ADUNANZE PLENARIE
& APPALTI:
il principio di specialità
nel contrasto tra art. 72 del r.d. n. 827/1924
e l'art. 199 co. 2 del d.P.R. n. 207/2010
(Ad. Plen, 13 novembre 2015, n. 10)
Massima
1. Se
da un lato rimane indubbia la vigenza dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924,
dall’altro lato, la sua compatibilità con l’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del
2010 è giustificata dal diverso ambito applicativo dei due sistemi normativi:
al riguardo il criterio di specialità è utile, ma deve applicarsi con
riferimento alle due fonti normative complessivamente considerate, e non in
rapporto ai soli criteri di risoluzione delle discrasie presenti nelle offerte.
2. Ne deriva che l’organicità, la completezza e la specificità del d.lgs. n.
163 del 2006 (e del relativo Regolamento di esecuzione), destinato a
disciplinare “i contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e
dei soggetti aggiudicatari, aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti,
lavori ed opere”, consentono di affermarne la natura derogatoria, nel suo
complesso, rispetto alle disposizioni vigenti del r.d. n. 827 del 1924 che ha
come obiettivo principale l’equilibrio economico-finanziario dello Stato. 3. Di
conseguenza, il suo ambito applicativo può essere validamente circoscritto alle
ipotesi, non ricomprese nell’alveo della disciplina del Codice dei contratti,
in cui si renda necessario valorizzare l’interesse economico dello Stato.
3. Da
ciò, può desumersi che il vantaggio per l’Amministrazione assurge a criterio
dirimente in caso di contrasto fra offerta espressa in lettere ed offerta
espressa in cifre, laddove occorra massimizzare gli introiti per l’Erario,
mentre gli interessi degli operatori economici sono posti in un secondo piano.
4. In ultima analisi, il criterio di cui all’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 può
ritenersi validamente operante, come è stato correttamente evidenziato, nelle
ipotesi di procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la stipula di
contratti passivi, come la vendita o la locazione di beni.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Consiglio di Stato
in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 5 di A.P. del 2015, proposto da:
Peloritana Appalti S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Saitta, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
Peloritana Appalti S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Saitta, con domicilio eletto presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro p.t., -
Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Sicilia-Calabria,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato,
domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei
confronti di
Nuova
Edil di Rizzo Giuseppe, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Stallone, con domicilio eletto
presso Segreteria Sezionale Cds in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
per
la riforma
della
sentenza del T.A.R. SICILIA - PALERMO: SEZIONE I n. 02454/2014, resa tra le
parti, concernente lavori di messa in sicurezza palazzo di giustizia di Palermo
–
rimessione
all'Adunanza Plenaria con ordinanza collegiale n. 390/2015 del Consiglio di
Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.
Visti
il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti - Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche
Sicilia-Calabria e di Nuova Edil di Rizzo Giuseppe;
Viste
le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 il Cons. Nicola Russo e uditi
per le parti gli avvocati Dentici per delega di Saitta, e l’avvocato dello
Stato Figliolia.;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Provveditorato Interregionale
per le Opere Pubbliche Sicilia e Calabria, in data 6 dicembre 2013, pubblicava
un bando avente ad oggetto una procedura aperta per l’affidamento dei lavori di
messa in sicurezza e per il risanamento ed il consolidamento strutturale dei
locali del piano cantinato in corrispondenza della rampa di accesso
all’ingresso principale del Palazzo di Giustizia di Palermo. Il criterio di
aggiudicazione dei lavori, ai sensi del punto 20 del bando, era quello del
prezzo più basso, determinato mediante ribasso sull’elenco prezzi posto a base
di gara, al netto degli oneri di sicurezza, con le modalità di cui all’art. 86
comma 1 e art. 122 comma 9 del d.lgs n. 163 del 2006 come previsto dall’art.
253 comma 20-bis dello stesso d.lgs..
La
commissione aggiudicatrice, in virtù di quanto stabilito nel disciplinare di
gara, prendeva in considerazione, per le offerte presentate da ogni singolo
concorrente, soltanto le prime tre cifre decimali successive alla virgola e, al
fine di dirimere le discrasie tra le offerte espresse in cifre e quelle in
lettere, dava prevalenza a queste ultime, “in conformità a quanto previsto dal
Regolamento”, come affermato nel verbale della commissione del 27 dicembre 2013.
