lunedì 8 settembre 2014

CONCORSI PUBBLICI: il principio cogente dell'anonimato nelle prove concorsuali e la sua natura di regola di "pericolo astratto" (Cons. St., Sez.. III, sentenza 26 maggio 2014, n. 2687).


CONCORSI PUBBLICI:
 il principio cogente 
dell'anonimato nelle prove concorsuali 
e la sua natura di 
regola di "pericolo astratto" 
(Cons. St., Sez.. III, 
sentenza 26 maggio 2014, n. 2687) 



Massima

1. Come da ultimo ribadito dalla decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 26 del 2013 in precedenza richiamata, non va verificato se a seguito della violazione il riconoscimento della prova di un candidato abbia in concreto sviato la procedura di correzione, essendo sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza.
2. A fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore “non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza”. (cfr. etiam Sez. VI, n. 3747 del 2013; Sez. II, parere n. 213 del 2011).
3. La violazione dell’anonimato nei riguardi della Commissione nei pubblici concorsi comporta, insomma, un’illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di indagine sull’effettiva lesione della regola di imparzialità in sede di correzione (cfr. A.P., n. 26 del 2013, cit.).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5746 del 2013, proposto da 
Renzo Fabrizio Puiatti,
rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri n. 5;
 
contro
Andrea Sbicego,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Orlando Sivieri e Dario Meneguzzo, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Cosseria n. 5;
 
nei confronti di
Azienda U.S.L.L. 5 Ovest Vicentino,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Testa e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - SEZIONE III n. 00672/2013, resa tra le parti, concernente approvazione graduatoria definitiva di concorso pubblico per copertura di un posto di dirigente architetto.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio, nonché appelli incidentali, dell’appellato e dell’Azienda U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il consigliere Bruno Rosario Polito;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Manzi Andrea, Franzin, per delega dell’avv. Sivieri, e Testa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Veneto l’odierno appellato/appellante incidentale, che aveva partecipato a concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalla U.L.S.S. numero 5 Ovest Vicentino per la copertura di un posto di dirigente architetto per il Servizio tecnico aziendale ed era risultato secondo classificato, proponeva ricorso avverso i seguenti provvedimenti:
- deliberazione del direttore generale n. 306 del 25 giugno 2012, di approvazione della graduatoria definitiva del concorso pubblico per la copertura di un posto di dirigente architetto per il servizio tecnico aziendale con presa d'atto dei verbali della commissione esaminatrice;
- verbale n. 5 del 11/06/2012, con il quale la commissione esaminatrice del concorso ha formato la graduatoria di merito, nella parte in cui è collocato al primo posto il controinteressato odierno appellante principale;
- verbali della commissione esaminatrice nn. 2 e 3 del 4 giugno 2012 - relativi il primo alla determinazione dei criteri di valutazione ed all'espletamento della prova scritta, il secondo alla valutazione dei titoli e della prima prova scritta del concorso - nella parte in cui non è stato deliberato l’annullamento della prova del controinteressato per evidenti segni di riconoscimento e si è, invece, disposta la sua ammissione alla seconda prova del concorso;
- verbale della commissione esaminatrice n. 4 del 11/06/2012 relativo all'espletamento ed alla valutazione della seconda prova teorico pratica di concorso;
Il ricorrente esponeva in punto di fatto che all’esito della prova preselettiva i candidati ammessi alla prima prova di esame erano stati solo cinque e che, poco prima della scadenza del termine previsto per la consegna della prova, il controinteressato dal proprio posto dichiarava ad alta voce di non essere in grado di ultimare in tempo la ricopiatura del proprio elaborato e di voler dunque procedere a un collage tra minuta e bella copia.
I partecipanti al concorso, avendo udito tale frase, rappresentavano verbalmente al presidente della commissione, alla fine della prova, che il comportamento poco prima manifestato dal candidato poteva rivelarsi un espediente per il facile riconoscimento della sua prova di esame, considerato anche il fatto che lo stesso era persona già alle dipendenze dell’ Amministrazione che aveva indetto il concorso.
