PROCEDIMENTO
& PROVVEDIMENTO:
non
è ammissibile la tutela avverso il silenzio
nel
caso degli atti amministrativi generali
(Cons.
St., Sez. IV,
sentenza
26 marzo 2014 n. 1460).
Massima (di Filippo De Luca).
Il ricorso
avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare l’esercizio di un pubblico
potere e risulta esperibile solo qualora si sia in presenza di un obbligo di
provvedere e della violazione di quest’ultimo (testimoniata dalla inerzia
serbata). Agli atti di pianificazione del territorio, proprio perché atti
amministrativi generali, si applica invece il principio enunciato con
riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa
l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio -
inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola
attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata
all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici
destinatari.
Ciò non vale per
gli atti generali, i quali sono indirizzati ad una pluralità indifferenziata di
destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di
singoli soggetti specificamente individuati.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 1396 del 2013, proposto da:
Comune di Termoli, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via G.Paisiello, 55;
Comune di Termoli, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via G.Paisiello, 55;
contro
Nidaco
Costruzioni Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Mariano Prencipe, con
domicilio eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro
13;
nei confronti di
Tua
(Trasformazione Urbana Adriatica) Spa;
per la riforma
della
sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 00774/2012, resa tra le
parti, concernente silenzio rifiuto in relazione alla adozione del piano di
riqualificazione urbana.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio di Nidaco Costruzioni Srl;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2013 il Cons. Nicola Russo e
uditi per le parti gli avvocati Pennetta, in sostituzione dell'Avv. Scoca, e Di
Pardo, per delega dell'Avv. Prencipe;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con
ricorso notificato il 3.6.2012, in primo grado, la società Nidaco Costruzioni –
S.r.l. ha chiesto la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dal
Comune di Termoli in merito all’istanza di sollecito avanzata dall’interessata
in data 30.1.2012.
Premette
in punto di fatto la società appellata di aver partecipato alla procedura di
evidenza pubblica indetta dalla T.U.A.- S.p.a. per l’affidamento dei lavori di
progettazione per la realizzazione di un parcheggio interrato multipiano, in
Piazza S. Antonio, con riqualificazione dell’area circostante; che, con nota n.
75/05 è stata disposta l’aggiudicazione in favore della società Nidaco
Costruzioni; che, con determinazione 3.10.2005, il Responsabile del
procedimento disponeva l’aggiudicazione definitiva.
Soggiunge
la società che con verbale n. 15/05 della Commissione di gara si suggeriva
all’amministrazione comunale di attivare un Piano di riqualificazione dell’area
interessata, al fine di valorizzarne le qualità urbanistiche ed ambientali; che
con nota 23.3.2006, la stessa, sollecitava la conclusione del procedimento di
adozione del detto Piano, recepito dalla T.U.A. - S.p.a..
In
sede di accordo di programma veniva, peraltro, confermata la necessità della
preventiva adozione del Piano di riqualificazione urbana, quale presupposto
ineludibile per la realizzazione dell’intervento.
Successivamente
alla trasmissione delle linee guida - sulla scorta delle quali il Comune
intimato avrebbe dovuto adottare il Piano - con nota 25.10.2006, la società
appellata sollecitava sia il Comune di Termoli che la controinteressata T.U.A.
all’adozione del richiamato Piano di riqualificazione.
A
seguito dell’inerzia serbata dall’amministrazione comunale veniva proposto
ricorso dinanzi al T.a.r. Molise, a sostegno del quale venivano dedotti vizi di
violazione degli artt. 1, 2 e 3 della L. n. 241/90 s.m.i.; violazione degli
artt. 21 e 22 della L. n. 136/99; violazione degli artt. 3 e 97 della
Costituzione; violazione e falsa applicazione dei principi generali dell’azione
amministrativa; eccesso di potere, contraddittorietà, illogicità, sviamento di
potere, per non avere l’Ente concluso il procedimento di adozione del piano di
riqualificazione urbana.
Il
T.a.r. adito, in data 27/12/2012, accoglieva il ricorso proposto dalla società
appellata dichiarando l’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi sulla
istanza inoltrata dalla società interessata entro il termine di sessanta giorni
dalla comunicazione in via amministrativa della sentenza, con riserva di nomina
di un Commissario ad acta in caso di persistente inadempimento.
Dinanzi
a questo Consiglio l’ente comunale appella la suddetta sentenza lamentando:
I)
Error in procedendo e in judicando. Erroneità, perplessità e contraddittorietà
della motivazione.
