ADUNANZE PLENARIE:
costituzione sino all'udienza di merito e gara per le concessioni degli spazi pubblici pubblicitari
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria
sent. 25 febbraio 2013 n. 5)
costituzione sino all'udienza di merito e gara per le concessioni degli spazi pubblici pubblicitari
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria
sent. 25 febbraio 2013 n. 5)
Massima
1. Il
termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate previsto dall’art.
46, comma 1, del codice del processo amministrativo ha natura ordinatoria; esse
possono perciò costituirsi in giudizio anche nell’udienza di merito ma
svolgendo solo difese orali senza possibilità di produrre scritti difensivi e
documenti
2. E' corretto
allocare con gara l’uso degli spazi pubblici per gli
impianti pubblicitari contingentati ad affissione diretta, configurandosi un
rapporto concessorio tra privato e P.A. dovendosi altrimenti ricorrere
all’unico criterio alternativo dell’ordine cronologico di presentazione delle
domande accoglibili, che è di certo meno idoneo ad assicurare l’interesse
pubblico all’uso più efficiente del suolo pubblico e quello dei privati al confronto
concorrenzia
Sentenza per esteso
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 31 di A.P. del
2012, proposto dalla s.p.a. Alessi, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Girolamo Calandra e Giuliana
Ardito, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in
Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
Associazione Pubblicità Esterna (ASPES);
Associazione Pubblicità Esterna (ASPES);
contro
Comune di Caltanissetta;
nei confronti di
Inpa Impresa Nazionale Pubblicità e Affissioni Spa,
Aapi Associazione Aziende Pubblicitarie Italiane, Kompo Service di Pio di Salvo
& C. Snc, Pma Srl;
sul ricorso numero di registro generale 32 di A.P. del
2012, proposto dalla s.r.l. P.M.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Umberto Ilardo e Fulvio Ingaglio
La Vecchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in
Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
Comune di Caltanissetta, in persona del Sindaco pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulia Mule', con domicilio eletto
presso M. Cristina Lenoci in Roma, via Cola di Rienzo, 271;
sul ricorso numero di registro generale 33 di A.P. del
2012, proposto dalla s.n.c. Kompo Service di Pio di Salvo & C., in persona
del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Fulvio Ingaglio La Vecchia, Giuliana Ardito e Umberto Ilardo, con domicilio
eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di
Ferro 13; dalla s.r.l. P.M.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuliana Ardito, Umberto Ilardo
e Fulvio Ingaglio La Vecchia, con domicilio eletto presso la Segreteria del
Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
Comune di Caltanissetta, in persona del Sindaco pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulia Mule', con domicilio
eletto presso M. Cristina Lenoci in Roma, via Cola di Rienzo, 271;
per la riforma:
quanto al ricorso n. 31 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Sicilia - Palermo: Sezione
III n. 1539 del 2011, resa tra le parti;
rimessione all’adunanza plenaria del Consiglio di
Stato con ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Sicilia n. 653 del 2012;
quanto al ricorso n. 32 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Sicilia - Palermo: Sezione
III n. 1575 del 2011, resa tra le parti;
rimessione all’adunanza plenaria del Consiglio di
Stato con ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Sicilia n. 654 del 2012;
quanto al ricorso n. 33 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Sicilia - Palermo: Sezione
III n. 1575 del 2011, resa tra le parti;
rimessione all’adunanza plenaria del Consiglio di
Stato con ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Sicilia n. 654 del 2012;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune
di Caltanissetta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio
2013 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli avvocati
Ingaglio La Vecchia, per delega dell’avvocato Calandra, Ilardo, Ingaglio La
Vecchia, e Giglia per delega dell'avvocato Mule';
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
1. La Alessi s.p.a., società operante nel settore
della diffusione pubblicitaria in Sicilia e la associazione regionale di
categoria AS.P.ES. hanno impugnato, con ricorso al Tribunale amministrativo
regionale per la Sicilia, la delibera n. 27 del 2010 con la quale il Consiglio
comunale di Caltanissetta ha approvato il Piano generale degli impianti
pubblicitari, e, con motivi aggiunti, tra l’altro, il bando della gara per la
concessione delle superfici individuate dal detto Piano.
Sono intervenute in giudizio ad adiuvandum la Kompo
Service di Pio Di Salvo & C. s.n.c., la PMA s.r.l. e l’associazione di
settore A.A.P.I.
