CONCORSI PUBBLICI:
il principio cogente
dell'anonimato nelle prove concorsuali
e la sua natura di
regola di "pericolo astratto"
(Cons. St., Sez.. III,
sentenza 26 maggio 2014, n. 2687)
Massima
1. Come da ultimo ribadito dalla decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 26 del 2013 in precedenza richiamata, non va verificato se a seguito della violazione il riconoscimento della prova di un candidato abbia in concreto sviato la procedura di correzione, essendo sufficiente la mera astratta possibilità dell’avverarsi di tale evenienza.
2. A fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo valutatore “non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera, astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza”. (cfr. etiam Sez. VI, n. 3747 del 2013; Sez. II, parere n. 213 del 2011).
3. La violazione dell’anonimato nei riguardi della Commissione nei pubblici concorsi comporta, insomma, un’illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di indagine sull’effettiva lesione della regola di imparzialità in sede di correzione (cfr. A.P., n. 26 del 2013, cit.).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 5746 del 2013, proposto da
Renzo Fabrizio Puiatti,
rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri n. 5;
Renzo Fabrizio Puiatti,
rappresentato e difeso dall'avv. Andrea Manzi, con domicilio eletto presso Andrea Manzi, in Roma, via Confalonieri n. 5;
contro
Andrea
Sbicego,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Orlando Sivieri e Dario Meneguzzo, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Cosseria n. 5;
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Orlando Sivieri e Dario Meneguzzo, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Cosseria n. 5;
nei
confronti di
Azienda
U.S.L.L. 5 Ovest Vicentino,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Testa e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Mario Testa e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per
la riforma
della
sentenza del T.A.R. VENETO - SEZIONE III n. 00672/2013, resa tra le parti,
concernente approvazione graduatoria definitiva di concorso pubblico per
copertura di un posto di dirigente architetto.
Visti
il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio, nonché appelli incidentali,
dell’appellato e dell’Azienda U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore,
nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il consigliere Bruno Rosario
Polito;
Uditi
per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Manzi Andrea, Franzin, per
delega dell’avv. Sivieri, e Testa;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
e DIRITTO
1.
Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per il Veneto l’odierno
appellato/appellante incidentale, che aveva partecipato a concorso pubblico per
titoli ed esami indetto dalla U.L.S.S. numero 5 Ovest Vicentino per la
copertura di un posto di dirigente architetto per il Servizio tecnico aziendale
ed era risultato secondo classificato, proponeva ricorso avverso i seguenti
provvedimenti:
-
deliberazione del direttore generale n. 306 del 25 giugno 2012, di approvazione
della graduatoria definitiva del concorso pubblico per la copertura di un posto
di dirigente architetto per il servizio tecnico aziendale con presa d'atto dei
verbali della commissione esaminatrice;
-
verbale n. 5 del 11/06/2012, con il quale la commissione esaminatrice del
concorso ha formato la graduatoria di merito, nella parte in cui è collocato al
primo posto il controinteressato odierno appellante principale;
-
verbali della commissione esaminatrice nn. 2 e 3 del 4 giugno 2012 - relativi
il primo alla determinazione dei criteri di valutazione ed all'espletamento
della prova scritta, il secondo alla valutazione dei titoli e della prima prova
scritta del concorso - nella parte in cui non è stato deliberato l’annullamento
della prova del controinteressato per evidenti segni di riconoscimento e si è,
invece, disposta la sua ammissione alla seconda prova del concorso;
-
verbale della commissione esaminatrice n. 4 del 11/06/2012 relativo
all'espletamento ed alla valutazione della seconda prova teorico pratica di
concorso;
Il
ricorrente esponeva in punto di fatto che all’esito della prova preselettiva i
candidati ammessi alla prima prova di esame erano stati solo cinque e che, poco
prima della scadenza del termine previsto per la consegna della prova, il
controinteressato dal proprio posto dichiarava ad alta voce di non essere in
grado di ultimare in tempo la ricopiatura del proprio elaborato e di voler
dunque procedere a un collage tra minuta e bella copia.
I
partecipanti al concorso, avendo udito tale frase, rappresentavano verbalmente
al presidente della commissione, alla fine della prova, che il comportamento
poco prima manifestato dal candidato poteva rivelarsi un espediente per il
facile riconoscimento della sua prova di esame, considerato anche il fatto che
lo stesso era persona già alle dipendenze dell’ Amministrazione che aveva
indetto il concorso.