Malgrado detto rilievo la commissione procedeva alla correzione degli elaborati dieci minuti dopo il termine della prova ed il verificarsi della situazione rappresentata e dichiarava ammessi alla successiva prova teorico pratica tre candidati, tra i quali gli odierni appellante principale ed appellato/appellante incidentale.
All’esito della seconda prova scritta tutti i candidati sostenevano la prova orale.
La graduatoria di merito vedeva il l’arch. Puiatti al primo posto con punti di 66,2, al secondo l’arch. Sbicego posto con il punteggio di 60,488 ed al terzo l’arch. Andrea Faccio con punti 59,0375.
Col ricorso di primo grado il secondo classificato deduceva che l’elaborato del controinteressato primo graduato era affetto da evidenti anomalie di carattere grafico, idonee a comportare la riconoscibilità del compito con conseguente obbligo da parte della commissione di esclusione; riconoscibilità peraltro riconducibile, secondo le tesi del ricorrente, anche alla predetta dichiarazione ad alta voce, asseritamente resa dal candidato durante la prova.
Inoltre la seconda prova scritta risulterebbe incompleta, posto che il candidato avrebbe risposto solo alla prima delle tre domande oggetto della prova, mentre le altre risposte sarebbero assolutamente insufficienti e non conformi a quanto richiesto.
Il controinteressato, vincitore del concorso, spiegava ricorso incidentale, deducendo a sua volta che anche il compito del ricorrente presentava segni e locuzioni non compatibili con il rispetto del principio di segretezza, in particolare per avere lo stesso indicato, in testa al primo foglio, l’ora di inizio e di fine della prova.
Il compito stesso doveva, inoltre, essere giudicato insufficiente per incompletezza dello svolgimento.
Ancora, in subordine, a causa del dichiarato intervento degli altri candidati presso il Presidente della Commissione, sarebbe semmai dovuta essere annullata l’intera prima prova scritta, stante la compromissione dell’anonimato della sua prova per effetto della anzidetta iniziativa di altri candidati.
Il T.A.R., con la sentenza n. 672 del 2013, esaminava in via prioritaria il ricorso incidentale, stante il suo carattere paralizzante in caso di fondatezza.
Dichiarava infondata la prima doglianza, essendo “pacifico in giurisprudenza che la mera apposizione sul foglio dell’orario di inizio e fine non comporta riconoscibilità
Respingeva la seconda censura volta a stigmatizzare l’elaborato del ricorrente, posto che “a prescindere e nei limiti del sindacato esterno in ordine all’ipotesi di discrezionalità tecnica, risulta come sia l’elaborato del ricorrente che quello del controinteressato rispondessero in via meramente potenziale ai quesiti richiesti, ed essendo assenti dunque quelle palesi irragionevolezza o illogicità che sole consentono al giudice amministrativo di annullare le valutazioni tecniche compiute da commissioni di concorso, il voto conseguito e assegnato rientra nella competenza valutativa della commissione e resta inattaccabile dal giudizio esterno”.
Parimenti dichiarava infondata la terza doglianza “posto che la circostanza che siano stati gli altri candidati a informare la commissione della paternità dell’elaborato contenente un misto fra minuta e bella copia non vale a travolgere integralmente l’intera prima prova scritta”.
Quanto al ricorso principale, il primo giudice precisava che l’elaborato del vincitore non conteneva in fatto le dedotte anomalie, dal momento che l’effettuata unione di parte del compito già ricopiata in bella copia con parte del compito in brutta ( mediante la separazione in due fogli in formato A4 del foglio protocollo in formato A3 inizialmente utilizzato per la brutta copia ) costituiva legittima modalità di confezionamento della prova, “ben potendo il candidato articolare il compito secondo quanto meglio rispondente in termini di utilità e soprattutto comprensibilità da parte della commissione, e ciò anche mediante richiami, frecce, asterischi , numerazioni di fogli che non necessariamente debbono essere qualificati come segni di riconoscimento”.
