue proprio lo scopo di ricercare nel mercato soluzioni tecniche migliorative all’idea progettuale elaborata dall’amministrazione, e sulle quali il confronto competitivo è destinato a svolgersi, purché le soluzioni offerte restino nell’ambito delle caratteristiche fondamentali del progetto posto a base di gara (C.d.S, Sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149; Sez. V, 9 febbraio 2001, n. 578; 11 luglio 2008, n. 3481; 12 febbraio 2010, n. 743; 13 gennaio 2011, n. 171).
Il che è a dirsi a fortiori nelle procedure in cui a gara vi sia non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la loro progettazione, come nel caso di specie.
Il richiamo a norme relative a gare da aggiudicare mediante il massimo ribasso non si pone in contraddizione con questa fondamentale esigenza, giacché i profili tecnici ed economici rimangono distinti dal punto di vista valutativo, mentre le modalità di formulazione dell’offerta previste dal ridetto art. 119, comma 5, consentono un confronto competitivo ed una analitica verifica sulle singole lavorazioni offerte.
6.4.3 La conseguenza di quanto ora affermato, come puntualmente rilevato dal TAR, è che “l’offerta economica è formulata sulla base della lista di lavorazioni relativa al progetto a base di gara, al netto cioè delle proposte migliorative, con la conseguenza implicita che gli eventuali oneri economici ricollegabili ad esse trovano compensazione all’interno dell’offerta economica presentata”.
La relativa sostenibilità - occorre aggiungere - può eventualmente costituire oggetto di verifica di anomalia, la quale va invece condotta, per le voci relative all’offerta economica, in base alla lista delle categorie ed ai prezzi unitari in essa previsti dalla concorrente aggiudicataria.
Del resto, come ancora puntualmente ricordato dal giudice di primo grado, per questa ragione non è consentito introdurre lavorazioni o forniture diverse da quelle contenute negli elaborati progettuali posti a base di gara, altrimenti venendone frustrate le esigenze di omogeneità di verifica tra più offerte.
6.4.4 L’appellante incorre in un fraintendimento laddove invoca a sostegno della propria tesi il chiarimento n. 10, giacché esso, nell’affermare la soluzione contraria a quella ora espressa, fa riferimento alle varianti e non già alle soluzioni migliorative.
Queste ultime, che come sono consustanziali alle procedure di affidamento secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si differenziano dalle varianti perché possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati “aperti” a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione del pregio delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione. Come precisato da questa Sezione (sentenza 29 marzo 2011, n. 1925), si tratta di “variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche”, direttamente riferibili alle singole forniture e le lavorazioni in cui si sostanzia l’opera, in virtù delle quali quest’ultima può risultare meglio rispondente al quadro delle esigenze funzionali poste a base della progettazione ed ai relativi aspetti qualitativi, come predeterminati nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 17 d.p.r. n. 207/2010.
Le varianti, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara ex art. 76 d.lgs. n. 163/2006, sopra citato, e l’individuazione dei relativi requisiti minimi (comma 3 della citata disposizione), che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dall’amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr. C.d.S., sez. V, 21 dicembre 2012 n. 6615). Il confronto competitivo è in questo secondo caso necessariamente ristretto a singoli e predeterminati aspetti del progetto, entro i quali il ventaglio delle alternative progettuali proponibili è nondimeno più esteso, tant’è vero che è ammesso anche in procedure di gara con a base il progetto preliminare, come l’appalto-concorso (cfr. C.d.S., Sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6388).
6.4.5 Né giova richiamarsi al precedente di questa Sezione costituito dalla sentenza 18 novembre 2011, n. 6091. In detta pronuncia si è infatti confermata la legittimità dell’esclusione dalla gara, disposta in applicazione di una puntuale comminatoria espulsiva contenuta nella relativa legge speciale, di un’impresa che aveva inserito nell’elenco prezzi le migliorie offerte, come appunto pretenderebbe l’ATI appellante. In linea con quanto sopra osservato giova sottolineare che tale decisione è stata argomentata avuto in particolare riguardo al fatto che la finalità di aggiungere o integrare la lista prezzi predisposta dalla stazione appaltante nell’ambito delle sole categorie di lavorazioni e forniture in essa prevista risponde all’esigenza che l’offerta esprima “un consapevole calcolo relativo ad ogni voce indicata dalla stazione appaltante, soddisfacendo esigenze di certezza, di celerità e di imparzialità”.
In termini può essere citata la recente pronuncia della VI Sezione 21 maggio 2013, n. 2726, nella quale si è escluso che l’omessa inclusione nell’offerta economica del prezzo della soluzione tecnica migliorativa rispetto a quella posta a base di gara, in osservanza alle prescrizioni contenute nella lex specialis, possa determinare alcuna incertezza sulla prima. Degno di menzione è il seguente passaggio motivazionale: “La mancata indicazione del valore economico dell’offerta migliorativa proposta e la computazione della soluzione progettuale stralciata - mediante l’applicazione dei prezzi di progetto e non mediante quelli offerti - non hanno quindi inciso sulla certezza dell’offerta economica, atteso che il prezzo doveva essere determinato sulla base della lista delle categoria poste a base di gara e non doveva tener conto della proposta migliorativa” (§ 10 della parte in diritto).
