TRIBUTARIO:
la Consulta ritiene legittima
l'aliquota massima dell'IRESA
fissata dallo Stato
(Corte Costituzionale,
sentenza 13 febbraio 2015, n. 13)
Semplifichiamo: l'IRESA è un'imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili civili, introdotta dallo Stato tramite artt. 90 ss. della l. n. 342/2000 e disciplinata, di recente, dalla Regione Lazio con l.r. n. 3/2012 (insieme alla Regione Lombardia la più "sensibile" sul tema, a causa della presenza di un forte flusso aviario in entrambe le Regioni).
Ovviamente la regione ha tutto l'interesse a rinpinguare le
esangui casse regionali; e lo ha dimostrato prevedendo un'aliquota alta, pur giustificandola come un'imposta di scopo, ossia finalizzata ad abbattere l'inquinamento acustico ...
Lo Stato, per incentivare il traffico aereo in occasione dell'Expo
S.p.A., è intervenuto posteriormente con l'art. 13, co. 15-bis, del d.l. n. 145/2013 (conv. l. n. 9/2014, art. 1, co. 1), introducendo un'aliquota "generale", quanto ai presupposti applicativi, e, soprattutto, sensibilmente più bassa dell'l'aliquota massima della Regione Lazio.
E' insorta quest'ultima davanti alla Consulta e, per una
volta, il favor erarii,
nella sostanza, è risultato recessivo rispetto agli obiettivi di sviluppo connessi
all'Expo S.p.A. - sviluppi che ben possono comunque compensare le perdite
tributarie regionali, sebbene solo a livello statale -.
Sentenza per esteso
SENTENZA N. 13
ANNO 2015
INTESTAZIONE
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente:
Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo
GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario
Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolò ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 15-bis, del decreto-legge 23
dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio del piano “Destinazione
Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per
l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese,
nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio
2014, n. 9, promosso dalla Regione Lazio, con ricorso notificato il 18-24
aprile 2014, depositato in cancelleria il 23 aprile 2014 ed iscritto al n. 32
del registro ricorsi 2014.
Visto l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza
pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato
Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio e l’avvocato dello Stato Paolo
Marchini per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito
per la notifica in data 18 aprile 2014, ricevuto dalla resistente il 24 aprile
2014 e depositato nella cancelleria della Corte il 23 aprile 2014, la Regione
Lazio ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma
15-bis, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio
del piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e
del gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio
2014, n. 9.
Il comma 15-bis
dell’art. 13 viene censurato nella parte in cui stabilisce il valore massimo
dell’aliquota dell’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili
civili (d’ora in avanti, «IRESA»), di cui agli artt. 90 e seguenti della legge
21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale).
I parametri invocati nel
ricorso sono l’art. 77, secondo comma, della Costituzione; l’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., in combinato disposto con l’art. 3 Cost.; gli artt.
117, secondo e terzo comma, e 119, primo e secondo comma, Cost., in relazione
all’art. 11 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in
materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle
province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel
settore sanitario), e all’art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge
di contabilità e finanza pubblica); nonché l’art. 120 Cost., in combinato
disposto con gli artt. 117 e 119 Cost.
2.− La Regione Lazio
premette che, con la legge n. 342 del 2000, è stata istituita l’imposta
regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili, dovuta alle Regioni o alle
Province autonome da parte dell’esercente dell’aeromobile, ed è stato previsto
un parziale vincolo di gettito per opere di disinquinamento acustico nonché per
il risarcimento dei soggetti danneggiati dalle emissioni sonore.
Evidenzia la parte
ricorrente che, in attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al
Governo in materia di federalismo fiscale, attuazione dell’articolo 119 della
Costituzione), è stato emanato il d.lgs. n. 68 del 2011, il cui art. 8 ha
stabilito che «Ferma la facoltà per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal
1° gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri regionali [...] l’imposta
sulle emissioni sonore degli aeromobili di cui [...] agli articoli da 90 a 95
della legge 21 novembre 2000, n. 342».
2.1.− La ricorrente
riferisce quindi che, ai sensi del menzionato art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011,
la legge della Regione Lazio 29 aprile 2013, n. 2, recante «Legge finanziaria
regionale per l’esercizio 2013 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n.
