martedì 27 agosto 2013

PROCEDIMENTO: la mancata partecipazione dell'organo competente in sede di accordi amministrativi (T.A.R. Sicilia, Catania, sentenza 4 giugno 2013 n. 1677).


PROCEDIMENTO: 
la mancata partecipazione dell'organo competente in sede di accordi amministrativi 
(T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 
sentenza 4 giugno 2013 n. 1677).


Massima

Per quanto attiene agli effetti dell'Accordo di Programma con riguardo all'efficacia sostitutiva che lo stesso può assumere in relazione ai provvedimenti amministrativi necessari in via ordinaria, esso produce l'obbligo delle parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti con l'Accordo stesso, nel rispetto delle competenze che caratterizzano ciascuna Amministrazione; ciò comporta che gli impegni assunti in sede di conclusione dell'Accordo possono riguardare soltanto ciò che era nella disponibilità dei soggetti che hanno partecipato all'accordo; la partecipazione all'Accordo di diverso organo dello stesso ente non può sostituire decisioni riservate ad altro organo, a meno che tale organo non si sia già espresso in via preventiva o non sussista un'espressa previsione normativa; ad eccezione di tali ultime ipotesi, la partecipazione di un organo non competente all'Accordo comporta l'impegno da parte di questi a sottoporre la questione all'organo competente, la cui decisione dovrà essere istruita e motivata anche con specifico riferimento all'Accordo di programma (nel senso che un'eventuale decisione in senso diverso da quanto previsto nell'Accordo dovrà essere supportata da adeguata istruttoria e motivazione).


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6212 del 2004, proposto da:
Pietro Barbaro S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avv. Luciano Scoglio, con domicilio eletto presso Carmelo Toscano, in Catania, Via della Scogliera 1; 
contro
Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali ed alla Pubblica Istruzione, in persona dell’Assessore pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, Via Vecchia Ognina 149; 
per l’annullamento
a) del provvedimento di diniego della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina n. 361504 in data 18 ottobre 2004; b) del parere espresso dall’Osservatorio Regionale del Paesaggio nella seduta del 5 agosto 2004; c) del decreto regionale con cui è stata approvata la modifica al Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie in relazione al menzionato parere dell’Osservatorio Regionale del Paesaggio; d) della direttiva del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali ed Ambientali n. 4447 in data 24 novembre 2003; e) della nota n. 4412 in data 29 luglio 2004 dell’Assessore ai Beni Culturali ed Ambientali; f) della nota del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali ed Ambientali in data 5 agosto 2004; g) della nota di trasmissione del parere espresso dalla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali e alla Pubblica Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 maggio 2013 il dott. Daniele Burzichelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
Deve sinteticamente premettersi che, con il presente gravame, la società ricorrente, chiedendo anche il risarcimento del danno, ha impugnato il diniego della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina, n. 361504 in data 18 ottobre 2004, sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un albergo termale in Vulcano, nonché ulteriori atti a tale diniego connessi e meglio descritti in epigrafe.
Il progetto in questione era stato incluso nel Patto Territoriale delle Isole Eolie approvato con decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 061 del 21 dicembre 2001.
Con il parere di cui alla nota n. 1794 del 17 ottobre 2001, la Presidenza della Regione Siciliana aveva ritenuto coerenti gli obiettivi individuati da tale Patto Territoriale all’interno dei settori industria, agroindustriale, servizi e turismo con gli obiettivi specifici e le linee di intervento del POR 2003-2006.
La Soprintendenza, all’esito di complesse vicende procedimentali di cui si darà conto nel seguito, ha ritenuto che il progetto della società ricorrente, ricadente inambito di mantenimento MA3 del Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie approvato con decreto in data 23 febbraio 2001 dell’Assessore regionale ai Beni Culturali ed Ambientali, fosse incompatibile con le previsioni del menzionato Piano Paesistico, escludendo quest’ultimo la possibilità di nuove edificazioni nelle aree ricomprese nell’ambito di mantenimento MA3.