La
società appellata avrebbe inviato all’ente comunale diverse istanze di
sollecito ma nessuna istanza d’accesso agli atti, così come qualificata nella
sentenza gravata;
II)
Error in procedendo e in judicando. Violazione dell’art. 31, comma 2, c.p.a.,
per tardività. Erroneità e/o illogicità e/o difetto di motivazione.
Irricevibilità
per tardività del ricorso proposto in quanto notificato dopo oltre sei anni dal
ritenuto avvio del procedimento di adozione del P.R.U., ben oltre il termine
annuale all’uopo fissato, a pena di decadenza, dall’art.31, comma 2, c.p.a;
III-IV)
Error in procedendo e in judicando. Violazione dell’art.31, comma1, c.p.a. e
dell’art.100 c.p.c. per difetto di interesse e carenza di legittimazione ad
agire.
La
ricorrente non possiede alcuna posizione giuridica differenziata tenuto conto
che il procedimento di riqualificazione si riferirebbe ad un’area più vasta
rispetto a quella interessata dall’opera in questione. Inoltre, solo la società
Nidaco Costruzioni - S.r.l., in proprio e, non quale mandataria dell’ATI con
Monsud, ha proposto ricorso;
V)
Violazione della L. n. 241/1990 e s.m.i., nonché dei principi e delle norme in
tema di procedimento amministrativo e conseguente difetto di interesse e di
legittimazione attiva. Errata percezione dei fatti, delle norme e dei principi
rilevanti. Omessa pronuncia in violazione dell’art.112 c.p.c.
Il
procedimento non è mai stato iniziato perché mancava l’indispensabile progetto
di Piano per poterlo avviare. La delibera commissariale n. 10/06 ed il decreto
commissariale n. 100/06 andavano a condividere delle mere “Linee Guida”, senza
attivare, in verità, alcun procedimento.
L’adozione
del P.R.U., inoltre, non è strumento indefettibile per la realizzazione del
progetto.
La
parte appellata si è costituita in giudizio, chiedendo la conferma della
sentenza impugnata.
In
vista dell’udienza le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla
pubblica udienza del 29 ottobre 2013 la causa è stata spedita in decisione.
DIRITTO
Occorre,
anzitutto, esaminare l’eccezione, sollevata dall’appellata in sede di memoria,
in cui si dubita della ammissibilità e/o della procedibilità del presente
appello, in virtù della recente adozione, da parte del Comune di Termoli, della
delibera di Consiglio Comunale n. 9 del 22.3.2013, di rimozione in autotutela
della deliberazione commissariale n. 10/2006 (alla quale, stando alla sentenza
impugnata, nonostante vi fosse asseritamente obbligato, il Comune non avrebbe
dato alcun seguito).
A
detta dell’appellata Nidaco, infatti, ciò non avrebbe solo fatto venir meno
l’interesse a coltivare l’appello, ma darebbe addirittura contezza della
temerarietà di tale impugnazione.
L’eccezione
appare priva di pregio.
Infatti,
come fondatamente dedotto dalla difesa dell’Amministrazione appellante in sede
di replica, continua a persistere in tutta la sua interezza l’interesse del
Comune di Termoli a vedere accertata la insussistenza - originaria e radicale -
dell’obbligo di provvedere; e ciò, sia in termini assoluti, visto che solo
l’eventuale accoglimento del presente appello sarebbe idoneo a scongiurare la
configurabilità di ogni ipotetica forma di responsabilità, foss’anche da
ritardo, in capo al Comune; sia in termini relativi, posto che quella di primo
grado era (ed è) una sentenza immediatamente esecutiva, alla quale, sempre per
sottrarsi a qualsivoglia imputazione di responsabilità, il Comune ha inteso,
quindi, dare esecuzione nelle more della definizione dell’odierno appello.
Tanto
premesso, l’appello è fondato nel merito.
Ciò
sia per quanto concerne i motivi di appello riguardanti la tardività del
ricorso di prime cure, sia, comunque, per quanto riguarda i motivi riguardanti
l’insussistenza di un obbligo di provvedere nella presente fattispecie.
Quanto
alla tardività del ricorso di prime cure, la giurisprudenza (cfr. Cons. St.,
Sez. V, 20 aprile 2012, n. 2337) sostiene che è inammissibile, ai sensi
dell’art. 31, comma 2, c.p.a., il ricorso avverso l’inerzia di una P.A. che sia
stato proposto oltre un anno dalla scadenza del termine per provvedere, atteso
che l’azione avverso il silenzio può essere proposta fintanto che perdura
l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza del termine di
conclusione del procedimento.