25)», ha disciplinato l’IRESA quale tributo regionale proprio, stabilendone il
presupposto, le esenzioni nonché la misura.
In particolare, l’art. 5
della legge regionale n. 2 del 2013 stabilisce, al sesto comma, la misura
dell’IRESA, prevedendo aliquote differenziate, variabili da un minimo di 1,60
euro per tonnellata, sino ad un massimo di 2,5 euro per tonnellata, da
applicare agli aeromobili sprovvisti di certificazione acustica o non
rispondenti ai parametri fissati dall’International civil aviation organization
(ICAO).
2.2.− La parte
ricorrente riferisce, inoltre, che l’Autorità garante della concorrenza e del
mercato (d’ora in avanti, «AGCM»), nell’atto di segnalazione n. 1071 del 27
agosto 2013, ha ritenuto che la difformità fra le normative delle sei Regioni
che hanno istituito l’IRESA determini un’alterazione della redditività per i
vettori che fanno scalo solo in alcuni aeroporti rispetto ad altri, con conseguenze
distorsive sul piano concorrenziale per le compagnie aeree, i consumatori e le
società di gestione degli aeroporti. L’Autorità ha, inoltre, osservato che «Le
problematiche concorrenziali evidenziate possono essere superate attraverso la
definizione con legge dello Stato di criteri uniformi per il calcolo
dell’imposta, il cui gettito dovrà ovviamente essere devoluto alle regioni di
pertinenza».
2.3.− Con il successivo
d.l. n. 145 del 2013, il Governo ha adottato «Interventi urgenti di avvio del
piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del
gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015».
In particolare, la legge di conversione n. 9 del 2014 ha inserito all’art. 13,
recante «Disposizioni urgenti per EXPO 2015, per i lavori pubblici ed in
materia di trasporto aereo», il comma 15−bis, oggetto dell’odierno giudizio.
2.4.− Così ricostruito
il quadro normativo, la Regione Lazio denuncia, in primo luogo, l’illegittimità
costituzionale del comma 15-bis dell’art. 13, per violazione dell’art. 77,
secondo comma, Cost.
Ritiene infatti la
Regione che sia stato eluso il principio di omogeneità della decretazione
d’urgenza, sia con riferimento alla disciplina del decreto-legge nella sua
complessità, sia con specifico riguardo all’oggetto della norma impugnata,
inserita dalla legge di conversione, rispetto al contenuto del decreto-legge.
2.4.1.− In via
preliminare, la ricorrente richiama la giurisprudenza della Corte che
condiziona l’ammissibilità delle questioni prospettate da una Regione,
nell’ambito di un giudizio in via principale, in riferimento a parametri
costituzionali diversi da quelli riguardanti il riparto delle competenze tra lo
Stato e le Regioni, alla ridondanza delle asserite violazioni su tale riparto e
alla specifica indicazione delle competenze ritenute lese e delle ragioni della
lamentata lesione. La Regione sottolinea, in particolare, che − proprio con
riferimento all’art. 77 Cost. − la Corte ha riconosciuto che le Regioni possono
impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione del
medesimo art. 77, «ove adducano che da tale violazione derivi una compressione
delle loro competenze costituzionali» (sentenza n. 6 del 2004), così come
sarebbe accaduto nel caso di specie.
Le ragioni della
ridondanza vengono quindi ricondotte alla violazione dell’autonomia finanziaria
regionale, di cui all’art. 119, primo e secondo comma, Cost., poiché l’IRESA
costituisce un tributo regionale proprio, ossia un tributo «istituito dalle
regioni con proprie leggi in relazione ai presupposti non già assoggettati ad
imposizione erariale», ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera b), numero 3),
della legge n. 42 del 2009.
2.4.2.− Quanto al merito
della censura relativa all’art. 77, secondo comma, Cost., la ricorrente
evidenzia che nel d.l. n. 145 del 2013, come convertito, sarebbero state
introdotte discipline del tutto eterogenee, incidenti su una pluralità di
materie; viene quindi richiamata la giurisprudenza della Corte, la quale
collega il riconoscimento dell’esistenza dei presupposti fattuali, di cui
all’art. 77, secondo comma, Cost., ad un’intrinseca coerenza delle norme
contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o
dal punto di vista funzionale e finalistico (sentenze n. 121 del 2008 e n. 171
del 2007).