Con il terzo motivo di gravame la ricorrente ha osservato che: a) come affermato dal Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza n. 25/2001, le iniziative previste in un Accordo di Programma sono ammissibili non solo in caso di loro contrasto con gli strumenti urbanistici, ma anche nel caso di contrasto con i Piani Paesistici; b) l’effetto giuridico di un Accordo di Programma consiste nell’obbligo delle parti stipulanti di ottemperare agli impegni assunti, nel rispetto delle - e non in deroga alle - competenze di ciascuna Amministrazione; c) ne consegue che la partecipazione ad un Accordo di Programma di un organo incompetente comporta l’impegno di quest’ultimo a sottoporre la questione all’organo competente, la cui decisione dovrà essere motivata ed istruita anche con specifico riferimento a quanto previsto nell’Accordo di Programma; d) i Patti Territoriali sono regolati, quanto ai loro effetti, dalla medesima disciplina prevista per gli Accordi di Programma; e) la Presidenza della Regione Siciliana aveva espresso il sui parere favorevole sul Patto Territoriale di cui si tratta e, in conseguenza, era suo obbligo sottoporre la questione al competente Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali, che avrebbe dovuto assumere la propria decisione tenendo conto dell’inclusione del progetto della ricorrente nel Patto Territoriale; f) nel caso di specie la Soprintendenza di Messina si era limitata a riscontrare la non conformità del progetto con le previsioni del Piano Paesistico, mentre sarebbe stato compito del competente Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali verificare se la difformità presentasse effettivamente natura sostanziale e non fosse possibile autorizzare l’intervento in deroga, eventualmente tramite l’imposizione di prescrizioni, tenuto conto degli interessi pubblici (incremento dell’occupazione nell’ambito di uno sviluppo eco-sostenibile) perseguiti attraverso il Patto Territoriale.
In sede cautelare il Tribunale ha condiviso tale censura e, con ordinanza n. 127 del 26 gennaio 2005, ha sospeso gli atti impugnati, osservando che il ricorsopresentava sufficienti profili di fondatezza, in relazione al terzo motivo, in quanto in sede di approvazione del Patto Territoriale Isole Eolie risulta acquisito il parere della Regione Sicilia, di guisa che (dovendosi ritenere, in mancanza di prova contraria, che si tratti di Assessorato diverso da quello competente all’approvazione del Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie), in base al condivisibile principio affermato dal Consiglio di Stato (Sez. VI, 5 gennaio 2001, n. 25) “la partecipazione” (all’Accordo di Programma e, nel caso “de quo”, al Patto Territoriale) “di un organo non competente comporta l’impegno… a sottoporre la questione all’organo che dovrà istruire e motivare la decisione di variare o meno il Piano Territoriale Paesistico”.
Il Tribunale ha quindi ordinato alle Pubbliche Amministrazioni di compiere, nel rispetto delle rispettive competenze, gli atti di impulso e di istruttoria di cui sopra.
Con successiva ordinanza n. 777 del 14 maggio 2005 il Tribunale, ritenendo che l’Amministrazione non avesse adempiuto alla citata ordinanza n. 127 del 26 gennaio 2005, ha nominato un commissario ad acta, che con provvedimento in data 24 giugno 2006: a) ha ritenuto ammissibile l’esame nel merito dell’iniziativa attraverso la verifica degli elaborati progettuali presentati; b) ha disposto che la Soprintendenza di Messina esprimesse il proprio parere autorizzativo per l’iniziativa proposta dalla ditta ricorrente nel rispetto delle norme generali di tutela del paesaggio e di quelle fondamentali dello stesso Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie; c) ha demandato alla Soprintendenza di Messina il compito di indicare le eventuali modifiche per rendere coordinabili gli interessi di cui è portatrice l’iniziativa della ditta ricorrente, inserita nel Patto Territoriale, con gli interessi sostanziali di cui è espressione il Piano Territoriale Paesistico… attraverso la verifica della compatibilità dell’intervento, previa l’adozione di tutte le necessarie verifiche ai fini paesaggistici ed in particolare il controllo dello stesso intervento, anche prescrivendo indicazioni volte a limitare gli impatti paesaggistici con il superiore e prioritario obiettivo che l’intervento sia tale “da non modificare i caratteri costitutivi del contesto paesistico-ambientale o della singola risorsa”.