La
Peloritana Appalti s.r.l. partecipava alla gara presentando, sull’importo a
base d’asta, un ribasso percentuale del “32,1288 % diconsi
trentaduevirgolamilleduecentoventotto”, con una formula che palesava una
discordanza tra l’offerta espressa in cifre e quella in lettere: pertanto, in
applicazione dei richiamati criteri di risoluzione delle discrasie e
parallelamente a quanto effettuato anche nei confronti di altre quattro
concorrenti, la commissione considerava valida, fra quelle contrastanti, l’offerta
della ditta Peloritana che esprimeva di un minor ribasso percentuale.
All’esito
della procedura, la Nuova Edil di Rizzo Giuseppe risultava aggiudicataria,
dapprima, provvisoriamente ed, in seguito, come risultante dal provvedimento n.
6577 del 28 marzo 2014, in via definitiva, in virtù di una proposta di ribasso
dal prezzo posto a base d’asta pari al 32,1287 %.
La
ditta Peloritana Appalti s.r.l. con un unico motivo, presentava ricorso (r.g.
n. 1353 del 2014) al T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, lamentando
l’omessa applicazione dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, quale criterio utile a
dirimere il contrasto fra le offerte in lettere e quelle in cifre. Secondo la
ricorrente, infatti, la commissione avrebbe dato prevalenza alle offerte
espresse in lettere in applicazione dell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del
2010 il quale, tuttavia, si riferirebbe a fattispecie differenti -
aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi
unitari - rispetto a quella in esame. La disposizione contenuta nell’art. 72
r.d. n. 827 del 1924, invece, attribuendo priorità, in caso di contrasto,
all’offerta maggiormente vantaggiosa per l’Amministrazione, avrebbe consentito
alla commissione di ritenere valida l’offerta espressa in cifre. Da ciò, ed in
base alle previsioni contenute nel disciplinare di gara, sarebbe scaturita la
necessità di un sorteggio, al fine di determinare l’aggiudicatario
dell’appalto: in effetti, il ribasso percentuale espresso in cifre della ditta
Peloritana Appalti s.r.l. equivaleva a quello proposto dalla Nuova Edil di
Rizzo Giuseppe (32,128 %).
Il
T.A.R. per la Sicilia respingeva il ricorso con la sentenza n. 2454 del 17
ottobre 2014, affermando la validità della procedura seguita dalla commissione,
stante l’applicabilità al caso di specie dell’art. 119 coma 2 d.P.R. n. 207 del
2010. Secondo il T.A.R., se, per un verso, non può assumersi l’intervenuta
abrogazione dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, per altro verso, quest’ultimo
concernerebbe esclusivamente i c.d. contratti passivi, quelli, cioè volti alla
vendita o locazione di beni.
Avverso
la citata sentenza, la Peloritana Appalti s.r.l. proponeva appello (r.g. n.
932/2014) dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Siciliana sostenendo l’erroneità dei principi espressi nella decisione di primo
grado. Al riguardo, veniva nuovamente censurata l’inconferenza della norma
applicata dalla commissione aggiudicatrice al fine di superare le discrasie
presenti nelle offerte presentate dai concorrenti, nonché la rilevanza, nel
caso in esame, dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924.
Si
costituiva in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -
Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Sicilia e Calabria che,
per il tramite dell’Avvocatura Erariale, chiedeva il rigetto del gravame e la
contestuale conferma della sentenza di primo grado.
Con
ordinanza n. 390 dell’11 maggio 2015, il Consiglio di Giustizia Amministrativa
per la Regione Siciliana riteneva opportuno deferire la questione a questa
Adunanza, a causa del contesto normativo e giurisprudenziale connotato da
alcune perplessità ed avuto riguardo al significativo rilievo pratico della
questione controversa.