Viceversa, nel caso in
esame le fattispecie disciplinate dal d.l. n. 145 del 2013, come convertito,
non sarebbero accomunate da una natura unitaria, né l’eterogeneità degli
interventi potrebbe ritenersi giustificata dalla necessità di approntare rimedi
urgenti rispetto a situazioni straordinarie sopravvenute.
2.5.− Sotto un diverso
profilo, la ricorrente denuncia l’illegittimità della norma impugnata per
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in combinato
disposto con l’art. 3 Cost., evidenziando che la disposizione in esame,
quand’anche sia ricondotta alla materia − di competenza esclusiva statale – ha
superato i limiti di ragionevolezza e proporzionalità che fungono da parametro
di legittimità dell’intervento statale sulle attribuzioni regionali.
La disposizione sarebbe
intrinsecamente contraddittoria ed elusiva dello stesso scopo dichiarato dalla
norma. Anziché individuare «criteri uniformi per il calcolo dell’imposta» (come
auspicato dall’AGCM), la norma censurata ha fissato il limite massimo dei
parametri dell’IRESA, così eccedendo le indicazioni contenute nella
segnalazione, ed anzi sostanzialmente eludendole.
Ad avviso della
ricorrente, infatti, la fissazione di un tetto di imposta molto basso
svuoterebbe di contenuto l’imposta, tanto da azzerarne l’incidenza. Il
risultato che ne consegue sarebbe antitetico rispetto all’obiettivo di
incentivare la concorrenza, nel senso di premiare le imprese più efficienti, le
quali si dotino, ad esempio, di apparecchi meno rumorosi e inquinanti. In tal
modo, invece, i mezzi più obsoleti e rumorosi sarebbero soggetti ad un regime
sostanzialmente analogo a quello riservato ai velivoli più efficienti − posto
che un limite di imposta così basso sarebbe inidoneo a determinare
significative differenze quantitative, a fronte di evidenti disparità
qualitative fra i mezzi − con conseguente elusione del principio di
concorrenza.
L’irragionevolezza della
disposizione impugnata emergerebbe anche dal fatto che il limite massimo
fissato dal comma 15-bis sarebbe – asserisce la Regione – largamente inferiore
non solo alle soglie minime stabilite dalla legge della Regione Lazio n. 2 del
2013, ma anche a tutte le soglie massime applicate dalle altre Regioni che
hanno istituito l’IRESA quale tributo regionale proprio.
A riprova
dell’irragionevolezza della norma in esame, sotto il profilo del difetto di
proporzionalità, viene, altresì, addotta la decurtazione degli introiti
relativi alla riscossione dell’imposta, i quali subirebbero una riduzione
superiore al 70 per cento, con perdite di circa 40.000.000 di euro l’anno.
Inoltre, la riduzione
dell’aliquota massima potrebbe determinare il legislatore regionale ad
applicare, indifferentemente per tutti i velivoli, la soglia massima stabilita
dal censurato comma 15-bis, posto che altrimenti l’istituzione dell’imposta
risulterebbe del tutto inutile, in quanto il gettito resterebbe in gran parte
assorbito dai costi amministrativi per la riscossione dell’imposta.
2.6.− Viene, inoltre,
denunciata l’illegittimità costituzionale del medesimo comma 15-bis per
violazione degli artt. 3, 117, secondo e terzo comma, e 119, primo e secondo
comma, Cost., in relazione all’art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011, e all’art. 19
della legge n. 196 del 2009.
2.6.1.− Si osserva in
proposito che, a seguito della trasformazione dell’IRESA in tributo regionale
proprio, la relativa disciplina sarebbe ascrivibile alla materia, di competenza
legislativa concorrente, «coordinamento del sistema tributario», di cui al
terzo comma dell’art. 117 Cost. Infatti, soltanto per i tributi regionali
cosiddetti «derivati» (cioè istituiti e regolati con legge dello Stato), la
competenza legislativa rimane esclusivamente statale, ai sensi dell’art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost., mentre nel caso di tributi «degli altri enti»
e di quelli istituiti e regolati da leggi regionali, la competenza legislativa
è concorrente (sentenza n. 121 del 2013).
