PROCEDIMENTO & PROCESSO:
la diversa motivazione del preavviso di rigetto
rispetto al provvedimento finale
ne causa l'annullamento
(Cons. St., Sez. III,
sentenza 29 luglio 2014, n. 4201)
Massima
1. Costituisce violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 la diversità di motivazione del provvedimento finale di diniego rispetto alle ragioni rappresentate nel preavviso di rigetto, in quanto l'obbligo di motivazione dei provvedimenti costituisce il presidio essenziale del diritto di difesa e deve essere assolto in modo non equivoco, diretto all’effettivo esercizio delle prerogative riconosciute dall’ordinamento al cittadino.
2. L’introduzione nell’ordinamento, con l. n. 15 /2005, del preavviso di rigetto ha segnato l’ingresso di una modalità di partecipazione al procedimento, con la quale si è voluta “anticipare” l’esplicitazione delle ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo di consentire una difesa ancora migliore all’interessato, mirata a rendere possibile il confronto con l’amministrazione sulle ragioni da essa ritenute ostative all'accoglimento della sua istanza, ancor prima della decisione finale.
L'istituto del cd. "preavviso di rigetto" ha così lo scopo di far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell'interessato, che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti.
3. Di conseguenza, si deve ritenere precluso alla P.A. fondare il provvedimento conclusivo su ragioni del tutto nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, pena la violazione del diritto dell’interessato di effettiva partecipazione al procedimento, che si estrinseca nella possibilità di presentare le proprie controdeduzioni utili all’assunzione della determinazione conclusiva dell'ufficio.
3.1 Vero è che il mancato rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, imposto dall'art. 10-bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, sarebbe di per sé inidoneo a giustificare l'annullamento del provvedimento, ai sensi dell’ art. 21-octies della stessa legge, nei casi in cui il contenuto del provvedimento non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
3.2 Tuttavia, nella fattispecie, il ricorrente non si limita a contestare l'omessa comunicazione del preavviso, ma lamenta che il provvedimento finale (diversamente dal preavviso di rigetto notificatogli, che si fondava sulla natura automaticamente ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo) avrebbe potuto avere un esito diverso, qualora egli fosse stato messo in condizione di allegare tutte le circostanze relative alla sua condizione personale, al suo inserimento lavorativo e sociale, che avrebbero potuto incidere sulla valutazione della sua pericolosità sociale, che l’Amministrazione non aveva però palesato, anticipatamente, di voler compiere.
Ed effettivamente, la discrezionalità sottesa alla valutazione della “pericolosità sociale” del soggetto fa ritenere che non sia irrilevante la partecipazione dell’interessato.
4. Il motivo, dunque, con cui egli censura la mancata rinnovazione del preavviso di rigetto, conforme alle nuove ragioni poste a base del provvedimento finale, deve essere accolto.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di
Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 2919 del 2010, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Pastore, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arturo Salerni, in Roma, viale Carso n. 23;
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall'avv. Massimo Pastore, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Arturo Salerni, in Roma, viale Carso n. 23;
contro
Ministero dell'Interno,
in persona del Ministro pro-tempore;
Questura di Cuneo,
in persona del Questore pro-tempore,
costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi n.12;
in persona del Ministro pro-tempore;
Questura di Cuneo,
in persona del Questore pro-tempore,
costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi n.12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R.
PIEMONTE – SEZIONE II, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente DINIEGO
RINNOVO PERMESSO DI SOGGIORNO.
Visti il ricorso in appello ed
i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in
giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Cuneo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore, nell'udienza pubblica
del giorno 8 maggio 2014, il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti;
Uditi per le parti, alla stessa
udienza, l’avvocato Damizia su delega di Pastore e l’avvocato dello Stato
Varrone T.;
Ritenuto e considerato in fatto
e diritto quanto segue:
FATTO
1. - Il ricorrente deduce di
aver fatto ingresso in Italia nel 1998 e di avere ottenuto un permesso di
soggiorno per motivi di lavoro autonomo, rinnovato fino al 18.3.2007.
A partire dal settembre 2005, è
stato assunto a tempo determinato con la qualifica di operaio e poi come socio
lavoratore di società cooperativa a.r.l., con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, tuttora in corso.
Egli ha chiesto, in data
24.2.2007, il rinnovo del permesso di soggiorno alla Questura di Cuneo, che
notificava preavviso di rigetto, a causa delle due condanne penali riportate in
materia di tutela del diritto d’autore, automaticamente ostative alla
permanenza in Italia ex art. 26, comma 7 bis, D.lvo. 286/1998.
Successivamente, però, la
Questura adottava provvedimento di rigetto, notificato il 6.6.2008, con diversa
motivazione, in cui si evidenziava la pericolosità sociale del ricorrente per
l’inclinazione alla commissione di reati.
2. - Il Sig. -OMISSIS-
proponeva ricorso giurisdizionale, che veniva rigettato.
