ADUNANZE PLENARIE & APPALTI:
l'art. 48 co. 2 del Codice Appalti
prevede un termine perentorio
(Ad. Plen., sentenza 25 febbraio 2014 n. 10).
Principio di diritto
“L’art. 48, co. 2, del D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i. si
interpreta nel senso che l’aggiudicatario e il concorrente che lo segue in
graduatoria, non compresi fra i concorrenti sorteggiati ai sensi del comma primo del
medesimo articolo, devono presentare la documentazione comprovante il possesso
dei requisiti di capacità economico – finanziaria e tecnico – organizzativa, di
cui al comma primo, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla
richiesta inoltrata a tale fine dalle stazioni appaltanti”.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 38 di A.P. del 2013, proposto dalla s.r.l.
Lucci Salvatore Impresa di Costruzioni, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Diego Vaiano e Raffaele Izzo, con domicilio eletto presso il loro studio in
Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Ministero
per i beni e le attivita' culturali – Soprintendenza speciale per i beni
archeologici di Roma – Commissario delegato per la realizzazione di interventi
urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia Antica, in persona del
Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
nei confronti di
s.p.a.
Gherardi Ing. Giancarlo, in persona del legale rappresentante pro
tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’ ATI con la RE. CO.
Restauratori consorziati, la B.5 s.r.l., l’Arch. Didier Repellin e l’Arch.
Marina Di Guida, rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con
domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Principessa Clotilde N.2;
per la riforma
del
dispositivo di sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER n. 1257 del
2013 e della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER n. 2180 del
2013, resa tra le parti
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita'
culturali – Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma –
Commissario delegato per la realizzazione di interventi urgenti nelle aree
archeologiche di Roma e Ostia e della s.p.a Gherardi Ing. Giancarlo in proprio
e quale Capogruppo mandataria Ati;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2013 il consigliere Maurizio
Meschino e uditi per le parti l’avvocato Vaiano, l’avvocato dello Stato
Chiarina Aiello, l’avvocato Clarizia;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.–
Il commissario delegato per la realizzazione degli interventi urgenti nelle
aree archeologiche di Roma e Ostia Antica ha indetto, con bando del 4 agosto
2011, una procedura di gara ristretta, ai sensi dell’art. 53, comma 2,
lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE; d’ora innanzi solo Codice) per
l’affidamento della progettazione esecutiva, l’esecuzione e il restauro del
prospetto settentrionale e meridionale e la realizzazione delle cancellate a
chiusura dei fornici del primo ordine dell’Anfiteatro Flavio (Colosseo).
Alla
procedura hanno partecipato due imprese: la Società Lucci Salvatore Impresa di
Costruzioni s.r.l. (d’ora innanzi solo Lucci) e la Gherardi Ing. Giancarlo
s.p.a., capogruppo mandataria dell’ATI con la Re. Co. Restauratori consorziati,
la B5 s.r.l., l’arch. Didier Repellin e l’arch. Marina di Guida (d’ora innanzi
solo Gherardi).
La
Gherardi si è classificata al primo posto, ottenendo il punteggio di 67,475. La
Lucci si è classificata al secondo posto, ottenendo il punteggio di 59,761
punti.
La
Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, subentrata nella
gestione della procedura al Commissario delegato, ha aggiudicato la gara alla
Gherardi in via provvisoria il 27 luglio 2012 e in via definitiva il successivo
30 agosto.
2.–
La Lucci, con il ricorso n. 8014 del 2012, ha impugnato tali atti innanzi al
Tribunale amministrativo regionale del Lazio deducendo numerosi vizi di
illegittimità a carico della Gherardi, tali da comportarne l’esclusione dalla
gara.
3.
La Gherardi ha proposto un ricorso incidentale con cui ha dedotto numerose
illegittimità volte a sostenere che la ricorrente principale avrebbe dovuto
essere esclusa dalla gara e fosse priva pertanto di legittimazione.
4.