A seguito del provvedimento adottato dal commissario ad acta, con nota n. 5540 del 5 settembre 2006 la Soprintendenza di Messina ha espresso il proprio parere favorevole sul progetto di massima presentato dalla ricorrente.
Con nota n. 9871 del 15 novembre 2007 la Soprintendenza di Messina ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sul progetto definitivo.
Con delibera n. 32 del 2008 il Consiglio Comunale di Lipari ha approvato il progetto della ricorrente in variante al Piano di Fabbricazione.
In data 15 dicembre 2008 è stata rilasciata alla società la concessione edilizia n. 46 per l’esecuzione dell’intervento.
Con note n. 3893 del 14 gennaio 2010 e n. 3202 del 20 giugno 2012 la Soprintendenza di Messina ha rilasciato due ulteriori autorizzazioni paesaggistiche per varianti in corso d’opera.
Come risulta dalla documentazione fotografica versata in atti dalla società ricorrente, l’intervento è stato interamente realizzato.
Con memoria depositata in data 12 dicembre 2012 la ricorrente ha insistito per l’accoglimento sia della domanda impugnatoria che della domanda risarcitoria.
In particolare, quanto alla domanda risarcitoria la società ha osservato che: a) in ragione dell’esito della fase cautelare, la ricorrente ha potuto incassare le prime due tranche del contributo a fondo perduto (per un importo di € 2.031.395,83) ed è in attesa di ricevere il saldo; b) l’esame dell’iniziativa ha subito, tuttavia, un arresto di due anni: dal 18 aprile 2004 (data di adozione dell’originario provvedimento di diniego) al 5 settembre 2006 (data in cui è stato rilasciato dalla Soprintendenza di Messina il parere favorevole sul progetto di massima); c) l’Amministrazione deve, quindi, risarcire alla società il danno patito a causa di tale ritardo e da quest’ultima quantificato in € 1.316.000,00.
L’Amministrazione regionale, costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto del gravame.
Nella pubblica udienza del 15 maggio 2013, sentiti i difensori delle parti come indicato in verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
La domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
All’esito della fase cautelare, infatti, la Soprintendenza di Messina ha espresso il proprio parere favorevole sul progetto di massima ed ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sul progetto definitivo, nonché due ulteriori autorizzazioni paesaggistiche per varianti in corso d’opera.
Tali provvedimenti sono stati assunti dalla Soprintendenza senza alcuna riserva ed, in particolare, senza subordinare la loro efficacia all’esito del giudizio di merito, di talché deve ritenersi che gli stessi esprimano la nuova - e definitiva - posizione dell’Amministrazione sulla questione di cui si tratta.
Ciò è anche confermato dal fatto che la difesa dell’Amministrazione non ha prodotto scritti difensivi in vista dell’udienza di merito, limitandosi a chiedere, in sede di discussione, il rigetto della domanda di condanna al risarcimento del danno ribadita - e puntualizzata - dalla ricorrente con memoria depositata in data 12 dicembre 2012.
Tanto premesso in ordine all’improcedibilità della domanda impugnatoria, il Collegio ritiene che la domanda risarcitoria sia infondata per insussistenza del requisito della colpa.
In estrema sintesi, l’evoluzione giurisprudenziale sul requisito della colpa nel caso di illecito aquiliano commesso dall’Amministrazione nell’esercizio di attività provvedimentale può essere riassunta come segue.
Nella nota sentenza n. 500/1999, le Sezioni Unite della Cassazione hanno fatto riferimento alla colpa dell’Amministrazione intesa come apparato, affermando la necessità di un’indagine sulla violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità amministrativa.
Le conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte hanno, tuttavia, suscitato perplessità.
La giurisprudenza amministrativa (cfr., in particolare, Cons. St., V, n. 4329/2001) ha osservato che siffatta impostazione risulta ambigua, facendo coincidere il requisito della colpa con la disfunzione amministrativa, cioè con un concetto estremamente impalpabile, che dà luogo a notevoli problemi sotto il profilo probatorio e che non sempre può realisticamente considerarsi come un antecedente logico-giuridico, sul piano eziologico, del danno cagionato al privato.
