PROCEDIMENTO:
la mancata partecipazione dell'organo competente in sede di accordi amministrativi
(T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II,
sentenza 4 giugno 2013 n. 1677).
Massima
Per quanto attiene agli effetti dell'Accordo di Programma con riguardo all'efficacia sostitutiva che lo stesso può assumere in relazione ai provvedimenti amministrativi necessari in via ordinaria, esso produce l'obbligo delle parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti con l'Accordo stesso, nel rispetto delle competenze che caratterizzano ciascuna Amministrazione; ciò comporta che gli impegni assunti in sede di conclusione dell'Accordo possono riguardare soltanto ciò che era nella disponibilità dei soggetti che hanno partecipato all'accordo; la partecipazione all'Accordo di diverso organo dello stesso ente non può sostituire decisioni riservate ad altro organo, a meno che tale organo non si sia già espresso in via preventiva o non sussista un'espressa previsione normativa; ad eccezione di tali ultime ipotesi, la partecipazione di un organo non competente all'Accordo comporta l'impegno da parte di questi a sottoporre la questione all'organo competente, la cui decisione dovrà essere istruita e motivata anche con specifico riferimento all'Accordo di programma (nel senso che un'eventuale decisione in senso diverso da quanto previsto nell'Accordo dovrà essere supportata da adeguata istruttoria e motivazione).
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione
Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6212 del 2004,
proposto da:
Pietro Barbaro S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. Luciano Scoglio, con domicilio eletto presso Carmelo Toscano, in Catania, Via della Scogliera 1;
Pietro Barbaro S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. Luciano Scoglio, con domicilio eletto presso Carmelo Toscano, in Catania, Via della Scogliera 1;
contro
Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali
ed alla Pubblica Istruzione, in persona dell’Assessore pro-tempore,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania,
domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149;
per l’annullamento
a) del provvedimento di diniego della Soprintendenza
ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina n. 361504 in data 18 ottobre 2004;
b) del parere espresso dall’Osservatorio Regionale del Paesaggio nella seduta
del 5 agosto 2004; c) del decreto regionale con cui è stata approvata la
modifica al Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie in relazione al
menzionato parere dell’Osservatorio Regionale del Paesaggio; d) della direttiva
del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali ed Ambientali n. 4447 in data 24
novembre 2003; e) della nota n. 4412 in data 29 luglio 2004 dell’Assessore ai
Beni Culturali ed Ambientali; f) della nota del Dipartimento Regionale dei Beni
Culturali ed Ambientali in data 5 agosto 2004; g) della nota di trasmissione
del parere espresso dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di
Messina;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali e alla Pubblica
Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio
2013 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
Deve sinteticamente premettersi che, con il presente
gravame, la società ricorrente, chiedendo anche il risarcimento del danno, ha
impugnato il diniego della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di
Messina, n. 361504 in data 18 ottobre 2004, sulla richiesta di autorizzazione
paesaggistica per la realizzazione di un albergo termale in Vulcano, nonché
ulteriori atti a tale diniego connessi e meglio descritti in epigrafe.
Il progetto in questione era stato incluso nel Patto
Territoriale delle Isole Eolie approvato con decreto del Ministero delle
Attività Produttive n. 061 del 21 dicembre 2001.
Con il parere di cui alla nota n. 1794 del 17 ottobre
2001, la Presidenza della Regione Siciliana aveva ritenuto coerenti gli obiettivi
individuati da tale Patto Territoriale all’interno dei settori industria,
agroindustriale, servizi e turismo con gli obiettivi specifici e le linee di
intervento del POR 2003-2006.
La Soprintendenza, all’esito di complesse vicende
procedimentali di cui si darà conto nel seguito, ha ritenuto che il progetto
della società ricorrente, ricadente inambito di mantenimento MA3
del Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie approvato con decreto in
data 23 febbraio 2001 dell’Assessore regionale ai Beni Culturali ed Ambientali,
fosse incompatibile con le previsioni del menzionato Piano Paesistico,
escludendo quest’ultimo la possibilità di nuove edificazioni nelle aree
ricomprese nell’ambito di mantenimento MA3.