Nel corso del processo, così instaurato, la stazione appaltante, con atto del
22 novembre 2012, prot. n. 39127 (comunicato all’impresa il successivo giorno
23, prot. n. 39244), ha escluso dalla procedura l’aggiudicataria per non avere
prodotto, ai sensi dell’art. 48, secondo comma, del Codice, la documentazione necessaria
a comprovare i requisiti di partecipazione. In particolare, con nota del 31
ottobre 2012, prot. n. 35805, la stazione appaltante aveva chiesto
all’aggiudicataria di depositare tale documentazione entro il termine di dieci
giorni dalla ricezione della comunicazione. L’aggiudicataria avrebbe provveduto
al deposito, tardivamente, in data 7 dicembre 2012. Ricevuto l’atto di
esclusione, la Gherardi, deducendo di avere effettuato il deposito in data 9
novembre 2012, ha chiesto all’amministrazione di rivedere la sua
determinazione.
In
particolare, su espressa richiesta della stazione appaltante, la Gherardi ha
dichiarato, con atto del 3 dicembre 2012, di avere consegnato la documentazione
negli uffici della Soprintendenza «al quinto piano» dove un «addetto, una
signora» ha indicato una stanza, collocata «vicina agli ascensori» per
effettuare il deposito, che è stato poi «protocollato» da un funzionario di cui
la società riferisce di non ricordare il nome. Il Ministero, dopo avere
accertato, con dichiarazione resa dai dipendenti ai sensi del d.p.r. n. 445 del
2000, che nella data indicata non risulta dall’analisi del protocollo
effettuato alcun deposito, ha confermato, con atto del 4 dicembre 2012,
l’esclusione dalla procedura di gara della Gherardi.
5.
Quest’ultima avverso il suddetto provvedimento ha proposto autonomo ricorso, n.
10520 del 2012, con cui in particolare, asserito di aver prodotto la
documentazione e lamentata la mancata comunicazione di avvio del procedimento,
ha sostenuto che il termine previsto dall’art. 48, secondo comma, del Codice,
in mancanza di diversa determinazione contenuta nella lex specialis,
ha natura ordinatoria e non perentoria, aggiungendo, sul punto, che neanche
l’amministrazione ha rispettato il termine di dieci giorni per la richiesta dei
documenti.
Nell’ambito
del medesimo giudizio:
- è
intervenuta, ad opponendum, la Lucci, la quale ha, altresì,
proposto ricorso incidentale assumendo che la Gherardi avrebbe dovuto essere
esclusa per le ragioni già prospettate nel primo ricorso;
-
la Gherardi ha proposto controricorso incidentale, che ha riprodotto il ricorso
incidentale proposto nell’altro ricorso.
6.–
Il Tribunale amministrativo, riuniti i giudizi, li ha decisi con dispositivo
pubblicato il 5 febbraio 2013 e con successiva motivazione contenuta nella
sentenza del 28 febbraio 2013, n. 2180.
In
relazione al ricorso n. 10520 del 2012, il Tribunale, in primo luogo, ha
annullato l’atto di esclusione, ritenendo che l’art. 48, secondo comma, del
Codice deve essere interpretato, a differenza del primo comma dello stesso
articolo, nel senso che il termine indicato dall’amministrazione per il
deposito della documentazione richiesta ha valenza sollecitatoria e non
perentoria. In questa prospettiva, si aggiunge, essendo incontestato che la documentazione
è stata acquisita in data 7 dicembre 2012, diventa irrilevante accertare se
effettivamente la Gherardi abbia consegnato detta documentazione già in data 9
novembre 2012.
In
secondo luogo, il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso
incidentale, presentato dalla Lucci in qualità di interveniente ad
opponendum, in quanto «l’oggetto del giudizio è costituito (…) dal
provvedimento di esclusione mentre il ricorso incidentale è volto ad impugnare
il precedente provvedimento di aggiudicazione».
Infine,
per le medesime ragioni appena indicate, il Tribunale amministrativo ha
dichiarato inammissibile il controricorso incidentale proposto dalla Gherardi.
In
relazione al ricorso n. 8014 del 2012, il Tribunale: a) ha accolto il primo
motivo del ricorso incidentale proposto dalla Gherardi e per l’effetto,
applicando i principi enunciati dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato
con la sentenza 7 aprile 2011, n. 4, ha dichiarato inammissibile il ricorso
proposto dalla Lucci; b) ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza
di interesse i motivi aggiunti al ricorso incidentale proposti dalla Gherardi.
7.–
La Lucci ha proposto appello avverso il dispositivo e con successivo atto
integrativo ha impugnato anche la motivazione della sentenza.
In
particolare, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in
cui:
a)
non ha ritenuto perentorio il termine previsto dall’art. 48 del Codice (si
cita, tra le altre, la sentenza della Sesta sezione 8 marzo 2012, n. 1321, che
si è espressa in questo senso);
b)
ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso incidentale, in quanto l’art.