Un consistente indirizzo interpretativo ha, quindi, preferito richiamare le conclusioni raggiunte in materia dalla Corte di Giustizia, secondo cui, per il riconoscimento della responsabilità delle Istituzioni Comunitarie e delle Pubbliche Amministrazioni nazionali per violazione della normativa comunitaria, oltre alla violazione di un norma che attribuisca una posizione giuridica di vantaggio al privato ed al nesso di causalità fra violazione e danno patito, occorre il carattere grave e manifesto della violazione stessa, da accertare attraverso un’indagine da condurre su indici sintomatici, quali, ad esempio, il grado di chiarezza e precisione della norma violata, l’ampiezza del potere discrezionale attribuito all’Autorità, il carattere eventualmente intenzionale della violazione, l’eventuale esistenza di una giurisprudenza consolidata, l’eventuale novità della questione.
In buona sostanza, secondo tale indirizzo il requisito della colpa è insussistente quando l’errore dell’Amministrazione, sulla base di indici oggettivi quali quelli indicati, risulti scusabile.
Siffatta ricostruzione ha sollevato due fondamentali problemi: a) ritenere la sussistenza dell’illecito aquiliano per attività provvedimentale dell’Amministrazione nei soli casi di violazione grave (o non scusabile) di una norma significa introdurre una limitazione di responsabilità in difetto di un’espressa previsione legislativa; b) anche vizi oggettivamente non gravi possono essere il risultato di un comportamento colposo.
La giurisprudenza (cfr., in particolare, Cons. St., VI, n. 1514/2007) ha quindi mitigato le conclusioni raggiunte dal precedente orientamento, precisando che: a) l’illegittimità dell’atto costituisce di per sé un indice della sussistenza della colpa, da valutare però congiuntamente ad altre circostanze; b) il privato può limitarsi a provare l’illegittimità del provvedimento, restando a carico dell’Amministrazione la prova che la violazione non sia, nella specie, addebitabile a propria colpa.
Applicando le conclusioni appena indicate al caso in esame, il Collegio ritiene che nella fattispecie sussista la prova che la violazione in cui l’Amministrazione è incorsa sia non grave (ovvero scusabile) e che, pertanto, difetti il requisito della colpa.
Al fine di comprendere tale affermazione è necessario ricostruire la vicenda di cui si tratta con maggiore precisione, anche per comprenderne la obiettiva complessità.
Il Piano Territoriale Paesistico delle Isole Eolie è stato adottato dall’Assessorato ai Beni Culturali ed Ambientali a seguito di parere reso dalla Speciale Commissione di cui all’art. 24 regio decreto n. 1357/1940 nella seduta dell’11 aprile 1997.
Come all’epoca disposto dall’art. 2, ultimo comma, legge n. 1497/1939, con nota n. 2071 del 3 giugno 1997 il Piano è stato trasmesso alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina per gli adempimenti di cui all’art. 24, secondo comma, regio decreto n. 1357/1940, consistenti nella pubblicazione dello stesso all’Albo del Comune di Lipari per tre mesi a far data dal 9 giugno 1997.
Ne consegue che, ai sensi della normativa sopra indicata, le norme di attuazione del Piano Paesistico sono vigenti dal 9 giugno 1997.
Esaminate le osservazioni, opposizioni, proposte e reclami formulati, il Piano Territoriale Paesistico è stato, poi, approvato con decreto assessoriale n. 5180 del 23 febbraio 2001, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 11 del 16 marzo 2001.
Il Piano opera una fondamentale distinzione fra ambiti di tutela vulcanologica (art. 10), per i quali le previsioni di Piano risultano prescrittive e vincolanti, ed ambiti di trasformabilità relativa ed assoluta, per i quali le norme del Piano costituiscono indicazioni ed indirizzi da recepire negli strumenti urbanistici e/o attuativi.
Con riferimento agli ambiti di trasformabilità relativa ed assoluta, il Piano (artt. 21, 22, 23, 24, 30, 31, 32, 33 e 34), individua ambiti di recupero, riordino, riqualificazione, modificazione e trasformazione delle Isole Eolie (RP1, RCS, RNS, REP, RIO, RES, MO1, MO2 e TR), per i quali dispone il rinvio ai nuovi strumenti urbanistici ed indica puntualmente le attività compatibili ammesse nelle more dell’approvazione dei nuovi strumenti.
