ADUNANZE PLENARIE & APPALTI:
ancora una Plenaria sul ricorso incidentale
(Ad. Plen., sentenza 25 febbraio 2014 n. 9).
E' uscita ieri... Ed ha enunciato ben nove principi di diritto!
Principi di diritto enunciati
1. “L’art. 4, co. 2, lett. d), nn. 1 e
2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 - Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti
per l'economia - che ha aggiunto l'inciso <<Tassatività delle cause di
esclusione>> nella rubrica dell'articolo 46, del codice dei contratti
pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), e nel corpo dello stesso ha inserito
il comma 1-bis - non costituisce una norma di interpretazione autentica e,
pertanto, non ha effetti retroattivi e trova esclusiva applicazione alle
procedure di gara i cui bandi o avvisi siano pubblicati (nonché alle procedure
senza bandi o avvisi, i cui inviti siano inviati), successivamente al 14 maggio
2011, data di entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011”;
2. “il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito
dall’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006,
n. 163), si applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal medesimo
codice”;
3. “sono legittime ai sensi dell’art. 46, co.
1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), le
clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione,
anche se di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati
dal medesimo comma, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti
pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali”;
4. “nelle procedure di gara
disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di soccorso” sancito
dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) -
sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare
certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma
solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere
chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di
clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti - non consente
la produzione tardiva del documento o della dichiarazione mancante o la
sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di
esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione e
dalle leggi statali”;
5. “nelle procedure di gara non disciplinate dal codice dei
contratti pubblici, il “potere di soccorso” sancito dall’art. 6, co. 1, lett.
b), l. 7 agosto 1990, n. 241, costituisce parametro per lo scrutinio della
legittimità della legge di gara che, in assenza di una corrispondente
previsione normativa, stabilisca la sanzione della esclusione;
conseguentemente, è illegittima - per violazione dell’art. 6, co. 1, lett. b),
l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché sotto il profilo della manifesta sproporzione
- la clausola della legge di gara che disciplina una procedura diversa da quelle
di massa, nella parte in cui commina la sanzione della esclusione per
l’inosservanza di una prescrizione meramente formale”;
6. “il giudice ha il dovere di
decidere la controversia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76, co.
4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., secondo l’ordine logico che, di regola, pone la
priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di
merito e, fra le prime, la priorità dell’accertamento della ricorrenza dei
presupposti processuali rispetto alle condizioni dell’azione”;
7. “nel giudizio di primo grado
avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato prioritariamente
rispetto al ricorso principale il ricorso incidentale escludente che sollevi
un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non
aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o che
vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso ovvero che avrebbe dovuto
essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione; tuttavia,
l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia
processuale, qualora risulti manifestamente infondato, inammissibile,
irricevibile o improcedibile”;
8. “nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara,
il ricorso incidentale non va esaminato prima del ricorso principale
allorquando non presenti carattere escludente; tale evenienza si verifica se il
ricorso incidentale censuri valutazioni ed operazioni di gara svolte
dall’amministrazione nel presupposto della regolare partecipazione alla procedura
del ricorrente principale”;
9. “nel giudizio di primo grado
avente ad oggetto procedure di gara, sussiste la legittimazione del ricorrente
in via principale - estromesso per atto dell’Amministrazione ovvero nel corso
del giudizio, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale - ad
impugnare l’aggiudicazione disposta a favore del solo concorrente rimasto in
gara, esclusivamente quando le due offerte siano affette da vizio afferente la
medesima fase procedimentale come precisato in motivazione”.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di
registro generale 23 di A.P. del 2013, proposto dalla società Palumbo s.p.a.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dagli avvocati Francesco Migliarotti e Luciano Filippo Bracci, con
domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via del Teatro Valle n. 6;
contro
Autorità portuale di
Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma,
via dei Portoghesi n. 12;
nei confronti di
Nuova Meccanica Navale
s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata
e difesa dagli avvocati Enrico Soprano e Franco Gaetano Scoca, con domicilio
eletto presso quest’ultimo in Roma, via Giovanni Paisiello n. 55;
per la riforma
della sentenza del
T.a.r. della Campania – Napoli - Sezione VII, n. 1888 del 23 aprile 2012.