E’ intervenuta ad opponendum la I.N.P.A. s.p.a.
2. Il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo (sezione
terza), con la sentenza n. 1539 del 2011, dichiarato inammissibile l’intervento
in giudizio della Kompo Service e della P.M.A., ha respinto il ricorso e, per
l’effetto, l’intervento della A.A.P.I.
3. La Alessi s.p.a. e la AS.P.ES., con l’appello n.
1317 del 2011 proposto al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione
Sicilia (in seguito “Consiglio di Giustizia”), hanno chiesto l’integrale
riforma della sentenza di primo grado.
La Kompo Service e la P.M.A. hanno proposto ricorso
incidentale sostenendo l’ammissibilità del loro intervento in primo grado.
4. Il Consiglio di Giustizia all’udienza pubblica del
28 marzo 2012, in cui la causa è stata trattenuta per la decisione, con
ordinanza n. 653 del 2012 l’ha rimessa all’esame dell’adunanza plenaria del
Consiglio di Stato per la pronuncia sulle due seguenti questioni:
- la prima, rimessa all’esame dell’adunanza plenaria
in applicazione analogica dell’art. 99, comma 5, del codice del processo
amministrativo, relativa alla possibilità o meno della parte appellata di
costituirsi nell’udienza di merito (essendo stata respinta la richiesta del
Comune di Caltanisetta di costituirsi nell’udienza pubblica del 28 marzo 2012);
- la seconda, posta con il terzo motivo dell’appello
principale, riguardante la legittimità della messa a gara degli spazi di suolo
pubblico per l’installazione degli impianti privati di affissione commerciale,
venendo rimesso, poi, alla valutazione dell’adunanza plenaria, ai sensi
dell’art. 99, comma 4, del codice del processo amministrativo, se, in caso di
rigetto del motivo di appello, decidere o meno le ulteriori censure dedotte.
5. Le società Kompo Service e P.M.A., operanti a
livello comunale nel settore della diffusione pubblicitaria, hanno impugnato
collettivamente, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la
Sicilia, la delibera n. 27 del 2010 con la quale il consiglio comunale di
Caltanissetta ha approvato il Piano generale degli impianti pubblicitari; la
sola P.M.A. ha poi impugnato con motivi aggiunti, tra l’altro, il bando della
gara per la concessione delle superfici individuate dal detto Piano.
E’ intervenuta ad opponendum la I.N.P.A. s.p.a.,
concessionaria del servizio comunale di pubbliche affissioni.
6. Il T.a.r. per la Sicilia, sede di Palermo (sezione
terza), con la sentenza n. 1575 del 2011, ha dichiarato inammissibili i motivi
aggiunti, perché proposti da una sola delle ricorrenti, ed il ricorso
introduttivo, poiché rivolto avverso un atto generale non immediatamente
lesivo.
7. La sentenza è stata separatamente impugnata davanti
al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia, chiedendone
l’integrale riforma, dalla s.r.l. P.M.A. con l’appello n. 1456 del 2011 e dalla
Kompo Service con l’appello n. 1457 del 2011.
8. Il Consiglio di Giustizia all’udienza pubblica del
28 marzo 2012, in cui la causa è stata trattenuta per la decisione, riuniti gli
appelli, dichiarata l’ammissibilità del ricorso in primo grado avverso il Piano
e respinta la censura di merito sull’asserita difformità del Piano pubblicato
rispetto a quello approvato, ha emanato l’ordinanza n. 654 del 2012 di
rimessione all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato per la pronuncia sul
secondo motivo di appello proposto, concernente la medesima censura dedotta con
il terzo motivo del sopra citato appello n. 1317 del 2011, anche in tale caso rimettendo
alla valutazione dell’adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del
Codice del processo amministrativo, se decidere o meno le ulteriori censure
dedotte in secondo grado.
9. All’udienza del 21 gennaio 2012, le cause sono
state trattenute per la decisione da parte di questa adunanza plenaria.
DIRITTO
1. Gli appelli in epigrafe possono essere riuniti e
decisi congiuntamente.