Sempre con riferimento agli ambiti di trasformabilità relativa ed assoluta, il Piano (artt. 27, 28 e 29) individua anche ambiti con regime di mantenimento (MA1, MA2 e MA3), non disponendo, però, alcun rinvio ai nuovi strumenti urbanistici ed indicano in modo tassativo le attività compatibili nei predetti ambiti.
Il progetto presentato dalla ricorrente ricadeva in ambito di mantenimento MA3 (Mantenimento zone non edificabili di alto pregio paesistico con funzioni strategiche).
L’art. 29 del Piano indica fra le attività non compatibili in tale ambito anche la nuova attività ricettiva alberghiera, le nuove infrastrutture e le nuove edificazioni.
Deve aggiungersi che, in sede di esame, da parte della Speciale Commissione di cui all’art. 24 regio decreto n. 1357/1940, delle opposizioni presentate avverso il Piano Paesistico, non furono accolte quelle in cui si lamentava il fatto che le previsioni del Piano Territoriale Paesistico non tenessero conto delle progettazioni inserite nel Patto Territoriale delle Isole Eolie e anzi ne precludessero la realizzazione.
Il rigetto di tali opposizioni è stato fondato sulla seguente motivazione: In nessuna parte è infatti detto, né può essere altrimenti sostenuto, come e in che modo il Patto Territoriale possa derogare alle previsioni di un Piano Paesistico. Le vigenti disposizioni di legge e di regolamento inducono a ritenere il contrario, così come è dato evincere, in particolare, dal contenuto della Circolare del Presidente della Regione Siciliana n. 1/V del 2 settembre 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 43 del 10 settembre 1999, che richiede, anzi, tra i presupposti dei Patti Territoriali la loro conformità alla pianificazione urbanistica: “gli strumenti di programmazione negoziata devono essere coerenti con gli strumenti della programmazione regionale (DPEF, Linee Guida del Piano Paesistico Regionale) e gli strumenti della programmazione negoziale e comunitaria devono rispettare i principi e le regole della sostenibilità ambientale secondo quanto previsto dalla delibera CIPE in data 28 dicembre 1993”.
Con nota n. 6959 del 12 luglio 2001, la Soprintendenza di Messina ha rappresentato all’Assessorato Regionale che, in assenza di nuovi strumenti urbanistici, restava precluso l’esame di interventi contemplati nel Patto Territoriale (ed in astratto assentibili) ricadenti negli ambiti di recupero, riordino, riqualificazione, modificazione e trasformazione (e non nell’ambito di mantenimento) del Piano Paesistico.
Con nota n. 4447 del 24 novembre 2002, ribadita con nota n. 2095 del 7 giugno 2004, l’Assessorato ha fornito specifiche direttive alla Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina, affermando che qualunque modifica al Piano Paesistico ad opera di un Patto Territoriale potesse essere intrapresa solo attraverso l’ordinario iter di approvazione del Piano.
Al fine di consentire l’esame degli interventi contemplati nel Patto Territoriale non ricadenti negli ambiti di tutela vulcanologica, con nota n. 7446 del 23 luglio 2004 la Soprintendenza di Messina ha proposto all’Assessorato Regionale una modifica dell’art. 39 del Piano Paesistico.
Con nota n. 1041 del 6 agosto 2004, l’Osservatorio Regionale del Paesaggio ha trasmesso all’Assessorato una proposta di integrazione del Piano Territoriale Paesistico, mediante introduzione di una lettera f) all’art. 39 (in assenza di nuovi strumenti urbanistici le aziende ricettivo-alberghiere, così come definite dall’art. 3 legge regionale n. 27/1996, non ricadenti negli ambiti di tutela vulcanologica, proposte all’interno del Patto Territoriale delle Isole Eolie, sono considerate, agli effetti del Piano Territoriale Paesistico, interventi di rilevante trasformazione del territorio) e dell’art 49-bis (Aziende ricettivo-alberghiere inserite nel Patto TerritorialeIn assenza dei nuovi strumenti urbanistici, per la localizzazione e la realizzazione di opere connesse alle aziende ricettivo-alberghiere… i progetti devono essere dotati, negli ambiti di modificazione trasformazione (MO1, MO2, TR) dello studio di compatibilità paesistico-ambientale previsto dall’art. 41 del Piano Territoriale Paesistico. La localizzazione della suddette opere potrà essere prevista anche negli ambiti di recupero, riordino e qualificazione (RP1, RCS, RNS, REP, RIO, RES): lo studio di compatibilità paesistico-anbientale dovrà contenere interventi di recupero e di riqualificazione degli immobili e delle aree interessate e interventi di valorizzazione paesistica).
