ADUNANZE PLENARIE:
ancora sul ricorso incidentale;
la distinzione tra appalto e concessione di servizi
ai fini dell'applicabilità
dell'art. 37 co. 13 del D.Lgs. n. 163/2006
(Ad. Plen., sentenza 30 gennaio 2014 n. 7).
Massima
1. Nel giudizio avente ad oggetto procedure di gara, solo il ricorso
incidentale escludente che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione
del ricorrente principale non aggiudicatario – in quanto soggetto che non ha
mai partecipato alla gara, o che vi ha partecipato ma è stato correttamente
escluso ovvero che avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un
errore dell’amministrazione - deve essere esaminato prioritariamente rispetto
al ricorso principale; tale evenienza non si verifica allorquando il ricorso
incidentale censuri valutazioni ed operazioni di gara svolte
dall’amministrazione nel presupposto della regolare partecipazione alla
procedura del ricorrente principale.
2. La distinzione tra procedura selettiva di appalto di lavori da un
lato e di concessione di servizio pubblico locale dall'altro, va operata sulla
base dei concreti dati sia qualitativi che quantitativi.
3. Non esiste un principio di necessaria corrispondenza, in tema di
a.t.i., fra quote di partecipazione, quote di esecuzione e quote di
qualificazione in materia di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture,
mentre, al contrario, la corrispondenza corre solo fra quote di partecipazione
e quote di esecuzione (e solo per gli appalti di lavori a decorrere dal 15
agosto 2012);
4. La norma sancita dall’art. 37, co. 13, nella parte in cui impone,
in tema di a.t.i., la corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di
esecuzione, esprima un principio generale in materia di trasparenza e, in
quanto tale, sia applicabile ai sensi degli artt. 27, co. 1, e 30, co. 3,
D.Lgs. n. 163/06, ai contratti esclusi ed alle concessioni di servizi pubblici;
al contrario, tale norma esprime un precetto imperativo limitato ai soli
appalti.
Sentenza per esteso
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza
Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 18 di A.P. del
2013, proposto dalla Società Stile Costruzioni Edili di Rebecchini Ing. Luigi
& C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore - in
proprio e quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. costituita con Sarfo Appalti
e Costruzioni s.r.l., Sette Costruzioni s.p.a., I.R.CO.S. Impresa Romana
Costruzioni Sociali s.p.a., Edilgamma s.r.l., Cosvim Società Cooperativa e
Consorzio Cooperative di Abitazione Associazione Italiana Casa -Aic soc. coop.
a r.l. - rappresentata e difesa dagli avvocati Piero D'Amelio, Marco Annoni e
Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via
della Vite, n. 7;
contro
Pessina Costruzioni s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati
Angelo Clarizia, Pier Filippo Giuggioli e Claudio Guccione, con domicilio
eletto presso Pier Filippo Giuggioli in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina n.4;
nei confronti di
Roma Capitale (già Comune di Roma), in persona del
sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi
D'Ottavi, domiciliato in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
sul ricorso numero di registro generale 19 di A.P. del
2013, proposto da Roma Capitale, in persona del sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi D'Ottavi, domiciliato in Roma, via
del Tempio di Giove n. 21;
contro
Pessina Costruzioni s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo
Clarizia, Pier Filippo Giuggioli e Claudio Guccione, con domicilio eletto
presso Pier Filippo Giuggioli in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina n.4;
nei confronti di
Società Stile Costruzioni Edili di Rebecchini Ing.
Luigi & C. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore - in
proprio e quale capogruppo mandataria dell’a.t.i. costituita con Sarfo Appalti
e Costruzioni s.r.l., Sette Costruzioni s.p.a., I.R.CO.S. Impresa Romana
Costruzioni Sociali s.p.a., Edilgamma s.r.l., Cosvim Società Cooperativa e
Consorzio Cooperative di Abitazione Associazione Italiana Casa -Aic soc. coop. a
r.l. - rappresentata e difesa dagli avvocati Piero D'Amelio, Marco Annoni e
Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via
della Vite, n. 7;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del T.a.r. per il
Lazio – Roma - Sezione II, n. 3891 del 30 aprile 2012.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pessina
Costruzioni s.p.a., Roma Capitale e Stile Costruzioni Edili di Rebecchini Ing.
Luigi & C. s.p.a.;
Viste le memorie difensive depositate dalle parti
prima davanti alla V Sezione del Consiglio di Stato e successivamente in vista
della udienza pubblica celebrata innanzi all’Adunanza plenaria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre
2013 il consigliere Vito Poli e uditi per le parti gli avvocati Annoni,
D'Amelio, Masini, Clarizia, Guccione e D'Ottavi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. LA PROCEDURA OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1. Oggetto del presente giudizio è la procedura
competitiva indetta da Roma Capitale (cfr. determinazione n. 660 dell’11 agosto
2010, bando di gara ed annesso disciplinare pubblicati il successivo 19
novembre 2010), per la realizzazione del programma di housing sociale
nell’area F del Comprensorio direzionale di Pietralata.
1.2. Il programma, dal contenuto complesso, ha
previsto, fra l’altro:
a) la progettazione (definitiva ed esecutiva), e
realizzazione sull’area assegnata (di proprietà comunale), di un intero
quartiere residenziale, per una portata edificatoria complessiva di 132.000 mc,
calcolati secondo il vigente piano particolareggiato di Pietralata, ripartita
in 127.000 mc per un totale di almeno 555 alloggi (di cui 80 alloggi di edilizia
residenziale pubblica da retrocedere al Comune in regime di proprietà, con le
aree fondiarie annesse; almeno 50 alloggi da mantenere in locazione per 25 anni
al canone mensile sostenibile di euro 6,00 al mq di superficie complessiva, che
al termine resteranno nella disponibilità dell’assegnatario per 99 anni fino
alla scadenza del diritto di superficie; almeno 150 alloggi da destinare a
locazione con patto di futura vendita con canone mensile sostenibile di euro
8,00 al mq di superficie complessiva e rata finale di saldo prezzo convenuto,
da far valere tra il 16° e il 25° anno, secondo e con i valori posti in offerta
all’assegnatario; almeno 275 alloggi da cedere a prezzo convenzionato per un
importo massimo di euro 2.400,00 mq di superficie complessiva, oltre oneri
fiscali);
b) la progettazione (definitiva ed esecutiva), e
realizzazione di edificazioni con destinazione commerciale per 5.000 mc (che
restano nella disponibilità dell’assegnatario fino alla scadenza della durata
del diritto di superficie, anche come eventualmente rinnovato);
c) la progettazione (definitiva ed esecutiva), e
realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria (infrastrutture a
rete, viabilità, arredo urbano, parcheggi e verde pubblico);
d) la progettazione (definitiva ed esecutiva), e
costruzione di una scuola materna di 3 sezioni;
e) le funzioni di stazione appaltante, in capo
all’assegnatario, per la realizzazione di opera monumentale artistica;
f) gestione venticinquennale (inclusa la locazione e
la vendita), in regime di proprietà superficiaria, dell’edilizia residenziale
destinata alla locazione a canone sostenibile, a riscatto o alla vendita a
prezzo convenzionato; in questo ambito sono attribuiti all’assegnatario (in partnershipcon
l’amministrazione), compiti di soggetto gestore dell’assegnazione degli alloggi
(comprensivi della predisposizione degli avvisi e della selezione delle
domande), nel rispetto delle tariffe imposte da Roma Capitale (canoni e prezzi
da praticare alle diverse categorie di beneficiari del programma);
g) l’assenza di oneri a carico dell’amministrazione
salva la possibilità che le offerte in gara contemplino, ai fini del
perseguimento dell’equilibrio finanziario in funzione della garanzia della
sostenibilità imprenditoriale del progetto, un corrispettivo (che in ogni caso
concorre in chiave comparativa come elemento della parte economica costruttiva
delle offerte).
1.3. La legge di gara, in relazione agli aspetti di
maggiore interesse ai fini della risoluzione della presente lite:
a) ha individuato in modo puntuale, a pena di
esclusione, taluni adempimenti (per lo più formali) e requisiti soggettivi di
capacità e qualificazione; in quest’ambito, ha richiamato in modo specifico le
disposizioni del codice dei contratti pubblici ritenute applicabili (d.lgs. 12
aprile 2006, n. 163); fra queste non vi è la norma sancita dall’art. 37, co. 13
(tale articolo, infatti, è stato menzionato nella nota 4 del disciplinare solo
avuto riguardo al deposito cauzionale prestato dalle a.t.i.);
b) ha dettato una compiuta autonoma disciplina: delle
a.t.i., delle quote di partecipazione delle imprese, dei requisiti tecnici e di
qualificazione dei partecipanti, della possibilità di far gareggiare
cooperative di abitazione e loro consorzi, della indicazione dei soggetti esecutori
della progettazione e dei soli lavori (stimati per un importo complessivo di
euro 69 milioni esclusa IVA), della possibilità di associare, in sede di
esecuzione del programma di housing sociale, fondi immobiliari
specializzati nel settore dell’edilizia sociale privata;
c) ha posto a base del programma un progetto
preliminare, suscettibile di essere variato dai partecipanti, senza indicazione
di limiti invalicabili presidiati dalla sanzione della esclusione;
d) nell’ambito del programma costruttivo messo a
concorso, ha previsto la possibilità, da parte dei concorrenti, di offrire
scostamenti, in consistente misura percentuale, del numero degli alloggi da
realizzare per ciascuna tipologia assentita dal programma medesimo.