Tuttavia l’intervento in
questione non sarebbe volto a stabilire un principio fondamentale di
coordinamento del sistema tributario, bensì una statuizione di dettaglio, di
immediata applicazione nei confronti delle Regioni.
2.6.2.– Si osserva,
inoltre, che la norma impugnata, incidendo in modo significativo sulle entrate
della Regione Lazio, sarebbe lesiva dell’autonomia regionale anche per la
mancanza di copertura finanziaria, nel senso che l’intervento statale
eliminerebbe un’imposta regionale senza specificare le misure compensative. Ciò
costituirebbe violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011, il quale
prevede, al primo comma, che «Gli interventi statali sulle basi imponibili e
sulle aliquote dei tributi regionali di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b),
numeri 1) e 2), della citata legge n. 42 del 2009 sono possibili, a parità di
funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di
misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota o
attribuzione di altri tributi».
La parte ricorrente
evidenzia che l’art. 15-bis, oggetto di censura, non contiene alcuna previsione
relativa all’onere − inteso come minore entrata − a carico dei bilanci
regionali, né l’indicazione della copertura dell’onere stesso riferita a tali
bilanci. A questo riguardo, viene, altresì, richiamato l’art. 19 della legge n.
196 del 2009, il quale prevede, in attuazione dell’art. 81, quarto comma,
Cost., che «Le leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto forma
di minori entrate, a carico dei bilanci delle amministrazioni pubbliche devono
contenere la previsione dell’onere stesso e l’indicazione della copertura
finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali».
2.7.− Viene, infine,
denunciata la violazione dell’art. 120 Cost., in combinato disposto con gli
artt. 117 e 119 Cost., sotto il profilo del principio della leale
collaborazione.
L’intervento in esame,
benché dichiaratamente ricollegato all’esercizio della potestà legislativa
statale in materia di «tutela della concorrenza», detta una disciplina che
incide su ulteriori ambiti materiali di competenza regionale concorrente, il
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost., nonché sull’autonomia finanziaria della Regione
Lazio, riconosciuta dall’art. 119, primo e secondo comma, Cost. Ad avviso della
Regione Lazio, ciò avrebbe reso necessario il coinvolgimento delle Regioni
nella formulazione dell’emendamento di cui al comma 15-bis, inserito in sede di
conversione. Viceversa, l’introduzione della norma impugnata non è stata
preceduta da alcuna forma di cooperazione tra il legislatore statale e le
singole Regioni.
3.− Il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, si è costituito in giudizio con memoria depositata il 29 maggio 2014,
nella quale ha chiesto che le questioni promosse dalla Regione Lazio siano dichiarate
infondate.
3.1.− In primo luogo,
l’Avvocatura generale dello Stato ha dedotto che la prima censura, relativa
alla violazione degli artt. 77, secondo comma, 117, terzo comma, e 119, primo e
secondo comma, Cost., sarebbe infondata, in quanto − ai fini del rispetto del
requisito dell’omogeneità tra legge di conversione e decreto-legge − è
sufficiente che sussista una coerenza finalistica. È richiesto, infatti, che
tutte le norme si prefiggano di conseguire il medesimo obiettivo e che a questo
scopo siano funzionali. E sebbene la diversità dei campi di intervento renda
inevitabile che le varie disposizioni utilizzino strumenti diversificati, tutti
devono mirare a realizzare la medesima finalità politica.
In particolare, la norma
impugnata si prefigge il fine di «evitare effetti distorsivi della concorrenza
tra gli scali aeroportuali e di promuovere l’attrattività del sistema
aeroportuale italiano». Si è ritenuto realizzabile tale obiettivo con la
determinazione di un limite massimo ai parametri delle misure IRESA nonché con
una rimodulazione del tributo che tenga conto della distinzione tra voli diurni
e notturni e delle peculiarità urbanistiche delle aree geografiche prospicienti
i singoli aeroporti.