Secondo
il C.G.A.R.S., infatti, risulta problematico stabilire con certezza il dato
normativo da applicare nel caso di specie. Da un lato, l’art. 72 r.d. n. 827
del 1924, della cui vigenza non può dubitarsi, potrebbe ritenersi applicabile
al caso di specie, stante la sua mancata inclusione tra le disposizioni
espressamente abrogate in seguito all’entrata in vigore del d.l.gs n. 163 del
2006 e del relativo regolamento di attuazione, ai sensi dell’art. 256 del
decreto stesso. Inoltre, l’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010 non avrebbe
valore di novità, poiché la disposizione in esso contenuta riproduce il
medesimo contenuto dell’art. 5 l. n. 14 del 1973, confluito successivamente
nell’art. 90 del d.P.R. n. 554 del 1999.
Da
un diverso punto di vista, invece, l’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010
viene considerato come una norma di chiusura dell’ordinamento, idonea a
prevenire eventuali contestazioni circa l’effettiva volontà dei privati ed a
risolvere le discordanze tra le diverse componenti dell’offerta nel rispetto
dei principi di certezza e trasparenza delle operazioni di affidamento degli
appalti di lavori pubblici.
Si
è costituita in giudizio la Peloritana Appalti s.r.l., la quale ha evidenziato
che i precedenti giurisprudenziali, richiamati nella ordinanza di rimessione
dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, dai quali potrebbe desumersi l’applicabilità
dell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010, non affronterebbero in nessun
caso il contrasto con l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924. Parimenti irrilevante
risulterebbe il riferimento effettuato dal Consiglio di Giustizia, alla
disciplina prevista per gli assegni e le cambiali, stante la diversità
strutturale e funzionale della disciplina dei titoli di credito rispetto a
quella prevista per i contratti pubblici. Inoltre, secondo la ditta Peloritana,
l’applicazione alla fattispecie de qua dell’art. 72 r.d. n.
827 del 1924 potrebbe ricavarsi dal dato testuale contenuto nell’art. 119
d.P.R. n. 207 del 2010, il quale si riferisce espressamente soltanto alle
offerte a prezzi unitari: la procedura in esame, invece, prevede
l’aggiudicazione con il criterio del ribasso sull’elenco prezzi. Anche da un
punto di vista sistematico l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 risulterebbe
validamente applicabile, in quanto inserito in una sezione dell’atto normativo
indirizzata a disciplinare, tra l’altro, appalti di lavori e forniture. In
definitiva, la ditta Peloritana Appalti s.r.l. ritiene che, in caso di ritenuta
prevalenza del criterio desumibile dall’art. 119 coma 2 d.P.R. n. 207 del 2010,
l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 sarebbe oggetto di una interpretatio
abrogans incompatibile con la sua natura di criterio di carattere
generale.
Si
è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti -
Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Sicilia e Calabria, secondo cui
la gara oggetto del presente contenzioso, in quanto appalto sottosoglia,
rientrerebbe nell’ambito applicativo del d.lgs. n. 163 del 2006 e del relativo
Regolamento di esecuzione. Talecorpus normativo rivestirebbe un
ruolo prevalente, nell’ambito della disciplina sui contratti pubblici, rispetto
a quanto previsto per la medesima materia dal r.d. n. 827 del 1924, in virtù
della sua maggiore organicità e completezza. A tale conclusione si potrebbe
giungere considerando, altresì, i criteri ispiratori dei diversi tessuti
normativi: nel caso del r.d. n. 827 del 1924, infatti, la ratio di
fondo sarebbe quella di valorizzare principalmente l’interesse
economico-finanziario dell’Amministrazione; differentemente, il d.lgs. n. 163
del 2006, sarebbe precipuamente destinato alla tutela della concorrenza e della par
condicio fra gli operatori economici. Da ultimo, l’Avvocatura Erariale
ritiene inapplicabile al caso di specie l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924, poiché
andrebbe ad incidere in modo irrimediabile sul meccanismo di automatica
esclusione delle offerte anomale ed, in definitiva, sugli effettivi vantaggi
per l’Amministrazione.
All’udienza
pubblica del 7 ottobre 2015 la causa è stata chiamata e, sentiti i difensori
delle parti, trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.
La questione sottoposta all’esame di questa Adunanza Plenaria concerne l’esatta
individuazione del criterio utile a dirimere le incertezze derivanti
dall’emersione di discordanze fra le offerte espresse in lettere e quelle
espresse in cifre, in sede di esame delle offerte presentate dagli operatori
partecipanti ad una gara finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico
di lavori, servizi o forniture.