Con le ordinanze di rimessione sono state infatti
portate all’esame dell’adunanza plenaria due questioni, la prima di rito, la
seconda di merito relativa alla identica censura proposta, rispettivamente, con
il terzo motivo del citato appello n. 1317 del 2011 e con il secondo motivo dei
citati appelli n. 1456 e n. 1457 del 2011; sussiste perciò il presupposto della
connessione oggettiva tra gli appelli, al fine della loro riunione, considerato
che la questione di rito è stata sottoposta al solo fine della enunciazione del
principio di diritto e che la questione di merito riguarda il medesimo
provvedimento impugnato, è stata identicamente dedotta in tutti gli appelli in
epigrafe ed è oggetto di entrambe le ordinanze di rimessione.
2. Si esamina ora la prima questione rimessa
all’esame.
2.1. Il quesito posto è se le parti intimate possano
costituirsi in giudizio nell’udienza di merito.
L’ordinanza di rimessione riferisce che al riguardo è
emerso un contrasto tra la giurisprudenza del Consiglio di Giustizia, per la
quale ciò non è consentito, e quella prevalente delle sezioni giurisdizionali
del Consiglio di Stato che ritiene possibile la costituzione fino all’udienza
di discussione con svolgimento però soltanto di difese orali, restando ferma la
preclusione alla produzione di documenti e memorie oltre i termini di cui
all’art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo (in seguito
“codice”) così come alla formulazione di domande che soggiacciono a termini
perentori (quali, ad esempio per il giudizio di appello, quelle di cui all’art.
101, comma 2, del codice).
Nell’ordinanza si indica che la posizione delle
sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato si basa sul presupposto della
natura non decadenziale ma meramente ordinatoria del termine per la
costituzione in giudizio delle parti intimate, stabilito in sessanta giorni dal
perfezionamento della notificazione del ricorso dall’art. 46, comma 1, del
codice (venendo specificato, in questa giurisprudenza, che il termine ha
funzione dilatoria poiché a garanzia delle parti intimate affinché, prima del
suo decorso, non siano compiuti atti per esse pregiudizievoli; così: III, n.
1070 del 2012, n. 3094 e n. 4601 del 2011; IV, n. 1203 del 2012).
Nell’ordinanza si prospetta che l’indirizzo ora
esposto deve essere rimeditato a seguito dell’entrata in vigore del codice per
ragioni di carattere formale e sostanziale.
2.2. Per il profilo formale si richiama che:
- la possibilità di costituzione con sola difesa orale
è prevista espressamente nell’art. 55, comma 7, del codice per la camera di
consiglio in sede cautelare ma non dall’art. 73 per l’udienza di discussione;
- questo silenzio della norma non è superabile per
effetto del rinvio esterno (ai sensi dell’art. 39 del codice) all’articolo 370,
comma 1, c.p.c., che, nel giudizio per cassazione, consente la partecipazione
alla discussione orale della parte intimata che non abbia notificato il
controricorso in termine, ovvero all’art. 171, comma 2, c.p.c., che, nel
giudizio di merito, consente la costituzione della parte fino alla prima
udienza, poiché si tratta di norme connesse a caratteristiche proprie del rito
civile e non di quello amministrativo (correlandosi, la prima, ad un giudizio
dominato dall’impulso d’ufficio e, la seconda, ad una disciplina specifica nel
caso di contumacia del convenuto nonché alla normale destinazione della prima
udienza alla comparizione delle parti e non alla spedizione della causa in
decisione come è, invece, nel processo amministrativo).
Per il profilo sostanziale si osserva che la
possibilità di costituirsi in udienza potrebbe essere lesiva delle prerogative
difensive dell’appellante a fronte di eccezioni, questioni in rito o di
legittimità costituzionale, sollevate dall’appellato soltanto nell’udienza di
discussione; senza perciò che l’appellante abbia potuto conoscerle, e potuto
quindi controdedurre adeguatamente, risultando così leso il principio del
contraddittorio tra le parti in condizioni di parità sancito dall’art. 111
della Costituzione.
2.3. L’adunanza plenaria ritiene che le parti intimate
possano costituirsi nell’udienza di discussione, con il solo svolgimento di
difese orali, per le ragioni che seguono.