Nelle premesse del
provvedimento si indica l’obiettivo del rilancio della competitività delle
imprese; ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, sarebbe quindi
ravvisabile un’intima coerenza del comma 15-bis con le finalità perseguite dal
Governo con il d.l. n. 145 del 2013, come convertito. Si tratterebbe, infatti,
di un tributo che non si limita a considerare il solo elemento acustico del
rumore prodotto, ma tiene conto anche di altri fattori (quali gli orari nei
quali i voli vengono effettuati e la densità abitativa delle aree geografiche
prospicienti le zone aeroportuali); pertanto, esso sarebbe idoneo a stimolare
la competizione tra i vettori, incentivati a diversificare gli orari e gli
scali delle tratte aeree.
3.2.− Con riferimento
alla violazione del principio di ragionevolezza e di quello di proporzionalità,
nonché alla invasione dell’autonomia finanziaria regionale, la difesa della
parte resistente evidenzia che il legislatore statale può stabilire aliquote
massime al fine di assicurare l’uniformità di trattamento di tutti i
cittadini soggetti a tributi regionali propri (e non derivati), in virtù del
potere attribuitogli dall’art. 119, secondo comma, Cost., il quale impone a
tutte le Regioni di attenersi ai «principi di coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario».
Ad avviso dell’Avvocatura
generale dello Stato, la determinazione dell’aliquota massima in misura
notevolmente inferiore a quella sinora prevista dalla Regione Lazio non
sarebbe, di per sé, indice di irragionevolezza della norma censurata. Rientra,
infatti, nella discrezionalità politica del legislatore la valutazione del
tributo massimo che ogni Regione può stabilire, tenuto conto del rilievo
strategico del settore di intervento, connesso alla manifestazione Expo 2015.
3.3.− Sarebbe, inoltre,
erroneo ritenere che la natura di tributo proprio regionale dell’IRESA precluda
qualsiasi intervento da parte del legislatore statale. Infatti, i tributi
regionalizzati previsti dall’art . 8, primo comma, del d.lgs. n. 68 del
2011, non sarebbero completamente assimilabili ai cosiddetti «tributi propri
istituiti», previsti solo dalla legge delega sul federalismo fiscale e mai
attuati.
Mentre, infatti, questi
ultimi sono tributi che le Regioni istituiscono direttamente con proprie leggi
in relazione a presupposti non assoggettati ad imposizione erariale (art. 7,
primo comma, lettera b), numero 3), della legge n. 42 del 2009), i tributi ai
quali fa riferimento l’art. 8, sebbene disciplinati dalla normativa regionale,
per effetto di una sorta di rinuncia da parte del legislatore statale,
sarebbero comunque forme di imposizione introdotte dalla legislazione statale.
Pertanto, la facoltà
delle Regioni di ridisegnare i tributi previsti dall’art. 8 con proprie leggi,
non sarebbe sottratta ad un obbligo di sostanziale coerenza con la normativa
statale istitutiva, quanto meno con gli elementi essenziali della stessa e,
comunque, al rispetto del principio di ragionevolezza. Ne discende, ad avviso
dell’Avvocatura generale dello Stato, la legittimità costituzionale della
disposizione legislativa statale impugnata, in quanto finalizzata a condurre a
razionalità l’imposta sotto il profilo della misura delle aliquote.
3.4.− Con riferimento
alla dedotta violazione del principio di leale collaborazione, l’Avvocatura
generale dello Stato riferisce che presso il Dipartimento Affari regionali
della Presidenza del Consiglio erano state attivate procedure di confronto con
la Regione; in tali occasioni, quest’ultima, nel prendere atto dei rilievi
espressi, si era impegnata «nel contesto della leale cooperazione» ad una
rivalutazione delle norme critiche; tale rivalutazione, non solo non sarebbe
mai stata effettuata, ma sarebbe stata sostanzialmente elusa dalla Regione con
l’impugnativa in esame. Pertanto, sarebbe la condotta della stessa Regione ad
essere censurabile sotto il profilo della leale cooperazione.
3.5.− Infine, riguardo
alla violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011, la difesa erariale
ritiene che la disciplina che prevede compensazioni per ripianare i mancati
introiti, trovi la sua ratio esclusivamente nell’esigenza di garantire,
nell’ambito dell’assetto federalista delineato dal richiamato decreto
legislativo, i necessari equilibri finanziari ai bilanci delle Regioni a
seguito delle rimodulazioni, tra i diversi livelli di governo, dei flussi di
gettito collegati ai vari tributi (regionalizzati o compartecipati).