La
problematica sorge in conseguenza dell’eventuale sovrapposizione della
disciplina contenuta, da un lato, nell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 e,
dall’altro lato, nell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010.
La
prima delle disposizioni citate sancisce che “quando in una offerta all’asta vi
sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è
valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione”.
Diversamente,
l’art. 119 d.P.R. n. 207 del 2010 prevede al comma 2 che “il prezzo complessivo
offerto, rappresentato dalla somma di tali prodotti, è indicato dal concorrente
in calce al modulo stesso, unitamente al conseguente ribasso percentuale
rispetto al prezzo complessivo posto a base di gara. Il prezzo complessivo ed
il ribasso sono indicati in cifre ed in lettere. In caso di discordanza prevale
il ribasso percentuale indicato in lettere”. Al comma 3 dello stesso art. 119,
si ribadisce che “nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il
prezzo indicato in lettere”.
Il
conflitto tra le disposizioni, dunque, potrebbe sorgere qualora, come nel caso
di specie, l’operatore economico proponesse un’offerta in lettere discordante
rispetto all’offerta in cifre e quest’ultima fosse maggiormente vantaggiosa per
l’Amministrazione.
1.1
Ciò posto, ed in via preliminare rispetto all’esame delle specifica questione
sottoposta al vaglio di questa Adunanza, va affermata l’attualità del
potenziale conflitto fra le disposizioni, stante la indubbia vigenza dell’art.
72 r.d. n. 827 del 1924.
In
effetti, non è dato rilevare alcun motivo idoneo a revocare in dubbio tale
assunto: l’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006, nell’elencare le disposizioni
abrogate in seguito all’entrata in vigore del Codice dei contratti, non cita
espressamente l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924. Tale ultima disposizione, in
applicazione dei principi regolatori della successione tra norme, dunque, non
può essere oggetto di una interpretazione abrogante, come correttamente
evidenziato nell’ordinanza di rimessione e dalla giurisprudenza in essa
richiamata.
1.2
Il secondo presupposto da cui il Collegio ritiene di dover prendere le mosse,
riguarda l’ammissibilità nonché l’esatta delimitazione dell’ambito applicativo
del principio di correzione delle offerte eseguito dalla commissione
aggiudicatrice in sede di esame delle stesse. A ben vedere, per un verso, è
pacificamente consentito il superamento di un contrasto fra la proposta
espressa in cifre e quella espressa in lettere, in caso di errore materiale
facilmente riconoscibile: al ricorrere di tale circostanza, infatti, il
consolidato indirizzo giurisprudenziale di questo Consiglio consente di
attribuire rilievo agli elementi “diretti ed univoci” tali da configurare un
errore meramente materiale o di scritturazione, permettendo alla commissione
aggiudicatrice di emendarlo, tramite la priorità conferita all’effettivo valore
dell’offerta.
Diverso
è il caso in cui, come espresso nell’ordinanza di rimessione, “la discordanza
sia tutt’altro che macroscopica ed anzi obiettivamente marginale, di talché non
è dato a priori riconoscere con sicurezza quale delle due diverse indicazioni
sia frutto di errore”.
In
effetti, nelle procedure ad evidenza pubblica, finalizzate alla stipulazione di
un contratto, la commissione aggiudicatrice non può, a causa di dichiarazioni
correttive dell’offerente o in esecuzione di un’indagine volta a delineare la
reale volontà dello stesso, manipolare, modificare o adattare l’offerta in
assenza di disposizioni in tal senso dirette, contenute nella lex
specialis: diversamente, verrebbe leso il principio di par condicio fra
i concorrenti, nonché quello di affidamento da essi riposto nelle regole di gara
e nella predisposizione delle rispettive offerte economiche. Queste ragioni
hanno condotto la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr. ex
multis Sez. III, sent. 17 luglio 2012 n. 4176; id. 26 marzo 2012 n.