Per il profilo formale dalla normativa del codice si
evince che:
- l’art. 46, comma 1, dispone che le parti intimate “possono”
e non “devono” costituirsi entro il termine e non prevede, se il termine
sia decorso, la decadenza dal potere di costituirsi (nel medesimo articolo, nel
comma 2, è stabilito che l’amministrazione nello stesso termine “deve”
produrre gli atti e documenti ivi previsti);
- mentre, quando nel codice si è ritenuto l’effetto
decadenziale ovvero la perentorietà dei termini, ciò di norma è stato
richiamato espressamente (articoli 41, comma 2, 45, comma 1, 52, comma 1,
nonché 54, comma 1, in relazione all’art. 73, comma 1), dovendosi perciò ritenere,
in linea di principio, l’applicazione dell’art. 152 c.p.c. ai sensi del rinvio
esterno di cui all’art. 39 del codice;
- non sembra inoltre che dalla normativa vigente
risulti una disciplina nettamente diversa da quella precedente, come richiamato
nella relazione finale al codice (luglio 2010), in cui si indica che “per
quanto riguarda la costituzione delle parti intimate, sono stati ribaditi i
termini, ordinatori, già in atto previsti…”; ed in effetti nella normativa
antecedente il termine per la produzione di memorie, di cui all’art. 23, comma
4, della legge n. 1034 del 1971, era ritenuto perentorio mentre era qualificato
ordinatorio quello per la costituzione delle parti intimate;
- in questo quadro la previsione espressa di cui
all’art. 55, comma 7, da un lato, non vale, per sé sola, a far ritenere che la
medesima possibilità sia da escludere per l’udienza pubblica e, dall’altro, si
giustifica con l’esigenza di chiarire e assicurare che la rapidità dei tempi
della fase cautelare non è a discapito della possibilità di difesa delle parti
intimate.
Sotto il profilo sostanziale, poi, si osserva che il
giudice per ovviare al rischio di una lesione del diritto di difesa della
controparte può comunque disporre il rinvio dell’udienza a data fissa, nel termine
che riterrà congruo rispetto alla rilevanza delle questioni sollevate in
udienza per consentirne la valutazione a garanzia del contraddittorio
sostanziale.
E si può anche osservare che l’eventuale privilegio
difensivo di cui le parti intimate godrebbero per effetto della costituzione in
udienza è bilanciato dalla perdita delle facoltà processuali nel frattempo
decadute per il decorso dei relativi termini, anzitutto con riguardo alla
presentazione di scritti e documenti ai sensi dell’art. 73, comma 1.
Sarebbero lese, per converso, le prerogative difensive
delle parti intimate se fosse loro vietata la costituzione in giudizio per il
solo decorso di un termine non stabilito come decadenziale; ne risulterebbe
infatti che il soggetto che non ha dato impulso al processo ma che vi è stato
chiamato non potrebbe assumere una partecipazione attiva al giudizio, pur non
essendogli ciò precluso da alcuna norma espressa.
2.4. Per completezza va anche esaminata la posizione
talvolta sostenuta in giurisprudenza per cui, chiarito che il termine di cui
all’art. 46, comma 1, del codice non ha carattere decadenziale, essendo posto a
tutela della parte intimata, si afferma che “in ogni caso la costituzione in
giudizio non può intervenire oltre il termine di trenta giorni individuato
dall’art. 73, co. 1, CPA… per il deposito delle memorie difensive illustrative,
avente carattere perentorio in quanto espressivo di un precetto di ordine
pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell’ordinato
lavoro del giudice” (Cons. Stato, Sez. V, n. 1058 del 2012).
Anche questa tesi “intermedia” non è condivisibile. La
norma infatti ha una portata oggettiva chiara e inequivoca quella cioè della
produzione di memorie e documenti: non può ritenersi dunque corretto estendere
la rigorosa preclusione ivi prevista all’esercizio di una diversa facoltà volta
alla diversa funzione della mera costituzione in giudizio.
3. Si esamina ora la seconda questione.
3.1. Il quesito è se sia legittima l’indizione di
un’asta con offerta economica al rialzo per l’assegnazione degli spazi pubblici
disponibili per gli impianti pubblicitari ad affissione diretta, come previsto,
nella specie, nel Piano generale degli impianti pubblicitari approvato dal
Consiglio comunale del Comune di Caltanisetta impugnato nei giudizi davanti al
T.a.r. per la Sicilia.
Nell’ordinanza di rimessione si indica che in
giurisprudenza sono emersi due indirizzi che portano il primo a negare ed il
secondo ad affermare la legittimità della procedura suddetta.
Secondo la prima tesi, sostenuta dapprima dal
Consiglio di Stato (sez. V, n. 44 del 2007) e condivisa dal Consiglio di
giustizia (n. 762 e n. 976 del 2009; n. 1306 del 2010), gli imprenditori sono
titolari di un diritto alla libera attività di affissione diretta (implicitamente
riconosciuta come tale dalla Corte costituzionale; sentenza n. 355 del 2002)
sottoposto soltanto ad autorizzazione, ai sensi degli articoli 23 del codice
della strada e 53 del relativo regolamento di esecuzione.