Viceversa, la
disposizione impugnata non sarebbe ispirata ad una logica federalista, quanto
piuttosto all’esigenza di ripristinare, soprattutto nel contesto comunitario,
la razionalità di un tributo regionalizzato.
4.− Con successive
memorie entrambe le parti hanno ulteriormente argomentato le rispettive
posizioni.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso spedito
per la notifica il 18 aprile 2014, ricevuto dalla resistente il 24 aprile 2014
e depositato nella cancelleria della Corte il 23 aprile 2014, la Regione Lazio
ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 15-bis,
del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio del
piano “Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del
gas, per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle
imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio
2014, n. 9.
Il comma 15-bis
dell’art. 13 viene censurato nella parte in cui stabilisce il valore massimo
dell’aliquota dell’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili
civili (d’ora in avanti, «IRESA»), di cui agli artt. 90 e seguenti della legge
21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia fiscale).
I parametri invocati nel
ricorso sono l’art. 77, secondo comma, della Costituzione; l’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., in combinato disposto con l’art. 3 Cost.; gli artt.
117, secondo e terzo comma, e 119, primo e secondo comma, Cost., in relazione
all’art. 11 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in
materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province,
nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore
sanitario), e all’art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di
contabilità e finanza pubblica); nonché l’art. 120 Cost., in combinato disposto
con gli artt. 117 e 119 Cost.
2.− Le questioni di
legittimità costituzionale formulate in riferimento agli artt. 77, secondo
comma, e 117, secondo comma, lettera e), Cost., in combinato disposto con
l’art. 3 Cost., sono inammissibili.
2.1.− Le censure
relative alla violazione degli artt. 77, secondo comma, e 117, secondo comma,
lettera e), Cost., in combinato disposto con l’art. 3 Cost., si riferiscono a
parametri che non attengono al riparto delle competenze legislative tra Stato e
Regioni. Questa Corte ha costantemente affermato che le questioni di
legittimità costituzionale prospettate da una Regione, nell’ambito di un
giudizio in via principale, in ordine a parametri diversi da quelli riguardanti
il riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, sono
ammissibili soltanto se vi sia ridondanza delle asserite violazioni su tale
riparto e il soggetto ricorrente abbia indicato le specifiche competenze
ritenute lese e le ragioni della lamentata lesione (ex plurimis, sentenze n. 44
del 2014; n. 234, n. 220, n. 20 e n. 8 del 2013; n. 22 del 2012; n. 128 del
2011; n. 326, n. 156, n. 52 e n. 40 del 2010; n. 341 del 2009).
Secondo la
prospettazione della ricorrente, i vizi denunciati sarebbero suscettibili di
determinare la menomazione delle sue attribuzioni costituzionali e,
specificamente, della sua autonomia finanziaria, tutelate dagli artt. 117,
terzo comma, e 119 Cost., in considerazione della natura dell’IRESA quale
tributo regionale proprio.
2.1.1.− Va, peraltro,
rilevato che, nel caso in esame, dalle evidenze documentali acquisite ai fini
della valutazione dell’entità della riduzione del gettito dell’imposta,
emergono dati discordanti.
La ricorrente evidenzia,
in particolare, che la legge della Regione Lazio 29 aprile 2013, n. 2, recante
«Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2013 (art. 11, legge regionale 20
novembre 2001, n. 25)», nell’istituire l’IRESA ha stimato un gettito annuo di
55.000.000 di euro (art. 5, comma 10). Essa, inoltre, afferma che − con
l’applicazione dell’aliquota massima introdotta dalla norma impugnata − il
gettito proveniente dall’IRESA si ridurrebbe a circa 15.000.000 di euro, con
una perdita di circa il 73 per cento.
Tali dati si basano su
registrazioni del traffico aereo risalenti al 2011; in ogni caso, non sono
state fornite indicazioni né in ordine alla composizione qualitativa del
gettito, ripartita per classi di appartenenza degli aeromobili, né in ordine
all’effettiva riscossione, né infine circa l’incidenza della diversa
modulazione del tributo derivante dall’applicazione degli ulteriori criteri
stabiliti dalla disposizione impugnata. Neppure risulta che la Regione Lazio si
sia adeguata ai nuovi parametri stabiliti dal legislatore statale con la
disposizione impugnata, ancorché la stessa sia in vigore dal 22 febbraio 2014.