Con il terzo motivo di gravame la ricorrente ha
osservato che: a) come affermato dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con
sentenza n. 25/2001, le iniziative previste in un Accordo di Programma sono
ammissibili non solo in caso di loro contrasto con gli strumenti urbanistici,
ma anche nel caso di contrasto con i Piani Paesistici; b) l’effetto giuridico
di un Accordo di Programma consiste nell’obbligo delle parti stipulanti di
ottemperare agli impegni assunti, nel rispetto delle - e non in deroga alle -
competenze di ciascuna Amministrazione; c) ne consegue che la partecipazione ad
un Accordo di Programma di un organo incompetente comporta l’impegno di
quest’ultimo a sottoporre la questione all’organo competente, la cui decisione
dovrà essere motivata ed istruita anche con specifico riferimento a quanto
previsto nell’Accordo di Programma; d) i Patti Territoriali sono regolati,
quanto ai loro effetti, dalla medesima disciplina prevista per gli Accordi di
Programma; e) la Presidenza della Regione Siciliana aveva espresso il sui
parere favorevole sul Patto Territoriale di cui si tratta e, in conseguenza,
era suo obbligo sottoporre la questione al competente Assessorato ai Beni
Culturali ed Ambientali, che avrebbe dovuto assumere la propria decisione
tenendo conto dell’inclusione del progetto della ricorrente nel Patto
Territoriale; f) nel caso di specie la Soprintendenza di Messina si era limitata
a riscontrare la non conformità del progetto con le previsioni del Piano
Paesistico, mentre sarebbe stato compito del competente Assessorato Regionale
ai Beni Culturali ed Ambientali verificare se la difformità presentasse
effettivamente natura sostanziale e non fosse possibile autorizzare
l’intervento in deroga, eventualmente tramite l’imposizione di prescrizioni,
tenuto conto degli interessi pubblici (incremento dell’occupazione nell’ambito
di uno sviluppo eco-sostenibile) perseguiti attraverso il Patto Territoriale.
In sede cautelare il Tribunale ha condiviso tale
censura e, con ordinanza n. 127 del 26 gennaio 2005, ha sospeso gli atti
impugnati, osservando che il ricorsopresentava sufficienti
profili di fondatezza, in relazione al terzo motivo, in quanto in sede di
approvazione del Patto Territoriale Isole Eolie risulta acquisito il parere
della Regione Sicilia, di guisa che (dovendosi ritenere, in mancanza di prova
contraria, che si tratti di Assessorato diverso da quello competente
all’approvazione del Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie), in base
al condivisibile principio affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 5 gennaio
2001, n. 25) “la partecipazione” (all’Accordo di Programma e, nel caso “de
quo”, al Patto Territoriale) “di un organo non competente comporta l’impegno… a
sottoporre la questione all’organo che dovrà istruire e motivare la decisione
di variare o meno il Piano Territoriale Paesistico”.
Il Tribunale ha quindi ordinato alle Pubbliche
Amministrazioni di compiere, nel rispetto delle rispettive competenze, gli atti
di impulso e di istruttoria di cui sopra.
Con successiva ordinanza n. 777 del 14 maggio 2005 il
Tribunale, ritenendo che l’Amministrazione non avesse adempiuto alla citata
ordinanza n. 127 del 26 gennaio 2005, ha nominato un commissario ad
acta, che con provvedimento in data 24 giugno 2006: a) ha ritenuto ammissibile
l’esame nel merito dell’iniziativa attraverso la verifica degli elaborati
progettuali presentati; b) ha disposto che la Soprintendenza di
Messina esprimesse il proprio parere autorizzativo per
l’iniziativa proposta dalla ditta ricorrente nel rispetto delle norme generali
di tutela del paesaggio e di quelle fondamentali dello stesso Piano
Territoriale Paesistico delle Isole Eolie; c) ha demandato alla
Soprintendenza di Messina il compito di indicare le eventuali modifiche per
rendere coordinabili gli interessi di cui è portatrice l’iniziativa della ditta
ricorrente, inserita nel Patto Territoriale, con gli interessi sostanziali di
cui è espressione il Piano Territoriale Paesistico… attraverso la verifica
della compatibilità dell’intervento, previa l’adozione di tutte le necessarie
verifiche ai fini paesaggistici ed in particolare il controllo dello stesso
intervento, anche prescrivendo indicazioni volte a limitare gli impatti
paesaggistici con il superiore e prioritario obiettivo che l’intervento sia
tale “da non modificare i caratteri costitutivi del contesto
paesistico-ambientale o della singola risorsa”.
