APPALTI:
distinzione tra soluzioni migliorative
e varianti
(Cons. St., Sez. V,
sentenza 24 ottobre 2013 n. 5160).
Massima
1. Le soluzioni migliorative, che sono consustanziali alle procedure di affidamento secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si differenziano dalle varianti perché possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati “aperti” a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione del pregio delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione. Si tratta di “variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche”, direttamente riferibili alle singole forniture e le lavorazioni in cui si sostanzia l’opera, in virtù delle quali quest’ultima può risultare meglio rispondente al quadro delle esigenze funzionali poste a base della progettazione ed ai relativi aspetti qualitativi, come predeterminati nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 17 d.p.r. n. 207/2010 (C.d.S., Sez. V, sent. 29 marzo 2011, n. 1925).
2. Le varianti, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara ex art. 76 d.lgs. n. 163/2006, e l’individuazione dei relativi requisiti minimi (comma 3 della citata disposizione), che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dall’amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr. C.d.S., sez. V, 21 dicembre 2012 n. 6615).
Il confronto competitivo è in questo secondo caso necessariamente ristretto a singoli e predeterminati aspetti del progetto, entro i quali il ventaglio delle alternative progettuali proponibili è nondimeno più esteso, tant’è vero che è ammesso anche in procedure di gara con a base il progetto preliminare, come l’appalto-concorso (cfr. C.d.S., Sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6388).
Sentenza per esteso
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4116 del 2013,
proposto da:
Ics Grandi Lavori s.p.a. (già Claudio Salini s.p.a.) in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con Salvatore Matarrese s.p.a. e quest’ultima in proprio, rappresentate e difese dagli avv. Gennaro Notarnicola e Corrado Morrone, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale XXI Aprile, 11;
Ics Grandi Lavori s.p.a. (già Claudio Salini s.p.a.) in proprio ed in qualità di capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con Salvatore Matarrese s.p.a. e quest’ultima in proprio, rappresentate e difese dagli avv. Gennaro Notarnicola e Corrado Morrone, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale XXI Aprile, 11;
contro
Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la
Trasformazione Fondiaria Puglia Lucania Irpinia (Eipli), rappresentato e difeso
dall'avv. Angelo Piazza, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma,
via Luigi Robecchi Brichetti 10;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12
Regione Basilicata;
Research Consorzio Stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a., rappresentate e difese dagli avv.ti Valentino Vulpetti ed Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Sabotino 2/A;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12
Regione Basilicata;
Research Consorzio Stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a., rappresentate e difese dagli avv.ti Valentino Vulpetti ed Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Sabotino 2/A;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. BASILICATA, SEZIONE I, n.
00261/2013, resa tra le parti, concernente affidamento progettazione esecutiva
e realizzazione lavori per l'irrigazione nei territori dei comuni di Banzi,
Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio ed Irsina
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ente
per lo Sviluppo ed Irrigazione e Trasformazione Fondiaria Puglia Lucania
Irpinia, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero delle
Politiche Agricole Alimentari e Forestali, del Research Consorzio Stabile
s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre
2013 il Cons. Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Notarnicola,
Morrone, Piazza, Natale per l’Avvocatura dello Stato, Vulpetti e Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
Si controverte nel presente giudizio intorno alla
procedura di gara bandita dall’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione e la
Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia (E.I.P.L.I.) per
l’affidamento della progettazione esecutiva e della realizzazione dei lavori
per l’irrigazione di circa 5.000 ettari nei territori dei Comuni di Banzi,
Genzano, Palazzo S. Gervasio e Irsina, inserito nell’intervento “schema idrico
Basento Brandano – “Progetto di Acerenza – distribuzione III lotto”,
nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche della c.d. legge
obiettivo (n. 443/2001), con base d’asta di € 77.157.328,45 e criterio di
aggiudicazione consistente nell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La gara veniva aggiudicata alla l’A.T.I. con capofila
ReseArch Consorzio Stabile s.c.a.r.l., classificatosi al primo posto con punti
86,75 (63,85 per l’offerta tecnica + 17,91 p. per l’offerta economica + 5 per
l’offerta tempo), immediatamente davanti alla A.T.I. ICS Grandi Lavori s.p.a. e
Salvatore Matarrese s.p.a., seconda con 77,17 punti (50,03 per l’offerta
tecnica + 22,14 per l’offerta economica + 5 per l’offerta tempo).
In ossequio al dovere di sinteticità stabilito dal
combinato disposto degli artt. 120, comma 10, e 74 cod. proc. amm., si omette
la ricostruzione dello svolgimento processuale del presente giudizio,
instaurato dalla citata ATI seconda graduata e respinto in primo grado dal TAR
Basilicata, il quale ha conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso
incidentale dell’aggiudicataria.
Si dà invece atto che nel presente appello la predetta
ricorrente ripropone tutti i motivi di impugnazione e che in resistenza allo
stesso si sono costituiti l’Ente irriguo resistente, la controinteressata ed i
Ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché delle Politiche
agricole, alimentari e forestali.
DIRITTO
1. Preliminarmente va dichiarato il difetto di
legittimazione passiva delle amministrazioni ministeriali evocate in questo
giudizio d’appello.
La questione non risulta essere stata esaminata dal
TAR e pertanto, in assenza di giudicato interno, deve considerarsi devoluta nel
presente grado di giudizio, tanto perché riproposta con memoria difensiva per
l’udienza in camera di consiglio del 12 luglio 2013 nell’interesse del solo
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, quanto perché si tratta di
questione rilevabile d’ufficio e che il Collegio in effetti rileva anche con
riguardo all’altro Ministero formalmente costituitosi, vale a dire il Ministero
delle Politiche agricole, alimentari e forestali.
Il difetto di legittimazione passiva discende dal
disposto dell’art. 41, comma 2, cod. proc. amm., il quale prevede che l’azione
di annullamento deve essere proposta nei confronti dell’amministrazione “che
ha emesso l’atto impugnato”, per cui, essendo qui impugnata
l’aggiudicazione della suddetta procedura di affidamento indetta dall’Ente per
lo Sviluppo dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, solo
quest’ultimo assume la veste di amministrazione resistente nel presente giudizio.