Può aggiungersi che la
stima del gettito del tributo per gli anni successivi al 2014, risultante dal
bilancio di previsione per il triennio 2015-2017 (deliberazione della Giunta
regionale del 30 dicembre 2014, n. 943, recante «Bilancio di previsione
finanziario della Regione Lazio 2015-2017. Approvazione del “Bilancio
finanziario gestionale”, ripartito in capitoli di entrata e di spesa»,
pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione 30 dicembre 2014, n. 104,
supplemento n. 4), oltre ad essere indifferente rispetto alle modifiche
normative denunciate, si discosta notevolmente dagli importi indicati nel
ricorso.
I dati forniti in ordine
alla prospettata riduzione del gettito appaiono, quindi, inidonei per valutare
l’incidenza della stessa riduzione sulle finanze regionali.
2.1.2.− Può ritenersi,
peraltro, pacifico che dalla determinazione statale della nuova e più ridotta
aliquota consegua una riduzione del gettito e della disponibilità finanziaria
delle Regioni (ed, in particolare, di quelle Regioni che, con la propria autonoma
disciplina del tributo, abbiano adottato aliquote superiori). Tuttavia, nel
caso in esame, non è stato né dedotto, né tanto meno provato, che da tale
riduzione consegua uno squilibrio incompatibile con le complessive esigenze di
spesa regionale e, quindi, l’insufficienza dei mezzi finanziari dei quali la
Regione dispone per l’adempimento dei propri compiti (ex plurimis, sentenze n.
155 del 2006; n. 431, n. 389, n. 29 e n. 17 del 2004).
In definitiva, la tesi
della ricorrente, secondo cui la lesione degli evocati parametri costituzionali
determinerebbe una lesione dell’autonomia finanziaria regionale, si rivela
meramente assertiva e non individua lo specifico vulnus che la disposizione
impugnata arrecherebbe alle attribuzioni regionali.
Devono, pertanto,
dichiararsi inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse
in riferimento all’art. 77, secondo comma, Cost., nonché all’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., in combinato disposto con l’art. 3 Cost., posto che,
in relazione ad esse, «il ricorso è generico quanto alla motivazione e carente
[…] quanto alla pretesa ridondanza della disposizione impugnata sulla lesione
delle proprie competenze» (ex plurimis, sentenze n. 79 del 2014 e n. 246 del
2012).
3.− La censura relativa
alla violazione dell’art. 119, primo e secondo comma, Cost., in relazione
all’art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011, e all’art. 19 della legge n. 196 del
2009, è infondata.
3.1.− La Regione Lazio
lamenta che la norma impugnata, incidendo in modo significativo sulle entrate
regionali, sarebbe priva di copertura finanziaria, in quanto l’intervento
statale non conterrebbe alcuna previsione circa l’onere − inteso come minore
entrata − a carico dei bilanci regionali, né alcuna indicazione circa le
necessarie misure compensative.
Ciò costituirebbe
violazione dell’art. 11 del d.lgs. n. 68 del 2011, il quale – in attuazione dei
principi stabiliti dall’art. 7, secondo comma, lettera t), della l. n. 42 del
2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell’articolo
119 della Costituzione) − prevede, al primo comma, che «Gli interventi statali
sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali di cui all’art. 7,
comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), della citata legge n. 42 del 2009 sono
possibili, a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la
contestuale adozione di misure per la completa compensazione tramite modifica
di aliquota o attribuzione di altri tributi».
Senza entrare nella
questione se l’art. 11 sia parametro interposto, ovvero espressione di una
competenza esclusiva dello Stato, ha rilievo l’attuale configurazione giuridica
dell’IRESA quale «tributo proprio regionale», così definito dall’art. 8 del
d.lgs. n. 68 del 2011 e riconosciuto come tale da questa Corte (sentenza n. 18
del 2013), sia pure con le peculiarità che saranno appresso indicate. Ciò
esclude, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009,
la necessità di misure compensative, giacché tale disposizione le prevede
soltanto per altri tributi regionali.