1699) ad affermare il principio secondo cui non può consentirsi alle
commissioni aggiudicatrici la modifica di una delle componenti dell’offerta
sostituendosi, anche solo parzialmente, alla volontà dell’offerente e
interpretando la sua stessa volontà frutto di scelte insindacabili. La rettifica
dell’offerta, eseguita al fine di ricercare la effettiva volontà
dell’offerente, è ammissibile, in adesione ai principi di conservazione degli
atti giuridici e di massima partecipazione alle gare pubbliche, purché ad essa
si possa pervenire con ragionevole certezza e senza attingere a fonti di
conoscenza estranee all’offerta medesima, né ad inammissibili dichiarazioni
integrative dell’offerente (Cons. di Stato, Sez. III, 28 marzo 2014, n. 1487).
Nella
fattispecie oggetto del presente giudizio, il Collegio ritiene che l’azione
correttiva dell’offerta della Peloritana Appalti s.r.l., non abbia avuto come
effetto la sovrapposizione di una opzione meramente soggettiva della
commissione aggiudicatrice, concernente il quantum proposto,
rispetto alla effettiva volontà della ditta concorrente. Tale conclusione è
agevolmente deducibile dalla circostanza per cui la prevalenza attribuita al
ribasso percentuale espresso in lettere, è stata il frutto di una scelta
imparziale ed omogenea della commissione: lo stesso criterio risolutivo delle
discordanze presenti nell’offerta della ditta Peloritana Appalti, infatti, è
stato valorizzato anche nei confronti di altre quattro imprese concorrenti, in
presenza delle medesime discrepanze interne tra l’offerta espressa in cifre e quella
espressa in lettere. Questo strumento di risoluzione delle discrasie, in
definitiva, è stato utilizzato in esecuzione dei fondamentali principi della
massima partecipazione alle gare ed a quello della par condicio fra
concorrenti, senza invadere il campo di un’inammissibile ricerca della volontà
soggettiva dell’impresa concorrente.
2.
Dopo aver delimitato la portata dei principi che vengono in rilievo nel caso di
specie, occorre ripercorrere le argomentazioni poste a fondamento delle tesi
rispettivamente sostenute dalle parti in causa e accuratamente compendiate
nell’ordinanza di rimessione della questione dinanzi a questa Adunanza
Plenaria, al fine di individuare la normativa utilmente applicabile al caso di
specie.
3.
Come già esposto, le problematiche sorgono a causa del conflitto nascente
dall’incompatibilità fra i criteri risolutivi delle discrasie, presenti nelle
offerte dei concorrenti di una determinata gara pubblica, contenuti nell’art.
72 r.d. n. 827 del 1924 e, rispettivamente, nell’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207
del 2010.
4.
Secondo la tesi prospettata dall’impresa appellante, e condivisa da una parte
della giurisprudenza, l’art. 72 dovrebbe assurgere a criterio generale utile
alla risoluzione di un conflitto simile a quello integrato nel caso di specie.
In tal senso dovrebbe propendersi per molteplici ragioni.
4.1
Innanzitutto, fra le disposizioni in esame dovrebbe ritenersi sussistente una
relazione di generalità - specialità: infatti, dal tenore letterale delle
disposizioni potrebbe ricavarsi il principio secondo cui, mentre l’art. 72
assurge a norma di carattere generale, espressione di un criterio risolutivo
delle discrasie interne all’offerta da utilizzare in assenza di diversi rimedi,
l’art. 119 comma 2 concernerebbe esclusivamente le fattispecie di ribassi su
prezzi unitari. Questa soluzione ermeneutica deriva dalla inammissibilità di
una interpretatio abrogans dell’art. 72 r.d. n. 827 del 1924:
la norma, in assenza di un’esplicita disposizione diretta in tal senso, non può
ritenersi espunta dall’ordinamento e, pertanto, non può essere svuotata di
significato in virtù della sola esistenza di una disposizione cronologicamente
più recente ma afferente ad una diversa fattispecie.
4.2
A ben vedere, l’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010, non può nemmeno
considerarsi espressione di un principio innovativo, derivante da originali e
mutate tendenze dell’ordinamento: la disposizione in esso contenuta rappresenta
la riproduzione di quanto già sancito, dapprima, con l’art. 5 della l. n. 14
del 1973 (“norme sui procedimenti di gara negli appalti di opere pubbliche
mediante licitazione privata”), secondo il cui comma 4 “i prezzi unitari sono
indicati in cifre ed in lettere: vale, per il caso di discordanza, il prezzo
indicato in lettere [...]” e, successivamente, con una disposizione identica
all’attuale formulazione, dall’art. 90 commi 2 e 3 del d.P.R. n. 554 del 1999.