A seguito del provvedimento adottato dal commissario ad
acta, con nota n. 5540 del 5 settembre 2006 la Soprintendenza di Messina ha
espresso il proprio parere favorevole sul progetto di massima presentato dalla
ricorrente.
Con nota n. 9871 del 15 novembre 2007 la
Soprintendenza di Messina ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sul
progetto definitivo.
Con delibera n. 32 del 2008 il Consiglio Comunale di
Lipari ha approvato il progetto della ricorrente in variante al Piano di Fabbricazione.
In data 15 dicembre 2008 è stata rilasciata alla
società la concessione edilizia n. 46 per l’esecuzione dell’intervento.
Con note n. 3893 del 14 gennaio 2010 e n. 3202 del 20
giugno 2012 la Soprintendenza di Messina ha rilasciato due ulteriori autorizzazioni
paesaggistiche per varianti in corso d’opera.
Come risulta dalla documentazione fotografica versata
in atti dalla società ricorrente, l’intervento è stato interamente realizzato.
Con memoria depositata in data 12 dicembre 2012 la
ricorrente ha insistito per l’accoglimento sia della domanda impugnatoria che
della domanda risarcitoria.
In particolare, quanto alla domanda risarcitoria la
società ha osservato che: a) in ragione dell’esito della fase cautelare, la
ricorrente ha potuto incassare le prime due tranche del contributo a fondo
perduto (per un importo di € 2.031.395,83) ed è in attesa di ricevere il saldo;
b) l’esame dell’iniziativa ha subito, tuttavia, un arresto di due anni: dal 18
aprile 2004 (data di adozione dell’originario provvedimento di diniego) al 5
settembre 2006 (data in cui è stato rilasciato dalla Soprintendenza di Messina
il parere favorevole sul progetto di massima); c) l’Amministrazione deve,
quindi, risarcire alla società il danno patito a causa di tale ritardo e da
quest’ultima quantificato in € 1.316.000,00.
L’Amministrazione regionale, costituitasi in giudizio,
ha chiesto il rigetto del gravame.
Nella pubblica udienza del 15 maggio 2013, sentiti i
difensori delle parti come indicato in verbale, la causa è stata trattenuta in
decisione.
La domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati
è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
All’esito della fase cautelare, infatti, la
Soprintendenza di Messina ha espresso il proprio parere favorevole sul progetto
di massima ed ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sul progetto
definitivo, nonché due ulteriori autorizzazioni paesaggistiche per varianti in
corso d’opera.
Tali provvedimenti sono stati assunti dalla
Soprintendenza senza alcuna riserva ed, in particolare, senza subordinare la
loro efficacia all’esito del giudizio di merito, di talché deve ritenersi che
gli stessi esprimano la nuova - e definitiva - posizione dell’Amministrazione
sulla questione di cui si tratta.
Ciò è anche confermato dal fatto che la difesa
dell’Amministrazione non ha prodotto scritti difensivi in vista dell’udienza di
merito, limitandosi a chiedere, in sede di discussione, il rigetto della
domanda di condanna al risarcimento del danno ribadita - e puntualizzata -
dalla ricorrente con memoria depositata in data 12 dicembre 2012.
Tanto premesso in ordine all’improcedibilità della
domanda impugnatoria, il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria sia
infondata per insussistenza del requisito della colpa.
In estrema sintesi, l’evoluzione giurisprudenziale sul
requisito della colpa nel caso di illecito aquiliano commesso
dall’Amministrazione nell’esercizio di attività provvedimentale può essere
riassunta come segue.
Nella nota sentenza n. 500/1999, le Sezioni Unite
della Cassazione hanno fatto riferimento alla colpa dell’Amministrazione intesa
come apparato, affermando la necessità di un’indagine sulla
violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione
che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità amministrativa.
Le conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte hanno,
tuttavia, suscitato perplessità.
La giurisprudenza amministrativa (cfr., in
particolare, Cons. St., V, n. 4329/2001) ha osservato che siffatta impostazione
risulta ambigua, facendo coincidere il requisito della colpa con la disfunzione
amministrativa, cioè con un concetto estremamente impalpabile, che dà luogo
a notevoli problemi sotto il profilo probatorio e che non sempre può
realisticamente considerarsi come un antecedente logico-giuridico, sul piano
eziologico, del danno cagionato al privato.