Il T.A.R. ha poi assorbito il terzo motivo, relativo alla asserita errata valutazione della seconda prova teotico-pratica.
Il Giudice di primo grado accoglieva infine il secondo motivo, ritenendo che il nesso di segretezza nel caso in esame era stato spezzato dalla dichiarazione proferita dal candidato sulle modalità di predisposizione dei fogli in un collage, che, secondo la sentenza, lo rendeva riconoscibile, “perché collegato a chi ne ha rivendicato la paternità con la richiesta di legittimazione da parte della commissione”.
Il T.A.R. accoglieva, quindi, il ricorso principale e respingeva quello incidentale, con compensazione fra le parti delle spese ed onorari del giudizio.
Avverso la sentenza ha proposto appello il privato soccombente, contraddicendo le conclusioni del T.A.R. ed insistendo nei motivi di ricorso incidentale articolati in prime cure.
L’ A.U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino, con ricorso incidentale improprio, ha censurato le statuizioni del T.A.R. di annullamento dell’esito del concorso.
Si è costituito in giudizio l’originario ricorrente, che ha contrastato i motivi di appello e, in via incidentale, ha censurato la sentenza del T.A.R., nella parte in cui ha respinto i motivi primo e terzo del ricorso in primo grado.
In sede di note di udienza le parti hanno insistito nelle rispettive tesi difensive.
All’udienza del 5 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. Per un corretto approccio alla vicenda per cui è appello è necessario premettere una breve ricostruzione del quadro normativo, rilevante ai fini della fattispecie di cui è controversia, volto a presiedere la regolarità delle prove concorsuali per la selezione dei pubblici dipendenti, con segnato riguardo agli obblighi comportamentali e di redazione delle prove scritte da parte del concorrente a garanzia dell’ effettività del presidio di anonimato nel momento in cui sulle prove stesse intercine il giudizio di merito della commissione.
Stabilisce, invero, l’art. 13 del d.P.R. 9 maggio 1984, n. 487, che “non è permesso ai candidati di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi in relazione con altri salvo che con gli incaricati della vigilanza ed i membri della commissione”.
Il successivo art. 14, comma 2, impone lo svolgimento delle prove scritte “senza apporvi sottoscrizioni né altro contrassegno” (prescrizione già risalente in termini all’art. 7 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, recante norme di esecuzione del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, sullo statuto dei pubblici dipendenti).
La regola di anonimato delle prove scritte nelle procedure di concorso ed, in generale di tutte le pubbliche selezioni, si impone a garanzia del principio di uguaglianza dei concorrenti, oltreché di quelli di buon andamento e di imparzialità della pubblica amministrazione, che è chiamata ad operare le proprie valutazioni senza rischio di condizionamento esterno e, quindi, a garanzia della par condicio dei concorrenti (cfr. sul principio Cons. St., A.P., n. 26 del 20 novembre 2013).
Le disposizioni in precedenza richiamate si impongono, quindi, ai concorrenti, che devono ad esse conformare la propria condotta nel corso dello svolgimento delle prove.
Si richiedono, quindi, da parte degli stessi, azioni positive, tutte improntate a prevenire ogni possibile vulnus alla garanzia di anonimato delle prove scritte, che, ove violata, viene ad incidere, con effetto invalidante della prova, sulla fase del giudizio valutativo che deve intervenire su un elaborato in alcun modo riconducibile al suo autore.
Ciò posto, venendo all’appello principale svolto dal vincitore del concorso soccombente in primo grado, va concentrato l’esame sull’elaborato da lui redatto nella sede della prima prova concorsuale scritta, nei cui confronti si sono attestate le prime due censure del ricorso introduttivo proposto dal secondo classificato a sostegno della tesi della sussistenza dei presupposti per la sua esclusione dal concorso:
lo stesso si compone di più pagine, di cui le prime si presentano prive di correzioni e di chiara leggibilità;
ad esse seguono, a completamento dell’elaborato, altre pagine, che, in distonia con il precedente stile redazionale, recano correzioni ed un richiamo asteriscato ai fini della continuità di lettura del testo (c.d. minuta o brutta copia).