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio dell’Autorità portuale di Napoli e della Nuova
Meccanica Navale s.r.l.;
Viste le memorie
difensive depositate dalle parti prima davanti alla VI Sezione del Consiglio di
Stato e successivamente in vista della udienza pubblica celebrata innanzi
all’Adunanza plenaria;
Visti tutti gli atti
della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 20 novembre 2013 il consigliere Vito Poli e uditi per le
parti gli avvocati Bracci, Scoca, e Soprano;
Ritenuto e considerato
in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. LA PROCEDURA
OGGETTO DEL PRESENTE GIUDIZIO.
1.1. Oggetto del
presente giudizio è la procedura competitiva, indetta dall’Autorità portuale di
Napoli, per l’assegnazione della concessione di uno specchio d’acqua nel porto
di Napoli per l’ormeggio di un bacino galleggiante di proprietà privata
destinato allo svolgimento di attività di riparazione navale (cfr. avviso di
gara del 26 gennaio 2011).
1.2. Alla gara hanno
partecipato due società: la Nuova Meccanica Navale s.r.l. (in prosieguo ditta
Navale) e la società Palumbo s.p.a.
1.3. La ditta Palumbo,
aggiudicataria provvisoria in quanto collocatasi al primo posto della
graduatoria, è stata esclusa per non aver accluso nelle buste B e C la
fotocopia di un valido documento di identità del proprio legale rappresentante,
in violazione della legge di gara nella parte in cui ha imposto che <<l’offerta
tecnica dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante del concorrente o
da suo procuratore (in tal caso deve essere allegata la relativa procura) e
dovrà essere corredata da fotocopia d un valido documento di identità a pena di
esclusione>> (cfr. art. 5, sezione busta B, ultimo periodo,
sezione busta C, n. 4).
1.4. Giova sin da ora
precisare che:
a) la legge di gara non
ha mai fatto riferimento esplicito o rinvio formale al codice dei contratti
pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), pur avendo nella sostanza riprodotto
alcune disposizioni del medesimo;
b) in base alla lettera
delle disposizioni della legge di gara contenute negli artt. 3 –Requisiti di
ordine generale per la partecipazione alla procedura – e 5 – Modalità di
presentazione della domanda di concessione - al direttore tecnico non
era imposto, a pena di esclusione, di corredare la dichiarazione di possesso
dei vari requisiti generali con una fotocopia del documento di identità.
1.5. La concessione è
stata conseguentemente assegnata alla ditta Navale unica concorrente rimasta in
gara (cfr. delibera presidenziale n. 390 dell’8 luglio 2011 recante anche il
provvedimento formale di esclusione della ditta Palumbo).
2. IL GIUDIZIO
DI PRIMO GRADO.
2.1. La ditta Palumbo ha
impugnato dinanzi al T.a.r. della Campania - con ricorso principale allibrato
al nrg. 4596/2011 sostenuto da due atti di motivi aggiunti – i seguenti
provvedimenti:
a) l’aggiudicazione
della concessione in favore della ditta Navale;
b) la propria esclusione
dalla gara;
c) tutti gli atti della
procedura inclusa la legge di gara nella parte in cui ha previsto che le
offerte tecniche ed economiche dovevano essere corredate, a pena di esclusione,
da una fotocopia del documento d’identità del legale rappresentante
dell’impresa;
d) la mancata esclusione
della ditta vincitrice per non aver corredato la dichiarazione del direttore
tecnico, attestante il possesso dei requisiti generali, di una fotocopia del
documento di identità.
2.2. Radicatosi il
contraddittorio con l’Autorità portuale e la ditta Navale, quest’ultima ha
proposto ricorso incidentale sostenendo che la ditta Palumbo avrebbe dovuto
essere esclusa dalla procedura per ragioni ulteriori rispetto a quelle
individuate dall’amministrazione concedente.