Da ciò, parte della giurisprudenza ha ritenuto di poter ricavare una
giustificazione al carattere di norma generale dell’art. 72 r.d. n. 827 del
1924, il cui ambito di applicazione sarebbe escluso nelle sole ipotesi regolate
dall’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010: in effetti, se il criterio di
valorizzazione dell’offerta espressa in lettere fosse elevato a soluzione di
carattere generale, non si comprenderebbe il motivo per cui tale disposizione
non abbia abrogato l’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 (cfr. C.G.A.R.S. 4 settembre
2014 n. 511; id. 6 febbraio 2014 n. 54).
4.3
La relazione di specialità che connota le due disposizioni in esame potrebbe
essere dedotta, altresì, dal dato testuale contenuto nell’art. 119 comma 2:
quest’ultimo, in effetti, si riferisce esplicitamente ed in via esclusiva alle
gare indette con il criterio dell’offerta a prezzi unitari. Pertanto, quanto
all’aggiudicazione tramite il criterio del prezzo più basso sull’elenco prezzi
posto a base di gara, dovrebbe prevalere il criterio imposto dall’art. 72 r.d.
n. 827 del 1924. Invero, questa soluzione non può dirsi inficiata dalla
presenza dell’art. 118 del d.P.R. n. 207 del 2010 che, seppur disciplinante la
medesima fattispecie, non prevede un criterio di risoluzione delle discordanze
tra l’offerta espressa in cifre e quella espressa in lettere.
5.
Il Collegio ritiene che la tesi sopra esposta, seppur suffragata da valide
argomentazioni, tanto sotto il profilo logico-sistematico, quanto da un punto di
vista strettamente giuridico, non possa essere condivisa e, dunque, debba
considerarsi superata dal differente orientamento giurisprudenziale che
considera il criterio enunciato dall’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010
espressione di un principio di portata generale.
5.1
La valorizzazione dell’offerta maggiormente vantaggiosa per l’Amministrazione
potrebbe creare delle problematiche nell’ambito delle gare in cui vi sia un
meccanismo di esclusione delle offerte anomale. Anche nell’ordinanza di
remissione è stato individuato questo aspetto critico, evidenziando
l’impossibilità di stabilire ex ante quale sia l’offerta più
vantaggiosa per l’Amministrazione: nel contrasto tra offerta espressa in
lettere ed offerta espressa in cifre, quella che in astratto può apparire
maggiormente vantaggiosa, potrebbe condurre, invece, ad una sua esclusione per
anomalia. Va altresì rilevato che le offerte considerate valide nel corso di
una gara, concorrono a determinare il valore medio di quelle presentate dalla
totalità dei concorrenti e, in definitiva, a fissare l’entità delle offerte che
subiranno gli effetti del c.d. “taglio delle ali”. Non meno rilevanti appaiono
i risvolti che l’applicazione di questo criterio risolutivo genererebbe in
relazione al principio di unicità della offerta, di cui all’art. 11 comma 6
d.lgs. n. 163 del 2006: l’errore di scritturazione, qualunque ne sia la causa,
che determina discrasia tra l’offerta espressa in lettere e quella espressa in
cifre, potrebbe condurre l’Amministrazione a valutare la più vantaggiosa tra le
due soltanto in una fase successiva alla individuazione delle offerte degli
altri concorrenti, con conseguente lesione del divieto di offerte plurime e
della par condicio fra i concorrenti, nonché del buon
andamento dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 settembre
2010, n. 6695).
5.2
L’art. 119 comma 2, pur non introducendo una disposizione di carattere
innovativo, risponde ad esigenze del tutto differenti rispetto all’art. 72 r.d.
n. 827 del 1924: la tutela della concorrenza, infatti, costituisce la più
importante ratio ispiratrice dell’intera normativa del settore
dei contratti della Pubblica Amministrazione e, in quest’ottica, anche la
giurisprudenza di settore deve necessariamente orientarsi. La effettiva parità
tra gli operatori economici che partecipano ad una procedura finalizzata
all’affidamento di un appalto, non può considerarsi secondaria rispetto ad
altri e diversi interessi, seppur questi rivestano un’importanza considerevole.