Un consistente indirizzo interpretativo ha, quindi,
preferito richiamare le conclusioni raggiunte in materia dalla Corte di
Giustizia, secondo cui, per il riconoscimento della responsabilità delle
Istituzioni Comunitarie e delle Pubbliche Amministrazioni nazionali per
violazione della normativa comunitaria, oltre alla violazione di un norma che
attribuisca una posizione giuridica di vantaggio al privato ed al nesso di
causalità fra violazione e danno patito, occorre il carattere grave e manifesto
della violazione stessa, da accertare attraverso un’indagine da condurre su
indici sintomatici, quali, ad esempio, il grado di chiarezza e precisione della
norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale attribuito all’Autorità, il
carattere eventualmente intenzionale della violazione, l’eventuale esistenza di
una giurisprudenza consolidata, l’eventuale novità della questione.
In buona sostanza, secondo tale indirizzo il requisito
della colpa è insussistente quando l’errore dell’Amministrazione, sulla base di
indici oggettivi quali quelli indicati, risulti scusabile.
Siffatta ricostruzione ha sollevato due fondamentali
problemi: a) ritenere la sussistenza dell’illecito aquiliano per attività
provvedimentale dell’Amministrazione nei soli casi di violazione grave (o non
scusabile) di una norma significa introdurre una limitazione di responsabilità
in difetto di un’espressa previsione legislativa; b) anche vizi oggettivamente
non gravi possono essere il risultato di un comportamento colposo.
La giurisprudenza (cfr., in particolare, Cons. St.,
VI, n. 1514/2007) ha quindi mitigato le conclusioni raggiunte dal precedente
orientamento, precisando che: a) l’illegittimità dell’atto costituisce di per
sé un indice della sussistenza della colpa, da valutare però congiuntamente ad
altre circostanze; b) il privato può limitarsi a provare l’illegittimità del
provvedimento, restando a carico dell’Amministrazione la prova che la
violazione non sia, nella specie, addebitabile a propria colpa.
Applicando le conclusioni appena indicate al caso in
esame, il Collegio ritiene che nella fattispecie sussista la prova che la
violazione in cui l’Amministrazione è incorsa sia non grave (ovvero scusabile)
e che, pertanto, difetti il requisito della colpa.
Al fine di comprendere tale affermazione è necessario
ricostruire la vicenda di cui si tratta con maggiore precisione, anche per
comprenderne la obiettiva complessità.
Il Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie è
stato adottato dall’Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali a seguito di
parere reso dalla Speciale Commissione di cui all’art. 24 regio decreto n.
1357/1940 nella seduta dell’11 aprile 1997.
Come all’epoca disposto dall’art. 2, ultimo comma,
legge n. 1497/1939, con nota n. 2071 del 3 giugno 1997 il Piano è stato
trasmesso alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina per
gli adempimenti di cui all’art. 24, secondo comma, regio decreto n. 1357/1940,
consistenti nella pubblicazione dello stesso all’Albo del Comune di Lipari per
tre mesi a far data dal 9 giugno 1997.
Ne consegue che, ai sensi della normativa sopra
indicata, le norme di attuazione del Piano Paesistico sono vigenti dal 9 giugno
1997.
Esaminate le osservazioni, opposizioni, proposte e
reclami formulati, il Piano Territoriale Paesistico è stato, poi, approvato con
decreto assessoriale n. 5180 del 23 febbraio 2001, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Regione Siciliana n. 11 del 16 marzo 2001.
Il Piano opera una fondamentale distinzione fra ambiti
di tutela vulcanologica (art. 10), per i quali le previsioni di Piano
risultano prescrittive e vincolanti, ed ambiti di trasformabilità
relativa ed assoluta, per i quali le norme del Piano costituiscono
indicazioni ed indirizzi da recepire negli strumenti urbanistici e/o attuativi.
Con riferimento agli ambiti di trasformabilità
relativa ed assoluta, il Piano (artt. 21, 22, 23, 24, 30, 31, 32, 33 e 34),
individua ambiti di recupero, riordino, riqualificazione, modificazione
e trasformazione delle Isole Eolie (RP1, RCS, RNS, REP, RIO, RES, MO1,
MO2 e TR), per i quali dispone il rinvio ai nuovi strumenti urbanistici ed
indica puntualmente le attività compatibili ammesse nelle more
dell’approvazione dei nuovi strumenti.