Analoghe considerazioni devono essere svolte per quanto concerne la domanda
risarcitoria azionata dall’ATI ICS Grandi Lavori s.p.a., stante il suo
carattere consequenziale rispetto alla suddetta azione impugnatoria, ai sensi
dell’art. 7, comma 4, del citato codice del processo.
La medesima dichiarazione di carenza di legittimazione
passiva, per le stesse ragioni sopra esposte, va dichiarata per la Regione
Basilicata, non costituitasi in giudizio.
2. Venendo dunque all’esame delle questioni
intercorrenti tra le giuste parti di questo giudizio, come anticipato
nell’ordinanza cautelare n. 2713 del 15 luglio 2013, occorre innanzitutto dare
atto del giudicato interno formatosi sulla questione della sospensione del
giudizio in conseguenza della soppressione dell’Ente per lo Sviluppo
dell'Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia,
disposta dall’art. 21, comma 11, del d.l. n.201/2011 (“Disposizioni urgenti per
la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”), convertito con
legge n. 214/2011 e successive modifiche.
La questione è infatti coperta dal giudicato interno,
riveniente dall’espressa e motivata statuizione di rigetto emessa sul punto dal
TAR, a fronte della quale l’amministrazione resistente si è limitata ad una mera
proposizione mediante memoria, inidonea a devolvere la questione in questo
grado d’appello in assenza di specifica impugnazione.
Non può condividersi quanto in contrario deduce la
medesima amministrazione, sul punto, nella propria memoria conclusionale, e
cioè che non potrebbe configurarsi alcun giudicato sulle questioni relative
alla sospensione necessaria del processo.
L’esistenza di una causa legale di sospensione del
processo postula infatti, al pari di qualsiasi altra questione pregiudiziale
rispetto al merito della controversia, un accertamento in ordine all’esistenza
dei relativi presupposti giuridici. I presupposti ora detti attengono al
rispetto delle norme sul processo, la cui violazione legittima, nel giudizio
civile, la proposizione del ricorso per Cassazione per error in
procedendo ai sensi dell’art. 360, n. 4), cod. proc. civ. (in questo
senso Cass. 1 agosto 2007, n. 16992; 7 luglio 2001, n. 9261).
Nel processo amministrativo, per contro, l’errore in
questione è invece rimediabile attraverso l’appello, al pari di qualsiasi altra
violazione di norme processuali commessa in primo grado e come si ricava,
inoltre dallo specifico rinvio al codice di procedura civile – e dunque anche
all’interpretazione che di questo ne dà la Suprema Corte – contenuto nell’art.
79, comma 1, del codice di cui al d.lgs. n. 104/2010, concernente proprio
l’istituto della sospensione (il cui 3 comma, è ancora il caso di soggiungere,
contempla espressamente l’appello per le ordinanze di sospensione necessaria,
in adattamento al rimedio del regolamento necessario di competenza, previsto
invece dall’art. 42 cod. proc., implicitamente confermando, per il resto,
l’applicabilità delle norme e dei principi operanti in ambito
processualcivilistico).
3. Sempre in via preliminare, vanno dichiarati
inammissibili i motivi del ricorso incidentale di primo grado riproposti dalle
controinteressate Research consorzio stabile s.c.a.r.l. e Cobar s.p.a.
I motivi in questione sono infatti stati riproposti
con memoria (in data 10 luglio 2013), anziché nella rituale forma dell’appello
incidentale notificato alle controparti.
Contrariamente a quanto le suddette controinteressate
sostengono, era proprio tale modalità di proposizione dei motivi a rendersi
necessaria in questo giudizio d’appello, vista la dichiarazione di
improcedibilità emessa dal TAR con riguardo al ricorso incidentale nei quali
essi erano stati originariamente dedotti.
A questo riguardo, si deve osservare che la suddetta
statuizione di improcedibilità non è per nulla assimilabile ad un omesso esame
o ad una dichiarazione di assorbimento, le quali sole legittimano ex art. 101,
comma 2, cod. proc. amm. la riproposizione in appello dei motivi mediante
memoria. La dichiarazione in questione, infatti, trae il proprio fondamento dal
riscontro del sopravvenuto difetto di interesse alla pronuncia nel merito di
una domanda (art. 35, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.), dando luogo, dunque,
ad una soccombenza su una questione pregiudiziale, ostativa all’esame nel
merito. Si tratta più precisamente di una soccombenza virtuale, visto l’esito
negativo dell’altrui impugnazione, ma che è destinata ad concretizzarsi una
volta riproposta quest’ultima mediante appello principale, rendendo
conseguentemente necessaria l’incrociata contro-impugnazione nelle suddette
forme dell’appello incidentale, al fine di impedire la formazione del giudicato
interno sulla questione negativamente risolta in primo grado.
4. In ragione di quanto detto, risultano devoluti a
questo giudice d’appello i soli motivi contenuti nell’appello principale
dell’ATI ICS Grandi Costruzioni, i quali devono ora essere esaminati.
Come anticipato nell’ordinanza cautelare resa dalla
Sezione in questo giudizio, sopra citata, possono essere esaminati nel merito
soltanto i primi tre motivi, giacché gli altri risultano carenti del requisito
di specificità imposto dall’art. 101, comma 1, cod. proc. amm., dovendo
pertanto essere dichiarati anch’essi inammissibili.