L’esercizio
dell’azione di adempimento, ovvero la tutela giurisdizionale è, dunque,
circoscritta in un ben definito lasso di tempo, con la conseguenza che, decorso
tale termine non è più coercibile giudizialmente l’obbligo di adempimento.
Nella
specie, trattandosi di un procedimento d’ufficio, il ricorso di prime cure è
sicuramente tardivo, in quanto la delibera commissariale n. 10/2006, che
dovrebbe costituire l’atto di avvio del procedimento cui il Comune di Termoli
non avrebbe dato seguito, risale al 12 giugno 2006, mentre il ricorso è stato
notificato solo in data 13 giugno 2012, cioè dopo oltre sei anni.
Quanto
al preteso obbligo di provvedere, il giudice di prime cure ha ritenuto fondato
il ricorso “avendo l’Amministrazione omesso di pronunziarsi su richieste
legittimamente avanzate dalla società deducente a tutela di proprie posizioni
soggettive (nel caso di specie interesse ad una risposta inerente all’adozione
del Piano di riqualificazione quale strumento indefettibile per la
realizzazione dell’opera oggetto dell’aggiudicazione in suo favore)”.
Il
Collegio non condivide tale assunto.
Nell’odierna
vicenda contenziosa, infatti, si ha riguardo ad un (supposto) procedimento di
pianificazione del territorio, dal carattere ampiamente discrezionale; ne
consegue che anche il suo (eventuale) avvio costituiva e costituisce
l’espressione di una facoltà altrettanto discrezionale, non già il frutto
dell’adempimento ad un obbligo di legge.
E,
invero, il ricorso avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare
l’esercizio di un pubblico potere e risulta esperibile solo qualora si sia in
presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest’ultimo
(testimoniata dalla inerzia serbata); agli atti di pianificazione del
territorio, proprio perché atti amministrativi generali, si applica il
principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai
quali è esclusa l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il
silenzio - inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla
sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata
all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici
destinatari.
Il
che non avviene per gli atti generali, i quali sono indirizzati ad una
pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre
effetti nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati.
Se
questo è condivisibile in linea generale, lo è ancor di più nell’odierna
fattispecie, in cui nemmeno sussistono ipotetici legami reali con il bene che
avrebbe dovuto (o dovrebbe) formare oggetto di (una diversa) pianificazione
urbanistica; né sussistono rapporti diretti tra il soggetto - la società
appellata - che si lamenta di un (asserito) stallo pianificatorio e l’Ente
locale al quale ne imputa la responsabilità.
Nella
fattispecie, come fondatamente dedotto dall’appellante, si scorge soltanto una
posizione di aspettativa nei confronti di una società giuridicamente terza
(ossia la T.U.A. s.p.a.) con riferimento ad un supposto bene della vita (id
est, la stipula di un contratto con la stessa T.U.A. s.p.a.) ontologicamente
tutelabile in via autonoma.
Il
procedimento di adozione del piano di riqualificazione urbana, tuttavia, non è
stato mai ritualmente attivato. Risulta, addirittura, inesistente il progetto
di Piano, indispensabile per poter avviare un qualsiasi procedimento di
adozione.
La
delibera commissariale n. 10/2006 non contiene, infatti, presupposti tali da
poterla qualificare come delibera di adozione di un Programma di Riqualificazione
Urbana in senso tecnico, corredato degli elaborati progettuali necessari per
porre in essere le connesse procedure di variante ai fini urbanistici.
Non
appare sussistente, quindi, la fonte e l’oggetto dell’obbligo che, nella
specie, asseritamente incombeva sul Comune appellante e che non sarebbe stato
adempiuto.
E’
da condividere, inoltre, l’assunto dell’appellante secondo il quale l’adozione
del P.R.U. non costituiva nel caso di specie un presupposto indefettibile per
la realizzazione dell’opera. Questa, infatti, si sarebbe potuta realizzare
anche a prescindere dal P.R.U.
In
ragione della complessità della vicenda contenziosa, l’appello, pertanto, deve
essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve
essere respinto il ricorso di primo grado.
In
ragione della complessità della vicenda contenziosa, sussistono, giusti motivi
per disporre l’integrale compensazione delle spese, competenze ed onorari del
doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo
grado.
Spese
del doppio grado compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2013 con
l'intervento dei magistrati:
Marzio
Branca, Presidente FF
Nicola
Russo, Consigliere, Estensore
Diego
Sabatino, Consigliere
Raffaele
Potenza, Consigliere
Andrea
Migliozzi, Consigliere
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
26/03/2014
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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