2.3. L’impugnata
sentenza - T.a.r. della Campania – Napoli - Sezione VII, n. 1888 del 23 aprile
2012 - in dichiarata adesione ai principi formulati dall’Adunanza plenaria 7
aprile 2011, n. 4:
a) ha respinto il
ricorso principale proposto dalla ditta Palumbo; in particolare ha disatteso la
domanda di annullamento delle clausole escludenti contenute nella legge di gara
e del provvedimento di esclusione, ritenendo che la produzione della fotocopia
del documento di identità del legale rappresentante dell’impresa costituisca
elemento centrale della stessa dichiarazione di volontà;
b) ha dichiarato
inammissibili, per difetto di legittimazione al ricorso, tutte le rimanenti
censure sviluppate dalla ditta Palumbo avverso gli atti di gara e il
provvedimento di assegnazione, incluse quelle finalizzate alla caducazione
della scelta dell’Amministrazione di indire la gara per cui è causa (in
particolare, incompetenza del presidente dell’Autorità portuale e violazione
degli artt. 36 del codice della navigazione e 18 del regolamento di
esecuzione);
c) ha respinto la
domanda di risarcimento del danno;
d) ha dichiarato
inammissibile il ricorso incidentale della ditta Navale;
e) ha condannato la
parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite.
3. IL GIUDIZIO
DI APPELLO DAVANTI ALLA VI SEZIONE DEL CONSIGLIO DI STATO.
3.1. Con ricorso
ritualmente notificato e depositato – allibrato al nrg. 4939/2012 – la ditta
Palumbo ha interposto appello principale.
A) Con il primo mezzo ha
dedotto, sotto diversi profili, l’illegittimità del bando nella parte in cui ha
previsto, a pena di esclusione, l’allegazione del documento di identità del
titolare dell’impresa all’offerta economica e all’offerta tecnica; la relativa
clausola sarebbe affetta da violazione di legge, in relazione all’art. 38 del
d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa), all’art. 46, co.
1-bis del codice dei contratti pubblici e all’art. 23 della Costituzione; si
evidenzia che l’art. 38 del d.P.R. n. 445 del 2000 prevede espressamente
l’obbligo di allegare la fotocopia del documento di identità solo con
riferimento alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà e non anche con
riferimento alle dichiarazioni di natura negoziale, quali sarebbero, appunto,
l’offerta economica e l’offerta tecnica, pertanto, l’introduzione da parte del
bando di tale obbligo di allegazione si tradurrebbe nella “imposizione” ai
soggetti che partecipano alla gara di una “prestazione” di allegazione che, in
assenza di una base legale, si porrebbe in contrasto con l’art. 23 della
Costituzione e con il principio di tassatività delle cause di esclusione
sancito dall’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici (introdotto
dall’art. 4, co. 2, lett. d), n. 2, d. l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con
modificazioni dalla l. 12 luglio 2011, n. 106); sotto questo profilo viene
criticata la sentenza del T.a.r. che ha, invece, ritenuto che la mancata
allegazione della fotocopia di un valido documento d’identità riguardante le
generalità del sottoscrittore concreti proprio la fattispecie prevista dalla
novella normativa innanzi citata, integrando un'ipotesi di <<incertezza
assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di
sottoscrizione o di altri elementi essenziali>>.
B) Con il secondo mezzo
ha lamentato l’omessa pronuncia in relazione al motivo di primo grado
incentrato sull’eccesso di potere per disparità di trattamento; il presidente
dell’Autorità portuale, pur avendo avuto contezza dai verbali che anche la
società Navale non aveva allegato alla dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163
del 2006 del proprio direttore tecnico la copia fotostatica del relativo
documento di identità, ha chiesto all’Avvocatura dello Stato un parere con
riferimento alla sola eventuale esclusione della società Palumbo; inoltre, le
stesse ragioni che avevano indotto l’Amministrazione a chiedere il parere
dell’Avvocatura dello Stato, riguardavano anche la società Navale, atteso che
pure essa, come la ricorrente, non aveva allegato la fotocopia del documento di
identità.
