lunedì 12 maggio 2014

PROCEDIMENTO & PROVVEDIMENTO: non è ammissibile la tutela avverso il silenzio nel caso degli atti amministrativi generali (Cons. St., Sez. IV, sentenza 26 marzo 2014 n. 1460).


PROCEDIMENTO & PROVVEDIMENTO: 
non è ammissibile la tutela avverso il silenzio 
nel caso degli atti amministrativi generali 
(Cons. St., Sez. IV,
 sentenza 26 marzo 2014 n. 1460).


 Massima (di Filippo De Luca).
Il ricorso avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere e risulta esperibile solo qualora si sia in presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest’ultimo (testimoniata dalla inerzia serbata). Agli atti di pianificazione del territorio, proprio perché atti amministrativi generali, si applica invece il principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio - inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari.

Ciò non vale per gli atti generali, i quali sono indirizzati ad una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1396 del 2013, proposto da:
Comune di Termoli, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via G.Paisiello, 55; 
contro
Nidaco Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Mariano Prencipe, con domicilio eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13; 
nei confronti di
Tua (Trasformazione Urbana Adriatica) Spa; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00774/2012, resa tra le parti, concernente silenzio rifiuto in relazione alla adozione del piano di riqualificazione urbana.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Nidaco Costruzioni Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2013 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Pennetta, in sostituzione dell'Avv. Scoca, e Di Pardo, per delega dell'Avv. Prencipe;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso notificato il 3.6.2012, in primo grado, la società Nidaco Costruzioni – S.r.l. ha chiesto la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Termoli in merito all’istanza di sollecito avanzata dall’interessata in data 30.1.2012.
Premette in punto di fatto la società appellata di aver partecipato alla procedura di evidenza pubblica indetta dalla T.U.A.- S.p.a. per l’affidamento dei lavori di progettazione per la realizzazione di un parcheggio interrato multipiano, in Piazza S. Antonio, con riqualificazione dell’area circostante; che, con nota n. 75/05 è stata disposta l’aggiudicazione in favore della società Nidaco Costruzioni; che, con determinazione 3.10.2005, il Responsabile del procedimento disponeva l’aggiudicazione definitiva.
Soggiunge la società che con verbale n. 15/05 della Commissione di gara si suggeriva all’amministrazione comunale di attivare un Piano di riqualificazione dell’area interessata, al fine di valorizzarne le qualità urbanistiche ed ambientali; che con nota 23.3.2006, la stessa, sollecitava la conclusione del procedimento di adozione del detto Piano, recepito dalla T.U.A. - S.p.a..
In sede di accordo di programma veniva, peraltro, confermata la necessità della preventiva adozione del Piano di riqualificazione urbana, quale presupposto ineludibile per la realizzazione dell’intervento.
Successivamente alla trasmissione delle linee guida - sulla scorta delle quali il Comune intimato avrebbe dovuto adottare il Piano - con nota 25.10.2006, la società appellata sollecitava sia il Comune di Termoli che la controinteressata T.U.A. all’adozione del richiamato Piano di riqualificazione.
A seguito dell’inerzia serbata dall’amministrazione comunale veniva proposto ricorso dinanzi al T.a.r. Molise, a sostegno del quale venivano dedotti vizi di violazione degli artt. 1, 2 e 3 della L. n. 241/90 s.m.i.; violazione degli artt. 21 e 22 della L. n. 136/99; violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; violazione e falsa applicazione dei principi generali dell’azione amministrativa; eccesso di potere, contraddittorietà, illogicità, sviamento di potere, per non avere l’Ente concluso il procedimento di adozione del piano di riqualificazione urbana.
Il T.a.r. adito, in data 27/12/2012, accoglieva il ricorso proposto dalla società appellata dichiarando l’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi sulla istanza inoltrata dalla società interessata entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza, con riserva di nomina di un Commissario ad acta in caso di persistente inadempimento.
Dinanzi a questo Consiglio l’ente comunale appella la suddetta sentenza lamentando:
I) Error in procedendo e in judicando. Erroneità, perplessità e contraddittorietà della motivazione.
La società appellata avrebbe inviato all’ente comunale diverse istanze di sollecito ma nessuna istanza d’accesso agli atti, così come qualificata nella sentenza gravata;
II) Error in procedendo e in judicando. Violazione dell’art. 31, comma 2, c.p.a., per tardività. Erroneità e/o illogicità e/o difetto di motivazione.
Irricevibilità per tardività del ricorso proposto in quanto notificato dopo oltre sei anni dal ritenuto avvio del procedimento di adozione del P.R.U., ben oltre il termine annuale all’uopo fissato, a pena di decadenza, dall’art.31, comma 2, c.p.a;
III-IV) Error in procedendo e in judicando. Violazione dell’art.31, comma1, c.p.a. e dell’art.100 c.p.c. per difetto di interesse e carenza di legittimazione ad agire.
La ricorrente non possiede alcuna posizione giuridica differenziata tenuto conto che il procedimento di riqualificazione si riferirebbe ad un’area più vasta rispetto a quella interessata dall’opera in questione. Inoltre, solo la società Nidaco Costruzioni - S.r.l., in proprio e, non quale mandataria dell’ATI con Monsud, ha proposto ricorso;
V) Violazione della L. n. 241/1990 e s.m.i., nonché dei principi e delle norme in tema di procedimento amministrativo e conseguente difetto di interesse e di legittimazione attiva. Errata percezione dei fatti, delle norme e dei principi rilevanti. Omessa pronuncia in violazione dell’art.112 c.p.c.
Il procedimento non è mai stato iniziato perché mancava l’indispensabile progetto di Piano per poterlo avviare. La delibera commissariale n. 10/06 ed il decreto commissariale n. 100/06 andavano a condividere delle mere “Linee Guida”, senza attivare, in verità, alcun procedimento.
L’adozione del P.R.U., inoltre, non è strumento indefettibile per la realizzazione del progetto.
La parte appellata si è costituita in giudizio, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
In vista dell’udienza le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 2013 la causa è stata spedita in decisione.