La sentenza appellata ha così
deciso: “Tenuto conto della legittimità dell’atto impugnato le cui ragioni
giuridiche sulle quali si fonda sono riconducibili al combinato disposto degli
artt. 5, 4, 13 e 19 D.lg. 286/98 con adeguatezza della motivazione in merito
alla pericolosità sociale di parte ricorrente, in ragione di sentenze di
condanna, e di una valutazione complessiva di parte ricorrente denotante una
condotta incline alla commissione di reati. Ravvisata altresì l’infondatezza
delle doglianze in merito al preavviso di rigetto, risultante congruente con le
statuizioni finali dell’atto impugnato, e quelle sul patteggiamento che non
inficiano la consistenza e la gravità dei fatti accertati…(omissis)”.
3. - Con l’appello in esame si
censura l’inadeguatezza della motivazione della sentenza, che respinge le
censure riguardanti i motivi posti a base dell’asserita “pericolosità sociale”.
Afferma l’appellante che la
domanda di rinnovo, inizialmente proposta per motivi di “lavoro autonomo”
doveva essere considerata, a tutti gli effetti, a seguito delle precisazioni
fornite con memoria difensiva nel corso del procedimento, come domanda di permesso
per lavoro subordinato. Le due condanne non potevano, pertanto, essere
considerate da sole ostative al rinnovo del permesso di soggiorno.
Lamenta, ancora, che nessun
accertamento sulla sua pericolosità sociale effettiva ed attuale è stato
condotto dall’Amministrazione, mentre la distanza nel tempo dei precedenti
penali costituisce un sicuro indicatore della inadeguatezza dei precedenti
richiamati; mancherebbe, inoltre, ogni accenno alla complessiva condotta di
vita del ricorrente.
Neppure si dice alcunché, nel
provvedimento, in merito agli elementi segnalati con la memoria difensiva
depositata a seguito di notifica del “preavviso di rigetto”, che vengono
semplicemente disattesi.
Il ricorrente lamenta, infine,
l’erroneità della sentenza, nella parte in cui ha rigettato il motivo
concernente la violazione dell’art.10-bis della legge n. 241/1990.
L’Amministrazione, infatti, che
aveva notificato un preavviso di rigetto fondato sulla automatica ostatività
delle due sentenze di condanna al rinnovo del permesso per motivi di lavoro
autonomo, essendosi determinata in seguito a respingere l’istanza con diversa
motivazione, ovverossia per la pericolosità sociale del richiedente, desunta
dalle condanne riportate, avrebbe dovuto notificare un nuovo preavviso di rigetto.
4. - Resiste in giudizio
l’Amministrazione appellata.
5. - All’udienza dell’8 maggio
2014 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato.
1.1. - Innanzitutto, è fondato
il motivo col quale si lamenta la violazione dell’art. 10 bis della l. n.
241/1990.
Assume rilievo la diversità di
motivazione del provvedimento finale di diniego rispetto alle ragioni
rappresentate nel preavviso di rigetto, in quanto l'obbligo di motivazione dei
provvedimenti costituisce il presidio essenziale del diritto di difesa e deve
essere assolto in modo non equivoco, diretto all’effettivo esercizio delle
prerogative riconosciute dall’ordinamento al cittadino.
L’introduzione
nell’ordinamento, con legge 11 febbraio 2005 n. 15 del 2005, del preavviso di
rigetto ha segnato l’ingresso di una modalità di partecipazione al
procedimento, con la quale si è voluta “anticipare” l’esplicitazione delle
ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo
di consentire una difesa ancora migliore all’interessato, mirata a rendere
possibile il confronto con l’amministrazione sulle ragioni da essa ritenute
ostative all'accoglimento della sua istanza, ancor prima della decisione
finale.
L'istituto del cd.
"preavviso di rigetto" ha così lo scopo di far conoscere alle
amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte
in base agli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e
giuridiche, dell'interessato, che potrebbero contribuire a far assumere agli
organi competenti una diversa determinazione finale, derivante, appunto, dalla
ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile
riduzione del contenzioso fra le parti (cfr., Consiglio di Stato, sez. VI,
06/08/2013, 4111)
Di conseguenza, si deve
ritenere precluso alla P.A. fondare il provvedimento conclusivo su ragioni del
tutto nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art.
10-bis della legge n. 241 del 1990, pena la violazione del diritto
dell’interessato di effettiva partecipazione al procedimento, che si estrinseca
nella possibilità di presentare le proprie controdeduzioni utili all’assunzione
della determinazione conclusiva dell'ufficio.
1.2. - Vero è che il mancato
rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi
all'accoglimento dell'istanza, imposto dall'art. 10-bis della legge 7 agosto
1990 n. 241, sarebbe di per sé inidoneo a giustificare l'annullamento del
provvedimento, ai sensi dell’ art. 21-octies della stessa legge, nei casi in cui
il contenuto del provvedimento non sarebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
Tuttavia, nella fattispecie, il
ricorrente non si limita a contestare l'omessa comunicazione del preavviso, ma
lamenta che il provvedimento finale (diversamente dal preavviso di rigetto
notificatogli, che si fondava sulla natura automaticamente ostativa al rinnovo
del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo) avrebbe potuto avere
un esito diverso, qualora egli fosse stato messo in condizione di allegare
tutte le circostanze relative alla sua condizione personale, al suo inserimento
lavorativo e sociale, che avrebbero potuto incidere sulla valutazione della sua
pericolosità sociale, che l’Amministrazione non aveva però palesato,
anticipatamente, di voler compiere.