263 del Codice non richiede che i lavori vengano realizzati, essendo
sufficiente la redazione del progetto.
La
Lucci ha, poi, riproposto, con l’atto di appello, i motivi contenuti nel
ricorso principale, sopra riportati, non esaminati dal primo giudice.
8.
Si è costituita in giudizio la Gherardi rilevando che la sentenza è corretta
nella parte in cui ha ritenuto che il termine previsto dall’art. 48 non abbia
natura perentoria, richiamando, in ogni caso, l’avvenuto deposito della
documentazione entro il termine del 9 novembre 2012 e la mancata comunicazione
di avvio del procedimento.
Sono
stati, poi, riproposti i motivi contenuti nel ricorso incidentale, già
indicati, non esaminati dal primo giudice.
9.
Si è costituito in giudizio il Ministero dei beni e delle attività culturali,
rilevando che la Lucci non avrebbe censurato la parte della sentenza con cui il
primo giudice ha ritenuto che la stessa non sia legittimata ad interloquire sul
provvedimento adottato dall’amministrazione. Nel merito, vengono addotte le
analoghe argomentazioni contenute nell’atto difensivo della società resistente.
10.
La Lucci ha depositato, in vista dell’udienza pubblica del 18 giugno 2013, una
memoria con la quale, in relazione alla questione inerente al rispetto del
termine, ha affermato che «la mera produzione di un frontespizio recante un
timbro e una sigla illeggibile di un soggetto ignoto, peraltro non individuato
dall’amministrazione in nessuno dei suoi dipendenti nonostante le ricerche
all’uopo compiute» non può costituire prova dell’effettiva consegna dei
documenti.
11.
La Gherardi ha anch’essa depositato una memoria, in vista della stessa udienza,
con la quale ha rilevato che la Soprintendenza aveva disposto che la
documentazione avrebbe dovuto essere consegnata «presso la sede del Palazzo
Massimo – Piazza dei Cinquecento 67 – Segreteria del Soprintendente». Sul punto
si aggiunge che «se poi l’ufficio, indicato dall’amministrazione per la
ricezione della documentazione, ha provveduto o non ha provveduto
tempestivamente a protocollarla è circostanza che non può essere imputata
all’impresa».
12.
Con l’ordinanza 9 marzo 2013, n. 791, la Sezione ha rigettato la domanda di
sospensione dell’efficacia della sentenza, ritenendo che, «all’esito di una
valutazione comparativa degli interessi implicati nella vicenda per cui è causa,
deve essere attribuita prevalenza agli interessi pubblici inerenti alla, per
quanto possibile, celere realizzazione delle opere oggetto della procedura di
gara».
13.
All’udienza pubblica del 18 giugno 2013, in cui la causa è stata trattenuta per
la decisione, il Collegio ha ritenuto necessario per la definizione della
controversia rimettere all’Adunanza Plenaria, con l’ordinanza n. 4023 del 2013,
l’esame delle due seguenti questioni:
a)
sulla natura, perentoria o ordinatoria, del termine previsto dall’art. 48,
secondo comma, del Codice;
b)
sul rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale.
14.
La prima questione concerne la decisione in ordine alla legittimità o meno
dell’atto di esclusione dalla procedura di gara della Gherardi, essendo
necessario stabilire, a tale fine, quale sia la corretta interpretazione
dell’art. 48, secondo comma, del Codice, poiché “la scelta interpretativa sulla
natura perentoria o meno del termine in questione incide, ovviamente,
sull’accertamento della fondatezza o meno del ricorso di primo grado n. 10520
del 2012, proposto dalla società Gherardi”.
La
seconda questione è altresì rilevante poiché, se si dovesse ritenere che
l’esclusione dalla procedura di gara della Gherardi è illegittima, è necessario
stabilire quale sia l’ordine di trattazione dei due ricorsi proposti,
principale e incidentale.
Resta
alla valutazione dell’Adunanza Plenaria, si richiama nell’ordinanza di
rimessione, se – una volta enunciati i principi di diritto sulle questioni
sollevate –intenda restituire per il resto il giudizio alla Sezione rimettente.
15.
All’udienza del 20 novembre 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.