C) con il terzo mezzo è
stata dedotta la violazione del principio della parità delle parti nel processo
amministrativo in considerazione del fatto che il T.a.r., dopo aver respinto,
ritenendoli infondati, i motivi di ricorso con i quali la società Palumbo
contestava la sua esclusione dalla gara, ha dichiarato inammissibili - per
difetto di legittimazione - le ulteriori doglianze (proposte sia nel ricorso
principale che nei motivi aggiunti) contro il provvedimento di aggiudicazione
definitiva a favore della società contro interessata; pur dovendosi dare atto
che le conclusioni cui è pervenuta la sentenza appellata appaiono in linea con
i principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2011, si auspica una
riconsiderazione di tale indirizzo o, comunque, una applicazione restrittiva,
ai soli casi in cui il soggetto concorrente è privo di qualsiasi situazione
giuridica per la radicale mancanza dei requisiti costitutivi per la
partecipazione alla gara e non anche, invece, al caso, come quello oggetto del
presente giudizio, in cui il ricorso sia proposto da un soggetto che, in
conseguenza dell’aggiudicazione provvisoria, ha già acquisito una sua posizione
differenziata di interesse legittimo; in tal caso, i principi espressi
dell’Adunanza plenaria n. 4 del 2011 non potrebbero trovare applicazione,
traducendosi altrimenti in una ipotesi di denegata potestas judicandi del
giudice amministrativo sull’atto lesivo dell’interesse legittimo già
riconosciuto con il provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
D) Auspicandosi, quindi,
la rivisitazione o la mancata applicazione al caso di specie dei principi
affermati dall’Adunanza plenaria n. 4 del 2011, la società Palumbo ha riproposto
i motivi dichiarati inammissibili in primo grado per difetto di legittimazione
e, in particolare, il motivo diretto a dedurre che la società Navale avrebbe
dovuto essere esclusa dalla gara in quanto il direttore tecnico, nel rendere la
dichiarazione ai sensi dell’art. 38, m-ter), del codice dei
contratti pubblici, non ha allegato la copia fotostatica del documento di
identità; ciò in quanto la dichiarazione di cui alla lettera m-ter)
dell’art. 38, cit. (disposizione, si badi, riprodotta nella sostanza nella
clausola m-ter) a pag. 8 dell’avviso), doveva essere resa nelle
forme della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e, quindi,
presentata unitamente a copia fotostatica del documento di identità.
3.2. Si sono costituite
in giudizio l’Autorità Portuale e la ditta Navale eccependo l’infondatezza del
gravame in fatto e diritto.
3.3. La ditta Navale ha
proposto rituale appello incidentale reiterando le doglianze poste a sostegno
dell’originario ricorso incidentale di primo grado dichiarato inammissibile dal
T.a.r.
3.4. Con ordinanza n.
3017 del 1 agosto 2012 è stata respinta l’istanza di sospensione degli effetti
dell’impugnata sentenza.
4. L’ORDINANZA
DI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL’ADUNANZA PLENARIA.
Con ordinanza n. 2681
del 17 maggio 2013, la VI Sezione del Consiglio di Stato, dopo aver disegnato
un affresco, in chiave storica e sistematica, degli istituti giuridici
applicabili nella presente vicenda contenziosa, ha sottoposto all’Adunanza
plenaria le seguenti quattro questioni.
4.1. Se, ed
eventualmente in che misura, nel regime anteriore all’entrata in vigore
dell’art. 4, co. 2, lett. d), nn. 1 e 2, d.l. n. 70 del 2011 - Semestre Europeo
- Prime disposizioni urgenti per l'economia - che ha aggiunto l'inciso
<<Tassatività delle cause di esclusione>> nella rubrica
dell'articolo 46 del codice dei contratti pubblici e nel corpo dello stesso ha
inserito il comma 1-bis, ai sensi del quale <<La stazione appaltante
esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle
prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre
disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul
contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di
altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente
l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla
chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che
sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le
lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di
esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle.>> - possa già
ritenersi vigente un principio di tassatività delle cause di esclusione dalle
gare per l’affidamento di contratti pubblici.
Si sostiene che la norma
sancita dal riportato comma 1 bis abbia una natura non innovativa ma
interpretativa e dunque produca effetti naturalmente retroattivi.
4.2. Se debbano
ritenersi illegittime, per la violazione dei principi di tassatività, del
dovere del soccorso istruttorio e di proporzionalità, le clausole che
impongono, a pena di esclusione, adempimenti documentali o formali privi di una
base normativa espressa.