Il legislatore europeo, prima, e nazionale, poi, nel delineare il corpus normativo
afferente alla materia dei contratti, si è orientato nel senso di valorizzare
primariamente la par condicio fra operatori economici, quale
strumento per rendere virtuoso il sistema economico nel suo complesso. Ciò
posto, dunque, il criterio di cui all’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010 è
indubbiamente orientato all’effettiva parità fra coloro che partecipano ad una
gara pubblica, poiché impone alla commissione un comportamento univoco, non
soggetto a interpretazioni virtualmente difformi. Diversamente, l’art. 72 r.d.
n. 827 del 1924 opera con precipuo riferimento all’interesse
economico-finanziario dell’Amministrazione, come dimostra il suo inserimento
all’interno di un sistema normativo finalizzato all’ “amministrazione del
patrimonio” ed alla “contabilità generale dello Stato” e l’intenzione di
addossare sull’operatore il costo dell’errore in sede di compilazione
dell’offerta.
5.3
Da un punto di vista sistematico, inoltre, nonostante sia vero che l’art. 119
si riferisce esclusivamente alle fattispecie di “aggiudicazione del prezzo più
basso determinato mediante offerta a prezzi unitari”, non può escludersi che il
criterio, in esso previsto, di superamento delle discrasie tra offerte espresse
in lettere ed offerte espresse in cifre, dalle ipotesi in cui l’aggiudicazione
venga definita in virtù del massimo ribasso sull’elenco prezzi o sull’importo
dei lavori. Invero, questa possibilità va considerata pienamente ammissibile,
anche solo comparando il dato testuale ricavabile dalle disposizioni che
disciplinano tali fattispecie: in effetti, l’art. 119, a differenza dell’art.
118, prevede che “il prezzo complessivo ed il ribasso sono indicati in cifre ed
in lettere”; inoltre, il criterio della prevalenza del prezzo indicato in
lettere è affermato sia nel caso di discordanza riscontrata nel prezzo
complessivo o nel ribasso percentuale (comma 2), sia nel caso di incongruenze
presenti nei prezzi unitari (comma3). Da ciò si ricava che il criterio della
valorizzazione del prezzo indicato in lettere risponde ad un’esigenza di
certezza tanto per i concorrenti, quanto per la stazione appaltante (cfr. Cons.
Stato, Sez. III, 1 ottobre 2013 n. 4873; id., Sez. V, 12 settembre 2011, n.
5095). La soluzione offerta dall’art. 119 non è riprodotta nell’art. 118, a
causa dell’assenza di un’espressa richiesta della doppia indicazione, in cifre
ed in lettere, dell’offerta proposta dal concorrente: se si ritenesse, in
ossequio ad un’interpretazione strettamente letterale, che il criterio
risolutivo di cui alla prima disposizione non possa essere applicato alle
fattispecie di cui all’art. 118, parimenti dovrebbe escludersi la validità
della previsione, contenuta in un disciplinare di gara, secondo cui l’offerta
del singolo partecipante debba indicarsi sia in cifre che in lettere.
5.4
Altrettanto rilevante, secondo il Collegio, risulta il riferimento alla maggior
ponderazione che richiede la scritturazione dell’offerta in lettere da parte
del concorrente: questa affermazione, lungi dall’essere un’ipotesi astratta e
soggettiva, trova riscontro anche in altri ambiti dell’ordinamento (art. 6 r.d.
n. 1669 del 1933 e art. 9 r.d. n. 1736 del 1933), a dimostrazione della volontà
di attribuire rilievo ad un’esigenza di certezza ed affidamento dei destinatari
dei documenti su cui vengono apposti gli importi in cifre ed in lettere. A ben
vedere, la stessa necessità di indicare anche in lettere un determinato
importo, implica, a monte, la possibilità di errori di scritturazione della
somma in cifre: non risponderebbe ad un criterio di ragionevolezza, ricostruire
l’effettiva volontà dello scrivente in modo differente a seconda della
tipologia dell’ambito in cui ci si trova; la priorità, in tal senso, attribuita
all’indicazione dell’importo trascritto in lettere, consente di porre un
criterio univoco ed imparziale, idoneo a superare ogni tipo di contrasto
esegetico.
