TRIBUTARIO:
l'accesso agli atti tributari
(T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II,
sentenza 6 ottobre 2014, n. 1606)
Massima
1. Secondo la giurisprudenza di questa Sezione, l'art. 24 della l. n. 241/1990, nella parte in cui esclude il diritto di accesso con riferimento ai procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano, va interpretato nel senso che la inaccessibilità agli atti relativi deve essere ritenuta temporalmente limitata alla fase di mera “pendenza” del procedimento tributario, in quanto non sussistono esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento con l'adozione del procedimento definitivo di accertamento dell'imposta dovuta.
Conseguentemente, devesi riconoscersi il diritto di accesso qualora l'amministrazione abbia concluso il procedimento con l'emanazione del provvedimento finale e, quindi, in via generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un procedimento tributario ormai concluso.
2. Sotto altro aspetto, va evidenziato che l’interesse del contribuente alla ostensione degli atti propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via legislativa, mediante la previsione di obblighi in capo al concessionario alla riscossione.
Invero, l’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, recita: "Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione".
2.1 In particolare, il suddetto articolo ha introdotto due obblighi per la società concessionaria:
a) la conservazione per cinque anni e
b) l'obbligo di esibizione a richiesta del contribuente.
2.2 Ne consegue che, in relazione alla cartella esattoriale, la richiesta di accesso, ai sensi degli artt. 22 ss., l. n. 241/1990, si pone come strumentale rispetto alla tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite dall'ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune.
Diversamente opinando, si finirebbe con l’introdurre una ingiustificata limitazione all'esercizio della difesa in giudizio del contribuente, rendendo, comunque, estremamente difficoltosa la tutela giurisdizionale, che dovrebbe impegnarsi in una defatigante ricerca delle copie delle cartelle.
3. Quanto alla sussistenza del diritto di accedere alle cartelle di pagamento, benché al contribuente siano state fornite copie degli estratti di ruolo correlativi alle cartelle, si rileva che il Consiglio di Stato ha chiarito, con riferimento al già più volte citato art. 26 comma 4 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come con esso il legislatore abbia individuato direttamente un obbligo di custodia degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente.
Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all'esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior ragione, quindi, la richiesta del contribuente non può mai essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all'esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta.
Ciò in quanto “la copia della cartella di pagamento ex se costituisc (e) strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e che la concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato” (Cons. Stato Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7486).
4. Va infatti sottolineato come la cartella di pagamento, ossia l'atto di cui il ricorrente ha chiesto l'ostensione, ed il documento ricevuto, intestato "estratto cartella" e stampigliato come "copia conforme dell'estratto di ruolo", siano documenti diversi.
In particolare, la cartella esattoriale è prevista dall'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze (attualmente con modello approvato dall'Agenzia delle Entrate). Il documento ricevuto dal ricorrente è invece un elaborato informatico formato dall'esattore, sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della cartella originale.
La differenza ontologica tra i due documenti non può però essere superata dall'omogeneità contenutistica.
La ragione per cui non è permesso all'amministrazione, ed al privato che esercita funzioni pubbliche, di sostituire arbitrariamente il documento richiesto con altro sebbene equipollente deriva espressamente dalla l. n. 241/1990, che all'art. 22 lett. d) fornisce la nozione di documento amministrativo e nello stesso contesto, alla lett. a) precisa come il diritto di accesso sia "il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi", ossia un diritto di acquisizione di quegli stessi documenti o delle loro copie e non di succedanei.
5. In questa ottica, la giurisprudenza ha già evidenziato come elemento fondante dell'actio ad exhibendum sia la conformità del documento esibito al privato all'originale, non avendo neppure rilievo scusante l'esistenza per la pubblica amministrazione di impedimenti tecnici. A maggior ragione, l'accesso documentale non può essere soddisfatto dall'esibizione di un documento che l'amministrazione, e non il privato ricorrente, giudica equipollente.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la
presente
SENTENZA
sul ricorso numero di
registro generale 796 del 2014, proposto da:
P.G., rappresentato e difeso dall'avv. Giselda Mercurio, elettivamente domiciliato presso lo Studio di costei, in Catanzaro, alla via Discesa Pietraviva, n. 8;
P.G., rappresentato e difeso dall'avv. Giselda Mercurio, elettivamente domiciliato presso lo Studio di costei, in Catanzaro, alla via Discesa Pietraviva, n. 8;
contro
Equitalia Sud S.p.a., in
persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Carmela Parisi, elettivamente domiciliata presso lo Studio di
costei, in Catanzaro, alla via F. Acri, n. 67;
per l'accesso
alle cartelle
esattoriali di cui alla istanza del 18 marzo 2014.
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio di Equitalia Sud S.p.a.;
Viste le memorie
difensive;
Visto l’art. 35, comma
1, lett. c) c.p.a.;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore nella camera di
consiglio del giorno 2 ottobre 2014 il dott. Francesco Tallaro e uditi per le
parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato in fatto e
ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Palmerino Greco ha
proposto d’innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale domanda ai sensi
dell’art. 116 c.p.a.