4.1 Per confutare i contrari rilievi di parte
appellante, se ne sintetizza di seguito il contenuto:
- con il quarto motivo si censura la mancata
esclusione della controinteressata malgrado plurime omissioni del certificato
di iscrizione alla C.C.I.A.A. comprensivo di nulla-osta, o dichiarazione
sostitutiva, da parte dei direttori tecnici delle società componenti il
raggruppamento dalla predetta indicato ex art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163/2006
per la progettazione esecutiva e relativa ausiliaria; con altra censura,
contenuta nel medesimo motivo, l’ATI appellante contesta la mancata decadenza dall’aggiudicazione
del Consorzio Research a causa dell’omessa presentazione dell’informativa
antimafia nel termine di 10 giorni previsto dall’art. 48, comma 2, cod.
contratti pubblici;
- con il quinto motivo l’appellante assume che il
consorzio controinteressato avrebbe dovuto essere escluso a causa dell’omessa
presentazione del certificato della Cancelleria del competente Tribunale
attestante la mancata sottoposizione a procedure concorsuali nell’ultimo
quinquennio da parte dell’impresa Sintagma ausiliaria della Dms Geotechincal
s.r.l., mandante del RTP indicato dall’aggiudicataria;
- con il sesto motivo si enuclea un’ulteriore ragione
di esclusione di quest’ultima, consistente nell’omessa produzione di copia
fotostatica del documento di identità del firmatario dell’offerta economica;
- con il settimo motivo, si deduce, in relazione al
decreto commissariale n. 1505 del 26 marzo 2012 di aggiudicazione definitiva,
l’incompetenza dell’organo ad adottare atti di gestione amministrativa.
4.2 Quindi, si espongono le motivazioni a sostegno del
rigetto di tali motivi, contenute nella sentenza di primo grado:
- nel respingere la prima doglianza, il TAR ha
valorizzato l’assenza nella legge di gara di una espressa comminatoria
espulsiva e l’inestensibilità dell’obbligo dichiarativo in questione ai
direttori tecnici ed ai titolari di cariche sociali delle società ausiliarie ai
sensi dell’art. 49 del citato codice di cui al d.lgs. n. 163/2006; parimenti,
il giudice di primo grado ha disatteso la censura concernente l’omessa
produzione dell’informativa antimafia, affermando che è compito della stazione
appaltante procedere alla relativa acquisizione presso la competente
Prefettura.
- quindi, ha escluso che l’ausiliaria predetta fosse
tenuta a produrre l’attestazione relativa alle procedure concorsuali, o
autocertificazione sostitutiva, dovendo tale obbligo dichiarativo essere
circoscritto ai concorrenti e non già alle imprese di cui questi si avvalgono.
- del pari analitica è la statuizione di rigetto
dell’ultima censura, nella quale il TAR ha richiamato la clausola del
disciplinare a mente del quale era sufficiente una sola copia del documento di
identità per ciascun sottoscrittore (§ B); ha quindi ritenuto sufficiente a
garantire la certezza sulla provenienza dell’offerta e la sua riconducibilità
alla controinteressata la circostanza che una copia del documento di identità
del firmatario era stata inserita nella busta contenente l’istanza di
partecipazione alla gara, a sua volta inserita nell’unico plico nel quale sono
state inserite tutte le buste imposte dalla legge di gara; ha infine giudicato
contraria al principio di tassatività delle cause di esclusione contenuto
nell’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/2006 ogni diversa lettura;
- in relazione alla censura di incompetenza relativa
ad adottare l’aggiudicazione definitiva, il TAR l’ha ritenuta improcedibile, in
conseguenza dell’emanazione del determinazione del direttore generale dell’ente
intimato recante nuova aggiudicazione definitiva (n. 4429 del 24 aprile 2012).
4.3 Risulta dunque evidente che l’appellante ha
sostanzialmente riproposto i motivi in cui si sostanzia l’originario ricorso,
omettendo di prendere specifica posizione in ordine alle rationes
decidendi di cui sopra, formulando critiche puntuali nei confronti di
queste, in grado di enucleare le ragioni per le quali le stesse sarebbero
errate. Con ciò, quindi, l’ATI ICS Grandi costruzioni è venuta meno all’onere
di critica che, secondo quanto chiarito dall’Adunanza plenaria di questo
Consiglio di Stato nella sentenza 4 giugno 2011, n. 10, si impone al fine di
devolvere al giudice d’appello il punto sfavorevolmente risolto in prime cure.
Onere oggi positivizzato nel citato comma 1, dell’art. 101 del codice del
processo (mentre all’epoca della citata decisione dell’organo di nomofilachia
era applicabile l’art. 342 cod. proc. civ.) e più volte ribadito delle Sezioni
di questo Consiglio di Stato (solo per citare le più recenti decisioni che si
iscrivono in questo indirizzo: Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4628; 17
settembre 2013, n. 4613; 10 luglio 2013, n. 3674; 1 luglio 2013, n. 3534; 26
marzo 2013, n. 1698; Sez. V, 17 settembre 2012 n. 4915; 27 marzo 2013, n. 1824;
Sez. VI, 28 giugno 2013, n. 3528).
5. Si procede quindi all’esame dei primi tre motivi
dell’appello principale.
5.1 Il primo verte sulla conformità al progetto posto
a gara della soluzione tecnica migliorativa offerta dalla controinteressata in
relazione allo scavo della galleria, di cui al sub-criterio previsto al punto
(A.4) del disciplinare di gara, e precisamente l’elemento di valutazione
“A.4.1”, relativo alle “soluzioni tecniche e tecnologiche finalizzate a
migliorare le condizioni di stabilità del fronte e del cavo al fine di
minimizzare il rischio residuo”.
Secondo la prospettazione dell’odierna appellante, la
proposta di controparte, di “realizzare la galleria naturale con scavo
meccanizzato mediante TBM scudata tipo EPB, con posa in opera di un
rivestimento di prima fase costituito da conci prefabbricati di c.a. di classe
C50/60 aventi spessore 25 cm.” (cfr. relazione generale illustrativa
delle proposte migliorative della controinteressata), si pone in contrasto la
prescrizione progettuale in cui si esclude espressamente “l’impiego di
conci prefabbricati in c.a. per il rivestimento definitivo per l’accertata
inadeguatezza degli stessi alle sollecitazioni cui vengono sottoposti sia in
fase esecutiva sia definitiva” (§ 5.2 della relazione generale del
progetto definitivo).