Malgrado
detto rilievo la commissione procedeva alla correzione degli elaborati dieci
minuti dopo il termine della prova ed il verificarsi della situazione
rappresentata e dichiarava ammessi alla successiva prova teorico pratica tre
candidati, tra i quali gli odierni appellante principale ed
appellato/appellante incidentale.
All’esito
della seconda prova scritta tutti i candidati sostenevano la prova orale.
La
graduatoria di merito vedeva il l’arch. Puiatti al primo posto con punti di
66,2, al secondo l’arch. Sbicego posto con il punteggio di 60,488 ed al terzo
l’arch. Andrea Faccio con punti 59,0375.
Col
ricorso di primo grado il secondo classificato deduceva che l’elaborato del
controinteressato primo graduato era affetto da evidenti anomalie di carattere
grafico, idonee a comportare la riconoscibilità del compito con conseguente
obbligo da parte della commissione di esclusione; riconoscibilità peraltro
riconducibile, secondo le tesi del ricorrente, anche alla predetta
dichiarazione ad alta voce, asseritamente resa dal candidato durante la prova.
Inoltre
la seconda prova scritta risulterebbe incompleta, posto che il candidato
avrebbe risposto solo alla prima delle tre domande oggetto della prova, mentre
le altre risposte sarebbero assolutamente insufficienti e non conformi a quanto
richiesto.
Il
controinteressato, vincitore del concorso, spiegava ricorso incidentale,
deducendo a sua volta che anche il compito del ricorrente presentava segni e
locuzioni non compatibili con il rispetto del principio di segretezza, in
particolare per avere lo stesso indicato, in testa al primo foglio, l’ora di
inizio e di fine della prova.
Il
compito stesso doveva, inoltre, essere giudicato insufficiente per
incompletezza dello svolgimento.
Ancora,
in subordine, a causa del dichiarato intervento degli altri candidati presso il
Presidente della Commissione, sarebbe semmai dovuta essere annullata l’intera
prima prova scritta, stante la compromissione dell’anonimato della sua prova
per effetto della anzidetta iniziativa di altri candidati.
Il
T.A.R., con la sentenza n. 672 del 2013, esaminava in via prioritaria il
ricorso incidentale, stante il suo carattere paralizzante in caso di
fondatezza.
Dichiarava
infondata la prima doglianza, essendo “pacifico in giurisprudenza che la
mera apposizione sul foglio dell’orario di inizio e fine non comporta
riconoscibilità”
Respingeva
la seconda censura volta a stigmatizzare l’elaborato del ricorrente, posto che
“a prescindere e nei limiti del sindacato esterno in ordine all’ipotesi di
discrezionalità tecnica, risulta come sia l’elaborato del ricorrente che quello
del controinteressato rispondessero in via meramente potenziale ai quesiti
richiesti, ed essendo assenti dunque quelle palesi irragionevolezza o
illogicità che sole consentono al giudice amministrativo di annullare le
valutazioni tecniche compiute da commissioni di concorso, il voto conseguito e
assegnato rientra nella competenza valutativa della commissione e resta
inattaccabile dal giudizio esterno”.
Parimenti
dichiarava infondata la terza doglianza “posto che la circostanza che siano
stati gli altri candidati a informare la commissione della paternità
dell’elaborato contenente un misto fra minuta e bella copia non vale a
travolgere integralmente l’intera prima prova scritta”.
Quanto
al ricorso principale, il primo giudice precisava che l’elaborato del vincitore
non conteneva in fatto le dedotte anomalie, dal momento che l’effettuata unione
di parte del compito già ricopiata in bella copia con parte del compito in
brutta ( mediante la separazione in due fogli in formato A4 del foglio
protocollo in formato A3 inizialmente utilizzato per la brutta copia )
costituiva legittima modalità di confezionamento della prova, “ben potendo il
candidato articolare il compito secondo quanto meglio rispondente in termini di
utilità e soprattutto comprensibilità da parte della commissione, e ciò anche
mediante richiami, frecce, asterischi , numerazioni di fogli che non
necessariamente debbono essere qualificati come segni di riconoscimento”.
Il
T.A.R. ha poi assorbito il terzo motivo, relativo alla asserita errata
valutazione della seconda prova teotico-pratica.