1.4. Alla gara hanno partecipato:
a) la Società Stile Costruzioni Edili di Rebecchini
Ing. Luigi & C. s.p.a., in proprio e quale capogruppo mandataria
dell’a.t.i. costituita con Sarfo Appalti e Costruzioni s.r.l., Sette
Costruzioni s.p.a., I.R.CO.S. Impresa Romana Costruzioni Sociali s.p.a.,
Edilgamma s.r.l., Cosvim Società Cooperativa e Consorzio Cooperative di
Abitazione Associazione Italiana Casa -Aic soc. coop. a r.l. (in prosieguo
A.t.i. Stile, 1° classificata);
b) Pessina Costruzioni s.p.a. (in prosieguo ditta
Pessina, 2° classificata);
c) l’A.t.i. costituita da Unione Generale Immobiliare
s.p.a., Fabbrica Immobiliare SGF s.p.a. e Stemm s.r.l. (in prosieguo A.t.i.
UGI, 3° classificata); giova fin da ora precisare, per completezza, che tale
concorrente è stato escluso dalla commissione tecnica ma successivamente
riammesso con riserva alla gara in base all’ordinanza del T.a.r. per il Lazio
n. 2593 del 14 luglio 2011; in sede di approvazione provvisoria e definitiva
della graduatoria (cfr. verbale n. 24 del 13 settembre 2011 e determinazione
dirigenziale n. 778 del 4 ottobre 2011), l’A.t.i. UGI risulta graduata al 3°
posto senza riserve; con sentenza in forma semplificata del T.a.r. per il Lazio
n. 3892 del 30 aprile 2012, è stato respinto il ricorso contro il provvedimento
di esclusione; tale sentenza è stata appellata dall’A.t.i. Generale con ricorso
allibrato al nrg. 2309 del 2012 tutt’ora pendente.
1.5. Con determinazione dirigenziale n. 778 del 4
ottobre 2011 la gara è stata aggiudicata all’A.t.i. Stile.
2. IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO.
2.1. L’aggiudicazione è stata impugnata dinanzi al
T.a.r. per il Lazio dalla ditta Pessina con il ricorso principale rubricato al
nrg. 9510 del 2011, integrato da motivi aggiunti (proposti unicamente per far
valere l’illegittimità derivata del silenzio formatosi sul preavviso di
contenzioso ex art. 243 bis del codice dei contratti pubblici,
datato 13 novembre 2011), e accompagnato dalla richiesta di risarcimento del
danno.
2.2. La ditta Pessina ha articolato sette autonomi
complessi motivi di ricorso (pagine 6 – 28 del ricorso principale di primo
grado), senza muovere alcuna doglianza alla legge di gara; in particolare con i
primi due motivi (pagine 6 – 12), nel presupposto implicito che l’oggetto della
procedura sia un appalto di lavori, ha dedotto le seguenti censure:
a) violazione dell’art. 37, co. 1 e 13, codice dei
contratti pubblici nonché dell’art. 4.4.11. del disciplinare nella parte in cui
impone ai consorzi di cooperative di cui all’art. 34, co. 1, lett. b) e c) del
codice dei contratti pubblici di indicare per quale consorziato concorre; si
sostiene che l’A.t.i. orizzontale Stile ha fatto partecipare al raggruppamento
(nella misura del 16,50%), un consorzio di cooperative di abitazione (A.I.C.),
che non effettua lavori, risultando violato l’obbligo di indicare la pertinente
quota di esecuzione dei lavori e comunque senza specificare le prestazioni in
concreto richieste a tale soggetto all’interno della medesima a.t.i., per
giunta sprovvisto della qualificazione SOA e della certificazione di qualità ISO
9901; risulta inoltre per tabulas l’omessa indicazione del
consorziato per il quale il Consorzio A.I.C. gareggia;
b) violazione del principio di corrispondenza fra
quote di partecipazione, quote di esecuzione e quote di qualificazione dei
componenti delle a.t.i.; risulta per tabulas che le imprese
riunite, diverse dal Consorzio di cooperative di abitazione A.I.C., eseguono
lavori in una percentuale diversa da quella di partecipazione all’a.t.i. con
ciò violando il precetto imperativo sancito dalla norma di cui all’art. 37, co.
13, cit.;
c) violazione degli artt. 1.4. e 4.4.11. del
disciplinare sotto il profilo che taluni associati eseguono lavori in misura
inferiore a quanto richiesto dalla legge di gara in relazione al possesso dei
requisiti tecnici, di qualificazione nella categoria OG1 (classifica VIII), e
di certificazione di qualità.
2.3. Radicatosi il contraddittorio con Roma Capitale e
l’A.t.i. Stile, quest’ultima ha proposto ricorso incidentale sostenendo che la
ditta Pessina avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura per aver presentato
una offerta difforme (aliud pro alio), dalle prescrizioni del bando e
del disciplinare.
In particolare, in tre autonomi motivi (pagine 5 – 11
del ricorso incidentale), ha lamentato quanto segue:
a) il progetto e l'offerta non rispetterebbero quanto
stabilito dal disciplinare di gara e dalle linee guida
architettonico-funzionali ad esso allegate, cui l'offerente avrebbe dovuto
attenersi nella redazione dell'offerta tecnico qualitativa ai sensi del punto
2.3 e 2.3.2 del disciplinare, nonché della normativa in materia di calcolo
della superficie complessiva (Sc) per interventi di edilizia
residenziale sovvenzionata e agevolata, a cui il disciplinare e le linee guida
hanno fatto riferimento; quanto alla cubatura massima realizzabile (punto 3.2.2
delle linee guida architettonico-funzionali, secondo comma (<<ai fini
degli indici, dei calcoli e delle regole edilizie vale la normativa del
precedente Piano regolatore generale approvato con d.p.r. n. 1645/1965 e
successive varianti>>), nella cui vigenza è stato approvato il piano
particolareggiato del Comprensorio Pietralata); invece il progetto Pessina
sarebbe elaborato prevedendo una cubatura ben superiore a quella prevista e per
di più calcolata in base ai criteri dettati dal nuovo piano regolatore generale
di Roma e non, come avrebbe dovuto, dal vecchio piano regolatore; infatti la
superficie progettata da Pessina risulterebbe pari a circa 130.000 m³ e quindi
ben superiore ai 119.000 m³ previsti dal bando; inoltre il denunciato esubero
di cubatura non terrebbe conto della circostanza (facilmente verificabile dal
progetto), che alcune cantine sono state progettate al piano interrato fuori
dalla sagoma di massimo ingombro del fabbricato, e che quindi anche il volume
delle suddette cantine avrebbe dovuto essere computato all'interno della
cubatura sensibile, come previsto dalle norme tecniche di attuazione del
vecchio Piano regolatore generale cui le Linee guida si richiamano; quanto al
calcolo delle superfici (Snr: superficie non residenziale; Su:
superficie utile; Sp: superficie parcheggi; Sc:
superficie complessiva), di cui al punto 2.1.4 del disciplinare ("ai
fini del calcolo delle superfici, con riferimento sia alla determinazione dei
canoni di locazione che delle rate del riscatto e dei prezzi di vendita, si fa
riferimento alla superficie complessiva degli alloggi di cui all'articolo 6 del
decreto del Ministero dei lavori pubblici 5 agosto 1994”); e lo stesso
criterio sarebbe ribadito al punto 1.3 delle linee guida architettonico-funzionali:
in proposito la superficie utile nella offerta economico-costruttiva presentata
da Pessina è pari a 17.243 m²; altresì Pessina, in base alla previsione
dell'articolo 6 del citato decreto del Ministero dei lavori pubblici 5 agosto
1994, avrebbe potuto dichiarare una superficie convenzionale massima pari a
26.554 m², cioè un valore inferiore a quello di 26.992 m² indicato nell'offerta
economico-costruttiva della ricorrente incidentale Stile; la situazione sopra
descritta avrebbe alterato la formula di calcolo applicata, ai sensi del punto
3 del disciplinare di gara, per la valutazione dell'offerta economico
costruttiva e per la conseguente attribuzione del relativo punteggio da parte
della Commissione di gara;
b) l'offerta presentata da Pessina indica come
progettisti due distinti professionisti: l'architetto M. O., quale responsabile
del team ai sensi del punto 1.3.1 del disciplinare e
l'architetto S. P., di 3TI, quale professionista incaricato dell'integrazione
delle prestazioni specialistiche; questa doppia indicazione violerebbe il
disciplinare di gara, che al punto 1.3 prescrive: <<il progetto dovrà
essere sottoscritto da un unico professionista, responsabile del team di
progettazione e come tale titolato alla firma degli elaborati>>;
c) infine, il progetto presentato da Pessina
violerebbe gli standard previsti dall'articolo 2 della legge
n. 122 del 1989, il quale stabilisce che <<nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad 1 m² per ogni
10 m³ di costruzione>>; in difformità da questi standard il
progetto elaborato da Pessina prevede, a fronte di una cubatura nei comparti R1
e R2.1, rispettivamente di metri cubi 27.738,05 e metri cubi 28.151,42,
rispettivamente destinati a parcheggio metri quadrati 1802 e metri quadrati
2457, dunque una superficie di gran lunga inferiore a quella imposta dalla
legge, che non poteva essere inferiore rispettivamente a metri quadrati 2773,81
e 2815,14.