5.1.1 Il TAR ha disatteso il motivo, rilevando che la
posa dei conci prefabbricati non costituisce la soluzione definitiva offerta
dall’aggiudicatario, ma solo il pre-rivestimento dello scavo, successivamente
al quale lo stesso aggiudicatario ha previsto la realizzazione d’un
rivestimento definitivo consistente in una fodera in calcestruzzo armato
gettato in opera di classe C35/45 e di spessore 10 cm, a completamento del
sostegno di prima fase in conci, al fine di renderlo un elemento unico
monolitico.
5.1.2 Nel proprio appello, l’ATI ICS Grandi Costruzioni
obietta che la suddetta prescrizione progettuale concerne espressamente anche
la “fase esecutiva” e dunque si pone in violazione dell’art.
76 cod. contratti pubblici. Evidenzia al riguardo che il capitolato speciale
d’appalto posto a gara impone il rispetto tassativo di alcune prescrizioni in
ordine alle fasi di avanzamento dei lavori di scavo della galleria (contenute
nel § 3.3.3 della relazione generale), che la soluzione tecnica di controparte
non rispetterebbe, giacché il pre-rivestimento in conci proposto dalla
controparte si protrarrebbe per 285 giorni, vale a dire fino al termine degli
scavi, contro le 2 settimane consentite dal capitolato.
5.1.3 L’Ente per lo Sviluppo dell'Irrigazione
eccepisce l’inammissibilità del motivo in quanto contenente censure nuove, in
specie nella parte in cui evidenzia il contrasto della soluzione proposta con
le prescrizioni concernenti la suddetta fase esecutiva.
5.2 L’eccezione non può essere condivisa.
E’ infatti vero che tali censure non sono contenute
nell’originario ricorso introduttivo. Ma è del pari vero che le stesse si
sostanziano in critiche alla motivazione con la quale il TAR ha disatteso il
motivo, le quali non solo sono consentite ma assurgono, in virtù del principio
di specificità dei motivi d’appello sancito dall’art. 101, comma 1, cod. proc.
amm., e sopra ricordato, ad onere gravante sull’appellante a pena di
inammissibilità del gravame. E ciò è tanto più vero quanto più si consideri che
la controinteressata ha eccepito sin dalla propria memoria costitutiva proprio
il difetto di specificità del motivo in esame, adducendo a conforto di ciò
l’analitica motivazione del capo di sentenza nel quale lo stesso è stato
disatteso.
E’ qui il caso di soggiungere che tali critiche, pur
comportanti l’introduzione di profili di doglianza non dedotti in primo grado,
sono ammissibili a condizione che esse rimangano nella cornice dei fatti e
delle questioni giuridiche delineata dai motivi di impugnazione dedotti nel
ricorso originario, e dunque consistano in uno sviluppo argomentativo
sollecitato dalla contraria decisione assunta in primo grado.
Il che può dirsi avvenuto nel caso di specie, visto
che nella propria originaria impugnativa l’RTI odierno appellante aveva
asserito che la soluzione tecnica del rivestimento della galleria offerta dalla
controinteressata sarebbe vietata dal progetto posto a gara, in quanto non
sarebbe assicurata la sicurezza del rivestimento offerto.
5.3 Nel merito il motivo non è fondato.
È vero che tra le prescrizioni progettuali vi è quella
di mantenere il pre-rivestimento per un tempo massimo di 14 giorni prima del
rivestimento definitivo e per una lunghezza massima di 24 metri e che a fronte
di ciò l’aggiudicataria prevede nella propria offerta tecnica che la durata del
rivestimento provvisorio in conci prefabbricati è indicata in 285 giorni e per
tutta la lunghezza della galleria, di oltre 4 km. Nondimeno, l’appellante non
considera che, oltre a questa soluzione, il Consorzio Research ha previsto un
rivestimento in cemento armato di 10 cm di spessore da rendere solidale ai
conci attraverso una “spinottatura in barre” (pag. 17 della
relazione illustrativa delle soluzioni migliorative), cui segue una descrizione
dei vantaggi derivanti dall’utilizzazione della tecnica proposta.
A fronte di ciò l’ATI ICS Grandi Costruzioni
controdeduce prospettando la possibilità di ostacoli in sede esecutiva, con
particolare riguardo al funzionamento della trivella, ed particolare “un
elevato rischio di incastro della macchina per il rapido rigonfiamento delle
argille” (pag. 9 dell’appello).
Si tratta però di null’altro che una congettura, che
rende la censura perplessa e comunque non sufficientemente specifica, visto che
nella citata relazione illustrativa delle soluzioni migliorative offerte si
afferma, senza che sul punto vi siano contestazioni da parte dell’odierna
appellante, che la tecnica di scavo proposta “garantisce un contrasto
efficace contro il fenomeno dello swelling sia perché le lavorazioni proposte
minimizzano l’impiego di acqua (e dunque riducono gli effetti di rigonfiamento
sia perché il robusto anello di rivestimento in conci prefabbricati offre un
adeguato contrasto al rigonfiamento” (pag. 19).
5.3.1 Sempre su questa censura, occorre richiamare il
passaggio motivazionale della sentenza di primo grado relativo al profilo della
conformità dell’offerta del Consorzio Research al capitolato d’appalto,
nell’ambito della quale si è osservato che tale ultimo documento (al § 3.4,
sottoparagrafo 3.4.1) “prevede proprio l’esecuzione d’un getto di
rivestimento definitivo in modo da realizzare, in ogni punto, “una perfetta
aderenza ed un perfetto collegamento tra il calcestruzzo ed il precedente
anello di pre-rivestimento””. Ebbene, non risulta che l’ICS Grandi
Costruzioni abbia enucleato alcuna specifica critica a tale ratio
decidendi, essendosi la stessa limitata ad affermare di non riuscire “a
cogliere la ragione per cui il TAR abbia considerato la modalità costruttiva in
questione come “del tutto in linea col capitolato””, mentre in realtà, come
ora visto, il giudice di primo grado ha anche richiamato la fonte di prova a
sostegno del proprio convincimento.