La pubblicità stradale è perciò un’attività economica
che, al fine della salvaguardia dei valori estetici, ambientali e viabilistici,
è soggetta ad autorizzazione onerosa, essendo previsto un “prezzo”
(tariffa) pagato dall’autorizzato anche per compensare l’occupazione del suolo
pubblico ed essendo inglobata la relativa tassa (Tosap) nell’imposta comunale
sulla pubblicità (Cass. civ. sez. trib. n. 17614 del 2004, n. 105 del 2010).
Consegue da ciò che il Comune che condiziona l’accesso
alla pubblicità stradale oltre che ad autorizzazione anche a concessione, con
gara per l’attribuzione dell’area, eccede dalle previsioni della normativa
primaria che ha attribuito all’ente locale un potere di pianificazione per la
sola salvaguardia dei valori sopra indicati.
Con il secondo e diverso indirizzo, definito con la
sentenza della V sezione del Consiglio di Stato 2 febbraio 2009, n. 529, e
largamente condiviso dai Tribunali amministrativi regionali, è stato affermato
che il mercato dell’uso degli impianti pubblicitari privati in ambito cittadino
è, allo stato attuale, contingentato, a motivo della limitatezza degli spazi
disponibili e della consequenziale prescrizione, di cui all’art. 3, comma, 3
del d.lgs. n. 507 del 1993, recante norme sul regolamento comunale sulla
imposta di pubblicità, per la quale i Comuni devono determinare “la quantità
degli impianti pubblicitari”. In questo quadro, è la concessione degli
spazi tramite gara che si pone quale strumento per la piena attuazione del
principio costituzionale di libera iniziativa economica, poiché consente a nuovi
operatori l’ingresso in un mercato che resterebbe altrimenti riservato a quanti
hanno conseguito in passato le autorizzazioni all’uso degli spazi più
remunerativi.
3.2. L’adunanza plenaria ritiene che la messa a gara
degli spazi pubblici per la collocazione degli impianti pubblicitari
commerciali sia legittima per le ragioni che seguono.
Alla definizione della disciplina della collocazione
degli impianti pubblicitari concorrono la normativa sulla viabilità, che
sottopone gli impianti, per la sicurezza del traffico veicolare, ad
autorizzazione comunale se collocati nei centri abitati [art. 23, comma 4, del
codice della strada (d.lgs. n. 285 del 1992)], quella sulla tutela dei beni
culturali e paesaggistici [articoli 49 e 153 del codice dei beni culturali e
del paesaggio (d.lgs. n. 42 del 2004)], se gli impianti incidano su tali
profili, e la normativa tributaria, posta in particolare dal d.lgs. n. 507 del
1993 (e poi dal d.lgs. n. 446 del 1997).
In fatto la collocazione degli impianti pubblicitari
commerciali su aree pubbliche urbane, che qui interessa, è vincolata dalla
naturale limitatezza degli spazi disponibili all’interno del territorio
comunale, ulteriormente ristretta per effetto dei vincoli sia di viabilità sia
di tutela dei beni culturali gravanti sul territorio. Ciò motiva la statuizione
di cui all’art. 3, comma 3, del citato d.lgs. n. 507 del 1993, per cui ciascun
Comune “deve” determinare, oltre la tipologia, anche “la quantità”
degli impianti pubblicitari e approvare un “piano generale degli impianti”,
con la delimitazione della superficie espositiva massima dei diversi tipi di
impianti (nella prassi ripartita tra le zone del territorio urbano),
definendosi con ciò un mercato contingentato.
La normativa sulla installazione degli impianti a
tutela della sicurezza stradale, e dei valori culturali, si raccorda così a
quella ulteriore basata sul presupposto, necessitato e condizionante, del
contingentamento dell’attività in questione poiché comportante l’uso di una
risorsa pubblica scarsa qual è il suolo pubblico.
Si configura con ciò un rapporto tra l’ente locale e
il privato il cui modello di riferimento, alla luce della sua qualificazione
sostanziale, è quello concessorio “atteso che è giustappunto una concessione
di area pubblica il provvedimento iniziale che conforma il rapporto” (Cons.