6.
In definitiva, se da un lato rimane indubbia la vigenza dell’art. 72 r.d. n.
827 del 1924, dall’altro lato, la sua compatibilità con l’art. 119 comma 2
d.P.R. n. 207 del 2010 è giustificata dal diverso ambito applicativo dei due
sistemi normativi: al riguardo il criterio di specialità è utile, ma deve
applicarsi con riferimento alle due fonti normative complessivamente
considerate, e non in rapporto ai soli criteri di risoluzione delle discrasie
presenti nelle offerte. Da ciò deriva che l’organicità, la completezza e la
specificità del d.lgs. n. 163 del 2006 (e del relativo Regolamento di
esecuzione), destinato a disciplinare “i contratti delle stazioni appaltanti,
degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatari, aventi ad oggetto
l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori ed opere”, consentono di affermarne
la natura derogatoria, nel suo complesso, rispetto alle disposizioni vigenti
del r.d. n. 827 del 1924 che ha come obiettivo principale l’equilibrio
economico-finanziario dello Stato. Di conseguenza, il suo ambito applicativo
può essere validamente circoscritto alle ipotesi, non ricomprese nell’alveo
della disciplina del Codice dei contratti, in cui si renda necessario
valorizzare l’interesse economico dello Stato: da ciò, può desumersi che il
vantaggio per l’Amministrazione assurge a criterio dirimente in caso di
contrasto fra offerta espressa in lettere ed offerta espressa in cifre, laddove
occorra massimizzare gli introiti per l’Erario, mentre gli interessi degli
operatori economici sono posti in un secondo piano. In ultima analisi, il
criterio di cui all’art. 72 r.d. n. 827 del 1924 può ritenersi validamente
operante, come è stato correttamente evidenziato, nelle ipotesi di procedure ad
evidenza pubblica aventi ad oggetto la stipula di contratti passivi, come la
vendita o la locazione di beni.
7.
Sulla base delle sopra esposte considerazioni, l’appello della ditta Peloritana
Appalti s.r.l. deve essere respinto. L’unico motivo di appello, con il quale è
stata riproposta, in sede di impugnazione, la censura rivolta a sindacare la
legittimità dell’operato della commissione aggiudicatrice, non può essere
condiviso: infatti, quest’ultima nell’attribuire rilevanza, in presenza di
discordanze, all’offerta espressa in lettere, ha correttamente applicato il
criterio di cui all’art. 119 comma 2 d.P.R. n. 207 del 2010 che può
considerarsi espressione di un principio di carattere generale, da ritenersi
valido anche al di fuori dei casi espressamente richiamati dalla norma. La
stessa commissione, nel verbale di aggiudicazione provvisorio ha fatto espresso
rinvio “a quanto previsto dal Regolamento”, con ciò volendo esprimere il
riferimento ai principi in esso previsti. Secondo il Collegio, in definitiva,
va confermata integralmente la decisione di primo grado, con cui il T.A.R. ha
delineato, in modo del tutto corretto, non soltanto i rispettivi ambiti di
competenza dei due sistemi normativi in questa sede esaminati, ma, altresì, la
legittimità dell’operato della commissione aggiudicatrice.
Le
spese del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensate
fra le parti, alla luce dei contrasti giurisprudenziali esistenti sulla questione
controversa.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per
l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2015 con
l’intervento dei magistrati:
Riccardo
Virgilio, Presidente
Pier
Giorgio Lignani, Presidente
Stefano
Baccarini, Presidente
Raffaele
Maria De Lipsis, Presidente
Paolo
Numerico, Presidente
Luigi
Maruotti, Presidente
Antonino
Anastasi, Consigliere
Vito
Poli, Consigliere
Francesco
Caringella, Consigliere
Maurizio
Meschino, Consigliere
Carlo
Deodato, Consigliere
Nicola
Russo, Consigliere, Estensore
Salvatore
Cacace, Consigliere
Roberto
Giovagnoli, Consigliere
Raffaele
Greco, Consigliere
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IL PRESIDENTE
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L'ESTENSORE
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IL SEGRETARIO
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DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
13/11/2015
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il
Dirigente della Sezione
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