Il
Giudice di primo grado accoglieva infine il secondo motivo, ritenendo che il
nesso di segretezza nel caso in esame era stato spezzato dalla dichiarazione
proferita dal candidato sulle modalità di predisposizione dei fogli in un
collage, che, secondo la sentenza, lo rendeva riconoscibile, “perché collegato
a chi ne ha rivendicato la paternità con la richiesta di legittimazione da
parte della commissione”.
Il
T.A.R. accoglieva, quindi, il ricorso principale e respingeva quello
incidentale, con compensazione fra le parti delle spese ed onorari del
giudizio.
Avverso
la sentenza ha proposto appello il privato soccombente, contraddicendo le
conclusioni del T.A.R. ed insistendo nei motivi di ricorso incidentale
articolati in prime cure.
L’
A.U.L.S.S. n. 5 Ovest Vicentino, con ricorso incidentale improprio, ha
censurato le statuizioni del T.A.R. di annullamento dell’esito del concorso.
Si
è costituito in giudizio l’originario ricorrente, che ha contrastato i motivi
di appello e, in via incidentale, ha censurato la sentenza del T.A.R., nella
parte in cui ha respinto i motivi primo e terzo del ricorso in primo grado.
In
sede di note di udienza le parti hanno insistito nelle rispettive tesi
difensive.
All’udienza
del 5 dicembre 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2.
Per un corretto approccio alla vicenda per cui è appello è necessario
premettere una breve ricostruzione del quadro normativo, rilevante ai fini
della fattispecie di cui è controversia, volto a presiedere la regolarità delle
prove concorsuali per la selezione dei pubblici dipendenti, con segnato
riguardo agli obblighi comportamentali e di redazione delle prove scritte da
parte del concorrente a garanzia dell’ effettività del presidio di anonimato
nel momento in cui sulle prove stesse intercine il giudizio di merito della
commissione.
Stabilisce,
invero, l’art. 13 del d.P.R. 9 maggio 1984, n. 487, che “non è permesso ai
candidati di comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero di mettersi
in relazione con altri salvo che con gli incaricati della vigilanza ed i membri
della commissione”.
Il
successivo art. 14, comma 2, impone lo svolgimento delle prove scritte “senza
apporvi sottoscrizioni né altro contrassegno” (prescrizione già risalente
in termini all’art. 7 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, recante norme di
esecuzione del t.u. 10 gennaio 1957, n. 3, sullo statuto dei pubblici
dipendenti).
La
regola di anonimato delle prove scritte nelle procedure di concorso ed, in
generale di tutte le pubbliche selezioni, si impone a garanzia del principio di
uguaglianza dei concorrenti, oltreché di quelli di buon andamento e di
imparzialità della pubblica amministrazione, che è chiamata ad operare le
proprie valutazioni senza rischio di condizionamento esterno e, quindi, a
garanzia della par condicio dei concorrenti (cfr. sul principio Cons.
St., A.P., n. 26 del 20 novembre 2013).
Le
disposizioni in precedenza richiamate si impongono, quindi, ai concorrenti, che
devono ad esse conformare la propria condotta nel corso dello svolgimento delle
prove.
Si
richiedono, quindi, da parte degli stessi, azioni positive, tutte improntate a
prevenire ogni possibile vulnus alla garanzia di anonimato delle prove
scritte, che, ove violata, viene ad incidere, con effetto invalidante della
prova, sulla fase del giudizio valutativo che deve intervenire su un elaborato
in alcun modo riconducibile al suo autore.
Ciò
posto, venendo all’appello principale svolto dal vincitore del concorso
soccombente in primo grado, va concentrato l’esame sull’elaborato da lui
redatto nella sede della prima prova concorsuale scritta, nei cui confronti si
sono attestate le prime due censure del ricorso introduttivo proposto dal
secondo classificato a sostegno della tesi della sussistenza dei presupposti
per la sua esclusione dal concorso:
lo
stesso si compone di più pagine, di cui le prime si presentano prive di
correzioni e di chiara leggibilità;
ad
esse seguono, a completamento dell’elaborato, altre pagine, che, in distonia
con il precedente stile redazionale, recano correzioni ed un richiamo
asteriscato ai fini della continuità di lettura del testo (c.d. minuta o brutta
copia).
Il
primo giudice ha riconosciuto siffatte anomalie redazionali in sé non
significative di un vulnus alla regola di anonimato di cui i
concorrenti, con comportamento virtuoso (tanto più esigibile in relazione al
grado dirigenziale del posto da conferire), devono essere garanti nella
redazione degli elaborati.