Sempre con riferimento agli ambiti di
trasformabilità relativa ed assoluta, il Piano (artt. 27, 28 e 29)
individua anche ambiti con regime di mantenimento (MA1, MA2 e
MA3), non disponendo, però, alcun rinvio ai nuovi strumenti urbanistici ed
indicano in modo tassativo le attività compatibili nei predetti ambiti.
Il progetto presentato dalla ricorrente ricadeva in
ambito di mantenimento MA3 (Mantenimento zone non edificabili di alto pregio
paesistico con funzioni strategiche).
L’art. 29 del Piano indica fra le attività non
compatibili in tale ambito anche la nuova attività ricettiva
alberghiera, le nuove infrastrutture e le nuove edificazioni.
Deve aggiungersi che, in sede di esame, da parte della
Speciale Commissione di cui all’art. 24 regio decreto n. 1357/1940, delle
opposizioni presentate avverso il Piano Paesistico, non furono accolte quelle
in cui si lamentava il fatto che le previsioni del Piano Territoriale
Paesistico non tenessero conto delle progettazioni inserite
nel Patto Territoriale delle Isole Eolie e anzi ne precludessero la
realizzazione.
Il rigetto di tali opposizioni è stato fondato sulla
seguente motivazione: In nessuna parte è infatti detto, né può essere
altrimenti sostenuto, come e in che modo il Patto Territoriale possa derogare
alle previsioni di un Piano Paesistico. Le vigenti disposizioni di legge e di
regolamento inducono a ritenere il contrario, così come è dato evincere, in
particolare, dal contenuto della Circolare del Presidente della Regione
Siciliana n. 1/V del 2 settembre 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Regione Siciliana n. 43 del 10 settembre 1999, che richiede, anzi, tra i
presupposti dei Patti Territoriali la loro conformità alla pianificazione
urbanistica: “gli strumenti di programmazione negoziata devono essere coerenti
con gli strumenti della programmazione regionale (DPEF, Linee Guida del Piano
Paesistico Regionale) e gli strumenti della programmazione negoziale e
comunitaria devono rispettare i principi e le regole della sostenibilità
ambientale secondo quanto previsto dalla delibera CIPE in data 28 dicembre
1993”.
Con nota n. 6959 del 12 luglio 2001, la Soprintendenza
di Messina ha rappresentato all’Assessorato Regionale che, in assenza di nuovi
strumenti urbanistici, restava precluso l’esame di interventi contemplati nel
Patto Territoriale (ed in astratto assentibili) ricadenti negli ambiti
di recupero, riordino, riqualificazione, modificazione e trasformazione (e
non nell’ambito di mantenimento) del Piano Paesistico.
Con nota n. 4447 del 24 novembre 2002, ribadita con
nota n. 2095 del 7 giugno 2004, l’Assessorato ha fornito specifiche direttive
alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina, affermando che
qualunque modifica al Piano Paesistico ad opera di un Patto Territoriale
potesse essere intrapresa solo attraverso l’ordinario iter di
approvazione del Piano.
Al fine di consentire l’esame degli interventi
contemplati nel Patto Territoriale non ricadenti negli ambiti di tutela vulcanologica,
con nota n. 7446 del 23 luglio 2004 la Soprintendenza di Messina ha proposto
all’Assessorato Regionale una modifica dell’art. 39 del Piano Paesistico.
Con nota n. 1041 del 6 agosto 2004, l’Osservatorio
Regionale del Paesaggio ha trasmesso all’Assessorato una proposta di
integrazione del Piano Territoriale Paesistico, mediante introduzione di una
lettera f) all’art. 39 (in assenza di nuovi strumenti urbanistici le aziende
ricettivo-alberghiere, così come definite dall’art. 3 legge regionale n. 27/1996,
non ricadenti negli ambiti di tutela vulcanologica, proposte all’interno del
Patto Territoriale delle Isole Eolie, sono considerate, agli effetti del Piano
Territoriale Paesistico, interventi di rilevante trasformazione del territorio)
e dell’art 49-bis (Aziende ricettivo-alberghiere inserite nel Patto
Territoriale: In assenza dei nuovi strumenti urbanistici, per la
localizzazione e la realizzazione di opere connesse alle aziende
ricettivo-alberghiere… i progetti devono essere dotati, negli ambiti di modificazione
trasformazione (MO1, MO2, TR) dello studio di compatibilità
paesistico-ambientale previsto dall’art. 41 del Piano Territoriale Paesistico.