Il citato art. 49-bis non contiene alcun riferimento agli ambiti di mantenimento (MA1, MA2, MA3), in relazione ai quali la previgente disciplina sarebbe quindi rimasta immutata.
Il diniego della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Messina n. 361504 in data 18 ottobre 2004 si è, quindi, fondato sull’espressa disciplina contenuta nel Piano Paesistico, il quale, anche dopo le integrazioni proposte dall’Osservatorio Regionale del Paesaggio, non ammetteva nell’ambito di mantenimento MA3 nuove edificazioni (come sancito espressamente dal già citato art. 29), neppure tramite rinvio a futuri strumenti urbanistici.
In particolare, l’art. 29 del Piano Paesistico indica quali attività compatibili in tale ambito di mantenimento i seguenti interventi: infrastrutture termali con alimentazione esogena; demolizione o trasferimento dei detrattori paesistici ambientali; recupero edilizio senza ampliamento e senza variazione tipologica, fatti salvi limitati ampliamenti per attrezzature igienico-sanitarie, ove non esistenti; restauro e compatibilizzazione paesistica dei detrattori; servizi per funzioni pubbliche entro edilizia di recupero solo se necessari e di pubblica utilità.
L’intervento proposto dalla società non poteva considerarsi ampliamento ed adeguamento morfo-funzionale di una struttura ricettiva esistente, come pure affermato dalla ricorrente nella relazione integrativa al progetto, sia in quanto le dimensioni delle opere da realizzare ex novo non si presentavano modeste, né limitate, sia in quanto esso non era configurabile quale limitato ampliamento per attrezzature igienico-sanitarie o come infrastruttura termale con alimentazione esogena.
Pur volendosi ammettere che l’intervento rientrasse fra le attività compatibili di cui al citato art. 29, esso, stando alle previsioni del Piano Paesistico, non avrebbe comunque potute essere realizzato, in quanto, ai sensi dell’art. 50 del Piano stesso, tutte le attività compatibili nei regimi di tutela del Piano Territoriale Paesistico possono essere attuate se recepite e localizzate dagli strumenti urbanistici.
Rispetto a tale quadro, che, come indicato, ha indotto la Soprintendenza a propendere inizialmente per il diniego dell’autorizzazione paesaggistica, va però, considerata la già citata sentenza n. 25/2001 del Consiglio di Stato, posta a fondamento dell’ordinanza cautelare di questo Tribunale n. 127 del 26 gennaio 2005, con cui è stata concessa la sospensione dei provvedimenti impugnati.
Con tale pronuncia il Consiglio di Stato ha ritenuto che: a) anche la modifica di un piano territoriale paesistico - e non solo la variazione di uno strumento urbanistico - può rientrare nel contenuto di un Accordo di Programma (e, per quanto in questa sede interessa, di un Patto Territoriale); b) ciò in ragione della portata generale dello strumento dell’Accordo di Programma, i cui limiti oggettivi devono essere individuati con esclusivo riferimento all’ampia definizione, contenuta nel primo comma dell’art. 27 della legge n.142/90; c) per quanto attiene agli effetti dell’Accordo con riguardo all’efficacia sostitutiva che lo stesso può assumere in relazione ai provvedimenti amministrativi necessari in via ordinaria, esso produce l’obbligo delle parti stipulanti ad ottemperare agli impegni assunti con l’Accordo stesso, nel rispetto delle competenze che caratterizzano ciascuna Amministrazione; d) ciò comporta che gli impegni assunti in sede di conclusione dell’Accordo possono riguardare soltanto ciò che era nella disponibilità dei soggetti che hanno partecipato all’accordo; e) la partecipazione all’Accordo di diverso organo dello stesso ente non può sostituire decisioni riservate ad altro organo, a meno che tale organo non si sia già espresso in via preventiva o non sussista un’espressa previsione normativa; f) ad eccezione di tali ultime ipotesi, la partecipazione di un organo non competente all’Accordo comporta l’impegno da parte di questi a sottoporre la questione all’organo competente, la cui decisione dovrà essere istruita e motivata anche con specifico riferimento all’Accordo di programma (nel senso che un’eventuale decisione in senso diverso da quanto previsto nell’Accordo dovrà essere supportata da adeguata istruttoria e motivazione).