Nell’ordinanza di rimessione, con riguardo alla prima delle due questioni
portate all’esame dell’Adunanza Plenaria, si richiamano il contenuto del citato
art. 48 del Codice e gli orientamenti interpretativi che si sono formati sulla
questione.
2.
L’art. 48 disciplina il controllo sul possesso dei requisiti.
In
particolare, il primo comma prevede che: «Le stazioni appaltanti prima di
procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un
numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate,
arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro
dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di
capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti
nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o
nella lettera di invito». La stessa norma prevede che «quando tale prova
non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda
di partecipazione o nell'offerta, le stazioni appaltanti procedono
all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa
cauzione provvisoria» e alla segnalazione del fatto all’Autorità di
vigilanza dei contratti pubblici per l’adozione dei provvedimenti sanzionatori
di sua competenza.
Il
secondo comma dello stesso art. 48 dispone che: «La richiesta di cui al
comma 1 è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle
operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in
graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti
sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le
loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla
determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente
eventuale nuova aggiudicazione» (analoga disciplina era contenuta nell’art.
10, comma 1-quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, recante «Legge
quadro in materia di lavori pubblici»).
3.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato, si riferisce nell’ordinanza, è
costante nel ritenere che il termine previsto dal primo comma del predetto art.
48, in relazione alla verifica a campione, ha natura perentoria, «tranne il
caso di un oggettivo impedimento alla produzione della documentazione non in
disponibilità» (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2012, n.
810; sez. V, 13 dicembre 2010, n. 8739; sez. VI, 15 dicembre 2009, n. 3804)
mentre è divisa sulla natura del termine che viene assegnato
dall’amministrazione all’aggiudicatario nella procedura prefigurata dal secondo
comma dello stesso art. 48.
3.1.
Un primo orientamento ritiene che il predetto termine abbia natura ordinatoria
per le seguenti ragioni.
In
primo luogo, sul piano letterale, il secondo comma dell’art. 48, a
differenza del primo comma, non contempla un termine legale entro il quale la
documentazione richiesta dall’amministrazione deve essere prodotta (Cons.
Stato, sez. V, 7 luglio 2011, n. 4053; Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2003, n.
2999).
In
secondo luogo, sul piano della ratio, è stata individuata una
ragionevole causa che giustifica la diversità di disciplina: il termine di cui
al primo comma dell’art. 48 deve considerarsi perentorio in ragione della «celerità
insita nella fase specifica del procedimento» in cui si colloca la
richiesta; il termine di cui al secondo comma dello stesso art. 48 deve
considerarsi, mancando esigenze acceleratorie, meramente sollecitatorio (Cons.
Stato, sez. V: 31 marzo 2012, n. 1886; 8 ottobre 2010, n. 6490; 27 ottobre
2005, n. 6003; sez. V, 29 novembre 2004, n. 7758; 6 giugno 2003, n. 3358; nello
stesso senso: AVCP “Determinazione n. 5 del 21 maggio 2009”).
In
questa prospettiva è, pertanto, rimessa all’amministrazione la determinazione
di stabilire, mediante una espressa enunciazione nella lex specialise
alla luce degli interessi sottesi alla specifica vicenda amministrativa, se
assegnare al termine natura ordinatoria o perentoria (v. le sentenze sopra
citate).
3.2.
Un secondo orientamento assume, invece, che il termine abbia natura perentoria
per le seguenti ragioni.
In
primo luogo, sul piano letterale, il secondo comma dell’art. 48
richiama espressamente quanto previsto dal primo comma della stessa
disposizione (Cons. Stato sez. VI, 8 marzo 2012, n. 1321). La mancata
indicazione del termine entro il quale la documentazione deve essere depositata
non assume rilevanza, in quanto «spetta all’amministrazione fissarlo»
(Cons. Stato, sez. VI, 10 luglio 2003, n. 4133). La qualificazione, poi, di tale
termine come perentorio deriva dalla previsione delle sanzioni automaticamente
applicabili in caso di sua violazione (Cons. Stato, sez. V, 21 ottobre 2003, n.
6528).
In
secondo luogo, sul piano della ratio, esiste una identità
giustificativa «che va ravvisata nelle esigenze di celerità e di correttezza
del procedimento, per evitare il protrarsi di una procedura viziata per
inadeguatezza o scorrettezza degli eventuali aggiudicatari».