2.4. L’impugnata sentenza - T.a.r. per il Lazio – Roma
- Sezione II, n. 3891 del 30 aprile 2012 - resa in forma semplificata:
a) ha esaminato il ricorso incidentale dell’A.t.i.
Stile e, assodatane la natura non paralizzante (perché incentrato sulla
contestazione della erroneità della valutazione, da parte della commissione
giudicatrice, dell’offerta presentata dalla ditta Pessina e non su ragioni che
inibivano la partecipazione alla gara della medesima ditta o della sua
offerta), lo ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad agire in
quanto dal suo accoglimento la parte non avrebbe tratto alcuna utilità (pagina
13);
b) ha qualificato la procedura per la scelta del
soggetto attuatore del programma di housing sociale nei
termini di un contratto misto atipico, in cui si rinvengono elementi propri
della concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche, della
concessione di servizi, della vendita di cosa futura insieme ad ulteriori
aspetti atipici, ma in cui prevale comunque l’esigenza di realizzare lavori,
procedura in quanto tale esclusa dall’ambito applicativo del codice dei
contratti pubblici ma sottoposto alla disciplina sancita dall’art. 27, co. 1,
del medesimo codice e dunque ai principi generali della materia contrattuale
tra cui quello di trasparenza (pagine 17 – 23);
c) ha statuito nel senso che la norma sancita
dall’art. 37, co. 13, codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone
alle imprese riunite in a.t.i. la corrispondenza fra quote di partecipazione e
quote di esecuzione, sia espressione di un principio generale di trasparenza e
dunque, in virtù del rinvio operato dal menzionato art. 27, co. 1, cit. (nonché
dall’art. 30 codice dei contratti pubblici), applicabile alla procedura di gara
in contestazione (pagine 23 – 26);
d) conseguentemente ha annullato l’aggiudicazione in
favore dell’A.t.i. Stile, ha dichiarato l’inefficacia del contratto stipulato
da quest’ultima con Roma Capitale, ha dichiarato aggiudicataria, a titolo di
risarcimento del danno specifico, la ditta Pessina, condannando le parti
soccombenti alla rifusione delle spese di lite.
3. IL GIUDIZIO DI APPELLO DAVANTI ALLA V
SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato –
allibrato al nrg. 5104 del 2012 – l’A.t.i. Stile ha interposto appello
deducendo:
a) con il primo mezzo di gravame (pagine 6 – 14 del
ricorso), la violazione delle norme e dei principi in materia di efficacia
paralizzante del ricorso incidentale come stabiliti dall’Adunanza plenaria 7
aprile 2011, n. 4, riproponendo, altresì, tutte le censure poste a sostegno del
proprio ricorso incidentale;
b) con il secondo mezzo di gravame (pagine 14 – 26),
l’erroneità delle statuizioni sfavorevoli di merito dell’impugnata sentenza che
ha confutato analiticamente.
3.2. Con ricorso ritualmente notificato e depositato –
allibrato al nrg. 5244 del 2012 – Roma Capitale ha interposto appello
deducendo, con due complessi motivi:
a) l’erroneità degli snodi argomentativi della
sentenza impugnata, nella parte in cui non ha tenuto conto dell’autonomia della
legge di gara e dell’autovincolo da essa discendente (specie in assenza di
specifica impugnazione ad opera della ditta Pessina);
b) la violazione della norma sancita dall’art. 12, l.
n. 241 del 1990 (che fissa i principi generali in materia di procedimenti di
valutazione comparativa), e l’inapplicabilità della norma sancita dall’art. 37,
co. 13, cit. non essendo posta a presidio dei principi di trasparenza e par
condicio.
3.3. Si è costituita in entrambi i giudizi la ditta Pessina,
contestando la fondatezza dei ricorsi in fatto e diritto, e riproponendo, ai
sensi dell’art. 101, co. 2, c.p.a., le censure non esaminate in prime cure.
3.4. Si è costituita Roma Capitale, nel giudizio nrg.
5104/2012, aderendo al gravame formulato dall’A.t.i. Stile che, a sua volta,
costituendosi nel giudizio nrg. 5244/2012 ha aderito al gravame formulato da
Roma Capitale.
4. L’ORDINANZA DI RIMESSIONE DEI RICORSI
ALL’ADUNANZA PLENARIA.
Con ordinanza n. 2059 del 15 aprile 2013, la V Sezione
del Consiglio di Stato ha riunito gli appelli, in quanto proposti nei confronti
della medesima sentenza, ed ha sottoposto all’Adunanza plenaria le seguenti
questioni:
a) nel presupposto che le censure del ricorso
incidentale dell’A.t.i. Stile fossero <<…certamente finalizzate a
escludere la ricorrente principale PESSINA, allegando in proposito carenze
dell’offerta, in violazione di clausole del Bando, tali da concretare vizi
della ammissione alla gara dell’offerta PESSINA, e da escludere per quella
impresa la legittimazione a ricorrere…>>, la Sezione ha
evidenziato che esse, però <<… riguardano il merito della
controversia e comportano - relativamente alla lex specialis di gara e alla
stessa offerta della ricorrente principale PESSINA - una non semplice attività
interpretativa, che peraltro per taluni profili, attenendo a sindacato
giurisdizionale su valutazioni di così detta discrezionalità tecnica (si pensi
alla valutazione di conformità ai criteri per il calcolo delle cubature e delle
superfici, anche con riferimento agli standard relativi alle aree destinate a
parcheggio), richiederebbe l’espletamento di consulenze tecniche d'ufficio,
anche col contraddittorio tra le parti>>; ha quindi ritenuto che <<…tenuto
conto del numero e della complessità delle questioni spesso portate nelle
controversie in materia di appalti, del pubblico interesse alla migliore
aggiudicazione, del principio del contraddittorio (v. la citata pronuncia della
Cassazione civile - Sezioni unite - 21 giugno 2012, n. 10294) - una complessa
delibazione di merito della sola istanza dell’aggiudicatario (anche se diretta
a “paralizzare”, con lo strumento del ricorso incidentale, l’istanza di chi –
col ricorso introduttivo del giudizio – afferma l’illegittimità
dell’aggiudicazione) appare concretare uno sbilanciamento e uno snaturamento
del contenzioso, poiché privilegia, nella congerie delle questioni di merito
portate dinanzi al giudice, solo quelle di chi resiste al ricorso introduttivo>>;
conseguentemente ha osservato che <<…in fattispecie come quella in
esame il ricorso incidentale porta preliminarmente in giudizio, con la verifica
della legittimazione, una parte cospicua del merito della controversia, nonché
il sindacato sui criteri di valutazione delle offerte da parte della stazione
appaltante. Sicché l’esame delle sole prospettazioni dell’aggiudicatario
sembrerebbe contrario al principio di parità delle parti. Pertanto appare
necessario che l’Adunanza plenaria si pronunci sulla applicabilità del
principio di diritto da essa affermato nella pronuncia n. 4/2011 anche a una
fattispecie come quella in esame>>;
b) relativamente alla questione di diritto <<…concernente
l’applicabilità, in forza del richiamo di cui all’art. 27 del decreto
legislativo n. 163/2006, alla presente gara per la realizzazione di un
programma di housing sociale, della disposizione
del successivo art. 37, comma 13…>>, ha osservato che la stessa <<…non
essendo l’affidamento di contratti di social housing disciplinato da precise
disposizioni - appare richiedere, ex art. 12 delle Preleggi, un’interpretazione
analogica, o anche l’applicazione di principi generali
dell’ordinamento…>>, e, premessa l’irrilevanza (allo stato ed ai fini
della rimessione dell’affare alla Adunanza plenaria), della circostanza
relativa all’omessa impugnativa della lex specialis da parte
della ditta Pessina, ha ritenuto che <<… secondo il generale
principio di trasparenza - espresso, con altri principi, anche relativamente ai
contratti esclusi di cui agli artt. 16 e seguenti del decreto legislativo n.