Ha esposto che in data
18 marzo 2014 aveva presentato ad Equitalia Sud S.p.a. istanza di accesso per
ottenere copia, con relative relazioni di notificazione, di alcune cartelle
esattoriali, specificamente indicate in ricorso, emesse nei suoi confronti e
asseritamente non notificate.
Il ricorrente ha
precisato che Equitalia Sud S.p.a. non ha soddisfatto la sua richiesta,
trasmettendo esclusivamente copia, di cui non era attestata la conformità
all’originale, alcuni estratti di ruolo corredati dell’avviso di ricevimento
delle relative cartelle.
Egli, pertanto, ha agito
in questa sede denunciando l’illegittimità della condotta, nella sostanza
inerte, tenuta dal concessionario del servizio di riscossione, la quale si
porrebbe in contrasto con l’art. 26, comma 4, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602,
e con gli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241.
2. Ha resistito in
giudizio Equitalia Sud S.p.a., la quale ha eccepito, preliminarmente,
l’inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse del ricorrente sarebbe
stato adeguatamente soddisfatto mediante il rilascio degli estratti di ruolo
relativi alle cartelle di pagamento notificate, e ha precisato che l’obbligo di
rilascio della documentazione poteva in ogni caso riguardare solo le cartelle
di pagamento notificate nel corso dei cinque anni precedenti al deposito
dell’istanza di accesso.
Ha quindi rilevato
l’inesistenza del diritto di accesso ex art. 24, comma 1,
lett. b) legge 7 agosto 1990, n. 241, essendo esso escluso nei “procedimenti
tributari per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano” e
comunque trattandosi di atti dell’esecuzione forzata tributaria, come tali
sottratti all’accesso amministrativo.
Nel merito, ha sostenuto
la carenza di interesse ad agire, essendo il ricorrente già in possesso della
documentazione richiesta, atteso che le cartelle di pagamento, per le quali
sussiste obbligo di conservazione dei relativi referti di notifica, risultano
regolarmente notificate.
Ha escluso, inoltre, di
essere in possesso di copia delle cartelle di pagamento, emesse in unico
originale.
Infine, ha dedotto il
proprio difetto di legittimazione passiva in ordine ad ogni doglianza circa
l’omessa notifica degli avvisi di accertamento da parte dell’INPS.
3. Alla Camera di
Consiglio del 2 ottobre 2014, previa richiesta di chiarimenti da parte del Collegio
al procuratore dell’Ente resistente, il ricorso è stato trattenuto in
decisione.
4. Va preliminarmente
precisato che con il proprio ricorso Palmerino Greco ha chiesto che venga
accertato il suo diritto di accesso con riferimento esclusivo alle cartelle di
pagamento specificamente indicate nel libello introduttivo, e non ha fatto
alcun cenno – come invece erroneamente ha ritenuto la difesa di Equitalia Sud
S.p.a. – agli avvisi di accertamento presupposti a tali cartelle o ad altri
atti che non siano nelle disponibilità dell’ente convenuto.
5. Ciò posto, va
osservato, in linea teorica, quanto segue.
5.1. Secondo la
giurisprudenza di questa Sezione (cfr., tra le molte, T.A.R. Calabria –
Catanzaro, Sez. II, 10 luglio 2014, n. 1358), l'art. 24 l 7 agosto 1990, n.
241, nella parte in cui esclude il diritto di accesso con riferimento ai
procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li
regolano, va interpretato nel senso che la inaccessibilità agli atti relativi
deve essere ritenuta temporalmente limitata alla fase di mera “pendenza” del
procedimento tributario, in quanto non sussistono esigenze di segretezza nella
fase che segue la conclusione del procedimento con l'adozione del procedimento
definitivo di accertamento dell'imposta dovuta.
Conseguentemente, devesi
riconoscersi il diritto di accesso qualora l'amministrazione abbia concluso il
procedimento con l'emanazione del provvedimento finale e, quindi, in via
generale, deve ritenersi sussistente il diritto di accedere agli atti di un
procedimento tributario ormai concluso.
Sotto altro aspetto, va
evidenziato che l’interesse del contribuente alla ostensione degli atti
propedeutici a procedure di riscossione è riconosciuto anche in via
legislativa, mediante la previsione di obblighi in capo al concessionario alla
riscossione.
Invero, l’art. 26 d.P.R.
29 settembre 1973, n. 602, in tema di riscossione delle imposte sul reddito,
recita: "Il concessionario deve conservare per cinque anni la
matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione
o l'avviso del ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del
contribuente o dell'amministrazione".
In particolare, il
suddetto articolo ha introdotto due obblighi per la società concessionaria: a) la
conservazione per cinque anni e b) l'obbligo di esibizione a
richiesta del contribuente.
Ne consegue che, in
relazione alla cartella esattoriale, la richiesta di accesso, ai sensi degli
artt. 22 ss., l. 7 agosto 1990, n. 241, si pone come strumentale rispetto alla
tutela dei diritti del contribuente in tutte le forme consentite
dall'ordinamento giuridico ritenute più rispondenti ed opportune.