Sul
punto, si aggiunge che le suddette esigenze sono ancora più pregnanti quando,
mediante la scelta del vincitore, «il procedimento abbia raggiunto il
proprio esito, e sia il possibile contraente a rendersi inadempiente alla
richiesta della stazione appaltante e al conseguente onere di diligenza»
(Cons. Stato, sez. VI, n. 1321 del 2012, cit.; in questo senso anche Cons.
giust. amm. sic.: 13 dicembre 2010, n. 1465; 25 maggio 2009, n. 480; Cons.
Stato, sez. VI, 10 luglio 2003 n. 4133; sez. V, 17 aprile 2003, n. 2081; Cons.
giust. amm. sic., 24 dicembre 2002, n. 684; Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio
2002, n. 2207).
4.
Sulla seconda questione rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria nell’ordinanza
si riferisce che il Collegio ritiene, anche alla luce di quanto stabilito dalla
Corte di giustizia con la sentenza 4 luglio 2013, n. C. 100/12, che
l’orientamento espresso dalla stessa Adunanza plenaria con la sentenza n. 4 del
2011 debba essere rivisto, e, per esigenze di sinteticità, si rinvia
integralmente all’ordinanza 17 maggio 2013, n. 2681, altresì all’esame
dell’Adunanza Plenaria nell’udienza odierna, per l’esposizione dei motivi che
depongono per un cambiamento di orientamento interpretativo.
E’
infatti preferibile, si soggiunge, che sia la stessa Adunanza Plenaria a
verificare se la motivazione posta a base della citata sentenza della Corte di
Giustizia comporti una complessiva rimeditazione delle questioni riguardanti la
perdurante sussistenza o meno della legittimazione e dell’interesse
dell’impresa esclusa o da escludere, quando impugni gli atti di gara.
5.
Si tratta ora il primo quesito, relativo al comma secondo dell’art. 48 del
Codice, con l’esame in via preliminare di quanto dedotto dalla Gherardi, in
vista della discussione in Adunanza Plenaria, su questioni che, si asserisce
nella relativa memoria, non sono state considerate nell’ordinanza di rimessione
e che proverebbero l’irrilevanza del quesito ai fini della decisione.
In
particolare si deduce che: a) avendo la Gherardi eccepito in secondo grado,
nelle forme dell’appello incidentale, “che si sarebbe in primo luogo dovuto
delibare la questione, di fatto – documentalmente provata -, circa l’avvenuta
consegna della documentazione ex art. 48 in data 9.11.2012” (entro dieci giorni
perciò dalla richiesta), poiché ciò avrebbe precluso, nello stesso giudizio di
primo grado, l’esame della questione della perentorietà o meno del termine di
cui all’art. 48, comma secondo, da tanto conseguirebbe l’irrilevanza di tale
questione interpretativa ai fini dell’ordinanza di rimessione; b) la Lucci non
ha appellato la dichiarazione del primo giudice di inammissibilità per difetto
di legittimazione del suo ricorso incidentale nel secondo ricorso (n. 10520 del
2012), per cui essa non avrebbe né legittimazione né interesse ad appellare il
capo della sentenza che ha accolto il ricorso autonomo della Gherardi avverso
l’esclusione, con conseguente inammissibilità del relativo appello in
parte quae irrilevanza ai fini del decidere, anche per questo profilo,
della questione della perentorietà o meno del suddetto termine.
Le
deduzioni così proposte non possono essere accolte, poiché: a) l’esame della
questione rimessa all’Adunanza Plenaria non è condizionato dalla delibazione
della questione di fatto sulla regolarità della consegna della documentazione
da parte della Gherardi il 9 novembre 2012, ma, al contrario, tale delibazione
è rilevante soltanto in quanto il termine sia ritenuto perentorio ai sensi dell’art.
48, comma 2, del Codice; b) la sentenza di primo grado non ha dichiarato
l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum della Lucci ma
del suo ricorso incidentale escludente, poiché non relativo all’oggetto del
giudizio sul ricorso n. 10250 del 2012 sull’impugnazione del provvedimento di
esclusione. Si deve perciò ritenere che la Lucci, interventore ad
opponendum in primo grado e seconda classificata conservi la potestà
di appellare la sentenza di primo grado, come già chiarito in giurisprudenza e,
oggi, dall’art. 102, comma 2, c.p.a., poiché in posizione autonoma di
svantaggio per la mancata esclusione dell’aggiudicataria e, perciò, titolare “di
una situazione soggettiva rilevante, caratterizzata da un interesse sostanziale
di segno opposto a quello fatto valere con il ricorso originario, sulla quale
si riflette la pronunzia di primo grado (Cons. Stato, sez. VI, 26
novembre 2008, n. 5834).