5.4 Per le ragioni ora esposte la doglianza va anche
respinta laddove diretta a censurare l’attribuzione del massimo punteggio alla
controinteressata per il sottocriterio in contestazione. In relazione alla
medesima, peraltro, va anche ricordato che secondo incontrastata giurisprudenza
di questo Consiglio di Stato, l’obbligo motivazionale imposto
all’amministrazione in sede di valutazione delle offerte presentate nelle
procedure di affidamento di contratti è assolto mediante la sua espressione in
forma numerica, purché – e ciò non è contestato - i criteri di valutazione
siano sufficientemente specifici ed in grado di consentire la ricostruzione
dell’iter decisionale dell’amministrazione (solo per citare le più
recenti pronunce: Sez. III, 25 febbraio 2013, n. 1169; Sez. IV, 4 giugno 2013,
n. 3059; Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 95; 12 giugno 2012, n. 3445; 3 maggio
2012, n. 2552).
6. Il secondo motivo concerne la discordanza tra le
soluzioni migliorative offerte dalla controinteressata e la lista delle
categorie di lavoro e forniture previste per l’esecuzione dell’appalto (“lista
prezzi”), che ai sensi del paragrafo “E” del disciplinare di gara le offerenti
erano tenute a presentare in sede di offerta economica. L’ATI odierna
appellante sostiene che controparte non ha integrato la lista in base alle
migliorie offerte, così ingenerando un’insuperabile indeterminatezza dell’offerta,
tale da legittimarne l’esclusione dalla gara, oltre a determinare una
violazione dell’art. 119, comma 5, del regolamento di attuazione di cui al
d.p.r. n. 207/2010, richiamato dal disciplinare di gara.
6.1 Il TAR ha respinto il motivo, affermando che la legge
di gara non imponeva alcuna modificazione della lista prezzi in relazione alle
proposte migliorative, non potendo valorizzarsi a questo fine il richiamo al
citato art. 119 del d.p.r. n. 207/2010, giacché l’obbligo da essa imposto ai
concorrenti di verificare le voci delle lavorazioni e forniture di cui si
compone l’offerta attiene alla corrispondenza di queste con gli elaborati
progettuali a base di gara, ma non si estende alle migliorie offerte. Gli oneri
economici rivenienti da queste ultime - secondo il giudice di primo grado – “trovano
compensazione all’interno dell’offerta economica presentata senza che per
questa ragione l’offerta possa ritenersi indeterminata o generica”, pena
altrimenti la disomogeneità delle basi su cui la stazione appaltante è tenuta
ad effettuare le proprie valutazioni e l’impossibilità di determinare il
corrispettivo finale nel caso in cui la medesima stazione appaltante non
accetti le migliorie.
6.2 L’amministrazione resistente e la
controinteressata osservano che le pretese varianti consistono in realtà in
mere soluzioni migliorative, in relazione alle quali la legge di gara non
imponeva di integrare la lista delle lavorazioni a base di gara, dovendo tali
soluzioni intendersi comprese nell’utile offerto.
6.3 Il Collegio osserva innanzitutto che, in fatto, è
incontestato che l’offerta della ReseArch Consorzio Stabile contenga numerose
soluzioni migliorative, potendosi sul punto rinviare alla relazione
illustrativa da questa presentata.
In diritto, poi, le critiche mosse dall’appellante
alla sfavorevole decisione del TAR non si rivelano condivisibili.
6.3.1 In primo luogo, non vi è alcuna indeterminatezza
dell’offerta.
Da un lato, l’offerta economica è data dal ribasso
offerto sul prezzo posto a base di gara, mentre, dall’altro lato, l’offerta
tecnica è quella in cui si sostanzia il progetto per la realizzazione
dell’opera e le migliorie offerte in sede esecutiva.
6.4 L’ATI appellante sostiene poi che queste ultime
devono trovare corrispondente evidenziazione nella “lista delle categorie
di lavoro e forniture per l’esecuzione dell’appalto” imposta per la
formulazione dell’offerta economica dal disciplinare di gara, pena l’esclusione
dalla stessa, per violazione dell’art. 119, comma 5, d.p.r. n. 207/2010.
Quest’assunto è errato.
La lista in questione (lista prezzi) è la modalità di
espressione imposta dal disciplinare per la formulazione del ribasso offerto: “il
prezzo offerto ai fini dell’attribuzione del punteggio sarà determinato
applicando il ribasso offerto calcolato, applicato al prezzo dei lavori
soggetto al ribasso” (§ E, pag. 12 del disciplinare).
Da tale norma di lex specialis si
evince che il metodo di ribasso utilizzato ai fini dell’attribuzione del
punteggio per l’offerta economica è quello sull’elenco dei prezzi unitari,
previsto dall’art. 118 del regolamento di esecuzione del codice dei contratti
in alternativa a quello sull’importo dei lavori, e disciplinato dal successivo
art. 119, richiamato appunto dal disciplinare, il quale si caratterizza per la
presentazione sulla base della lista delle lavorazioni e forniture predisposta
dalla stazione appaltante per la gara.
Il comma 5 dell’art. 119, relativo tra l’altro agli
appalti di progettazione ed esecuzione, prevede quindi l’obbligo per gli
offerenti “di controllare le voci riportate nella lista attraverso
l'esame degli elaborati progettuali”, al fine di “integrare o
ridurre le quantità che valuta carenti o eccessive e ad inserire le voci e
relative quantità che ritiene mancanti, rispetto a quanto previsto negli
elaborati grafici e nel capitolato speciale nonché negli altri documenti che è
previsto facciano parte integrante del contratto, alle quali applica i prezzi
unitari che ritiene di offrire”.
La verifica di corrispondenza imposta dalla norma
regolamentare in esame si effettua e si esaurisce tra le lavorazioni offerte e
quelle invece presenti negli elaborati progettuali posti a gara e non è in
alcun modo funzionale all’evidenziazione delle migliorie risultanti
dall’offerta tecnica. L’obbligo di cui costituisce oggetto, infatti, ha la
finalità, per le opere a corpo - come appunto quelle previste nella suddetta
tipologia di appalti, ai sensi dell’art. 53, commi 2, lett. b), e 4, d.lgs. n.