163/2006, nell’art. 27, comma 1, del medesimo Codice dei contratti pubblici –
la piena corrispondenza tra quote di partecipazione al RTI e quote di
esecuzione espressamente sancita dall’art. 37, comma 13, del Codice, parrebbe
effettivamente applicabile, a pena di esclusione, anche alla presente gara per
realizzazione di housing sociale…>>; per converso, ha sottolineato che <<…la
circostanza che la norma ritenuta dal Tar precetto sanzionato da esclusione non
è espressamente richiamata dalla lex specialis di gara; e che avvalendosi sul
punto, come fatto dal primo giudice, di una interpretazione estensiva della
normativa di riferimento, o applicativa di principi generali, potrebbe
ritenersi violato il noto principio di tassatività delle ipotesi di esclusione
(v. C.d.S., Sez. V, 27 maggio 2011, n. 3193), principio che ha avuto da ultimo
una puntuale traduzione normativa attraverso il nuovo comma 1 bis dell'articolo
46 del decreto legislativo n. 163/2006, come aggiunto dal n. 2) della lettera
d) del citato art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 70/2011; ma che vigeva
nell’ordinamento anche prima, in quanto desumibile dall'art. 45 della Direttiva
2004/18/CE (v. C.d.S., Sez. V, 13 dicembre 2012, n. 6393). Tra l’altro, il
ritenere che quanto prescritto dall’art. 37, comma 13, del codice dei contratti
pubblici sia espressione di uno dei principi – nella specie quello di
trasparenza – applicabili anche ai contratti così detti esclusi, come disposto
dall’art. 27, comma 1, del medesimo codice, potrebbe far venire meno la
certezza del diritto nel relativo settore, a maggior ragione non trattandosi di
prescrizione fissata dalla lex specialis di gara; esigenza - quella della
certezza del diritto - particolarmente sentita in un settore estremamente
delicato per l’economia del Paese e soggetto a continui e alluvionali
cambiamenti normativi. E in una gara, quale quella di cui trattasi, che non prevede
alcun finanziamento pubblico e consente la partecipazione associata di soci di
solo capitale, sembra conseguente che nel RTI possano esservi soci
finanziatori, altri soci che eseguano le opere nella percentuale corrispondente
alla quota di partecipazione al RTI; e altresì soci che (ferma restando la
trasparenza nei rapporti all’interno del raggruppamento) eseguano opere per
percentuali superiori a quelle di cui alla quota di partecipazione. Con
l’ulteriore ipotizzabilità che, nella specie, il RTI assuma peculiarità tali da
discostarsi dalla tipologia prevista dal codice dei contratti pubblici; con la
conseguente non assoggettabilità alla disciplina del codice stesso>>.
5. IL RAPPORTO FRA RICORSO INCIDENTALE E
RICORSO PRINCIPALE NELLE CONTROVERSIE IN MATERIE DI GARE PUBBLICHE.
5.1. In ordine logico è prioritario l’esame della
questione concernente l’asserita violazione, da parte dell’impugnata sentenza,
dei principi elaborati dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2011 circa il rapporto
fra ricorso incidentale (proposto dall’aggiudicatario), e ricorso principale
(proposto da concorrente non aggiudicatario), nelle controversie in materie di
gare pubbliche: l’erroneità in parte qua della sentenza
impugnata comporterebbe, infatti, l’esame prioritario del ricorso incidentale
articolato in prime cure dall’A.t.i. Stile.
5.2. Per la completa disamina della questione il
collegio rinvia agli argomenti e principi elaborati da questa Adunanza nella
causa - nrg. AP 23/2013 e nrg. VI Sezione 4939/2012 – assunta in decisione alla
medesima udienza pubblica del 20 novembre 2013.
5.3. Sul punto specifico concernente la necessità che
il ricorso incidentale sia sempre esaminato prima del ricorso principale quando
prospetti carenze oggettive dell’offerta della impresa non aggiudicataria, si
ritiene di non condividere l’impostazione fatta propria dall’ordinanza di
rimessione, che non trova rispondenza nei principi formulati dalla plenaria n.
4 del 2011.
5.4. Dalla piana lettura della più volte menzionata
sentenza n. 4 del 2011 (in particolare § 51), emerge in modo univoco che il
discrimine è rintracciato nella introduzione, da parte del ricorso incidentale,
di censure che colpiscono la mancata esclusione, da parte della stazione
appaltante, del ricorrente principale (ovvero della sua offerta), a causa della
illegittima partecipazione di quest’ultimo alla gara o della illegittimità
dell’offerta; tale situazione lato sensu di invalidità della
posizione del ricorrente principale, deve scaturire dalla violazione di doveri
o obblighi sanzionati a pena di inammissibilità, di decadenza, di esclusione (a
titolo esemplificativo si pensi all’intempestività della domanda di
partecipazione alla gara, alla carenza di requisiti soggettivi generali, di
natura tecnica o finanziaria, ovvero di elementi essenziali dell’offerta).
La situazione di contrasto fra la condotta
dell’impresa che partecipa alla selezione e la legge di gara, effettivamente
rilevante per stabilire la priorità dell’esame del ricorso incidentale, è solo
quella che produce, come ineluttabile conseguenza, la non ammissione ab
origine alla gara del concorrente non vincitore, ovvero
l’estromissione successivamente deliberata in apposite fasi (anche solo in
senso logico), deputate all’accertamento della regolare partecipazione del
concorrente: si pensi al caso classico in cui l’amministrazione proceda al
riscontro della tempestività della presentazione delle domande di
partecipazione cui seguono (soprattutto dal punto di vista logico, poiché
sovente tali adempimenti sono effettuati in unico contesto temporale e
procedurale), le ulteriori fasi relative all’accertamento dei requisiti
soggettivi dell’imprenditore ovvero oggettivi dell’offerta.
Ne discende che tutte le criticità prospettate come
incidenti su attività svolte a valle di quelle dedicate al riscontro dei
suddetti requisiti, non impongono l’esame prioritario del ricorso incidentale
perché, in tale ipotesi, esso non mira ad accertare l’insussistenza della
condizione dell’azione rappresentata dalla legittimazione del ricorrente, in
quanto soggetto escluso o che avrebbe dovuto essere escluso dalla gara.
In questi casi, infatti, il ricorso incidentale si
appunta su vizi della valutazione operata dall’organo tecnico a ciò preposto e
le relative censure presuppongono, in definitiva, il superamento di ogni
questione inerente la regolare presenza dell’impresa (o della sua offerta)
nella gara.
Si pensi alla contestazione del punteggio tecnico o
economico nonché alla valutazione di anomalia dell’offerta che, secondo le
approfondite conclusioni cui è giunta questa Adunanza, attiene a <<…scelte
rimesse alla stazione appaltante, quale espressione di autonomia negoziale in
ordine alla convenienza dell’offerta ed alla serietà e affidabilità del
concorrente ….>>(cfr. Ad. plen. 29 novembre 2012, n. 36).
5.6. In conclusione, avuto riguardo alla prima
questione sottoposta all’adunanza plenaria, deve enunciarsi il seguente
principio di diritto: <<nel giudizio di primo grado avente ad
oggetto procedure di gara, solo il ricorso incidentale escludente che sollevi
un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non
aggiudicatario – in quanto soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o che
vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso ovvero che avrebbe dovuto
essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione - deve
essere esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale; tale
evenienza non si verifica allorquando il ricorso incidentale censuri
valutazioni ed operazioni di gara svolte dall’amministrazione nel presupposto
della regolare partecipazione alla procedura del ricorrente principale>>.
5.7. Si tratta a questo punto di stabilire le
caratteristiche del ricorso incidentale proposto dall’At.i. Stile analizzandone
la causa petendi.
Come già rilevato nel precedente § 2.3., il ricorso
incidentale introdotto dall’A.t.i. Stile è interamente incentrato sulla
erroneità della scelta valutativa compiuta dalla Commissione che non avrebbe
percepito lo scostamento radicale (al punto di configurare un aliud pro
alio), del progetto presentato dalla ditta Pessina rispetto ad una serie di
parametri ritenuti vincolanti.
In fatto si rileva che:
a) il bando e il disciplinare di gara non hanno
individuato, a pena di esclusione, alcuno dei parametri indicati dal ricorso
incidentale come elementi essenziali dell’offerta tecnica;
b) la legge di gara ha stabilito che il progetto
preliminare ben poteva essere variato dai partecipanti;
c) nell’ambito del programma costruttivo messo a
concorso è stata prevista la possibilità di scostamenti, in consistente misura
percentuale, del numero degli alloggi da realizzare per ciascuna tipologia.
E’ evidente che i vizi prospettati nel ricorso
incidentale incidono sulla valutazione discrezionale riservata dalla legge di
gara alla commissione tecnica giudicatrice (in sede di attribuzione del
punteggio e di giudizio sulle varianti proposte dai concorrenti al progetto
preliminare ed al programma costruttivo), valutazione tanto più ampia quanto
maggiore è lo spazio concesso (come nel caso di specie), alle iniziative dei
concorrenti.