DIRITTO
Occorre, anzitutto, esaminare l’eccezione, sollevata dall’appellata in sede di memoria, in cui si dubita della ammissibilità e/o della procedibilità del presente appello, in virtù della recente adozione, da parte del Comune di Termoli, della delibera di Consiglio Comunale n. 9 del 22.3.2013, di rimozione in autotutela della deliberazione commissariale n. 10/2006 (alla quale, stando alla sentenza impugnata, nonostante vi fosse asseritamente obbligato, il Comune non avrebbe dato alcun seguito).
A detta dell’appellata Nidaco, infatti, ciò non avrebbe solo fatto venir meno l’interesse a coltivare l’appello, ma darebbe addirittura contezza della temerarietà di tale impugnazione.
L’eccezione appare priva di pregio.
Infatti, come fondatamente dedotto dalla difesa dell’Amministrazione appellante in sede di replica, continua a persistere in tutta la sua interezza l’interesse del Comune di Termoli a vedere accertata la insussistenza - originaria e radicale - dell’obbligo di provvedere; e ciò, sia in termini assoluti, visto che solo l’eventuale accoglimento del presente appello sarebbe idoneo a scongiurare la configurabilità di ogni ipotetica forma di responsabilità, foss’anche da ritardo, in capo al Comune; sia in termini relativi, posto che quella di primo grado era (ed è) una sentenza immediatamente esecutiva, alla quale, sempre per sottrarsi a qualsivoglia imputazione di responsabilità, il Comune ha inteso, quindi, dare esecuzione nelle more della definizione dell’odierno appello.
Tanto premesso, l’appello è fondato nel merito.
Ciò sia per quanto concerne i motivi di appello riguardanti la tardività del ricorso di prime cure, sia, comunque, per quanto riguarda i motivi riguardanti l’insussistenza di un obbligo di provvedere nella presente fattispecie.
Quanto alla tardività del ricorso di prime cure, la giurisprudenza (cfr. Cons. St., Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2337) sostiene che è inammissibile, ai sensi dell’art. 31, comma 2, c.p.a., il ricorso avverso l’inerzia di una P.A. che sia stato proposto oltre un anno dalla scadenza del termine per provvedere, atteso che l’azione avverso il silenzio può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento.
L’esercizio dell’azione di adempimento, ovvero la tutela giurisdizionale è, dunque, circoscritta in un ben definito lasso di tempo, con la conseguenza che, decorso tale termine non è più coercibile giudizialmente l’obbligo di adempimento.
Nella specie, trattandosi di un procedimento d’ufficio, il ricorso di prime cure è sicuramente tardivo, in quanto la delibera commissariale n. 10/2006, che dovrebbe costituire l’atto di avvio del procedimento cui il Comune di Termoli non avrebbe dato seguito, risale al 12 giugno 2006, mentre il ricorso è stato notificato solo in data 13 giugno 2012, cioè dopo oltre sei anni.
Quanto al preteso obbligo di provvedere, il giudice di prime cure ha ritenuto fondato il ricorso “avendo l’Amministrazione omesso di pronunziarsi su richieste legittimamente avanzate dalla società deducente a tutela di proprie posizioni soggettive (nel caso di specie interesse ad una risposta inerente all’adozione del Piano di riqualificazione quale strumento indefettibile per la realizzazione dell’opera oggetto dell’aggiudicazione in suo favore)”.