5.1.
Si passa ora all’esame della questione interpretativa rimessa all’esame del
Collegio.
L’Adunanza
Plenaria ritiene, per le ragioni che seguono, che ai sensi dell’art. 48, comma
2, del Codice l’aggiudicatario, e il secondo classificato, devono presentare la
documentazione comprovante il possesso dei requisiti tecnico – organizzativi ed
economico - finanziari entro il termine di dieci giorni dalla data della
richiesta e che tale termine ha natura perentoria.
5.2.
Come indicato nell’ordinanza di rimessione la giurisprudenza costante di questo
Consiglio, da cui non vi è motivo di discostarsi, nell’interpretare il comma
primo dell’art. 48, qualifica il termine di dieci giorni, assegnato agli
offerenti sorteggiati per la presentazione della documentazione sui requisiti,
come perentorio, pur non essendo definito formalmente come tale nella norma;
ciò in ragione, in sintesi, della “esigenza di celerità insita nella fase
specifica del procedimento” (sez. V, 27 ottobre 2005, n. 6003) e della “automaticità
della comminatoria prevista per la sua inosservanza”, salva l’oggettiva
impossibilità alla produzione della documentazione la cui prova grava
sull’impresa (sez. V: 7 luglio 2011, n. 4053; n. 6528 del 2003, cit.; sez. IV,
n. 810 del 2012, cit.).
L’individuazione
del termine come perentorio è perciò anzitutto basata sulla ratio dello
stesso in rapporto alla fase del procedimento in cui si colloca l’adempimento,
in coerenza con la giurisprudenza prevalente di questo Consiglio, per cui
l’art. 152 c.p.c, che definisce i termini processuali come ordinatori salvo
quelli espressamente qualificati come perentori, “vale esclusivamente per i
termini processuali, mentre con riguardo ai termini esistenti all’interno del
procedimento amministrativo il carattere perentorio o meno va ricavato dalla
loro ratio” (Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6051 e
giurisprudenza ivi citata).
5.3.
Ciò richiamato, si rileva che l’esigenza di celerità del procedimento è propria
anche della fase specifica in cui si inserisce l’adempimento di cui all’art.
48, comma 2, che è quella, conclusiva della procedura, che inizia con
l’aggiudicazione provvisoria, seguita: dalla verifica e approvazione di tale
aggiudicazione; dall’emanazione, su questa base, del provvedimento di
aggiudicazione definitiva; dalla verifica dei prescritti requisiti perché
l’aggiudicazione sia efficace; dalla conseguente stipulazione del contratto,
eventualmente sottoposto ad approvazione e controlli (articolo 11, commi 4, 5,
8, 9 e 10, articolo 12 del Codice).
L’esigenza
di celerità, e certezza, di tale fase è provata, sul piano normativo, dalla
previsione del condizionamento sequenziale degli adempimenti e dalla
preordinazione di termini per la verifica e approvazione dell’aggiudicazione
provvisoria, per l’inoltro della richiesta di verifica dei requisiti da parte
dell’amministrazione e per la stipulazione, approvazione e controlli del
contratto (articolo 11, commi 9 e 10, articolo 12, articolo 48, comma 2, del
Codice), e, sul piano teleologico, dalla diretta strumentalità di questa fase
al perfezionamento dello scopo dell’intero procedimento, consistente nella
stipula del contratto per l’esecuzione della prestazione, assumendo particolare
rilevanza i principi generali di tempestività ed efficacia delle procedure di
affidamento, di cui all’art. 2 del Codice, nel momento della conclusione utile
della lunga e complessa attività svolta in precedenza per la scelta del
contraente.
In
questo quadro si deve ritenere la disciplina di ogni adempimento previsto in
tale fase come finalizzata a renderla tempestiva e certa e non a rallentarne
l’iter a tempo indefinito dovendosi perciò, ad avviso del Collegio,
interpretare per quanto possibile in questo senso la ratio delle
norme di riferimento pur se non letteralmente esplicitata.
5.4.