163/2006 - di impegnare la concorrente alla loro realizzazione, “restando
fisso ed invariabile l’importo indicato nella lista prezzi” (§ E, pag.
13 del disciplinare di gara). A tal fine, il ridetto art. 119, comma 5,
pedissequamente richiamato dal disciplinare, impone alle imprese offerenti la
dichiarazione di impegno “che l'indicazione delle voci e delle quantità
non ha effetto sull'importo complessivo dell'offerta che, seppure determinato
attraverso l'applicazione dei prezzi unitari offerti alle quantità delle varie
lavorazioni, resta fisso ed invariabile”.
6.4.1 La ratio della disciplina in
esame è quella di mantenere inalterato il funzionamento del metodo di selezione
del ribasso sull’elenco dei prezzi unitari posti a base di gara, tipico dei
contratti da stipulare a misura (art. 118, comma 1, lett. a, d.p.r. n.
207/2010), nei contratti da stipulare necessariamente a corpo come gli appalti
di progettazione ed esecuzione, in virtù dell’art. 53, commi 2, lett. b), e 4,
d.lgs. n. 163/2006, sopra citato.
La verifica di cui si discute ha dunque rilievo
esclusivo ai fini della serietà dell’offerta finale e del suo carattere
vincolante per la concorrente poi divenuta aggiudicataria, elementi su cui l’amministrazione
deve confidare, malgrado carenze progettuali o discordanze tra la somma dei
prezzi unitari delle singole voci e l’importo complessivo offerto, al fine di
avere contezza sull’onere economico riveniente dal contratto.
Come evidenziato dal TAR, nondimeno, essa concerne
esclusivamente l’offerta economica, tant’è vero che le norme richiamate
riguardano le procedure di affidamento il cui criterio selettivo è quello del
massimo ribasso, mentre gli aspetti tecnici sono già predeterminati dall’amministrazione
nel progetto posto a gara.
Ne consegue che nella redazione della lista prezzi non
devono trovare ingresso gli elementi dell’offerta tecnica.
6.4.2 Il fatto che in questa siano proposte soluzioni
migliorative – e non già varianti, per il quale vi è un espresso divieto nella
legge di gara, ex art. 76 cod. proc. amm. (punto II.1.6 del bando) – è insito
nell’adozione del criterio selettivo dell’offerta economicamente più
vantaggiosa. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza amministrativa,
infatti, attraverso quest’ultimo metodo di selezione del contraente si persegue
proprio lo scopo di ricercare nel mercato soluzioni tecniche migliorative
all’idea progettuale elaborata dall’amministrazione, e sulle quali il confronto
competitivo è destinato a svolgersi, purché le soluzioni offerte restino
nell’ambito delle caratteristiche fondamentali del progetto posto a base di
gara (C.d.S, Sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149; Sez. V, 9 febbraio 2001, n.
578; 11 luglio 2008, n. 3481; 12 febbraio 2010, n. 743; 13 gennaio 2011, n.
171).
Il che è a dirsi a fortiori nelle
procedure in cui a gara vi sia non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la
loro progettazione, come nel caso di specie.
Il richiamo a norme relative a gare da aggiudicare
mediante il massimo ribasso non si pone in contraddizione con questa
fondamentale esigenza, giacché i profili tecnici ed economici rimangono
distinti dal punto di vista valutativo, mentre le modalità di formulazione
dell’offerta previste dal ridetto art. 119, comma 5, consentono un confronto
competitivo ed una analitica verifica sulle singole lavorazioni offerte.
6.4.3 La conseguenza di quanto ora affermato, come
puntualmente rilevato dal TAR, è che “l’offerta economica è formulata
sulla base della lista di lavorazioni relativa al progetto a base di gara, al
netto cioè delle proposte migliorative, con la conseguenza implicita che gli
eventuali oneri economici ricollegabili ad esse trovano compensazione
all’interno dell’offerta economica presentata”.
La relativa sostenibilità - occorre aggiungere - può
eventualmente costituire oggetto di verifica di anomalia, la quale va invece
condotta, per le voci relative all’offerta economica, in base alla lista delle
categorie ed ai prezzi unitari in essa previsti dalla concorrente aggiudicataria.
Del resto, come ancora puntualmente ricordato dal
giudice di primo grado, per questa ragione non è consentito introdurre
lavorazioni o forniture diverse da quelle contenute negli elaborati progettuali
posti a base di gara, altrimenti venendone frustrate le esigenze di omogeneità
di verifica tra più offerte.
6.4.4 L’appellante incorre in un fraintendimento
laddove invoca a sostegno della propria tesi il chiarimento n. 10, giacché
esso, nell’affermare la soluzione contraria a quella ora espressa, fa riferimento
alle varianti e non già alle soluzioni migliorative.
Queste ultime, che come sono consustanziali alle
procedure di affidamento secondo il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa, si differenziano dalle varianti perché possono liberamente
esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati “aperti” a diverse soluzioni
sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione del
pregio delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la
modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite
dall’amministrazione. Come precisato da questa Sezione (sentenza 29 marzo 2011,
n. 1925), si tratta di “variazioni migliorative rese possibili dal
possesso di peculiari conoscenze tecnologiche”, direttamente riferibili
alle singole forniture e le lavorazioni in cui si sostanzia l’opera, in virtù
delle quali quest’ultima può risultare meglio rispondente al quadro delle
esigenze funzionali poste a base della progettazione ed ai relativi aspetti
qualitativi, come predeterminati nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 17
d.p.r. n. 207/2010.
Le varianti, invece, si sostanziano in modifiche del
progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui
ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione
appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara ex
art. 76 d.lgs. n. 163/2006, sopra citato, e l’individuazione dei relativi
requisiti minimi (comma 3 della citata disposizione), che segnano i limiti
entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto
a quella prefigurata dall’amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr.