7. Con il terzo motivo è dedotta una ulteriore difformità dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria rispetto al progetto posto a gara, in ordine alle soluzioni da quest’ultima individuate per la “riduzione dell’impatto ambientale dei lavori” (sub-criterio B dell’offerta tecnica), ed in particolare in ordine allo smaltimento e sistemazione dei materiali di risulta provenienti dagli scavi da eseguirsi nell’area dell’invaso della diga di Genzano.
L’ATI appellante assume che il deposito dell’intero materiale di risulta degli scavi nell’invaso, per giunta contaminato, vale a dire dell’argilla contenente bentonite impiegata nelle trivellazioni, consistente in un rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. b), t.u. ambiente, viola la prescrizione di cui al punto 12, dell’allegato 1, della delibera CIPE di approvazione del progetto definitivo dell’opera (n. 8 del 25 gennaio 2008), vietante qualsiasi alterazione delle caratteristiche naturali dei luoghi, e condizionante in ogni caso il parere della competente autorità preposta al vincolo paesaggistico (Soprintendenza per i beni archeologici della Basilicata) la c.d. verifica di ottemperanza. Infine, deduce un ulteriore profilo di indeterminatezza dell’offerta, derivante dal fatto che nella lista “prezzi” presentata dalla controinteressata non sono inclusi i costi di trasporto e sistemazione del materiale nei luoghi consentiti (ai sensi dei punti 2.3.5 e 3.3.4 del capitolato speciale d’appalto), da ciò inferendone l’indeterminatezza dell’offerta.
7.1 Il giudice di primo grado ha respinto la censura, in base ai seguenti rilievi: innanzitutto, la prescrizione progettuale non riguarda “l’opera in sé e per sé intesa e le sue caratteristiche”, ma esclusivamente l’esecuzione della stessa; in secondo luogo, il deposito dei materiali in questa fase non produce alterazioni ambientali irreversibili, in quanto, come rilevato dall’Ente di irrigazione resistente “le tecniche di scavo previste nell’offerta della contro interessata contemplano modalità d’uso della bentonite (utilizzata in caso di blocco della fresa durante lo scavo) tali da non contaminare il materiale di scavo (a lavori fermi)”; quindi, eventuali autorizzazioni competono allo stesso ente appaltante, cui spetta la gestione dell’invaso e che “in presenza della proposta tecnica in parola, non ha ritenuto di dover provvedere a un riesame del piano di gestione del medesimo”; infine, ha ribadito che il mancato computo degli oneri economici della miglioria in questione non deve essere indicato nella lista prezzi, mediante corrispondente aggiunta della relativa voce.
7.2 Nel proprio appello, l’ATI ICS Grandi Costruzioni stigmatizza l’acritico recepimento delle difese di parte resistente, obiettando che il deposito di un quantitativo pari a 280.000 mc di materiale di scavo determina comunque una irreversibile alterazione dell’ambiente, con corrispondente riduzione della capacità dell’invaso, e che la bentonite è classificabile come rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 152/2006, avente capacità inquinante. Insiste nel sottolineare che l’operazione di smaltimento in questione dovrebbe essere assoggettata ad autorizzazione preventiva a tutela della capacità delle dighe ai sensi dell’art. 114 del citato d.lgs. n. 152/2006 e che la relativa competenza dell’ente appaltante non giustifica l’operato della commissione di gara nella valutazione dell’offerta, addirittura con l’attribuzione del punteggio massimo (15 punti) per il sottocriterio in questione. Soggiunge che nella lista “prezzi” non sono inclusi i costi di trasporto e sistemazione del materiale nei luoghi consentiti (ai sensi dei punti 2.3.5 e 3.3.4 del capitolato speciale d’appalto), né vi è prova della disponibilità giuridica di siti di proprietà di terzi per il deposito del materiale di risulta, con conseguente indeterminatezza dell’offerta.
7.3 Il motivo è infondato.
7.3.1 Innanzitutto, merita piena conferma quanto dal TAR precisato a proposito della prescrizione contenuta nella delibera di approvazione del progetto definitivo e cioè che la stessa attiene alla fase esecutiva (“fase di cantiere”), in relazione alla quale sola è spiegabile il divieto di alterare“le caratteristiche naturali e seminaturali dei luoghi avendo cura, a fine lavori, di ripristinare, riportandole allo stato naturale, tutte le aree di cantiere e le eventuali piste di servizio”.