E’ fondato allora rapportare a questa logica procedimentale l’adempimento della
verifica del possesso dei requisiti dell’aggiudicatario, e del secondo
classificato, che l’art. 48, comma secondo, inserisce nella fase conclusiva del
procedimento, poiché con tale verifica si incide in modo diretto sull’esito
operativo della procedura condizionando l’efficacia dell’aggiudicazione
definitiva, con il controllo dell’affidabilità tecnico – economica anzitutto
dell’aggiudicatario, e l’accertamento, di conseguenza, della possibilità di
stipulare o meno il contratto.
Si
tratta quindi di un adempimento essenziale per la definizione del procedimento
in connessione con il suo scopo poiché, se la verifica è positiva, viene
stipulato il contratto, se manca, si procede al ricalcolo della soglia di
anomalia e all’eventuale nuova aggiudicazione, con effetto determinante, in
entrambi i casi, per la conclusione efficace della procedura.
5.5.
Sarebbe allora in evidente contraddizione con questa logica se l’aggiudicatario
potesse costringere l’Amministrazione “a tenere in piedi sine die per
l’esame della documentazione la struttura organizzativa predisposta per la gara”
(Cons. Stato, sez. V, 17 aprile 2003, n. 2081), così come potrebbe farlo anche
il secondo classificato in caso di inadempimento del primo, con evidente
pregiudizio per l’amministrazione, venendo con ciò sospesa a tempo
indeterminato, a causa di tale inerzia, una procedura pubblica lunga e
complessa nella fase in cui giunge all’esito per cui è stata attivata.
Ciò
a fronte, inoltre: della produzione di documenti già in possesso degli
interessati alla cui esibizione devono essere pronti fin dalla fase della
verifica a campione; dell’incongruità di una norma che, mentre obbliga la
stazione appaltante a inoltrare la richiesta per la verifica nel termine di
dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, nella logica perciò
della tempestiva sequenzialità degli atti, consentirebbe ai destinatari della
richiesta di adempiervi senza alcuna perentoria scadenza; della immotivata
differenza di trattamento, infine, tra il vincitore e il secondo classificato,
da un lato, e gli altri concorrenti sorteggiati in precedenza, dall’altro,
essendo obbligati questi e non quelli all’osservanza di un termine perentorio,
in contrasto con il principio della par condicio fra i
concorrenti.
5.6.
Questa conclusione, basata sulla ratio della previsione
normativa, è avvalorata anche dalla lettera della norma, in cui si specifica
che la richiesta della documentazione all’aggiudicatario e al secondo
classificato ha il medesimo contenuto ed è assistita dalle medesime sanzioni di
quella di cui al comma 1, essendo testualmente previsto che si tratta della
richiesta “di cui al comma 1” e che, se la prova del possesso dei
requisiti non è fornita o confermata, si applicano le “suddette sanzioni”,
avendo richiamato la giurisprudenza sul comma primo, riguardo a tali sanzioni,
che l’esclusione dalla gara si ha anche nella “ipotesi di mancata produzione
di prove entro il termine perentoriamente previsto, salvo oggettiva
impossibilità, il cui onere della prova grava sull’impresa…” (Cons. Stato,
sez. IV, n. 810 del 2012, cit.).
L’identità
per tali profili del contenuto normativo dei due commi è confermata dal fatto
che il secondo reca le sole previsioni integrative necessarie a causa della
diversità della fase in cui si colloca la verifica, relative: a) al tempo della
richiesta da parte della stazione appaltante della prova dei requisiti, da fare
“entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara”, essendo
la richiesta successiva a tale conclusione al contrario di quella da inoltrare
ai sensi del primo comma; b) alla modalità di prosecuzione del procedimento in
caso di mancata verifica, che, in quanto successiva all’intervenuta
aggiudicazione, non può che dare luogo alla ridefinizione della soglia di
anomalia per l’eventuale nuova aggiudicazione.
5.7.
Per quanto sinora considerato si deve concludere non soltanto che la
presentazione della documentazione comprovante il possesso dei requisiti deve
avvenire, da parte dell’aggiudicatario e del secondo classificato, entro un
termine perentorio ma, anche, che questo termine è lo stesso, di dieci giorni
dalla data della richiesta, previsto nel primo comma dell’articolo, non
essendovi motivo per ritenere che le disposizioni dei due commi, fondate sulla
stessa ratio e coordinate con il rinvio del secondo al primo,
si differenzino poi per la durata del periodo fissato per l’adempimento, non
emergendo alcuna specificità in tal senso nel comma secondo, attinente anzi,
come detto, ad una fase del procedimento che ha raggiunto il proprio esito e
tanto più, quindi, deve essere informata ad esigenze di celerità.
