sabato 16 novembre 2013

PROCEDIMENTO: niente art. 7 della L. n. 241/1990 in caso di procedimento su istanza di parte esitato in un provvedimento vincolato (Cons. St., Sez. VI, sentenza 4 novembre 2013 n. 5289).



PROCEDIMENTO: 
niente art. 7 della L. n. 241/1990
in caso di procedimento su istanza di parte 
esitato in un provvedimento vincolato
 (Cons. St., Sez. VI, 
sentenza 4 novembre 2013 n. 5289).


Massima

1. In via generale, non sussiste un obbligo di avviso di avvio del procedimento in caso di procedimento promosso su istanza di parte e culminato in un provvedimento vincolato.
2.  In via particolare, deve predicarsi il suesposto principio in merito alla rivalutazione dei canoni demaniali marittimi ex L. n. 296/2006, procedimento speciale finalizzato a superare canoni risalenti e da adeguare invece, secondo una ragione di bilanciamento dei valori più attuale, alla capacità di reddito e alla utilità economica del bene, che comunque è e resta un bene pubblico, per il concessionario, secondo i criteri, i parametri e gli importi a metro quadrato direttamente predeterminati dalla predetta legge finanziaria.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6540 del 2011, proposto da
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
contro
Porto di San Foca s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Rodolfo Barsi, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via Laura Mantegazza, n. 24; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 00814/2011, resa tra le parti, concernente canone concessione area demaniale marittima nel Comune di Melendugno.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della società appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Clemente e Cerceo per delega di Barsi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La società per azioni “Porto di San Foca”, concessionaria di area demaniale marittima nel Comune di Melendugno finalizzata alla realizzazione e gestione del porto turistico per il canone annuo di € 21.734,49 salvo aggiornamento annuale, con l’atto introduttivo e i successivi motivi aggiunti ha impugnato i provvedimenti specificati nella sentenza oggetto di appello, a mezzo dei quali l’amministrazione le ha richiesto il pagamento della annualità 2006-2007-2008, rispettivamente rideterminata e incrementata in applicazione dell'art. 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 494, e dell’art. 1, commi 251 e 252, della legge finanziaria 29 dicembre 2006, n. 296 (€ 24.100,57 - € 128.491,12 - € 131.767,64).
A questi atti ha fatto seguito il decreto in data 1 settembre 2008, anch’esso gravato unitamente al prospetto di riliquidazione dell’esposizione complessiva (€ 231.481,40), con cui è stata applicata la riduzione del 50% della misura del canone per la concessione demaniale in argomento per il periodo 2002-2006 (in accoglimento dell'istanza del concessionario datata 7 aprile 2008) ed è stato rideterminato il canone dovuto per gli anni 2007 e 2008, ai sensi della sopravvenuta normativa innanzi citata.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, ritenuta la giurisdizione e con condanna alle spese, ha statuito, in affinità a quanto accade nell’ipotesi disciplinata dall’art. 1623 Cod. civ., che l’imprevisto e consistente aumento del canone, pur a seguito della doverosa applicazione di norme di legge, comporti obbligo per l’amministrazione pubblica di preavviso del relativo procedimento di aggiornamento, al fine di consentire al concessionario una adeguata rinegoziazione delle condizioni economiche ovvero in termini di scioglimento dal vincolo assunto.
Il Ministero appellante, con due motivi di censura, ha denunziato l’erroneità della sentenza con riferimento alla affermata giurisdizione del giudice amministrativo e per quanto concerne l’asserita assenza della comunicazione di avvio del procedimento in ordine alla rideterminazione di legge del canone ed alla sua incidenza sulla redditività della concessione.
Con il controricorso la società appellata ha opposto la natura non meramente patrimoniale della controversia e come la statuizione di omissione partecipativa sia stata sorretta da una più poderosa motivazione censurante la unilaterale rideterminazione e la stima sulla redditività del bene in concessione.
Le parti hanno presentato rispettive memorie e repliche.