Tuttavia
al dato oggettivo della modalità redazionale - non indenne ad avviso del
Collegio da segni di riconoscibilità stante il concorso di pagine redatte in
chiaro con altre riconducibili alla c.d. brutta copia, sì che fondato si rivela
il motivo di appello incidentale in tal senso proposto dall’originario
ricorrente - ha concorso l’esternazione del concorrente di osservare siffatta
modalità di compilazione della prova scritta.
La
violazione dell’obbligo di garantire l’anonimato della prove viene dunque nel
caso di specie a ricondursi non solo all’inosservanza della regola primaria che
impone la redazione di un compito privo di segni di potenziale riconoscibilità
dell’autore, ma anche all’aver il candidato esternato il criterio redazionale
osservato con comunicazione verbale idonea a renderlo conoscibile da parte di
terzi.
L’appellante
insiste, in primo luogo, sull’assenza di percezione di quanto dichiarato da
parte della commissione esaminatrice e, quindi, sull’irrilevanza delle
dichiarazione stessa agli effetti della riconoscibilità del compito.
Tuttavia,
come da ultimo ribadito dalla decisione dell’ Adunanza Plenaria n. 26 del 2013
in precedenza richiamata, non va verificato se a seguito della violazione il
riconoscimento della prova di un candidato abbia in concreto sviato la
procedura di correzione, essendo sufficiente la mera astratta possibilità
dell’avverarsi di tale evenienza.
A
fronte dell’esigenza di assicurare l’indipendenza di giudizio dell’organo
valutatore “non occorre accertare se il riconoscimento della prova di un
candidato si sia effettivamente determinato, essendo sufficiente la mera,
astratta possibilità dell’avverarsi di una tale evenienza.”. (cfr. etiam Sez.
VI, n. 3747 del 2013; Sez. II, parere n. 213 del 2011).
La
violazione dell’anonimato nei riguardi della Commissione nei pubblici concorsi
comporta, insomma, un’illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio
derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente
sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di indagine sull’effettiva
lesione della regola di imparzialità in sede di correzione (cfr. A.P., n. 26
del 2013, cit.).
La
peculiarità del contesto ambientale in cui si è svolta la prova (numero
limitato dei concorrenti in ambiente ristretto e correzione dello scritto a
ridosso della conclusione della prova) e la condotta del concorrente che non ha
riservato al segreto delle buste la modalità redazionale dell’elaborato
determinano nella fattispecie gli estremi dell’effetto invalidante della prova,
con conseguente reiezione del correlato motivo d’appello principale.
La
seconda delle indicate circostanze è peraltro asseverata dalle concordanti
attestazioni di due concorrenti, arch. Andrea Faccio e arch. Cristiano Caputi
(corredate da copia fotostatica del documento di identità quanto alla
qualificazione dell’autore) – non contraddette dall’appellante principale con
serie argomentazioni e/o con produzioni parimenti qualificate - che danno atto
della situazione ambientale che ha concorso ad incidere sulla regola di
segretezza delle prove scritte con effetto sulla par condicio dei
candidati in sede di correzione delle prove, nonché di una condotta del
candidato certamente non conforme alla regola di riservatezza, che deve
presiedere alla redazione delle prove scritte onde non mettere in discussione
l’anonimato delle stesse.
2.1.
L’appellante principale rinnova poi gli ulteriori motivi di ricorso incidentale
articolati in prime cure e disattesi dal T.A.R., che vanno disattesi per il
seguente ordine di considerazioni.
2.2.
Quanto al rilievo assegnato ai contrassegni che si rinvengono nella minuta
della prova dell’originario ricorrente principale (elenco degli argomenti da
sviluppare ed orario di inizio e termine delle prove) – relegati al segreto
della busta - non assumono un carattere oggettivamente ed incontestabilmente
anomalo, tale che ad essi possa ricondursi l’astratta idoneità a fungere da
elemento identificativo delle generalità del concorrente.
Non
si discosta, invero, dalle ordinarie modalità redazionali l’indicazione nella
minuta dell’elaborato dell’ordine degli argomenti cui dare articolato sviluppo
e l’apposizione dell’arco temporale di durata della prova, non essendo di norma
consentito in tale sede l’utilizzo di fogli diversi da quelli messi a
disposizione dalla commissione.