La localizzazione della suddette opere potrà essere prevista anche negli ambiti
di recupero, riordino e qualificazione (RP1, RCS, RNS, REP, RIO, RES): lo
studio di compatibilità paesistico-anbientale dovrà contenere interventi di
recupero e di riqualificazione degli immobili e delle aree interessate e
interventi di valorizzazione paesistica).
Il citato art. 49-bis non contiene alcun riferimento
agli ambiti di mantenimento (MA1, MA2, MA3), in relazione ai
quali la previgente disciplina sarebbe quindi rimasta immutata.
Il diniego della Soprintendenza ai Beni Culturali ed
Ambientali di Messina n. 361504 in data 18 ottobre 2004 si è, quindi, fondato
sull’espressa disciplina contenuta nel Piano Paesistico, il quale, anche dopo
le integrazioni proposte dall’Osservatorio Regionale del Paesaggio, non
ammetteva nell’ambito di mantenimento MA3 nuove edificazioni (come
sancito espressamente dal già citato art. 29), neppure tramite rinvio a futuri
strumenti urbanistici.
In particolare, l’art. 29 del Piano Paesistico indica
quali attività compatibili in tale ambito di mantenimento i
seguenti interventi: infrastrutture termali con alimentazione esogena;
demolizione o trasferimento dei detrattori paesistici ambientali; recupero
edilizio senza ampliamento e senza variazione tipologica, fatti salvi limitati
ampliamenti per attrezzature igienico-sanitarie, ove non esistenti; restauro e
compatibilizzazione paesistica dei detrattori; servizi per funzioni pubbliche
entro edilizia di recupero solo se necessari e di pubblica utilità.
L’intervento proposto dalla società non poteva
considerarsi ampliamento ed adeguamento morfo-funzionale di una struttura
ricettiva esistente, come pure affermato dalla ricorrente nella relazione
integrativa al progetto, sia in quanto le dimensioni delle opere da realizzare ex
novo non si presentavano modeste, né limitate, sia in quanto esso non
era configurabile quale limitato ampliamento per attrezzature
igienico-sanitarie o come infrastruttura termale con
alimentazione esogena.
Pur volendosi ammettere che l’intervento rientrasse
fra le attività compatibili di cui al citato art. 29, esso, stando alle
previsioni del Piano Paesistico, non avrebbe comunque potute essere realizzato,
in quanto, ai sensi dell’art. 50 del Piano stesso, tutte le attività
compatibili nei regimi di tutela del Piano Territoriale Paesistico possono
essere attuate se recepite e localizzate dagli strumenti urbanistici.
Rispetto a tale quadro, che, come indicato, ha indotto
la Soprintendenza a propendere inizialmente per il diniego dell’autorizzazione
paesaggistica, va però, considerata la già citata sentenza n. 25/2001 del
Consiglio di Stato, posta a fondamento dell’ordinanza cautelare di questo
Tribunale n. 127 del 26 gennaio 2005, con cui è stata concessa la sospensione
dei provvedimenti impugnati.
Con tale pronuncia il Consiglio di Stato ha ritenuto
che: a) anche la modifica di un piano territoriale paesistico - e non solo la
variazione di uno strumento urbanistico - può rientrare nel contenuto di un
Accordo di Programma (e, per quanto in questa sede interessa, di un Patto
Territoriale); b) ciò in ragione della portata generale dello strumento
dell’Accordo di Programma, i cui limiti oggettivi devono essere individuati con
esclusivo riferimento all’ampia definizione, contenuta nel primo comma
dell’art. 27 della legge n.142/90; c) per quanto attiene agli effetti
dell’Accordo con riguardo all’efficacia sostitutiva che lo stesso può assumere
in relazione ai provvedimenti amministrativi necessari in via ordinaria, esso
produce l’obbligo delle parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti
con l’Accordo stesso, nel rispetto delle competenze che caratterizzano ciascuna
Amministrazione; d) ciò comporta che gli impegni assunti in sede di conclusione
dell’Accordo possono riguardare soltanto ciò che era nella disponibilità dei
soggetti che hanno partecipato all’accordo; e) la partecipazione all’Accordo di
diverso organo dello stesso ente non può sostituire decisioni riservate ad
altro organo, a meno che tale organo non si sia già espresso in via preventiva
o non sussista un’espressa previsione normativa; f) ad eccezione di tali ultime
ipotesi, la partecipazione di un organo non competente all’Accordo comporta
l’impegno da parte di questi a sottoporre la questione all’organo competente,
la cui decisione dovrà essere istruita e motivata anche con specifico
riferimento all’Accordo di programma (nel senso che un’eventuale decisione in
senso diverso da quanto previsto nell’Accordo dovrà essere supportata da
adeguata istruttoria e motivazione).