All’udienza del 2 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Con il gravame in esame, il Ministero appellante nega la giurisdizione del giudice amministrativo e contesta l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento alla società ingiunta nella rideterminazione del canone concessorio in applicazione dell'art. 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 494, e dell’art. 1, commi 251 e 252, della legge finanziaria 29 dicembre 2006, n. 296.
Relativamente alla questione della giurisdizione, da rigettare, va ribadita la competenza del giudice amministrativo in materia di rivalutazione dei canoni concessori demaniali marittimi, alla stregua di consolidati precedenti di questa VI Sezione del Consiglio di Stato (3 febbraio 2011, n. 787; 14 ottobre 2010, n. 7505; 26 maggio 2010, n. 3348).
In ordine al contestato onere di preavviso, censura invece meritevole di accoglimento, è sufficiente osservare che l’impugnato d.m. 1 settembre 2008 è stato emanato su istanza di parte datata 7 aprile 2008 e reca nel suo dispositivo esplicito riferimento all’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, al fine di eventuali osservazioni da parte della concessionaria, che non risulta averle presentate e che, pertanto, non può ora venire contro il fatto proprio.
Con il predetto decreto, rispetto al quale gli atti di riliquidazione si pongono in chiave di esecuzione, si è proceduto alla riduzione del canone per la concessione in argomento per il periodo 2002-2006 del 50 % e alla rideterminazione dello stesso, a decorrere dal 1 gennaio 2007, come previsto dalle specifiche norme della citata legge finanziaria nonché, nel contempo, sono stati annullati e sostituiti i decreti anteriormente emanati in vicenda.
Orbene, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente in primo grado, merita osservare a conseguenza che, se la censura di omesso preavviso è riferita ai provvedimenti antecedenti, questi sono stati oggetto di ritiro e, quindi, non più lesivi; se, invece, la relativa doglianza è da rapportare al conclusivo d.m. 1 settembre 2008, essa risulta inesistente per le ragioni dinanzi precisate, sia perché la partecipazione è stata sollecitata e sia perché l’atto è stato adottato su istanza di parte.
Non sussiste un obbligo di avviso di avvio del procedimento in caso di procedimento promosso su istanza di parte e culminato in un provvedimento vincolato, come è quello in esame, finalizzato a superare canoni risalenti e da adeguare invece, secondo una ragione di bilanciamento dei valori più attuale, alla capacità di reddito e alla utilità economica del bene, che comunque è e resta un bene pubblico, per il concessionario, secondo i criteri, i parametri e gli importi a metro quadrato direttamente predeterminati dalla richiamata legge finanziaria.
Rispetto a tali previsioni legali, non compatibile e neppure conferente è il richiamo all’art. 1623 (Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale) Cod. civ., che prevede la (ontologicamente contrastante ai fini che ne occupano) riduzione ad equità o la risoluzione del contratto per notevole onerosità sopravvenuta a causa di legge: facoltà del resto non esercitate dal ricorrente originario e a tutto concedere praticabili solo quando la legge vada ad incidere sulla “gestione produttiva” e non anche se la legge intervenga indirettamente sulla “gestione corrente” con la nuova disciplina del settore.
Del resto, vale al contrario rilevare che la legge finanziaria in questione ha operato un adattamento del canone, che era sproporzionato in danno dello Stato a causa della sua patente inadeguatezza in relazione al tempo trascorso e ai fenomeni di deprezzamento maturati riguardo al valore del bene in concessione e alla redditività ordinariamente ritraibile dal concessionario.
Alla luce delle considerazioni innanzi svolte, deriva quindi l'accertata fondatezza dell’appello, che va pertanto parzialmente accolto quanto alla questione originaria del dedotto omesso preavviso, con conseguente riforma in parte qua della sentenza appellata.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite relative al doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, a riforma parziale della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Lecce, n. 814 del 5 maggio 2011, respinge il ricorso in primo grado.
Compensa interamente tra le parti le spese di lite relative al doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Vito Carella, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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