Oltre all’inequivoco tenore letterale della prescrizione progettuale, sovviene in primo luogo la considerazione, svolta dalle parti appellate, secondo cui non è concepibile la realizzazione di un’opera quale quella in contestazione, caratterizzata tra l’altro dalla realizzazione di un invaso, senza una modificazione geomorfologica delle aree di sedime interessate.
Ciò che il progetto definitivo vieta è quindi la compromissione delle condizioni ambientali e paesaggistiche, nel senso di un loro peggioramento qualitativo.
In secondo luogo, il sub-criterio di valutazione dell’offerta tecnica consistente nelle “soluzioni tecnico-progettuali finalizzate a mitigare l’impatto ambientale, in relazione allo smaltimento e alla sistemazione dei materiali di risulta provenienti dagli scavi nell’area dell’invaso della diga di Genzano…” (elemento “B”, paragrafo “D” del disciplinare di gara) conferma che la realizzazione dell’opera genera inevitabilmente un impatto ambientale, rispetto al quale sono valorizzate le misure atte a contenerlo.
7.3.2 Tanto precisato, va osservato come nella relazione illustrativa delle proposte migliorative dell’aggiudicataria siano analiticamente descritte (punto 4, pag 64 e ss.) le modalità di sistemazione del materiale proveniente dagli scavi. Di fronte a tale descrizione si infrangono le doglianze dell’appellante incentrate sul fatto che il deposito di un quantitativo pari a 280.000 mc di materiale di scavo determina comunque una irreversibile alterazione dell’ambiente.
La suddetta aggiudicataria ha infatti offerto una rimodellazione del paesaggio a suo dire coerente con le sue caratteristiche dell’ambiente circostante, consistente, in estrema sintesi, nella sistemazione della maggior parte del materiale (160.000 mc) in una zona pianeggiante non visibile dall’abitato di Genzano e la restante parte nell’invaso, mediante modifica delle curve di livello del progetto.
Sul punto non vi è una specifica contestazione da parte dell’appellante, la quale si è limitata ad affermare apoditticamente che il quantitativo di materiale da scavo stimato comporta comunque un’alterazione, senza tuttavia considerare che nella relazione illustrativa, controparte ha raffrontato i 280.000 mc suddetti ai 55 milioni complessivamente misurati dall’invaso.
Il che consente anche di superare l’asserita necessità che l’offerta debba premunirsi di titoli autorizzativi in materia ambientale.
7.3.3 Deve poi essere sottolineato che l’art. 186 del testo unico ambientale di cui al d.lgs. n. 152/2006 prevede la possibilità di utilizzare “Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie” per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati”, a condizione, tra l’altro, che sia assicurato un elevato livello di protezione ambientale e il materiale non provenga da siti contaminati. Ebbene, queste ultime circostanze - anche per quanto si dirà tra poco - non sono integrate nel caso di specie.
Non mancano nella relazione illustrativa in esame riferimenti ai punti di forza della soluzione proposta ai fini della mitigazione dell’impatto ambientale, consistente nell’integrale riutilizzo delle rocce e terre, così da evitarne l’invio verso siti di smaltimento, in tal modo palesandosi l’evidente infondatezza dell’ulteriore censura in cui si deduce la mancata indicazione nell’offerta economica degli oneri per tale smaltimento.
7.3.4 Parimenti infondata è la doglianza relativa alla mancata giustificazione di titoli in forza dei quali l’aggiudicataria sarebbe autorizzata a depositare il materiale su terreni di proprietà di terzi.
A pag. 66 della relazione si precisa infatti che il materiale sarà stoccato in apposite aree del cantiere.
7.3.5 Residua infine la questione della contaminazione ambientale asseritamente prodotta dalla bentonite.
Va innanzitutto evidenziato sul punto che, come osservano le appellate Consorzio Research e Cobar, l’impiego di tale materiale è prospettato nell’offerta tecnica solo in via ipotetica e cioè nei casi di blocco della trivella impiegata nello scavo della galleria (relazione illustrativa delle migliorie offerte, punto 2.2, pag. 19).
Non essendone certo l’utilizzo prima ancora delle quantità, non è dunque possibile prospettare alcuna contaminazione dei luoghi.
Contaminazione, peraltro, in relazione alla quale l’appellante invoca in ultima analisi il fatto notorio ex art. 115 cod. proc. civ.: “la bentonite contenuta nel materiale di scavo è notoriamente un materiale contaminante” (pag. 25 dell’appello; così anche a pag. 21 della memoria conclusionale), quando invece di notorio vi è unicamente il fatto, rilevato dalla parte controinteressata, che la bentonite altro non è che una specie di minerale argilloso presente in natura.
Né ha pregio invocarne il carattere di rifiuto speciale, visto quanto detto sopra a proposito della possibilità del suo recupero attraverso riempimenti e rimodellazioni di terreni.
8. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti in causa, sussistendo nella complessità e nel numero di questioni trattate giusti motivi ex art. 92 cod. proc. amm. per addivenire a tale statuizione.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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