Ed effettivamente, la
discrezionalità sottesa alla valutazione della “pericolosità sociale” del
soggetto fa ritenere che non sia irrilevante la partecipazione
dell’interessato.
Il motivo, dunque, con cui egli
censura la mancata rinnovazione del preavviso di rigetto, conforme alle nuove
ragioni poste a base del provvedimento finale, deve essere accolto.
2. - Del pari, deve essere
accolto il motivo di appello col quale si censura la sentenza per inadeguatezza
della motivazione nella parte in cui respinge le censure al provvedimento
impugnato riguardanti i motivi posti a base della valutazione di pericolosità,
desunta in modo scarno dall’unico presupposto dell’esistenza a suo carico di
due condanne per violazione di norme sul diritto d’autore, comminate nel 2002 e
nel 2004, senza tener conto del tempo trascorso, nè del pieno inserimento
sociale e lavorativo ormai da anni raggiunto.
La sentenza, inoltre, ha
ritenuto sufficiente la motivazione del provvedimento circa la sussistenza di
una “inclinazione alla commissione di reati”, desunta da una “valutazione
complessiva di parte ricorrente”, di cui però non vi è traccia nel
provvedimento impugnato.
In effetti, il provvedimento
non esamina alcun aspetto della vita personale del ricorrente, nessun elemento
indica a giustificazione di una “reviviscenza” di condotte pericolose, tanto
più che, pur essendo già state pronunciate le condanne penali a suo carico il
ricorrente aveva comunque in passato, ottenuto il rinnovo del permesso.
2.1. - Inoltre il ricorrente,
nella memoria presentata nel corso del procedimento, aveva rappresentato la
nuova situazione lavorativa, in qualità di socio lavoratore di una cooperativa,
invocando il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro
subordinato, alla luce dei fatti sopravvenuti, ex art. 5, comma 5, del D.lgs.
n. 286/1998.
Il mutamento del titolo nella
richiesta del permesso di soggiorno avrebbe, dunque, potuto incidere a suo
favore, essendo la tipologia dei reati commessi ostativa automaticamente solo
al rilascio di permesso di soggiorno per lo svolgimento di lavoro autonomo.
Su tali circostanze di fatto
rappresentate nella detta memoria (doc. 10) in alcun modo si sofferma la
motivazione del provvedimento impugnato.
Sebbene, invero, l'obbligo
dell'Amministrazione inerente al contraddittorio partecipativo non implica la
confutazione puntuale di tutte le osservazioni svolte dall'interessato, essendo
sufficiente che il provvedimento amministrativo sia corredato da una
motivazione che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato
adeguamento dell'azione dell'Amministrazione alle deduzioni difensive del
privato (Consiglio di Stato, sez. V, 10/09/2009, n. 5424), tuttavia, nel caso
di specie, una esternazione delle ragioni per cui non è stata data rilevanza
alla nuova situazione occupazionale del richiedente sarebbe stata quanto mai
opportuna, visto il mutamento del titolo posto a base della richiesta di
soggiorno con la memoria partecipativa.
E’ noto, infatti, che il
legislatore, mercé l'art. 26, comma 7-bis, del D.lgs. 25 luglio 1998, n. 286,
come modificato dalla legge n. 189 del 2002, ha dettato una disciplina
preclusiva automaticamente solo nei confronti dello straniero richiedente un
permesso per lavoro autonomo, senza che sia neanche necessario, in tali casi,
accedere a valutazioni in ordine alla pericolosità sociale del soggetto,
diversamente dai casi in cui il permesso venga richiesto per motivi di lavoro
subordinato (Consiglio di Stato, sez. III, 27/07/2012, n. 2932).
Nel caso all’esame, due condanne,
per di più per fatti risalenti, non concorrono certo, nell'ambito di una
necessaria valutazione d'insieme della complessiva condotta di vita
dell’interessato ( del tutto assente nel provvedimento oggetto del giudizio ),
a delineare un quadro di allarmante pericolosità sociale, cui sia possibile
riconnettere un effetto ostativo al rinnovo del permesso di soggiorno per un
titolo diverso da quello del lavoro autonomo, in mancanza, cioè, della diretta
attinenza delle fattispecie di reato accertate ( che solo nell’àmbito
dell’attività commerciale possono assumere valenza dimostrativa dell'affermata
pericolosità ex lege come s’è visto presunta ) con l'attività ormai
svolta in via ordinaria dall’interessato.
3.- In conclusione, l’appello
va accolto.
4.- Le spese possono essere
integralmente compensate tra le parti in considerazione della particolarità
delle questioni trattate.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello,
come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella
camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Cacace, Presidente FF
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti,
Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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