domenica 17 novembre 2013

TRIBUTARIO: il giudice tributario ha l'obbligo di precisare il "quantum" dello scostamento contestato dal fisco in materia IRFPEF (Cass. Civ., Sez. Trib., sentenza 23 ottobre 2013 n. 23994).



TRIBUTARIO:
 il giudice tributario 
ha l'obbligo di precisare il "quantum" dello scostamento contestato dal fisco 
in materia IRFPEF 
(Cass. Civ., Sez. Trib., 
sentenza 23 ottobre 2013 n. 23994).


Massima

1.  Nella controversia vertente sui maggiori ricavi accertati dall'Ufficio fiscale per i quali il contribuente, già previamente invitato al contraddittorio nella fase endoprocedimentale, abbia addotto di non averli realmente incassati nell'anno di imposta oggetto dell'accertamento, il giudice tributario deve precisare quale sia l'ammontare del reddito accertato dall'Ufficio e quale l'entità dello scostamento rilevato rispetto alla dichiarazione del contribuente, al fine di ben chiarire perché le giustificazioni offerte dal contribuente, in ordine alla mancata percezione di compensi nell'anno in questione, siano congrue e costituiscano idonea prova contraria. 
2.  Infatti, a fronte di una pretesa fiscale fondata su di una prova per presunzione (nella specie, in primis, un credito del contribuente da compenso per prestazione professionale), il contribuente, per resistere, deve contrastare tale prova e quindi, a questo fine, ha l'onere di dimostrare un fatto, positivo, vale a dire la percezione del reddito in un periodo diverso da quello ritenuto, sulla base di un preciso riferimento probatorio, dalla Amministrazione, ovvero la esistenza di impedimenti alla percezione o comunque di fattori idonei ad impedire l'incasso tempestivo dei compensi.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE  
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA  
[...]

FATTO
Con sentenza n. 479 del 5/7/2007, depositata in data 27/8/2007, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio Sez. 40 respingeva, con compensazione delle spese di lite, l'appello proposto, in data 13/1/2006, da Agenzia delle Entrate Ufficio di Cassino, avverso la decisione n. 132/4/2005 della Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone che aveva accolto il ricorso avanzato da N. M. avverso l'avviso di accertamento n. (OMISSIS), notificato il 17/5/2003, relativo ad IRPEF, IVA, IRAP anno 1998, con il quale, applicando i parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, veniva accertato il maggior reddito di lavoro autonomo del contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame dell'Ente impositore, in quanto rilevava che, da un lato, erano fondati i rilievi mossi dalla C.T.P. alla motivazione dell'avviso di accertamento, carente in punto di "iter logico adottato per la determinazione dei compensi omessi e delle consequenziali rettifiche dei volumi di affari e del reddito di lavoro autonomo dichiarato" e, dall'altro lato, il contribuente aveva offerto adeguata prova contraria all'accertamento induttivo dell'Agenzia delle Entrate, in particolare dimostrando, con la produzione di un atto di diffida e messa in mora in data 21/9/2001 diretto alla AUSL di Frosinone, di non avere percepito da detto Ente compensi, quanto all'anno 1998, per L. 226.288.356. Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate, deducendo tre motivi di ricorso per cassazione, per violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 4 (Motivo 1, in relazione all'art. 132 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, non essendo stata nella sentenza ricostruita la fattispecie concreta ed i tratti essenziali della lite) e n. 3, (Motivo 2, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, in combinato disposto con l'art. 2728 c.c., eart. 2697 c.c., non avendo il giudice tributario riconosciuto il valore di presunzione legale ai parametri presuntivi di reddito applicati nell'accertamento, a seguito di contraddittorio correttamente instaurato con il contribuente), e per vizio motivazionale, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (Motivo 3, non avendo il giudice tributario dato adeguatamente conto delle ragioni in fatto che lo hanno condotto a ritenere non sufficientemente motivato l'avviso di accertamento ed infondata la pretesa tributaria). Non ha resistito il resistente con controricorso.

DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, inerente un error in procedendo per violazione dell'art. 132 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, stante la carenza, nella sentenza impugnata, della ricostruzione della fattispecie concreta e dei tratti essenziali della lite, è infondato, essendo sufficiente, ai fini delle norme procedurali richiamate dalla ricorrente, l'esposizione del fatto controverso effettuata attraverso la sintesi dei contenuti ricorso e della sentenza della C.T.P., comunque riportati nella decisione della C.T.R. qui impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso, l'Agenzia delle Entrate denuncia, sotto il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata, la non corretta applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181 e ss.,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, artt. 2697 e 2727 c.c., affermando essenzialmente che il valore presuntivo dei parametri determini un inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale dovrà provare le ragione del suo mancato adeguamento ai limiti previsti dallo strumento accertativo.
Il ricorso non è fondato.
Questa Corte ha chiarito che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è "ex lege" determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli "standards" in sè considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest'ultimo ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli "standards" o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.
L'esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l'impugnabilità dell'accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l'applicabilità degli "standards" al caso concreto, da dimostrarsi dall'ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all'invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l'Ufficio può motivare l'accertamento sulla sola base dell'applicazione degli "standards", dando conto dell'impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all'invito (cfr. Cass. S.U. 26635/2009, Cass. 12558/2010, Cass.12428/2012, Cass.23070/2012). In termini di onere della prova, nella citata sentenza delle Sezioni unite, si è affermato, schematicamente, che "l'onere della prova (...) è così ripartitola) all'ente impositore fa carico la dimostrazione dell'applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell'accertamento ; b) al contribuente (...) fa carico la prova della sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possano essere applicati gli standard o della specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo cui l'accertamento si riferisce".
Come successivamente precisato ulteriormente da questa Corte, in una recente pronuncia (Cass.3312/2011), il fine e l'effetto del principio di diritto affermato delle Sezioni Unite è stato quello di porre in luce l'importanza del contraddittorio, non solo nel processo ma anche nella realtà, quale strumento principale di verificazione o falsificazione della corrispondenza tra realtà e sua rappresentazione, in quanto proprio "in sede di contraddittorio - il quale può avvenire già in fase amministrativa, ma anche e soprattutto nel giudizio - il contribuente potrà in primo luogo dedurre e dimostrare che i parametri utilizzati sono in sè erronei perchè sono basati su elementi fattuali non corrispondenti alla realtà o su criteri di elaborazione e di inferenza illogici" e potrà quindi chiedere l'annullamento del provvedimento che li ha approvati ovvero dedurre e dimostrare che l'Ufficio impositore è incorso in errore operativo nell'applicare i parametri alla sua realtà ovvero ancora dedurre o l'estraneità della propria attività rispetto alla tipologia alla quale quei parametri intendono riferirsi o la sussistenza, nella propria attività di caratteri per così dire anormali, cioè di elementi che la diversificano rispetto a quelle in riferimento alle quali è stata individuata la normalità reddituale.
Ove il contribuente, pur essendo stato messo in condizione di dedurre, nulla dice, legittimamente "l'Ufficio impositore prima e il giudice poi non avranno elementi per escludere che l'attività in questione sia un'attività "normale" ed abbia quindi una redditività normale"; ove il contribuente prospetti invece la sussistenza di circostanze di fatto, tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, "spetterà all'ufficio prima e al giudice poi valutare in primo luogo se tali circostanze sono vere e poi se esse possono essere effettivamente idonee a "giustificare" un reddito inferiore a quello che sarebbe normale e quindi presuntivamente vero in assenza di esse".
In sostanza, i parametri previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi da 181 a 187, rappresentando la risultante dell'estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico-induttivo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d, e, soltanto ove siano stati contestati, in sede di contraddittorio con il contribuente, sulla base di allegazioni specifiche, sono inidonei a supportare da soli l'accertamento medesimo, se non confortati da elementi concreti desunti dalla realtà economica dell'impresa.
Nella fattispecie, pur vertendosi in ipotesi nella quale, come si evince dal ricorso, il contribuente aveva risposto all'invito dell'Ufficio impositivo al contraddittorio, il ricorso dell'Agenzia delle Entrate sostiene, al contrario, la sufficienza del solo "scostamento" dei redditi dichiarati rispetto a quelli risultanti dall'applicazione dei parametri ai fini della legittima rideterminazione del reddito del contribuente, attribuendo esclusivamente a quest'ultimo ogni onere probatorio. Il che non è corretto alla luce dei principi di diritto espressi da questa Corte a Sezioni Unite.
Il terzo motivo, involgente vizio di motivazione, è invece fondato.
Invero, poichè la controversia verteva sui maggiori ricavi accertati dall'Ufficio per i quali il contribuente, già previamente invitato al contraddittorio nella fase endoprocedimentale, aveva addotto di non averli realmente incassati nell'anno di imposta oggetto dell'accertamento (1998), il giudice tributario doveva meglio precisare quale era l'ammontare del reddito accertato dall'Ufficio e quale l'entità dello scostamento rilevato rispetto alla dichiarazione del contribuente, al fine di ben chiarire perchè le giustificazioni offerte dal contribuente, in ordine alla mancata percezione di compensi nell'anno 1998, fossero congrue e costituissero idonea prova contraria. Infatti, a fronte di una pretesa fiscale fondata su di una prova per presunzione (nella specie, in primis, un credito del contribuente da compenso per prestazione professionale), il contribuente, per resistere, deve contrastare tale prova e quindi, a questo fine, ha l'onere di dimostrare un fatto, positivo, vale a dire la percezione del reddito in un periodo diverso da quello ritenuto, sulla base di un preciso riferimento probatorio, dalla Amministrazione, ovvero la esistenza di impedimenti alla percezione o comunque di fattori idonei ad impedire l'incasso tempestivo dei compensi (Cass. Trib. 1508/1990). Invece, nella sentenza impugnata, si legge soltanto che, da un lato, andava confermata la censura mossa dalla CTP alle carenze di motivazione dell'atto impugnato e, dall'altro, il contribuente aveva allegato al ricorso "copia di un atto di diffida e messa in mora in data 21/9/2001 con il quale egli aveva richiesto alla AUSL di Frosinone il pagamento di compensi per un importo complessivo di L. 1.266.361.306 di cui L. 226.188.356 relative all'anno 1998".
Giova ribadire che il vizio di omessa motivazione sussiste quando nella motivazione non sia chiaramente illustrato il percorso logico seguito per giungere alla decisione e non risulti comunque desumibile la ragione per la quale ogni contraria prospettazione sia stata disattesa.
Il ricorso deve essere pertanto accolto, quanto al terzo motivo, vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5, rigettati gli altri, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, che procederà a nuovo esame, sulla base dei principi di diritto sopra esposti, e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Commissione Tributaria del Lazio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Civile, il 9 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2013


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