5.8. Da quanto sopra rilevato discende:
a) la correttezza dell’impugnata sentenza nella parte
in cui, dopo aver esaminato la causa petendi del ricorso
incidentale ed averne assodato il carattere non escludente, ne ha posposto l’esame
rispetto al ricorso principale della ditta Pessina;
b) l’infondatezza in parte qua del
primo motivo di appello dell’A.t.i. Stile. Sul punto si impone una
precisazione: il ricorso incidentale dell’A.t.i. Stile, infatti, non può essere
dichiarato ex se inammissibile perché non escludente; invero,
fermo restando che anche il ricorso incidentale deve essere sostenuto dagli
ordinari requisiti di proponibilità, ammissibilità e procedibilità, è
necessario prioritariamente accertare il numero effettivo di imprese in gara
utilmente inserite nella graduatoria finale (cfr. retro §
1.4.); quindi procedere (secondo le coordinate ermeneutiche individuate
dall’Adunanza plenaria 15 aprile 2010, n. 1), all’esame del ricorso principale
secondo l’ordine logico proprio dei residui vizi di legittimità fatti valere
(ove non espressamente condizionati), principiando dalle doglianze che
introducono cause di invalidità escludenti l’offerta dell’aggiudicataria, per
proseguire con vizi della procedura posti in essere dal seggio di gara; infine,
prendere in esame le criticità che si appuntano sulla valutazione della bontà e
congruità delle offerte, e, in tale ultimo ambito, vagliare il ricorso
incidentale; nella specie, quindi, in occasione dello scrutinio (ove mai
ritenuto ammissibile in quanto non implicante l’esercizio di giurisdizione di
merito da parte del giudice amministrativo), delle reciproche illegittimità
asseritamente incidenti sulla valutazione delle offerte tecniche e
l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice.
A tali principi si atterrà la V Sezione nel prosieguo
del giudizio.
6. LA NATURA GIURIDICA DELLA PROCEDURA DI GARA
DI HOUSING SOCIALE.
6.1. Anticipando le conclusioni tratte dagli argomenti
che saranno esposti nel presente § 6, l’Adunanza plenaria ritiene che
dall’esame del contenuto degli elementi essenziali del programma di housing sociale
intrapreso da Roma Capitale (retro §§ 1.1. – 1.3.), emerge che è
stata posta in essere una iniziativa di partenariato pubblico – privato per la
gestione di un servizio pubblico locale di rilievo economico e a domanda
individuale, mediante lo strumento della concessione di servizio pubblico.
Il partenariato pubblico – privato, secondo i principi
sottostanti le risoluzioni del Parlamento europeo di maggiore interesse in
parte qua (14 gennaio 2004 concernente il libro verde sui servizi di
interesse generale, 26 ottobre 2006 concernente i partenariati pubblico –
privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni),
recepite dal codice dei contratti (art. 3, co. 15 ter, introdotto
dal d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152, c.d. terzo correttivo, e dunque
applicabile ratione temporis alla procedura in oggetto), si
realizza anche attraverso la formula organizzatoria della concessione di
servizi che dà vita ad un partenariato non istituzionale (ovvero senza la
creazione di enti ad hoc preposti alla gestione della
collaborazione e del servizio).
A sua volta, l’art. 3, co. 12, del codice dei
contratti pubblici, definisce la concessione di servizi come «un
contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di
servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi
consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto
accompagnato da un prezzo».
6.1.1. L’housing sociale si è sviluppato
alla metà del secolo scorso, nei paesi dell’Europa settentrionale, in
conseguenza dell’evoluzione della scienza urbanistica, come tentativo di
ampliare, qualificandola, l’offerta degli alloggi in affitto (e in misura
minore anche in vendita), mettendo a disposizione nuove unità abitative a
favore di quelle persone che, escluse per ragioni di reddito dall’accesso
all’edilizia residenziale pubblica, non sono tuttavia in grado di sostenere i
costi del libero mercato.
Tale istituto nasce, pertanto, dalla necessità di
ripensare gli insediamenti di edilizia sociale sul territorio non solo sotto un
profilo quantitativo ma anche sul versante economico-qualitativo: l’housing sociale
si presenta, quindi, come una modalità d’intervento nella quale gli aspetti
immobiliari vengono studiati in funzione dei contenuti sociali, offrendo una
molteplicità di risposte per le diverse tipologie di bisogni, dove il contenuto
sociale è prevalentemente rappresentato dall’accesso a una casa dignitosa per
coloro che non riescono a sostenere i prezzi di mercato, ma anche da una
specifica attenzione alla qualità dell’abitare.
La finalità dell’housing sociale è di
migliorare la condizione di queste persone, favorendo la formazione di un
contesto abitativo e sociale dignitoso all’interno del quale sia possibile, non
solo accedere ad un alloggio adeguato, ma anche a relazioni umane ricche e
significative. Data la sostanziale assenza di sovvenzioni pubbliche, l'housing sociale
si focalizza su quella fascia di cittadini che sono disagiati in quanto
impossibilitati a sostenere un affitto di mercato, ma che non lo sono al punto
tale da poter accedere all’edilizia residenziale pubblica, finendo con il
rappresentare, nel contempo, una politica volta all'incremento del patrimonio
in affitto a prezzi calmierati o controllati.
L’housing sociale si sostanzia in un
programma attraverso il quale si progetta di realizzare un insieme di alloggi e
servizi, di eseguire azioni e strumenti, tutti rivolti a coloro che non
riescono a soddisfare sul mercato il proprio bisogno abitativo, per ragioni
economiche o per l’assenza di un’offerta adeguata. Tra le molteplicità di risposte
offerte dall’housing sociale vi sono l’affitto calmierato,
l’acquisto della casa mediante l’auto-costruzione e le agevolazioni
finanziarie, nonché soluzioni integrate per le diverse tipologie di bisogni.
In Italia, il progressivo ritiro della mano pubblica
dagli investimenti immobiliari a fini sociali e la bolla speculativa del
mercato immobiliare, che ha toccato insieme vendita e locazioni, hanno
contribuito non poco ad allargare l’area del disagio, sbarrando o rendendo
impervio l’accesso alla casa a vaste categorie di persone (giovani coppie,
pensionati, famiglie monoparentali, ecc.).
In questo contesto socio economico si è inserito il
legislatore attraverso alcune disposizioni normative che hanno individuato, fra
l’altro, i destinatari di tali progetti, ovvero le categorie alle quali possono
essere destinati gli alloggi realizzati mediante tale programma: l'art. 11, co.
2 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112 convertito con la legge 6 agosto 2008 n. 133 –
recante la disciplina generale per la realizzazione del c.d. Piano casa al fine
di garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di
fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana - ha segnalato
le seguenti categorie di destinatari:
a) nuclei familiari a basso reddito, anche
monoparentali o monoreddito;
b) giovani coppie a basso reddito;
c) anziani in condizioni sociali o economiche
svantaggiate;
d) studenti fuori sede;
e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di
rilascio;
f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui
all’art. 1 della legge 8 febbraio 2007 n. 9 (particolari categorie sociali,
soggette a procedure esecutive di rilascio per finita locazione degli immobili
adibiti ad uso di abitazioni e residenti nei comuni capoluoghi di provincia,
nei comuni con essi confinanti con popolazione superiore a 10.000 abitanti e
nei comuni ad alta tensione abitativa);
g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da
almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella
medesima regione.
In attuazione della normativa primaria, il d.P.C.M. 16
luglio 2009 - recante l’approvazione del Piano nazionale di edilizia abitativa
c.d. Piano casa – ha previsto espressamente, quale prima linea di intervento,
la costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari
per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale
ovvero la promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con la
partecipazione di soggetti pubblici e privati per la valorizzazione e l’incremento
dell’offerta abitativa in locazione (art. 1).
6.1.2. All’interno del delineato quadro normativo,
urbanistico, edilizio e finanziario, si è collocato il Comune di Roma nel
tentativo di soddisfare le esigenze della popolazione appartenente a diverse fasce
sociali. Già in sede di approvazione del nuovo p.r.g., l’housing sociale
è stato inserito fra gli obbiettivi da realizzarsi mediante criteri di
perequazione nonché modalità e procedure per l'acquisizione di aree; sono
seguite specifiche iniziative tese a verificare, sotto il profilo finanziario,
giuridico ed amministrativo, la fattibilità dell’intervento di housing sociale
(cfr. la deliberazione consiliare n. 23 del marzo del 2010, recante gli
indirizzi per il c.d. Piano casa di Roma, che ha proposto un programma organico
di iniziative da intraprendere per il soddisfacimento dei bisogni alloggiativi
per il c.d. segmento debole della popolazione comunale, giungendo a stimare
necessaria la realizzazione di 25.700 alloggi entro il 2016).