Per
concorde giurisprudenza non costituiscono, inoltre, segni identificativi del
concorrente l’apposizione di cancellature e di interventi correttivi
nell’elaborato finale, evenienze che ordinariamente accompagnano la redazione
dello scritto (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 102 dell’ 11 gennaio 2013; n. 1740
del 26 marzo 2012).
2.3.
L’appellante principale ascrive, inoltre, gravi insufficienze redazionali alla
prova teorico pratica dell’appellato/appellante incidentale, che, a suo dire,
avrebbero dovuto indurre la commissione d’esame ad un giudizio di assoluta
insufficienza, versandosi a fronte di un’incompleta preparazione teorico
normativa del concorrente nella scelta delle soluzioni progettuali.
Il
collegio reputa di non discostarsi dalle conclusioni cui al riguardo è
pervenuto il primo giudice.
La
censure mosse investono invero l’ambito di discrezionalità di cui dispone la
commissione di esame, notoriamente non sindacabile nel merito, salva
l’emersione - nei limiti del sindacato esterno del giudice amministrativo – di
una palese abnormità ed illogicità del giudizio rilevabile ictu oculi, ovvero di un evidente sviamento logico o
sproporzione del punteggio assegnato (cfr. ex multis Cons.
St., Sez. IV, n. 4593 del 20 novembre 2013; n. 4790 del 26 settembre 2013; n.
3057 del 4 giugno 2013; Sez. IV, sez. VI, n. 1883 del 05 aprile 2013).
Siffatte
evenienze non ricorrono nel caso di specie, ove si consideri che l’elaborato
avversario asseritamente insufficiente è assistito dal requisito di sostanziale
completezza, avendo il concorrente dato in esso risposta a tutti e tre i
quesiti in cui veniva ad articolarsi la prova e che, quanto ai profili di
adeguatezza e proporzionalità della votazione, il metro valutativo osservato
dalla commissione (di sufficienza dell’elaborato e non di eccellenza) non si
discosta da quanto praticato nei confronti dello stesso odierno appellante,
alla cui prova teorico pratica in sede di ricorso avanti al T.A.R. sono
ascritti aspetti di incompletezza e di mancato sviluppo di taluni dei quesiti
proposti.
2.4.
Va da ultimo disatteso il motivo secondo il quale sarebbe stata l’iniziativa
congiunta di altri concorrenti, volta a rivelare la modalità di compilazione
del proprio elaborato (collage fra
la minuta e pare del compito riprodotto in bella), a compromettere il principio
dell’anonimato, che deve permeare lo svolgimento del concorso, dando luogo ad
un effetto invalidante dell’intera prova scritta, che avrebbe dovuto formare
oggetto di riedizione nel suo complesso.
Il vulnus dell’anonimato
si riconduce, in via primaria, al dato oggettivo della presenza di segni
identificativi nell’elaborato ed alla condotta in costanza della prova del
concorrente, che ha esternato la modalità di compilazione.
L’irregolarità
vizia, quindi, la singola prova e, in quanto scindibile dalle restanti
operazioni concorsuali, non inficia in toto
la fase della procedura nel concorso nella quale l’irregolarità stessa si è
manifestata.
Per
le considerazioni che precedono l’appello principale va respinto, così come va
respinto l’appello incidentale improprio proposto dall’Amministrazione.
A
tanto consegue l’improcedibilità, in parte qua,
dell’appello incidentale proposto dall’originario ricorrente, che risulta, come
s’è visto sopra, fondato nella parte in cui contesta la sentenza impugnata
quanto alla reiezione del primo motivo di ricorso.
In
relazione ai profili della controversia spese ed onorari possono essere
compensati fra le parti per i due gradi di giudizio.
P.Q.M.
il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto:
–respinge
l’appello principale;
respinge
l’appello incidentale dell’Amministrazione;
in
parte accoglie ed in parte dichiara improcedibile l’appello incidentale
dell’appellato;
per
l’effetto, conferma, con parziale diversa motivazione, la sentenza impugnata.
Spese
compensate per i due gradi di giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nelle camere di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 e del
giorno 20 marzo 2014, con l'intervento dei magistrati:
Salvatore
Cacace, Presidente FF
Bruno
Rosario Polito, Consigliere, Estensore
Vittorio
Stelo, Consigliere
Roberto
Capuzzi, Consigliere
Dante
D'Alessio, Consigliere
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
26/05/2014
IL
SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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