Il primo giudice ha riconosciuto siffatte anomalie redazionali in sé non significative di un vulnus alla regola di anonimato di cui i concorrenti, con comportamento virtuoso (tanto più esigibile in relazione al grado dirigenziale del posto da conferire), devono essere garanti nella redazione degli elaborati.
Tuttavia al dato oggettivo della modalità redazionale - non indenne ad avviso del Collegio da segni di riconoscibilità stante il concorso di pagine redatte in chiaro con altre riconducibili alla c.d. brutta copia, sì che fondato si rivela il motivo di appello incidentale in tal senso proposto dall’originario ricorrente - ha concorso l’esternazione del concorrente di osservare siffatta modalità di compilazione della prova scritta.
La violazione dell’obbligo di garantire l’anonimato della prove viene dunque nel caso di specie a ricondursi non solo all’inosservanza della regola primaria che impone la redazione di un compito privo di segni di potenziale riconoscibilità dell’autore, ma anche all’aver il candidato esternato il criterio redazionale osservato con comunicazione verbale idonea a renderlo conoscibile da parte di terzi.
L’appellante insiste, in primo luogo, sull’assenza di percezione di quanto dichiarato da parte della commissione esaminatrice e, quindi, sull’irrilevanza delle dichiarazione stessa agli effetti della riconoscibilità del compito.
Tuttavia, come da ultimo ribadito dalla decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 26 del 2013 in precedenza richiamata, non va verificato se a seguito della violazione il riconoscimento della prova di un candidato abbia in concreto sviato la procedura di correzione, essendo sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza.
A fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore “non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.”. (cfr. etiam Sez. VI, n. 3747 del 2013; Sez. II, parere n. 213 del 2011).
La violazione dell’anonimato nei riguardi della Commissione nei pubblici concorsi comporta, insomma, un’illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di indagine sull’effettiva lesione della regola di imparzialità in sede di correzione (cfr. A.P., n. 26 del 2013, cit.).
La peculiarità del contesto ambientale in cui si è svolta la prova (numero limitato dei concorrenti in ambiente ristretto e correzione dello scritto a ridosso della conclusione della prova) e la condotta del concorrente che non ha riservato al segreto delle buste la modalità redazionale dell’elaborato determinano nella fattispecie gli estremi dell’effetto invalidante della prova, con conseguente reiezione del correlato motivo d’appello principale.
La seconda delle indicate circostanze è peraltro asseverata dalle concordanti attestazioni di due concorrenti, arch. Andrea Faccio e arch. Cristiano Caputi (corredate da copia fotostatica del documento di identità quanto alla qualificazione dell’autore) – non contraddette dall’appellante principale con serie argomentazioni e/o con produzioni parimenti qualificate - che danno atto della situazione ambientale che ha concorso ad incidere sulla regola di segretezza delle prove scritte con effetto sulla par condicio dei candidati in sede di correzione delle prove, nonché di una condotta del candidato certamente non conforme alla regola di riservatezza, che deve presiedere alla redazione delle prove scritte onde non mettere in discussione l’anonimato delle stesse.
2.1. L’appellante principale rinnova poi gli ulteriori motivi di ricorso incidentale articolati in prime cure e disattesi dal T.A.R., che vanno disattesi per il seguente ordine di considerazioni.
2.2. Quanto al rilievo assegnato ai contrassegni che si rinvengono nella minuta della prova dell’originario ricorrente principale (elenco degli argomenti da sviluppare ed orario di inizio e termine delle prove) – relegati al segreto della busta - non assumono un carattere oggettivamente ed incontestabilmente anomalo, tale che ad essi possa ricondursi l’astratta idoneità a fungere da elemento identificativo delle generalità del concorrente.
Non si discosta, invero, dalle ordinarie modalità redazionali l’indicazione nella minuta dell’elaborato dell’ordine degli argomenti cui dare articolato sviluppo e l’apposizione dell’arco temporale di durata della prova, non essendo di norma consentito in tale sede l’utilizzo di fogli diversi da quelli messi a disposizione dalla commissione.