5.8.
Tale conclusione non risulta inficiata da quanto dedotto in contrario con le
memorie depositate dall’Avvocatura dello Stato e dalla Gherardi, con cui si
asserisce, in sintesi: la violazione dei principi di trasparenza, efficacia e
buon andamento, che impongono la previa e chiara determinazione degli obblighi
imposti ai privati; di quelli di tipicità e tassatività delle cause di esclusione,
anche alla luce del principio comunitario di proporzionalità; del principio di
stretta legalità nella previsione di sanzioni, non potendosi in particolare
applicare la sanzione dell’esclusione in corso di procedura, di cui al primo
comma dell’art. 48, ad un soggetto ormai passibile soltanto di decadenza
dall’aggiudicazione, né introdurre una sanzione non prevista, essendo date
quelle richiamate nel secondo comma per la mancata prova del possesso dei
requisiti e non per l’inosservanza di un termine.
Tali
deduzioni non possono essere accolte, poiché: l’interpretazione dell’articolo
48, comma 2, sopra indicata, non comporta alcun adempimento innovativo per i
privati essendo già chiaro dal testo della norma il loro obbligo a comprovare
il possesso dei requisiti; l’esclusione è prevista dall’art. 46, comma 1-bis,
del Codice “in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal
presente codice…”, essendo con ciò coerente quella del soggetto che non
comprovi il possesso di requisiti essenziali per la prestazione oggetto del
contratto da stipulare; la sanzione non è immotivata né irragionevole alla luce
dello scopo del procedimento e dell’interesse pubblico con esso perseguito, non
risultando rilevante, in questo quadro, il fatto che l’esclusione sia comminata
in corso di gara o dopo la sua conclusione; né si introducono sanzioni non
previste avendo chiarito la giurisprudenza, come già rilevato, che l’inutile
scadenza del termine per la presentazione della documentazione comporta la
sanzione dell’esclusione ai sensi del comma 1 dell’art. 48 (sez. IV, n. 810 del
2012, cit.), alle cui sanzioni il comma 2 rinvia.
E’
peraltro dirimente, anche per i profili ora considerati, la palese
irragionevolezza della possibilità che l’efficace conclusione della gara resti
sospesa a tempo indefinito a discrezione dei soggetti privati.
5.
9. L’Adunanza Plenaria afferma pertanto il seguente principio di diritto: “L’articolo,
48, commasecondo, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e successive
modificazioni, si interpreta nel senso che l’aggiudicatario e il concorrente
che lo segue in graduatoria, non compresi fra i concorrenti sorteggiati ai
sensi del commaprimodel medesimo articolo, devono presentare la documentazione
comprovante il possesso dei requisiti di capacità economico – finanziaria e
tecnico – organizzativa, di cui al commaprimo, entro il termine perentorio di
dieci giorni dalla richiesta inoltrata a tale fine dalle stazioni appaltanti”.
6.
Per la trattazione della seconda questione sottoposta all’Adunanza Plenaria si
rinvia alla pronuncia resa dal Collegio in data odierna nell’esame delle
ordinanze di rimessione n. 2059 e n. 2681 del 2013 ed alla relativa definizione
dei principi di diritto.
7.
Ciò affermato l’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p.a., restituisce
gli atti alla Sezione sesta di questo Consiglio per le ulteriori pronunce sul
merito della controversia e sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), affermato il
principio di diritto di cui in motivazione, restituisce gli atti alla Sezione
sesta per ogni ulteriore statuizione nel merito della controversia e sulle
spese del giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013, con
l'intervento dei magistrati:
Giorgio
Giovannini, Presidente
Riccardo
Virgilio, Presidente
Pier
Giorgio Lignani, Presidente
Stefano
Baccarini, Presidente
Alessandro
Pajno, Presidente
Marzio
Branca, Consigliere
Vito
Poli, Consigliere
Francesco
Caringella, Consigliere
Maurizio
Meschino, Consigliere, Estensore
Nicola
Russo, Consigliere
Bruno
Rosario Polito, Consigliere
Vittorio
Stelo, Consigliere
Roberto
Giovagnoli, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
25/02/2014
(Art. 89, co. 3, cod. proc.
amm.)
Il
Dirigente della Sezione
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