6.2. Individuate le basi normative ed amministrative,
nonché la finalità immanente del programma di housing sociale
di Roma Capitale, si passa a verificare la presenza degli indici rivelatori
della concessione di servizio pubblico, quali delineati, nel corso del tempo,
dalle fonti europee e nazionale (cfr. Comunicazioni interpretative della
Commissione europea 5 febbraio 2008 e 12 aprile 2000; direttive 2004/18 e
2004/17; artt. 3, co. 12, e 30 codice dei contratti pubblici; artt. 112 e 113
t.u.e.l.; circolari della P.C.M. nn. 3944 del 1 marzo 2002 e 8756 del 6 giugno
2002), nonché dai principi elaborati dalla giurisprudenza europea e nazionale
(cfr. da ultimo Corte giust. 15 ottobre 2009, C-196/08; 13 settembre 2007,
C-260/04; Corte cost., 7 giugno 2013, n. 134; 12 aprile 2013, n. 67; 20 luglio
2012, n. 199; 17 novembre 2010, n. 325; Cass. civ., sez. un., 15 giugno 2009,
n. 13892; 22 agosto 2007, n. 17829; Cons. Stato, ad. plen., 7 maggio 2013, n.
13; 3 marzo 2008, n. 1).
6.2.1. Nel particolare caso di specie sono presenti
tutti gli indici che sono stati ritenuti, nel tempo, come qualificanti una
concessione di servizio pubblico locale, di rilievo economico e a domanda
individuale.
In dettaglio:
a) la presenza di un autentico servizio pubblico
locale rivolto alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali
– ovvero, secondo il linguaggio dell’Unione europea (artt. 16 e 86 del Trattato
FUE), un servizio di interesse economico generale che viene a svolgere una
funzione essenziale nell’ambito della costituzione economica di tutti i Paesi
membri, dovendosi intendere per tale quello rivolto all’utenza, capace di
soddisfare interessi generali e di garantire una redditività - del quale i
cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti la
collettività;
b) la prestazione a carico degli utenti che si
riscontra tipicamente nei servizi a domanda individuale (nella specie gli
utenti devono partecipare ad apposita selezione, gestita dal concessionario,
per l’assegnazione degli alloggi, versando di volta in volta il corrispettivo
della locazione o delle varie tipologie di vendita in base al complesso sistema
tariffario individuato dalla legge di gara);
c) l’assunzione a carico del concessionario del
rischio economico relativo alla gestione del servizio; sul punto, deve reputarsi
irrilevante che la legge di gara abbia previsto un parziale corrispettivo a
carico di Roma Capitale, stante il suo carattere meramente eventuale, frutto
della scelta dell’offerente finalizzata alla garanzia dell’equilibrio
finanziario dell’impresa, scelta comunque penalizzante in sede di attribuzione
del relativo punteggio; inoltre, la subordinazione al pagamento di un
corrispettivo — rilevante nella prospettiva europea e nazionale in sede di
distinzione tra la figura dell’appalto e quella della concessione — dipende
dalle caratteristiche tecniche del servizio e dalla volontà «politica»
dell’ente ma non incide, ex se, sulla sua qualifica di
servizio pubblico e non può essere pertanto sopravalutata;
d) la preordinazione dell’attività a soddisfare in
modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti,
tendenzialmente a tempo indeterminato o comunque per un periodo di lunga durata
(nella specie il rapporto concessorio ha una durata pari a 25 anni);
e) la sottoposizione del gestore ad una serie di
obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare
l’espletamento dell’attività a regole di continuità, regolarità, capacità
tecnico-professionale e qualità, perché ciò che connota in modo rilevante la
natura di servizio pubblico è il conseguimento di fini sociali a favore della
collettività per il tramite dell’attività svolta dal gestore;
f) la delega traslativa di poteri organizzatori
dall’ente al privato (nella specie, non solo i compiti in materia di stazione
appaltante per la realizzazione di opera monumentale, ma soprattutto quelli
organizzatori inerenti la scelta dei beneficiari, l’assegnazione degli alloggi,
la gestione dei conseguenti rapporti); tale elemento deve esprimere, al di là
del nomen iuris impiegato dalla legge di gara (concessione,
assegnazione, affidamento, contratto di servizio, atto di incarico), la
sostanza di un atto di organizzazione e, in quanto tale, ontologicamente
diverso da un contratto di appalto; vi è dunque una proiezione esterna dell’utilitas perseguita
con l’atto concessorio, a differenza della dimensione interna dell’utilitas che
si consegue con il contratto di appalto; solo grazie al modulo concessorio è
possibile esternalizzare il servizio affidandone la gestione a soggetti privati
per i quali il vantaggio è costituito dalla possibilità di esigere un prezzo
(tariffa) nei confronti degli utenti, donde l’importanza della durata del
rapporto idonea a far conseguire un utile al concessionario (caratteristiche
queste tutte presenti nella fattispecie per cui è causa);
g) il contenuto del programma di housing,
inoltre, si caratterizza per la sua struttura trilaterale in quanto tutte le
prestazioni dei soggetti coinvolti fanno capo all’amministrazione, al gestore
ed agli utenti, mentre nel contratto d’appalto, come noto, il rapporto ha
carattere bilaterale (nella specie è pacifico che la gran parte delle
prestazioni del concessionario sono rivolte a soddisfare esigenze dell’utenza
disagiata, nel rispetto dei vincoli gestionali imposti e monitorati dall’amministrazione).
6.3. Non è di ostacolo alla qualificazione della
procedura in esame quale concessione di servizio pubblico, la circostanza che,
nel caso di specie, il concessionario prescelto, in ossequio al contenuto del
programma di housing, debba realizzare anche cospicui lavori.
6.3.1. Qualora un affidamento contempli l’esecuzione
di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di demarcazione
tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di
strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel
senso che solo laddove la gestione del servizio sia servente rispetto alla
costruzione delle opere è configurabile l’ipotesi della concessione di lavori
pubblici; viceversa, l’inserimento dei lavori all’interno di un programma
complesso rivolto alla gestione di servizi volti a soddisfare esigenze primarie
di grande rilievo sociale ed economico (il disagio abitativo delle fasce deboli
della popolazione), induce a ritenere che siano i lavori a porsi in termini
obbiettivamente accessori o secondari rispetto alla gestione delle strutture al
servizio della collettività; alle medesime conclusioni è giunta l’Adunanza
plenaria in relazione alla connessione ravvisata fra appalti di servizi
(accessori e strumentali), rispetto a concessione di servizio pubblico ritenuta
prevalente (cfr. Ad. plen. 6 agosto 2013, n. 19).
Tale impostazione è conforme ai principi elaborati
dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte giust. 14 novembre 2001, C-310/01;
18 novembre 1999, C-107/98; 19 aprile 1994, C-331/92), per l’individuazione
della disciplina applicabile ai contratti di appalto misti, quando vengono in
considerazione prestazioni di lavori e servizi: in tal caso, infatti, occorre
avere riguardo all’oggetto principale della prestazione secondo la funzione
prevalente o accessoria svolta da ciascuna componente (c.d. criterio
qualitativo), a prescindere dal valore economico delle prestazioni medesime
(c.d. criterio quantitativo). Per completezza si evidenzia che tali principi
sono stati recepiti, con alcune peculiarità, dall’art. 14 del codice dei
contratti (salvo il temperamento costituito dal criterio quantitativo, inteso
come canone esegetico per la determinazione delle prestazioni, che cede, però,
a fronte del carattere meramente accessorio dell’una prestazione rispetto
all’altra).
6.3.2. Nella specie, deve evidenziarsi che:
a) tutte le opere (sia quelle pubbliche, sia quelle di
pubblica utilità sia quelle commerciali), sono destinate, nel loro complesso,
ad assicurare il servizio di housing sociale garantendo
condizioni di vita decorose a tutti i futuri utenti che saranno selezionati in
base alle apposite graduatorie;
b) il valore delle opere pubbliche in senso proprio
(alloggi di edilizia residenziale pubblica, scuola pubblica ed opere di
urbanizzazione), è di gran lunga inferiore al valore dell’insieme delle opere
di pubblica utilità e di quelle meramente private (secondo il dato riportato
dalla difesa dell’A.t.i. Stile a pagina 14 del gravame incidentale, dato non
contestato specificamente da controparte, solo il 15% degli alloggi complessivi
è destinato a edilizia residenziale pubblica, mentre la restante parte, oltre
il 75%, riguarda la realizzazione di alloggi privati, oltre agli immobili a
destinazione commerciale);
c) la durata del rapporto esorbita dai tempi
strettamente necessari alla realizzazione delle opere in quanto il servizio di
assegnazione e gestione degli alloggi si sviluppa in un arco minimo di 25 anni.
6.4. Assodata la natura di concessione di servizio
pubblico locale della procedura in contestazione, ne deriva l’applicazione
dell’art. 30 del codice dei contratti pubblici nella cornice esegetica delineata
nel tempo dall’Adunanza plenaria (cfr. 6 agosto 2013, n. 19; 7 maggio 2013, n.
13; 3 marzo 2008, n. 1).
Il compendio di norme sancite dall’art. 30 cit.,
rispecchia l’elaborazione comunitaria in ordine:
a) al limitato spazio che occupa la concessione di
servizi nella direttiva 2004/18: una scarna definizione nell’art. 1 ed un'unica
regola di non discriminazione dei fornitori nell’art. 3, con espressa
previsione, per il resto, di esclusione dall’ambito della direttiva (art. 17);
b) all’applicazione dei principi del Trattato FUE alle
concessioni di servizi;
c) all’essenzialità della traslazione del rischio di
gestione al concessionario.