C.d.S., sez. V, 21 dicembre 2012 n. 6615). Il confronto competitivo è in questo
secondo caso necessariamente ristretto a singoli e predeterminati aspetti del
progetto, entro i quali il ventaglio delle alternative progettuali proponibili
è nondimeno più esteso, tant’è vero che è ammesso anche in procedure di gara
con a base il progetto preliminare, come l’appalto-concorso (cfr. C.d.S., Sez.
V, 13 dicembre 2012, n. 6388).
6.4.5 Né giova richiamarsi al precedente di questa
Sezione costituito dalla sentenza 18 novembre 2011, n. 6091. In detta pronuncia
si è infatti confermata la legittimità dell’esclusione dalla gara, disposta in
applicazione di una puntuale comminatoria espulsiva contenuta nella relativa
legge speciale, di un’impresa che aveva inserito nell’elenco prezzi le
migliorie offerte, come appunto pretenderebbe l’ATI appellante. In linea con
quanto sopra osservato giova sottolineare che tale decisione è stata
argomentata avuto in particolare riguardo al fatto che la finalità di
aggiungere o integrare la lista prezzi predisposta dalla stazione appaltante
nell’ambito delle sole categorie di lavorazioni e forniture in essa prevista
risponde all’esigenza che l’offerta esprima “un consapevole calcolo
relativo ad ogni voce indicata dalla stazione appaltante, soddisfacendo
esigenze di certezza, di celerità e di imparzialità”.
In termini può essere citata la recente pronuncia
della VI Sezione 21 maggio 2013, n. 2726, nella quale si è escluso che l’omessa
inclusione nell’offerta economica del prezzo della soluzione tecnica
migliorativa rispetto a quella posta a base di gara, in osservanza alle
prescrizioni contenute nella lex specialis, possa determinare
alcuna incertezza sulla prima. Degno di menzione è il seguente passaggio
motivazionale: “La mancata indicazione del valore economico
dell’offerta migliorativa proposta e la computazione della soluzione
progettuale stralciata - mediante l’applicazione dei prezzi di progetto e non
mediante quelli offerti - non hanno quindi inciso sulla certezza dell’offerta
economica, atteso che il prezzo doveva essere determinato sulla base della
lista delle categoria poste a base di gara e non doveva tener conto della
proposta migliorativa” (§ 10 della parte in diritto).
7. Con il terzo motivo è dedotta una ulteriore
difformità dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria rispetto al progetto posto
a gara, in ordine alle soluzioni da quest’ultima individuate per la “riduzione
dell’impatto ambientale dei lavori” (sub-criterio B dell’offerta
tecnica), ed in particolare in ordine allo smaltimento e sistemazione dei
materiali di risulta provenienti dagli scavi da eseguirsi nell’area dell’invaso
della diga di Genzano.
L’ATI appellante assume che il deposito dell’intero
materiale di risulta degli scavi nell’invaso, per giunta contaminato, vale a
dire dell’argilla contenente bentonite impiegata nelle trivellazioni,
consistente in un rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. b),
t.u. ambiente, viola la prescrizione di cui al punto 12, dell’allegato 1, della
delibera CIPE di approvazione del progetto definitivo dell’opera (n. 8 del 25
gennaio 2008), vietante qualsiasi alterazione delle caratteristiche naturali
dei luoghi, e condizionante in ogni caso il parere della competente autorità
preposta al vincolo paesaggistico (Soprintendenza per i beni archeologici della
Basilicata) la c.d. verifica di ottemperanza. Infine, deduce un ulteriore profilo
di indeterminatezza dell’offerta, derivante dal fatto che nella lista “prezzi”
presentata dalla controinteressata non sono inclusi i costi di trasporto e
sistemazione del materiale nei luoghi consentiti (ai sensi dei punti 2.3.5 e
3.3.4 del capitolato speciale d’appalto), da ciò inferendone l’indeterminatezza
dell’offerta.
7.1 Il giudice di primo grado ha respinto la censura,
in base ai seguenti rilievi: innanzitutto, la prescrizione progettuale non
riguarda “l’opera in sé e per sé intesa e le sue caratteristiche”,
ma esclusivamente l’esecuzione della stessa; in secondo luogo, il deposito dei
materiali in questa fase non produce alterazioni ambientali irreversibili, in
quanto, come rilevato dall’Ente di irrigazione resistente “le tecniche
di scavo previste nell’offerta della contro interessata contemplano modalità
d’uso della bentonite (utilizzata in caso di blocco della fresa durante lo
scavo) tali da non contaminare il materiale di scavo (a lavori fermi)”;
quindi, eventuali autorizzazioni competono allo stesso ente appaltante, cui
spetta la gestione dell’invaso e che “in presenza della proposta
tecnica in parola, non ha ritenuto di dover provvedere a un riesame del piano
di gestione del medesimo”; infine, ha ribadito che il mancato computo degli
oneri economici della miglioria in questione non deve essere indicato nella
lista prezzi, mediante corrispondente aggiunta della relativa voce.
7.2 Nel proprio appello, l’ATI ICS Grandi Costruzioni
stigmatizza l’acritico recepimento delle difese di parte resistente, obiettando
che il deposito di un quantitativo pari a 280.000 mc di materiale di scavo
determina comunque una irreversibile alterazione dell’ambiente, con
corrispondente riduzione della capacità dell’invaso, e che la bentonite è
classificabile come rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, comma 3, lett. b),
d.lgs. n. 152/2006, avente capacità inquinante. Insiste nel sottolineare che
l’operazione di smaltimento in questione dovrebbe essere assoggettata ad
autorizzazione preventiva a tutela della capacità delle dighe ai sensi
dell’art. 114 del citato d.lgs. n. 152/2006 e che la relativa competenza
dell’ente appaltante non giustifica l’operato della commissione di gara nella
valutazione dell’offerta, addirittura con l’attribuzione del punteggio massimo
(15 punti) per il sottocriterio in questione. Soggiunge che nella lista
“prezzi” non sono inclusi i costi di trasporto e sistemazione del materiale nei
luoghi consentiti (ai sensi dei punti 2.3.5 e 3.3.4 del capitolato speciale
d’appalto), né vi è prova della disponibilità giuridica di siti di proprietà di
terzi per il deposito del materiale di risulta, con conseguente
indeterminatezza dell’offerta.