Da ciò discende
l’infondatezza della denunciata violazione dell’art. 119, primo e secondo
comma, Cost., in relazione all’art. 11 del d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68, e
all’art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
4.– La questione relativa
alla violazione dell’art. 119, secondo comma, Cost. è infondata.
4.1.− La ricorrente
lamenta, in particolare, che la disposizione legislativa censurata,
intervenendo nella materia del coordinamento del sistema tributario, affidata,
ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., alla competenza
legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, non sarebbe volta a
stabilire un principio fondamentale di coordinamento, ma detterebbe una
statuizione di dettaglio di immediata applicazione nei confronti delle Regioni.
4.2.− Va, in primo
luogo, rilevato che la disposizione impugnata non stabilisce un’aliquota unica,
ma un’aliquota massima modulabile da tutte le Regioni, sulla base dei criteri
legislativamente indicati. Si tratta perciò non di una statuizione di
dettaglio, ma, appunto, di una norma di coordinamento, resa necessaria dalle
finalità concorrenziali espressamente enunciate e concretamente perseguite
dalla stessa disposizione.
Tali finalità
corroborano la legittimità dell’intervento, che si prefigge il fine di «evitare
effetti distorsivi della concorrenza tra gli scali aeroportuali e di promuovere
l’attrattività del sistema aeroportuale italiano». L’obiettivo del rilancio
della competitività del settore è destinato a realizzarsi, sia attraverso la
determinazione di un limite massimo dell’imposta, sia con la sua modulazione
che tenga conto della distinzione tra voli diurni e notturni e delle
peculiarità urbanistiche delle aree geografiche prospicienti i singoli
aeroporti.
Tali modalità di realizzazione
delle funzioni pro-concorrenziali della disposizione rispondono alle
indicazioni formulate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato
nell’atto di segnalazione n. 1071 del 27 agosto 2013. In questa sede, infatti,
«la definizione con legge dello Stato di criteri uniformi per il calcolo
dell’imposta» era stata indicata come necessaria al superamento delle
problematiche concorrenziali derivanti dalle difformità tra le discipline
regionali dell’imposta.
4.2.1.− Va, inoltre,
evidenziato che l’imposta in esame, originariamente finalizzata a promuovere il
disinquinamento acustico in relazione al traffico aereo, ha mantenuto uno scopo
specifico, il quale tuttora comprende finalità attinenti alla tutela
dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.). Lo dimostra la
previsione della destinazione «prioritaria» del gettito «al completamento dei
sistemi di monitoraggio acustico e al disinquinamento acustico e all’eventuale
indennizzo delle popolazioni residenti […] dell’intorno aeroportuale» (art. 90,
comma 1, della legge n. 342 del 2000).
4.2.2.− L’intersezione
delle molteplici finalità della disposizione impugnata, tutte rientranti nella
competenza legislativa statale, sorregge la legittimità dell’intervento
normativo in esame e conduce alla declaratoria di infondatezza delle censure.
5.− Anche la questione
relativa alla violazione dell’art. 120 Cost. è infondata.
5.1.− Al riguardo,
questa Corte ha costantemente escluso che le procedure collaborative fra Stato
e Regioni (salvo che l’osservanza delle stesse sia imposta direttamente o
indirettamente da norme costituzionali) trovino applicazione nell’attività
legislativa dello Stato (sentenze n. 273 del 2013; n. 297 del 2012; n. 196 del
2004).
Pertanto, la questione
formulata in riferimento alla violazione dell’art. 120 Cost. risulta infondata.
Per Questi Motivi
LA CORTE
COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili
le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 15-bis, del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (Interventi urgenti di avvio del piano
“Destinazione Italia”, per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas,
per l’internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese,
nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n. 9,
promosse, in riferimento agli artt. 77, secondo comma, e 117, secondo comma,
lettera e), della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 3 Cost., dalla
Regione Lazio, con il ricorso indicato in epigrafe;
dichiara non fondate le
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 15-bis, del d.l. n.
145 del 2013, come convertito, promosse, in riferimento agli artt. 117, secondo
e terzo comma, 119, primo e secondo comma, e 120 Cost., dalla Regione Lazio con
il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma,
nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 febbraio
2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI
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