Nel caso in esame la partecipazione della Regione
Sicilia al Patto Territoriale è avvenuta tramite la Presidenza Regionale - che
ha espresso parere favorevole (peraltro limitandosi a ritenere coerenti gli obiettivi
individuati da tale Patto Territoriale all’interno dei settori industria,
agroindustriale, servizi e turismo con gli obiettivi specifici e le linee di
intervento del POR 2003-2006) - e cioè attraverso un organo incompetente ad
apportare le necessarie variazioni al Piano Paesistico: per questa ragione in
sede cautelare il Tribunale ha disposto che la Regione si attivasse perché le
possibili variazioni del Piano imposte dalle specifiche esigenze contemplate
dal Patto Territoriale fossero eventualmente deliberate dal competente Assessorato
Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali.
Deve osservarsi, però, che con la citata sentenza n.
25/2001 il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tribunale
Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione I, n. 2911/1999, che in
ordine alla questione della modificabilità del Piano Paesistico mediante
Accordo di Programma aveva manifestato, poco prima, contrario avviso.
Le conclusioni di cui alla sentenza n. 25/2001,
pertanto, non costituivano all’epoca una “giurisprudenza pacifica” su cui l’Amministrazione
avrebbe potuto far sicuro e definitivo affidamento, dovendo invece ritenersi
che la questione relativa alla possibilità di modificare le previsioni di un
Piano Paesistico mediante Accordo di Programma (o Patto Territoriale) fosse,
all’epoca, ancora sostanzialmente controversa.
L’iniziale diniego sulla richiesta di autorizzazione
paesaggistica, pertanto, non può essere considerato come una grave violazione
di legge da attribuire ad un contegno colposo dell’Amministrazione, ma come una
plausibile interpretazione della complessa normativa di riferimento
(interpretazione condivisa, quanto all’immodificabilità delle previsioni di
Piano Paesistico tramite Accordo di Programma, anche da una parte della
giurisprudenza amministrativa di primo grado).
Inoltre, il caso di specie risultava ulteriormente
complicato dal fatto che il parere della Regione in sede di Patto Territoriale
era stato espresso da un organo non competente (la Presidenza Regionale) con
una formulazione letterale che in alcun modo richiamava la problematica della
compatibilità fra il Patto Territoriale ed il Piano Paesistico.
Tale circostanza poteva ben legittimare dubbi
sull’applicabilità al caso di specie delle conclusioni di cui alla citata
sentenza n. 25/2001 in materia di partecipazione all’Accordo di Programma o al
Patto Territoriale di organo non competente ai fini della modifica delle
previsioni paesistiche (conclusioni che, comunque, costituivano un’innovativa -
e all’epoca non univoca - ricostruzione della fattispecie, con indicazione
degli adempimenti procedurali posti a carico dell’Amministrazione che avesse
partecipato all’Accordo di Programma tramite organo non competente ad apportare
modifiche al Piano Paesistico).
A ciò deve aggiungersi il rilievo che, come risulta
espressamente dal provvedimento in data 24 giugno 2006, il commissario ad
acta ha disposto che la Soprintendenza di Messina esprimesse il
proprio parere dopo aver rilevato una specifica peculiarità con riferimento al
caso di specie e, cioè, il fatto che, nella tavola tematica del Piano
Territoriale Paesistico del 1997… all’area in questione non sembra essere stato
attribuito un regime normativo d’ambito e… nella carta tematica del Piano
Territoriale Paesistico decretato nel 2001 all’area in questione è stato
attribuito il regime normativo MA3, senza che si evinca… alcuna motivazione di
attribuzione dai verbali della seconda Speciale Commissione…
In buona sostanza, il provvedimento con cui il
commissario ad acta ha chiamato la Soprintendenza di Messina
ad esprimersi sulla questione, ritenendo, quanto al progetto in questione, che
le variazioni al Piano Paesistico apportate dal Patto Territoriale non fossero
incompatibili con gli interessi sostanziali che il Piano salvaguarda e tutela,
è dipeso (anche) dalla circostanza che la specifica area in questione era stata
ricompresa nell’ambito di mantenimento MA3 solo in seconda battuta
e senza adeguata motivazione.