Diversamente opinando,
si finirebbe con l’introdurre una ingiustificata limitazione all'esercizio
della difesa in giudizio del contribuente, rendendo, comunque, estremamente
difficoltosa la tutela giurisdizionale, che dovrebbe impegnarsi in una
defatigante ricerca delle copie delle cartelle.
5.2. Quanto alla
sussistenza del diritto di accedere alle cartelle di pagamento, benché al
contribuente siano state fornite copie degli estratti di ruolo correlativi alle
cartelle de quibus, si rileva che il Consiglio di Stato (da ultimo
con la sentenza Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014, n. 2422, in precedenza
Cons. Stato Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7486) ha chiarito, con riferimento al
già più volte citato art. 26 comma 4 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come
con esso il legislatore abbia individuato direttamente un obbligo di custodia
degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente.
Le disposizioni sul
diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali
rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in
questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all'esibizione è
fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior
ragione, quindi, la richiesta del contribuente non può mai essere valutata
sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario,
obbligato ex lege alla custodia ed all'esibizione, senza che
allo stesso residui alcun margine di scelta.
Ciò in quanto “la
copia della cartella di pagamento ex se costituisc (e) strumento
utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e che la
concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte
difensive eventualmente operate dal privato” (Cons. Stato Sez. IV, 30
novembre 2009, n. 7486).
Va infatti sottolineato
come la cartella di pagamento, ossia l'atto di cui il ricorrente ha chiesto
l'ostensione, ed il documento ricevuto, intestato "estratto
cartella" e stampigliato come "copia conforme
dell'estratto di ruolo", siano documenti diversi. In particolare, la
cartella esattoriale è prevista dall'art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
602 quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve
essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle
Finanze (attualmente con modello approvato dall'Agenzia delle Entrate). Il
documento ricevuto dal ricorrente è invece un elaborato informatico formato
dall'esattore, sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della
cartella originale.
La differenza ontologica
tra i due documenti non può però essere superata dall'omogeneità
contenutistica, omogeneità che peraltro non è stata messa in dubbio dalle
parti. La ragione per cui non è permesso all'amministrazione, ed al privato che
esercita funzioni pubbliche, di sostituire arbitrariamente il documento
richiesto con altro sebbene equipollente deriva espressamente dalla legge 7
agosto 1990, n. 241, che all'art. 22 lett. d) fornisce la
nozione di documento amministrativo e nello stesso contesto, alla lett. a) precisa
come il diritto di accesso sia "il diritto degli interessati di
prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi",
ossia un diritto di acquisizione di quegli stessi documenti o delle loro copie
e non di succedanei.
In questa ottica, la
giurisprudenza ha già evidenziato come elemento fondante dell'actio ad
exhibendum sia la conformità del documento esibito al privato
all'originale, non avendo neppure rilievo scusante l'esistenza per la pubblica
amministrazione di impedimenti tecnici (Consiglio di Stato, sez. IV, 10 aprile
2009, n. 2243). A maggior ragione, l'accesso documentale non può essere
soddisfatto dall'esibizione di un documento che l'amministrazione, e non il
privato ricorrente, giudica equipollente..
6. Calando i principi
testé illustrato alla realtà concreta della fattispecie in esame, va però
rilevato che non sussiste dimostrazione alcuna che Equitalia Sud S.p.a. sia in
possesso di ulteriore documentazione riguardante l’interessata, oltre quella
consegnata, tenuto conto anche delle affermazioni contenute nella memoria
difensiva della parte resistente, secondo cui “l’agente della
riscossione ha regolarmente rilasciato alla ricorrente copia degli estratti di
ruolo delle cartelle notificate nel corso degli anni, vale a dire tutta la
documentazione in possesso della resistente e alla stessa riferibile, e che, ad
ogni buon conto, si allega nuovamente alla presente memoria” e secondo
cui “Equitalia Sud s.p.a. ha assolto i propri obblighi di legge
trasmettendo alla ricorrente tutta la documentazione in proprio possesso
riguardante la stessa”.
Tale assunto di fatto,
peraltro, è stato ribadito a verbale dal difensore della parte resistente,
previo espresso interpello da parte del collegio, e non è stato oggetto di
smentita ad opera del difensore di parte ricorrente. Il difensore di Equitalia
Sud S.p.a., in particolare, ha ribadito che l’Ente da lui patrocinato non è in
possesso di copia della cartella di pagamento richiesta.
Ed allora, sussiste la
condizione di improcedibilità di cui all’art. 35, comma 1, lett. c),
c.p.a. (“Il giudice dichiara, anche d’ufficio, il ricorso (…)improcedibile
quando nel corso del giudizio (…)sopravvengono altre ragioni
ostative ad una pronuncia sul merito”).
7. Stante la peculiarità
della vicenda controversa, il Collegio ritiene di poter compensare le spese del
processo, ad eccezione di quelle di notifica e di contributo unificato, che
sono da porre a carico della parte resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile.
Spese compensate, salvo
quelle di notifica e di contributo unificato, che sono poste a carico della
parte resistente.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro
nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Salvatore Schillaci,
Presidente
Nicola Durante,
Consigliere
Francesco Tallaro,
Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL
PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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