Il Collegio non condivide tale assunto.
Nell’odierna vicenda contenziosa, infatti, si ha riguardo ad un (supposto) procedimento di pianificazione del territorio, dal carattere ampiamente discrezionale; ne consegue che anche il suo (eventuale) avvio costituiva e costituisce l’espressione di una facoltà altrettanto discrezionale, non già il frutto dell’adempimento ad un obbligo di legge.
E, invero, il ricorso avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere e risulta esperibile solo qualora si sia in presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest’ultimo (testimoniata dalla inerzia serbata); agli atti di pianificazione del territorio, proprio perché atti amministrativi generali, si applica il principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio - inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari.
Il che non avviene per gli atti generali, i quali sono indirizzati ad una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati.
Se questo è condivisibile in linea generale, lo è ancor di più nell’odierna fattispecie, in cui nemmeno sussistono ipotetici legami reali con il bene che avrebbe dovuto (o dovrebbe) formare oggetto di (una diversa) pianificazione urbanistica; né sussistono rapporti diretti tra il soggetto - la società appellata - che si lamenta di un (asserito) stallo pianificatorio e l’Ente locale al quale ne imputa la responsabilità.
Nella fattispecie, come fondatamente dedotto dall’appellante, si scorge soltanto una posizione di aspettativa nei confronti di una società giuridicamente terza (ossia la T.U.A. s.p.a.) con riferimento ad un supposto bene della vita (id est, la stipula di un contratto con la stessa T.U.A. s.p.a.) ontologicamente tutelabile in via autonoma.
Il procedimento di adozione del piano di riqualificazione urbana, tuttavia, non è stato mai ritualmente attivato. Risulta, addirittura, inesistente il progetto di Piano, indispensabile per poter avviare un qualsiasi procedimento di adozione.
La delibera commissariale n. 10/2006 non contiene, infatti, presupposti tali da poterla qualificare come delibera di adozione di un Programma di Riqualificazione Urbana in senso tecnico, corredato degli elaborati progettuali necessari per porre in essere le connesse procedure di variante ai fini urbanistici.
Non appare sussistente, quindi, la fonte e l’oggetto dell’obbligo che, nella specie, asseritamente incombeva sul Comune appellante e che non sarebbe stato adempiuto.
E’ da condividere, inoltre, l’assunto dell’appellante secondo il quale l’adozione del P.R.U. non costituiva nel caso di specie un presupposto indefettibile per la realizzazione dell’opera. Questa, infatti, si sarebbe potuta realizzare anche a prescindere dal P.R.U.
In ragione della complessità della vicenda contenziosa, l’appello, pertanto, deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
In ragione della complessità della vicenda contenziosa, sussistono, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente FF
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Diego Sabatino, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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