Stato, n. 529 del 2009 citata), potendo disciplinare il regolamento comunale
anche “le modalità per ottenere il provvedimento per l’installazione”
(art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993), confluendo nel quadro di tale
rapporto, di conseguenza, la regolazione unitaria dei profili di tutela della sicurezza
stradale e dei valori culturali.
Ciò rilevato ritiene l’adunanza plenaria che sia
corretto allocare l’uso degli spazi pubblici contingentati con gara, dovendosi
altrimenti ricorrere all’unico criterio alternativo dell’ordine cronologico di
presentazione delle domande accoglibili, che è di certo meno idoneo ad
assicurare l’interesse pubblico all’uso più efficiente del suolo pubblico e
quello dei privati al confronto concorrenziale.
Il procedimento di gara non contrasta infatti con la
libera espressione dell’attività imprenditoriale di cui si tratta, considerato,
in linea generale, che la procedura ad evidenza pubblica è istituto tipico di
garanzia della concorrenza nell’esercizio dell’attività economica privata
incidente sull’uso di risorse pubbliche e che, in particolare, la concessione
tramite gara dell’uso di beni pubblici per l’esercizio di attività economiche
private è istituto previsto nell’ordinamento, essendo perciò fondata la
qualificazione della gara come strumento per assicurare il principio
costituzionale della libera iniziativa economica anche nell’accesso al mercato
degli spazi per la pubblicità (Cons. Stato, V, n. 529 del 2009, cit; cfr. anche
VI, 9 febbraio 2011, n. 894).
Quanto sopra è peraltro coerente con i principi
comunitari, in particolare di non discriminazione, di parità di trattamento e
di trasparenza; questo Consiglio ha infatti chiarito da tempo che, sul
presupposto per cui con la concessione di un’area pubblica si fornisce
un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato (come è nella specie),
si impone di conseguenza una procedura competitiva per il rilascio della
concessione, necessaria per l’osservanza dei ricordati principi a presidio e
tutela di quello, fondamentale, della piena concorrenza (Sez. VI, 25 gennaio 2005,
n. 168).
3.3. Con riguardo, infine, al profilo impositivo,
questo Consiglio ha affermato, con indirizzo che non vi è motivo di non
condividere, che “non è certo il tipo giuridico del modello prescelto dalla
singola amministrazione…a condizionare le sorti dell’impianto pubblicitario sul
piano del suo assoggettamento o meno al canone (quale corrispettivo per la
fruizione del bene pubblico) e/o alla tassa per l’occupazione di suolo pubblico
(avente natura di prelievo tributario), oltre naturalmente al pagamento della
imposta sulla pubblicità. Con il che, ritornando al tema di partenza, risulta
dimostrata l’indifferenza, quantomeno ai fini impositivi, del titolo giuridico
grazie al quale i privati gestiscono propri impianti pubblicitari su aree
pubbliche” (V, n. 529 del 2009, cit.).
4. Per le ragioni che precedono l’adunanza plenaria,
riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge nella parte in cui censurano il
ricorso alla procedura di asta competitiva per la concessione degli spazi
pubblici urbani in cui collocare gli impianti di pubblicità commerciale di cui
si tratta; rinvia al Consiglio di giustizia amministrativa per la regione
Sicilia, remittente, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del codice del processo
amministrativo, per la decisione sulle residue questioni controverse fra le
parti, restando riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione.
5. Sulle questioni rimesse all’esame dell’adunanza
plenaria vengono quindi enunciati i seguenti principi di diritto:
- a) “Il termine per la costituzione in giudizio
delle parti intimate previsto dall’art. 46, comma 1, del codice del processo
amministrativo ha natura ordinatoria; esse possono perciò costituirsi in
giudizio anche nell’udienza di merito ma svolgendo solo difese orali senza
possibilità di produrre scritti difensivi e documenti”.
- b) “E’ legittima la previsione di una procedura
competitiva ad evidenza pubblica per la concessione degli spazi pubblici da
utilizzare per la collocazione di impianti pubblicitari per affissione
commerciale da parte di operatori economici privati”.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(adunanza plenaria), riuniti gli appelli in epigrafe, li respinge in parte come
da motivazione.
Rinvia al Consiglio di giustizia amministrativa per la
regione Sicilia, remittente, per la decisione sulle residue questioni
controverse fra le parti, restando riservata al definitivo ogni ulteriore
statuizione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
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