7.3 Il motivo è infondato.
7.3.1 Innanzitutto, merita piena conferma quanto dal
TAR precisato a proposito della prescrizione contenuta nella delibera di
approvazione del progetto definitivo e cioè che la stessa attiene alla fase
esecutiva (“fase di cantiere”), in relazione alla quale sola è spiegabile il
divieto di alterare“le caratteristiche naturali e seminaturali dei luoghi
avendo cura, a fine lavori, di ripristinare, riportandole allo stato naturale,
tutte le aree di cantiere e le eventuali piste di servizio”.
Oltre all’inequivoco tenore letterale della
prescrizione progettuale, sovviene in primo luogo la considerazione, svolta
dalle parti appellate, secondo cui non è concepibile la realizzazione di
un’opera quale quella in contestazione, caratterizzata tra l’altro dalla
realizzazione di un invaso, senza una modificazione geomorfologica delle aree
di sedime interessate.
Ciò che il progetto definitivo vieta è quindi la
compromissione delle condizioni ambientali e paesaggistiche, nel senso di un
loro peggioramento qualitativo.
In secondo luogo, il sub-criterio di valutazione
dell’offerta tecnica consistente nelle “soluzioni tecnico-progettuali
finalizzate a mitigare l’impatto ambientale, in relazione allo smaltimento e
alla sistemazione dei materiali di risulta provenienti dagli scavi nell’area
dell’invaso della diga di Genzano…” (elemento “B”, paragrafo “D” del
disciplinare di gara) conferma che la realizzazione dell’opera genera
inevitabilmente un impatto ambientale, rispetto al quale sono valorizzate le
misure atte a contenerlo.
7.3.2 Tanto precisato, va osservato come nella
relazione illustrativa delle proposte migliorative dell’aggiudicataria siano
analiticamente descritte (punto 4, pag 64 e ss.) le modalità di sistemazione
del materiale proveniente dagli scavi. Di fronte a tale descrizione si
infrangono le doglianze dell’appellante incentrate sul fatto che il deposito di
un quantitativo pari a 280.000 mc di materiale di scavo determina comunque una
irreversibile alterazione dell’ambiente.
La suddetta aggiudicataria ha infatti offerto una
rimodellazione del paesaggio a suo dire coerente con le sue caratteristiche
dell’ambiente circostante, consistente, in estrema sintesi, nella sistemazione
della maggior parte del materiale (160.000 mc) in una zona pianeggiante non
visibile dall’abitato di Genzano e la restante parte nell’invaso, mediante
modifica delle curve di livello del progetto.
Sul punto non vi è una specifica contestazione da
parte dell’appellante, la quale si è limitata ad affermare apoditticamente che
il quantitativo di materiale da scavo stimato comporta comunque un’alterazione,
senza tuttavia considerare che nella relazione illustrativa, controparte ha
raffrontato i 280.000 mc suddetti ai 55 milioni complessivamente misurati dall’invaso.
Il che consente anche di superare l’asserita necessità
che l’offerta debba premunirsi di titoli autorizzativi in materia ambientale.
7.3.3 Deve poi essere sottolineato che l’art. 186 del
testo unico ambientale di cui al d.lgs. n. 152/2006 prevede la possibilità di
utilizzare “Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie” per
reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati”, a condizione, tra
l’altro, che sia assicurato un elevato livello di protezione ambientale e il
materiale non provenga da siti contaminati. Ebbene, queste ultime circostanze -
anche per quanto si dirà tra poco - non sono integrate nel caso di specie.
Non mancano nella relazione illustrativa in esame
riferimenti ai punti di forza della soluzione proposta ai fini della
mitigazione dell’impatto ambientale, consistente nell’integrale riutilizzo
delle rocce e terre, così da evitarne l’invio verso siti di smaltimento, in tal
modo palesandosi l’evidente infondatezza dell’ulteriore censura in cui si
deduce la mancata indicazione nell’offerta economica degli oneri per tale
smaltimento.
7.3.4 Parimenti infondata è la doglianza relativa alla
mancata giustificazione di titoli in forza dei quali l’aggiudicataria sarebbe
autorizzata a depositare il materiale su terreni di proprietà di terzi.
A pag. 66 della relazione si precisa infatti che il
materiale sarà stoccato in apposite aree del cantiere.
7.3.5 Residua infine la questione della contaminazione
ambientale asseritamente prodotta dalla bentonite.
Va innanzitutto evidenziato sul punto che, come
osservano le appellate Consorzio Research e Cobar, l’impiego di tale materiale
è prospettato nell’offerta tecnica solo in via ipotetica e cioè nei casi di
blocco della trivella impiegata nello scavo della galleria (relazione
illustrativa delle migliorie offerte, punto 2.2, pag. 19).
Non essendone certo l’utilizzo prima ancora delle
quantità, non è dunque possibile prospettare alcuna contaminazione dei luoghi.
Contaminazione, peraltro, in relazione alla quale
l’appellante invoca in ultima analisi il fatto notorio ex art. 115 cod. proc.
civ.: “la bentonite contenuta nel materiale di scavo è notoriamente un
materiale contaminante” (pag. 25 dell’appello; così anche a pag. 21
della memoria conclusionale), quando invece di notorio vi è unicamente il
fatto, rilevato dalla parte controinteressata, che la bentonite altro non è che
una specie di minerale argilloso presente in natura.
Né ha pregio invocarne il carattere di rifiuto
speciale, visto quanto detto sopra a proposito della possibilità del suo
recupero attraverso riempimenti e rimodellazioni di terreni.
8. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere
compensate tra tutte le parti in causa, sussistendo nella complessità e nel
numero di questioni trattate giusti motivi ex art. 92 cod. proc. amm. per
addivenire a tale statuizione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno
8 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Mario Luigi Torsello, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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