PROCESSO:
Palazzo
Spada riafferma la centralità dell'atto e del principio "tempus regit
actum"
(Cons.
St., Sez. III,
sentenza
19 settembre 2013 n. 4666).
Va detto che il principio affermato riguarda un settore classico e "tradizionalista" del diritto amministrativo... Ossia i provvedimento dell'Autorità di pubblica sicurezza.
Bisogna quindi relativizzare quanto affermato dai Consiglieri di Stato, anche se vi è invero un altro settore in cui si sta tornado allo Stato - Leviatano (v. Hobbes): il diritto tributario, in cui il provvedimento sta assumendo connotati di imperatività sempre più evidenti (o il diritto ambientale ed in particolare della gestione dei rifiuti).
Massima
Nel
giudizio amministrativo di legittimità si deve essenzialmente verificare la
legittimità degli atti impugnati, con riferimento al momento in cui essi sono
stati emanati, e prescindendo dai fatti sopravvenuti. Questi ultimi semmai
potranno dare motivo ad una richiesta di riesame, da rivolgere all’autorità
amministrativa competente.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5979 del 2013,
proposto da:
Luciano Barbazza, rappresentato e difeso dagli avv. Luciano Gazzola, Goffredo Gobbi, con domicilio eletto presso Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina 8;
Luciano Barbazza, rappresentato e difeso dagli avv. Luciano Gazzola, Goffredo Gobbi, con domicilio eletto presso Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina 8;
contro
U.T.G. - Prefettura Di Treviso, Questura Di Treviso,
Ministero Dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. VENETO - VENEZIA
:SEZIONE III n. 00429/2013, resa tra le parti, concernente divieto di
detenzione armi munizioni e materie esplodenti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. -
Prefettura Di Treviso e di Questura Di Treviso e di Ministero Dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12
settembre 2013 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti l’avvocato
Gobbi e l’avvocato dello Stato Caselli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, è
stato destinatario dei provvedimenti del Prefetto e del Questore di Treviso,
entrambi notificati il 14 ottobre 2012, con i quali, rispettivamente, gli è
stato fatto divieto di detenere armi e munizioni, e gli è stata revocata la
licenza di porto di fucile per uso caccia.
I provvedimenti erano motivati con riferimento ad un
rapporto dei Carabinieri dal quale risultava che l’interessato era stato
denunciato per i reati di maltrattamenti in famiglia, ingiurie, minacce,
violenza privata, diffamazione. Denunce presentate dalla convivente more
uxorio dell’intereressato, P.B., e dalla di lei figlia adulta V.T.,
nata da una precedente relazione.
2. L’interessato ha proposto ricorso al T.A.R. Veneto.
Deduceva, in sintesi, che effettivamente in seno alla famiglia “di fatto”
formata, oltre che dalle signore P.B. e V.T., pure dal figlio di esso
interessato e della P.B., con la presenza, da ultimo, anche della figlia
neonata della V.T., vi erano tensioni e conflittualità, anche aspre, (e
sfociate talvolta in episodi di violenza fisica e/o verbale, cause civili,
etc.),; ma che le denunce e querele presentate a suo carico erano inveritiere e
strumentali, e che il suo ruolo era stato semmai quello della vittima e del pacificatore.
3. Il T.A.R. del Veneto ha respinto il ricorso,
osservando, in buona sostanza, che valutare le responsabilità penali non era
compito suo ma dell’autorità giudiziaria penale e che nel frattempo appariva
legittimo che le autorità di pubblica sicurezza, prendendo atto di un contesto
fortemente conflittuale con manifestazioni anche violente, intervenissero per
togliere la disponibilità delle armi.
4. L’interessato propone appello a questo Consiglio,
riproponendo le sue argomentazioni riguardo al ruolo passivo e non attivo
tenuto, a suo dire, nei litigi (anche violenti) domestici, e aggiungendo nuovi
elementi di fatto, fra cui una richiesta di archiviazione del P.M.
relativamente alle denunce presentate nei di lui confronti; nonché una querela
presentata il 19 maggio 2013 dalla V.T. contro la madre P.B., per lesioni
personali. Dalla minuziosa descrizione dei fatti e delle circostanze, contenuta
in quest’ultima querela, risulterebbe confermato che l’appellante sia
incolpevole dei litigi e delle violenze domestiche.
5. L’Amministrazione si è costituita per resistere
all’appello.
In occasione della trattazione della domanda cautelare
in camera di consiglio, il Collegio ravvisa i presupposti per una definizione
immediata della controversia.
6. Il Collegio ritiene opportuno precisare, innanzi
tutto, che nel giudizio amministrativo di legittimità si deve essenzialmente
verificare la legittimità degli atti impugnati, con riferimento al momento in
cui essi sono stati emanati, e prescindendo dai fatti sopravvenuti. Questi
ultimi semmai potranno dare motivo ad una richiesta di riesame, da rivolgere
all’autorità amministrativa competente.
Ciò posto, si debbono ritenere inconferenti, in questa
sede, tutti gli sviluppi di fatto indicati nell’atto d’appello e nelle
successive difese, trattandosi di eventi posteriori all’emanazione degli atti
impugnati in primo grado e comunque non conosciuti, né conoscibili, dall’autorità
di pubblica sicurezza.
7. Riesaminando dunque la fattispecie con queste
limitazioni, si deve confermare il giudizio del T.A.R..
E’ noto che in materia di armi il còmpito
dell’autorità di p.s., da esercitare con ampia discrezionalità, è quello di
prevenire per quanto possibile i delitti (ma anche i sinistri involontari) che
potrebbero avere occasione per il fatto che vi sia la disponibilità di armi da
parte di soggetti non pienamente affidabili. Un caso tipico, fra i tanti che
giustificano gli interventi in questo senso, è quello delle situazioni di
conflittualità fisica e verbale nei rapporti familiari, o di convivenza, o di
vicinato; e le cronache dimostrano sin troppo spesso che vi è semmai da
lamentare che certe precauzioni non siano state più severamente adottate.
Ora, non solo dagli atti sui quali in questa vicenda
si sono basate le autorità di p.s., ma anche e paradossalmente ancor più da
quelli prodotti dal ricorrente in sua difesa, emerge un contesto di
conflittualità davvero inusuale fra persone che pur vivono sotto lo stesso
tetto e fra le quali vi sono relazioni familiari o parafamiliari, come sopra si
è accennato.
Sta di fatto che quando il Prefetto e il Questore
hanno emesso i rispettivi provvedimenti, l’attuale appellante era gravato da
circostanziate denunce per una serie di reati, tutti connessi a quello stato di
conflittualità della cui esistenza l’interessato è il primo a dare conferma. Se
l’autorità giudiziaria penale giudicherà infondate quelle accuse, l’autorità di
p.s. avrà motivo di un riesame. Ma, allo stato, si deve confermare la
legittimità dei provvedimenti cautelativi.
8. In conclusione, l’appello va respinto.
Si ravvisano tuttavia giusti motivi per compensare le
spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Terza) rigetta l’appello. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 12 settembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Roberto Capuzzi, Consigliere
Hadrian Simonetti, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
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IL PRESIDENTE, ESTENSORE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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