Nel caso in esame la partecipazione della Regione Sicilia al Patto Territoriale è avvenuta tramite la Presidenza Regionale - che ha espresso parere favorevole (peraltro limitandosi a ritenere coerenti gli obiettivi individuati da tale Patto Territoriale all’interno dei settori industria, agroindustriale, servizi e turismo con gli obiettivi specifici e le linee di intervento del POR 2003-2006) - e cioè attraverso un organo incompetente ad apportare le necessarie variazioni al Piano Paesistico: per questa ragione in sede cautelare il Tribunale ha disposto che la Regione si attivasse perché le possibili variazioni del Piano imposte dalle specifiche esigenze contemplate dal Patto Territoriale fossero eventualmente deliberate dal competente Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali.
Deve osservarsi, però, che con la citata sentenza n. 25/2001 il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione I, n. 2911/1999, che in ordine alla questione della modificabilità del Piano Paesistico mediante Accordo di Programma aveva manifestato, poco prima, contrario avviso.
Le conclusioni di cui alla sentenza n. 25/2001, pertanto, non costituivano all’epoca una “giurisprudenza pacifica” su cui l’Amministrazione avrebbe potuto far sicuro e definitivo affidamento, dovendo invece ritenersi che la questione relativa alla possibilità di modificare le previsioni di un Piano Paesistico mediante Accordo di Programma (o Patto Territoriale) fosse, all’epoca, ancora sostanzialmente controversa.
L’iniziale diniego sulla richiesta di autorizzazione paesaggistica, pertanto, non può essere considerato come una grave violazione di legge da attribuire ad un contegno colposo dell’Amministrazione, ma come una plausibile interpretazione della complessa normativa di riferimento (interpretazione condivisa, quanto all’immodificabilità delle previsioni di Piano Paesistico tramite Accordo di Programma, anche da una parte della giurisprudenza amministrativa di primo grado).
Inoltre, il caso di specie risultava ulteriormente complicato dal fatto che il parere della Regione in sede di Patto Territoriale era stato espresso da un organo non competente (la Presidenza Regionale) con una formulazione letterale che in alcun modo richiamava la problematica della compatibilità fra il Patto Territoriale ed il Piano Paesistico.
Tale circostanza poteva ben legittimare dubbi sull’applicabilità al caso di specie delle conclusioni di cui alla citata sentenza n. 25/2001 in materia di partecipazione all’Accordo di Programma o al Patto Territoriale di organo non competente ai fini della modifica delle previsioni paesistiche (conclusioni che, comunque, costituivano un’innovativa - e all’epoca non univoca - ricostruzione della fattispecie, con indicazione degli adempimenti procedurali posti a carico dell’Amministrazione che avesse partecipato all’Accordo di Programma tramite organo non competente ad apportare modifiche al Piano Paesistico).
A ciò deve aggiungersi il rilievo che, come risulta espressamente dal provvedimento in data 24 giugno 2006, il commissario ad acta ha disposto che la Soprintendenza di Messina esprimesse il proprio parere dopo aver rilevato una specifica peculiarità con riferimento al caso di specie e, cioè, il fatto che, nella tavola tematica del Piano Territoriale Paesistico del 1997… all’area in questione non sembra essere stato attribuito un regime normativo d’ambito e… nella carta tematica del Piano Territoriale Paesistico decretato nel 2001 all’area in questione è stato attribuito il regime normativo MA3, senza che si evinca… alcuna motivazione di attribuzione dai verbali della seconda Speciale Commissione…
In buona sostanza, il provvedimento con cui il commissario ad acta ha chiamato la Soprintendenza di Messina ad esprimersi sulla questione, ritenendo, quanto al progetto in questione, che le variazioni al Piano Paesistico apportate dal Patto Territoriale non fossero incompatibili con gli interessi sostanziali che il Piano salvaguarda e tutela, è dipeso (anche) dalla circostanza che la specifica area in questione era stata ricompresa nell’ambito di mantenimento MA3 solo in seconda battuta e senza adeguata motivazione.