Ne discende, da un lato, l’inapplicabilità diretta
delle disposizioni del codice dei contratti pubblici (art. 30, co. 1), dall’altro,
l’obbligo di rispettare i principi desumibili dal Trattato FUE e i principi
generali relativi ai contratti pubblici (trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità,
gara informale, predeterminazione dei criteri selettivi).
6.5. Si tratta a questo punto di stabilire, in
relazione alla controversia sottoposta all’esame dell’Adunanza plenaria, la
natura giuridica e la portata applicativa della norma sancita dall’art. 37, co.
13, codice dei contratti pubblici; è irrilevante, ai fini della decisione, che
la questione sia stata sottoposta dalla V Sezione nella diversa prospettiva
dell’art. 27 del codice dei contratti pubblici (in luogo dell’art. 30), perché
in entrambi i casi è necessario comunque individuare i principi desumibili dal
Trattato FUE e i principi generali relativi ai contratti pubblici (fra cui
quello di trasparenza di cui si lamenta la lesione da parte della ditta
Pessina).
Vanno allo scopo applicati i criteri di indagine
elaborati di recente da questa Adunanza plenaria proprio al fine di individuare
quali disposizioni del codice dei contratti pubblici siano espressive di
principi generali (di derivazione europea ovvero solo nazionale), e dunque
capaci di integrare la disciplina delle gare per la selezione di concessionari
di servizi pubblici (cfr. Ad. plen., 6 agosto 2013, n. 19; 7 maggio 2013, n.
13).
In sintesi è sufficiente ribadire che:
a) la regola generale, a mente dell’art. 30, co. 1.
cit., è nel senso che alle concessioni di servizio pubblico non si applicano le
disposizioni specifiche del codice dei contratti pubblici;
b) si deve tener conto del fatto che in linea teorica
tutte le norme di dettaglio del codice costituiscono una derivazione, più o
meno diretta, di principi (o più semplicemente di esigenze) generali;
c) in senso proprio costituiscono principi generali
applicabili alle concessioni di servizio, non solo i c.d. super principi o
valori di sistema, di solito espressamente indicati nelle parti iniziali dei
codici di settore (nella specie art. 2 codice dei contratti pubblici), ma anche
quelli che si traggono da talune specifiche norme;
d) tuttavia, l’applicabilità di talune disposizioni
specifiche di tali codici è predicabile solo quando esse superino uno scrutinio
rigoroso di indagine basato sull’accertamento della natura dell’interesse
presidiato dal precetto e della sua ampiezza applicativa, trovando la propria ratio immediata
e diretta nella tutela di valori immanenti al sistema (nella specie dei
contratti pubblici di appalto di lavori, servizi e forniture), in funzione nomo
genetica rispetto alle singole norme costitutive delle codificazioni di
settore.
7. LA NATURA GIURIDICA E LA PORTATA
APPLICATIVA DELLA NORMA SANCITA DALL’ART. 37, CO. 13, CODICE DEI CONTRATTI
PUBBLICI.
7.1. L’art. 37, co. 13, cit., nel testo vigente alla
data del bando, era il seguente: <<13. I concorrenti riuniti in
raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale
corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento. >>.
Successivamente tale disposizione è stata novellata
dalla lettera a), del comma 2-bis dell’art. 1 del
decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, introdotto dalla legge di conversione 7
agosto 2012, n. 135 (con decorrenza dal 15 agosto 2012 data di entrata in
vigore della legge di conversione): <<13. Nel caso di lavori, i
concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni
nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al
raggruppamento. >>.
7.2. Prima della novella del 2012, la giurisprudenza
amministrativa (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 29 settembre 2013, n. 4753;
sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676), per alcuni aspetti corroborata da recenti
pronunce dell’Adunanza plenaria (cfr. 13 giugno 2012, n. 22 e 5 luglio 2012, n.
26 in tema di appalti di servizi), si era consolidata - sulla scorta di una
lettura unitaria della norma sancita dal comma 13 cit. con quella di cui al
comma 4 del medesimo articolo 37, secondo cui: <<4.Nel caso di
forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del
servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici
riuniti o consorziati>> - nell’affermazione dei seguenti
principi, da cui questa Adunanza non intende decampare:
a) corrispondenza sostanziale, già nella fase
dell'offerta, tra le quote di partecipazione all’a.t.i. e le quote di
esecuzione delle prestazioni, costituendo la relativa dichiarazione requisito
di ammissione alla gara, e non contenuto di obbligazione da far valere solo in
sede di esecuzione del contratto;
b) funzione dell’obbligo di corrispondenza fra quote
di partecipazione ed esecuzione ravvisata nelle seguenti esigenze: I)
conoscenza preventiva, da parte della stazione appaltante, del soggetto
incaricato di eseguire le prestazioni e della misura percentuale, al fine di
rendere più spedita l’esecuzione del rapporto individuando ciascun
responsabile; II) agevolare la verifica della competenza dell’esecutore in
relazione alla documentazione di gara; III) prevenire la partecipazione alla
gara di imprese non qualificate;
c) trattandosi di un precetto imperativo che introduce
un requisito di ammissione, quand'anche non esplicitato dalla lex
specialis, la eterointegra ai sensi dell’art. 1339 c.c. sicché la sua
inosservanza determina l'esclusione dalla gara (sulla non necessità, ai sensi
dell’art. 46, co. 1 bis, codice dei contratti pubblici, che la
sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge
allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un
determinato adempimento ai partecipanti ad una gara, cfr. Adunanza plenaria 16
ottobre 2013, n. 23; 7 giugno 2012, n. 21);
d) tale obbligo di dichiarazione in sede di offerta si
impone per tutte le tipologie di a.t.i. (costituite, costituende, verticali,
orizzontali), per tutte le tipologie di prestazioni (scorporabili o unitarie,
principali o secondarie), e per tutti i tipi di appalti (lavori, servizi e
forniture), indipendentemente dall’assoggettamento della gara alla disciplina
comunitaria;
e) poiché l’obbligo di simmetria tra quota di
esecuzione e quota di effettiva partecipazione all’a.t.i. scaturisce e si
impone ex lege, è necessaria e sufficiente, in sede di formulazione
dell’offerta, la dichiarazione delle quote di partecipazione a cui la legge
attribuisce un valore predeterminato che è quello della assunzione dell’impegno
da parte delle imprese di eseguire le prestazioni in misura corrispondente.
7.3. All’interno del su riferito indirizzo
giurisprudenziale si è sviluppato un filone esegetico che ha divisato un
ulteriore necessario parallelismo, in modo congiunto, anche fra quote di
partecipazione, requisiti di qualificazione e quote di esecuzione.
Tale impostazione deve essere respinta perché:
a) in contrasto con il tenore testuale delle
disposizioni del codice dei contratti pubblici (e segnatamente, i commi 4 e 13
dell’articolo 37), che non consentono di avallare una siffatta opzione interpretativa;
b) in contrasto con la sistematica del codice (e del
regolamento attuativo), che disciplina in maniera completa e nella sede propria
il regime della qualificazione delle imprese anche riunite in a.t.i., per i
lavori, mentre affida alla legge di gara ogni determinazione in materia per gli
appalti di servizi e forniture, salvi i limiti sanciti dagli artt. 41 – 45;
c) si rileva, inoltre, che una siffatta opzione (volta
a superare e, di fatto, integrare l’espressa previsione di legge – comma 13
dell’articolo 37 – la quale si limita ad imporre il parallelismo fra le quote
di partecipazione e quelle esecuzione), determinerebbe in molti casi l’effetto
di escludere dalle pubbliche gare raggruppamenti ai cui partecipanti sarebbe
ascritto null’altro se non una sorta di eccesso di qualificazione; l'approccio
in questione si porrebbe in contrasto con i principi del favor partecipationis e
della libertà giuridica di impresa, negando in radice la possibilità per taluni
operatori economici (in particolare quelli maggiormente qualificati), di
individuare in modo autonomo la configurazione organizzativa ottimale per
partecipare alle pubbliche gare.
7.4. Il quadro unitario così faticosamente ricostruito
dalla giurisprudenza, ha subito, successivamente alla novella introdotta dal
d.l. n. 95 del 2012, una frattura che conduce ad una lettura atomistica delle
norme sancite dai più volte richiamati commi 4 e 13 dell’art. 37 codice dei
contratti pubblici.