Per concorde giurisprudenza non costituiscono, inoltre, segni identificativi del concorrente l’apposizione di cancellature e di interventi correttivi nell’elaborato finale, evenienze che ordinariamente accompagnano la redazione dello scritto (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 102 dell’ 11 gennaio 2013; n. 1740 del 26 marzo 2012).
2.3. L’appellante principale ascrive, inoltre, gravi insufficienze redazionali alla prova teorico pratica dell’appellato/appellante incidentale, che, a suo dire, avrebbero dovuto indurre la commissione d’esame ad un giudizio di assoluta insufficienza, versandosi a fronte di un’incompleta preparazione teorico normativa del concorrente nella scelta delle soluzioni progettuali.
Il collegio reputa di non discostarsi dalle conclusioni cui al riguardo è pervenuto il primo giudice.
La censure mosse investono invero l’ambito di discrezionalità di cui dispone la commissione di esame, notoriamente non sindacabile nel merito, salva l’emersione - nei limiti del sindacato esterno del giudice amministrativo – di una palese abnormità ed illogicità del giudizio rilevabile ictu oculi, ovvero di un evidente sviamento logico o sproporzione del punteggio assegnato (cfr. ex multis Cons. St., Sez. IV, n. 4593 del 20 novembre 2013; n. 4790 del 26 settembre 2013; n. 3057 del 4 giugno 2013; Sez. IV, sez. VI, n. 1883 del 05 aprile 2013).
Siffatte evenienze non ricorrono nel caso di specie, ove si consideri che l’elaborato avversario asseritamente insufficiente è assistito dal requisito di sostanziale completezza, avendo il concorrente dato in esso risposta a tutti e tre i quesiti in cui veniva ad articolarsi la prova e che, quanto ai profili di adeguatezza e proporzionalità della votazione, il metro valutativo osservato dalla commissione (di sufficienza dell’elaborato e non di eccellenza) non si discosta da quanto praticato nei confronti dello stesso odierno appellante, alla cui prova teorico pratica in sede di ricorso avanti al T.A.R. sono ascritti aspetti di incompletezza e di mancato sviluppo di taluni dei quesiti proposti.
2.4. Va da ultimo disatteso il motivo secondo il quale sarebbe stata l’iniziativa congiunta di altri concorrenti, volta a rivelare la modalità di compilazione del proprio elaborato (collage fra la minuta e pare del compito riprodotto in bella), a compromettere il principio dell’anonimato, che deve permeare lo svolgimento del concorso, dando luogo ad un effetto invalidante dell’intera prova scritta, che avrebbe dovuto formare oggetto di riedizione nel suo complesso.
Il vulnus dell’anonimato si riconduce, in via primaria, al dato oggettivo della presenza di segni identificativi nell’elaborato ed alla condotta in costanza della prova del concorrente, che ha esternato la modalità di compilazione.
L’irregolarità vizia, quindi, la singola prova e, in quanto scindibile dalle restanti operazioni concorsuali, non inficia in toto la fase della procedura nel concorso nella quale l’irregolarità stessa si è manifestata.
Per le considerazioni che precedono l’appello principale va respinto, così come va respinto l’appello incidentale improprio proposto dall’Amministrazione.
A tanto consegue l’improcedibilità, in parte qua, dell’appello incidentale proposto dall’originario ricorrente, che risulta, come s’è visto sopra, fondato nella parte in cui contesta la sentenza impugnata quanto alla reiezione del primo motivo di ricorso.
In relazione ai profili della controversia spese ed onorari possono essere compensati fra le parti per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:
–respinge l’appello principale;
respinge l’appello incidentale dell’Amministrazione;
in parte accoglie ed in parte dichiara improcedibile l’appello incidentale dell’appellato;
per l’effetto, conferma, con parziale diversa motivazione, la sentenza impugnata.
Spese compensate per i due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 e del giorno 20 marzo 2014, con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Bruno Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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