In difetto di siffatta peculiarità adeguatamente evidenziata
dal commissario ad acta, non si sarebbe potuto astrattamente
escludere un nuovo provvedimento di diniego da parte della Soprintendenza,
atteso che, in linea generale, nell’ambito di mantenimento MA3 il
Piano Paesistico non ammette la possibilità di nuove edificazioni e contempla
una serie di attività compatibili che non corrispondono in alcun modo ai
contenuti dell’intervento realizzato dalla società ricorrente (con la
conseguenza che sarebbe risultata alquanto problematica una coerente composizione
fra gli interessi sostanziali perseguiti attraverso il Piano e quelli di cui al
Patto Territoriale).
Alle osservazioni che precedono è opportuno aggiungere
un ulteriore rilievo.
Non è condivisibile l’affermazione della ricorrente
secondo cui l’iniziativa in questione avrebbe subito, a causa dell’originario
diniego, un arresto di due anni: dal 18 aprile 2004 (data di adozione del
provvedimento di diniego) al 5 settembre 2006 (data in cui è stato rilasciato
dalla Soprintendenza di Messina il parere favorevole sul progetto di massima).
Il diniego espresso in data 18 aprile 2004 non
risultava, infatti, sic et simpliciter alternativo al rilascio
del provvedimento autorizzatorio.
Qualora, infatti, la Soprintendenza avesse ritenuto
modificabili le previsioni del Piano Paesistico a seguito dell’approvazione del
Patto Territoriale, sarebbe comunque stata necessaria un’apposita e complessa
istruttoria per sottoporre, in armonia con le indicazioni di cui alla sentenza
n. 25/2001 del Consiglio di Stato, al competente organo regionale (cioè
all’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali) il contenuto del
Patto Territoriale contrastante con le originarie previsioni del Piano
Paesistico.
Tale adempimento - che implica, com’è ovvio, una
delicata valutazione in ordine alla compatibilità fra gli specifici interessi
perseguiti dal Patto Territoriale e gli interessi sostanziali tutelati mediante
il Piano Paesistico - presuppone l’espletamento di un’articolata e complessa
istruttoria, come dimostrato dal fatto che il commissario ad acta,
nominato dal Tribunale con ordinanza n. 777 del 14 maggio 2005, ha emanato il
proprio provvedimento di impulso solo in data 24 giugno 2006 (provvedimento cui
ha, poi, fatto seguito in data 5 settembre 2006 - cioè a distanza di circa un anno
e quatto mesi dalla nomina del commissario - il parere favorevole della
Soprintendenza di Messina sul progetto di massima).
Ciò, oltre a confutare la tesi della società secondo
cui l’originario diniego avrebbe determinato una ritardo di due anni nel rilascio
del titolo autorizzatorio, dimostra ulteriormente che, nel caso in esame,
l’Amministrazione è stata chiamata ad affrontare una questione di particolare
complessità e di non facile soluzione (anche alla luce di orientamenti
giurisprudenziali all’epoca non univoci), con la conseguenza che, restando
escluso il requisito della colpa espressamente contemplato dall’art. 2043 c.c.,
la domanda risarcitoria deve essere rigettata.
In conclusione il ricorso va dichiarato improcedibile
quanto alla domanda di annullamento degli atti impugnati, mentre va rigettato
quanto alla domanda risarcitoria.
Tenuto conto del complessivo andamento della vicenda,
le spese di giudizio devono essere compensate, fatta eccezione per quelle
relative al compenso dovuto in favore del commissario ad acta, che
restano a carico dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali,
come già disposto con decreto di liquidazione di questo Tribunale n. 33 del 12
ottobre 2006.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia,
Sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul
ricorso come in epigrafe proposto: 1) dichiara improcedibile il ricorso quanto
alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati; 2) rigetta la domanda
di risarcimento del danno; 3) compensa fra le parti le spese di lite, fatta
eccezione per quelle relative al compenso in favore del commissario “ad acta”,
che restano a carico dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed
Ambientali, come già disposto con decreto di liquidazione di questo Tribunale
n. 33 del 12 ottobre 2006.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del
giorno 15 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Giovanni Milana, Consigliere
Daniele Burzichelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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