Deve ritenersi, invero, che:
a) giusta il tenore letterale della nuova disposizione
e la sua finalità di semplificare gli oneri di dichiarazione incombenti sulle
imprese raggruppate che operano nel mercato dei contratti pubblici, l’obbligo
di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di esecuzione sancito dal
più volte menzionato comma 13, sia rimasto circoscritto ai soli appalti di
lavori;
b) per gli appalti di servizi e forniture continua a
trovare applicazione unicamente la norma sancita dal comma 4 dell’art. 37, che
impone alle imprese raggruppate il più modesto obbligo di indicare le parti del
servizio o della fornitura facenti capo a ciascuna di esse, senza pretendere
anche l’obbligo della corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di
esecuzione, fermo restando, però, che ciascuna impresa deve essere qualificata
per la parte di prestazioni che si impegna ad eseguire, nel rispetto delle
speciali prescrizioni e modalità contenute nella legge di gara;
c) rimane inteso, in entrambi i casi, che le norme in
questione continuano ad esprimere un precetto imperativo da rispettarsi a pena
di esclusione e sono dunque capaci di eterointegrare i bandi silenti.
7.5. Una volta ricostruito il compendio delle norme
(anche nella loro evoluzione diacronica), e dei principi costitutivi del micro
ordinamento di settore, è agevole riscontrare che il dovere di corrispondenza
fra quote di partecipazione e quote di esecuzione in capo alle imprese raggruppate,
sancito dall’art. 37, co. 13, cit., non esprime un principio generale del
Trattato e della disciplina dei contratti, segnatamente a tutela del valore
della trasparenza, poiché l’esigenza che soddisfa, pur meritevole di
apprezzamento per scelta della legge, si esaurisce completamente all’interno
della sfera di interessi della stazione appaltante, in funzione di esigenze di
semplice correntezza dell’azione amministrativa, rendendo più agevoli i compiti
di accertamento e controllo da parte del seggio di gara.
Pertanto, all’esito dello scrutinio rigoroso di
indagine basato sull’accertamento della natura dell’interesse presidiato dal
precetto e della sua ampiezza applicativa (retro § 6.5.), non si
può affermare che la ratio essendi di tale norma sia incentrata,
in via immediata e diretta, nella tutela di valori immanenti al sistema dei
contratti pubblici.
Anche la novella introdotta dal d.l. n. 95 del 2012,
pur non applicabile ratione temporis alla fattispecie per cui
è causa, avvalora e rafforza le su esposte conclusioni esegetiche perché
dimostra che il legislatore, nel circoscrivere la portata applicativa
dell’obbligo di corrispondenza fra quote di partecipazione e quote di
esecuzione ai soli appalti di lavori, ha mostrato di ritenerlo una precetto vincolante
non per l’intero settore dei contratti (comprensivo di forniture e servizi), ma
solo per il più ristretto ambito dei lavori pubblici col che facendo venir meno
anche il profilo soggettivo (inteso quale comunanza della regola a tutti gli
appalti), del principio generale, residuando un precetto che se pure è
imperativo rimane confinato ai soli appalti di lavori.
7.6. In conclusione, avuto riguardo alla seconda
questione sottoposta all’Adunanza plenaria, deve enunciarsi il seguente
principio di diritto: <<la norma sancita dall’art. 37, co. 13,
codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), che impone ai
concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell’offerta, l’indicazione
della corrispondenza fra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di
esecuzione delle prestazioni (per i contratti di appalto di lavori, servizi e
forniture fino al 14 agosto 2012 e per i soli contratti di appalto di lavori a
decorrere dal 15 agosto 2012) - pur integrando un precetto imperativo capace di
imporsi anche nel silenzio della legge di gara come requisito di ammissione
dell’offerta a pena di esclusione - non esprime un principio generale
desumibile dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea ovvero dalla
disciplina dei contratti pubblici di appalto e come tale, a mente dell’art. 30,
co. 3, del medesimo codice, non può trovare applicazione ad una selezione per
la scelta del concessionario di un pubblico servizio>>.
8. L’ESAME DEI PRIMI DUE MOTIVI DEL RICORSO
PRINCIPALE DI PRIMO GRADO PROPOSTO DALLA DITTA PESSINA.
Alla luce dell’acclarata natura giuridica della
procedura contestata, dell’ambito applicativo della norma sancita dall’art. 37,
co.13, codice dei contratti pubblici (non estensibile alle concessioni di
servizio pubblico), e della omessa impugnativa della lex specialis da
parte della ditta Pessina, emerge l’infondatezza, in fatto e diritto, dei primi
due motivi del ricorso principale di primo grado (retro § 2.2.).
8.1. In fatto è sufficiente osservare che la lex
specialis, certamente non impugnata in parte qua, ha
previsto un compendio di regole (fra l’altro, in tema di partecipazione alle
a.t.i. in gara di cooperative di abitazione e loro consorzi, di corrispondenza
di quote - di partecipazione, esecuzione e qualificazione – di possesso e
accertamento dei requisiti tecnici e di qualificazione), del tutto
incompatibile con quelle prese a presupposto della tesi di Pessina; ne discende
in particolare, anche alla luce delle ulteriori risultanze istruttorie
acquisite in atti:
a) l’incontestabilità della scelta
dell’amministrazione di far partecipare, in sede di gara, cooperative di
abitazione (e loro consorzi) senza attribuire loro quote di esecuzione di
lavori, nonché la logicità di tale scelta posto che tali soggetti hanno il
compito di gestire la delicata fase della assegnazione degli alloggi, e dei
conseguenti adempimenti (ovvero la locazione e vendita dei medesimi alloggi);
b) l’insussistenza della violazione dell’obbligo, da
parte del consorzio A.I.C., di indicazione della consorziata, ex art. 34, co.
1, lett. b) e c) del codice dei contratti pubblici, in quanto quest’ultima
disposizione si riferisce alle cooperative di produzione e lavoro (mentre
A.I.C. è un Consorzio di cooperative di abitazione);
c) la prova del possesso, da parte delle imprese
incaricate della esecuzione dei lavori nell’ambito dell’At.i. Stile, dei
requisiti minimi di capacità tecnica, di qualificazione e di certificazione di
qualità imposti dalla legge di gara.
8.2. Le doglianze della ditta Pessina sono altresì inaccoglibili
in diritto, per tutte le ragioni illustrate nei precedenti §§ 6 e 7 , in quanto
muovono dai seguenti erronei presupposti:
a) che la procedura selettiva per cui è causa sia
qualificabile in termini sostanziali di appalto di lavori, perché, esaminando
l’oggetto del rapporto, spiccherebbe la prevalenza delle prestazioni
costruttive; al contrario, si è in presenza di una concessione di servizio
pubblico locale, alla luce dei dati sia qualitativi che quantitativi sopra
esposti;
b) che esista un principio di necessaria
corrispondenza, in tema di a.t.i., fra quote di partecipazione, quote di
esecuzione e quote di qualificazione in materia di appalti pubblici di lavori,
servizi e forniture, mentre, al contrario, la corrispondenza corre solo fra
quote di partecipazione e quote di esecuzione (e solo per gli appalti di lavori
a decorrere dal 15 agosto 2012);
c) che la norma sancita dall’art. 37, co. 13, nella
parte in cui impone, in tema di a.t.i., la corrispondenza fra quote di
partecipazione e quote di esecuzione, esprima un principio generale in materia
di trasparenza e, in quanto tale, sia applicabile ai sensi degli artt. 27, co.
1, e 30, co. 3, codice dei contratti pubblici, ai contratti esclusi ed alle
concessioni di servizi pubblici; al contrario, tale norma esprime un precetto
imperativo limitato ai soli appalti.
9. L’INCIDENZA DELLE STATUIZIONI DELL’ADUNANZA
PLENARIA SUGLI APPELLI IN TRATTAZIONE.
In conclusione:
a) la corretta applicazione, da parte dell’impugnata
sentenza, dei principi in tema di rapporti fra ricorso principale e ricorso
incidentale conduce alla reiezione del primo motivo di appello dell’A.t.i.
Stile (nei limiti precisati retro al § 5.8.);
b) l’assodata infondatezza dei primi due motivi del
ricorso principale di primo grado della ditta Pessina, conduce all’accoglimento
integrale dell’appello proposto dal comune di Roma e del secondo motivo
dell’appello dell’A.t.i. Stile;
c) l’Adunanza plenaria restituisce gli atti alla V
Sezione del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99, commi 1, ultimo periodo,
e 4, c.p.a., affinché si pronunci sui restanti motivi (dal III° al VII°),
dell’originario ricorso principale, sui motivi aggiunti e sulla domanda di
risarcimento del danno proposti in primo grado dalla ditta Pessina, nonché (ed
eventualmente) sul ricorso incidentale proposto dall’A.t.i. Stile.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti come
in epigrafe proposti:
a) accoglie in toto l’appello
proposto da Roma Capitale (già Comune di Roma), ed in parte quello proposto
dall’A.t.i. Stile, e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza,
respinge i primi due motivi del ricorso di primo grado proposto dalla ditta
Pessina;
b) formula i principi di diritto di cui in
motivazione;
c) restituisce gli atti alla V Sezione del Consiglio
di Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito, nel merito nonché sulle spese
del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 20 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giovannini, Presidente
Riccardo Virgilio, Presidente
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Stefano Baccarini, Presidente
Alessandro Pajno, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
IL PRESIDENTE
|
||
L'ESTENSORE
|
IL SEGRETARIO
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/01/2014
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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