In difetto di siffatta peculiarità adeguatamente evidenziata dal commissario ad acta, non si sarebbe potuto astrattamente escludere un nuovo provvedimento di diniego da parte della Soprintendenza, atteso che, in linea generale, nell’ambito di mantenimento MA3 il Piano Paesistico non ammette la possibilità di nuove edificazioni e contempla una serie di attività compatibili che non corrispondono in alcun modo ai contenuti dell’intervento realizzato dalla società ricorrente (con la conseguenza che sarebbe risultata alquanto problematica una coerente composizione fra gli interessi sostanziali perseguiti attraverso il Piano e quelli di cui al Patto Territoriale).
Alle osservazioni che precedono è opportuno aggiungere un ulteriore rilievo.
Non è condivisibile l’affermazione della ricorrente secondo cui l’iniziativa in questione avrebbe subito, a causa dell’originario diniego, un arresto di due anni: dal 18 aprile 2004 (data di adozione del provvedimento di diniego) al 5 settembre 2006 (data in cui è stato rilasciato dalla Soprintendenza di Messina il parere favorevole sul progetto di massima).
Il diniego espresso in data 18 aprile 2004 non risultava, infatti, sic et simpliciter alternativo al rilascio del provvedimento autorizzatorio.
Qualora, infatti, la Soprintendenza avesse ritenuto modificabili le previsioni del Piano Paesistico a seguito dell’approvazione del Patto Territoriale, sarebbe comunque stata necessaria un’apposita e complessa istruttoria per sottoporre, in armonia con le indicazioni di cui alla sentenza n. 25/2001 del Consiglio di Stato, al competente organo regionale (cioè all’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali) il contenuto del Patto Territoriale contrastante con le originarie previsioni del Piano Paesistico.
Tale adempimento - che implica, com’è ovvio, una delicata valutazione in ordine alla compatibilità fra gli specifici interessi perseguiti dal Patto Territoriale e gli interessi sostanziali tutelati mediante il Piano Paesistico - presuppone l’espletamento di un’articolata e complessa istruttoria, come dimostrato dal fatto che il commissario ad acta, nominato dal Tribunale con ordinanza n. 777 del 14 maggio 2005, ha emanato il proprio provvedimento di impulso solo in data 24 giugno 2006 (provvedimento cui ha, poi, fatto seguito in data 5 settembre 2006 - cioè a distanza di circa un anno e quatto mesi dalla nomina del commissario - il parere favorevole della Soprintendenza di Messina sul progetto di massima).
Ciò, oltre a confutare la tesi della società secondo cui l’originario diniego avrebbe determinato una ritardo di due anni nel rilascio del titolo autorizzatorio, dimostra ulteriormente che, nel caso in esame, l’Amministrazione è stata chiamata ad affrontare una questione di particolare complessità e di non facile soluzione (anche alla luce di orientamenti giurisprudenziali all’epoca non univoci), con la conseguenza che, restando escluso il requisito della colpa espressamente contemplato dall’art. 2043 c.c., la domanda risarcitoria deve essere rigettata.
In conclusione il ricorso va dichiarato improcedibile quanto alla domanda di annullamento degli atti impugnati, mentre va rigettato quanto alla domanda risarcitoria.
Tenuto conto del complessivo andamento della vicenda, le spese di giudizio devono essere compensate, fatta eccezione per quelle relative al compenso dovuto in favore del commissario ad acta, che restano a carico dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali, come già disposto con decreto di liquidazione di questo Tribunale n. 33 del 12 ottobre 2006.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto: 1) dichiara improcedibile il ricorso quanto alla domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati; 2) rigetta la domanda di risarcimento del danno; 3) compensa fra le parti le spese di lite, fatta eccezione per quelle relative al compenso in favore del commissario “ad acta”, che restano a carico dell’Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali, come già disposto con decreto di liquidazione di questo Tribunale n. 33 del 12 ottobre 2006.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Giovanni Milana, Consigliere
Daniele Burzichelli, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/06/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



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