Si propone una lettura
del comma 1-bis dell’art. 46 cit., non atomistica ma congiunta alla norma
sancita dal primo comma del medesimo articolo, secondo cui<<Nei limiti
previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se
necessario, i concorrenti a completare o fornire chiarimenti in ordine al
contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati>>; le
due norme sarebbero il diretto precipitato di un istituto di carattere generale
– di cui costituirebbe espressione, in relazione alla disciplina generale del procedimento
amministrativo, l’art. 6, co.1, lett. b), l. n. 241 del 1990 secondo cui <<Il
responsabile del procedimento…..accerta d’ufficio i fatti….adotta ogni misura
per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può
chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze
erronee o incomplete…>> - che nel settore delle gare pubbliche
soddisfa la primaria esigenza di consentire la massima partecipazione alla
selezione orientando l’Amministrazione alla concreta verifica dei requisiti di
partecipazione e delle capacità dei concorrenti, correggendo l’eccessivo rigore
delle forme insito nella logica “della caccia all’errore”; tale esegesi,
inoltre, si muoverebbe secondo l’autentico Zeitgeist improntato
a ridurre il peso degli oneri formali gravanti sui cittadini e le imprese ed a
riconoscere giuridico rilievo all’inosservanza di regole procedurali o formali
solo in quanto siffatta inosservanza impedisce il conseguimento del risultato
verso cui l’azione amministrativa è diretta, atteso che la gara deve guardare
alla qualità della dichiarazione piuttosto che all’esclusiva correttezza della
sua esternazione.
4.3. Se, ed in
che misura, ove si dovesse al contrario concludere per la validità di dette
clausole “atipiche” di esclusione, sia comunque onere per la stazione
appaltante, alla luce del generale principio del soccorso istruttorio di cui
all’art. 46, co. 1, codice dei contratti pubblici, invitare il concorrente,
prima di disporne l’esclusione, ad una “regolarizzazione” documentale,
consentendogli l’eventuale produzione tardiva del documento o della
dichiarazione mancante o la regolarizzazione della forma omessa, nei casi in
cui l’omissione formale o documentale non incida sulla sussistenza dei
requisiti di partecipazione e sulla capacità tecnica ed economica del
concorrente.
Si suggerisce di
superare il tradizionale orientamento di questo Consiglio - autentico diritto
vivente improntato ad una esegesi ed applicazione rigorosa del potere di
soccorso – in favore del più recente minoritario indirizzo sviluppatosi nei
T.a.r., che valorizza invece il potere di regolarizzazione come strumento di
correzione dell’eccessivo rigore delle forme, donde la tendenza a privilegiare,
proprio attraverso l’invito alla regolarizzazione, il dato sostanziale su
quello meramente formale in tutti in casi in cui non sia in discussione la
sussistenza dei requisiti di partecipazione e la capacità tecnica ed economica
dell’impresa; si ammette, pertanto, che la mera previsione (di adempimento cartolare),
inserita nella lex specialis a pena di esclusione, non
varrebbe di per sé ad esonerare la stazione appaltante dall’onere del soccorso
istruttorio, almeno in tutti i casi in cui i vizi di ordine formale che
inficiano la dichiarazione del concorrente non siano tali da pregiudicare,
sotto il profilo sostanziale, il conseguimento del risultato verso il quale
l’azione amministrativa è diretta; la richiesta di regolarizzazione
documentale, privilegiando l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione
dei concorrenti, in tutti i casi in cui i motivi di ordine formale non alterino
la parità di condizioni tra gli stessi concorrenti e la carenza formale, non
impedirebbe il raggiungimento del risultato avuto di mira.
4.4. Se sussiste
o meno la legittimazione del soggetto escluso dalla gara per atto
dell’Amministrazione (ovvero nel corso del giudizio, a seguito
dell’accoglimento del ricorso incidentale), ad impugnare l’aggiudicazione
disposta a favore del solo concorrente rimasto in gara, al fine di dimostrare
che anche questo (ed eventualmente gli altri concorrenti non vincitori ma
utilmente graduati), doveva essere escluso dalla gara e soddisfare in tal modo
l’interesse strumentale alla eventuale ripetizione della procedura.
La Sezione VI sollecita
un revirement dell’Adunanza plenaria rispetto alle
acquisizioni dommatiche elaborate dalla sentenza n. 4 del 2011.
A tal fine:
a) ha riproposto gli
argomenti spesi dalla precedente sentenza dell’Adunanza plenaria 10 novembre
2008, n. 11, basati sul presupposto che non esisterebbe un preciso ordine
logico da seguire nell’esame delle questioni, così che il giudice
amministrativo potrebbe definire, sulla base del principio di economia
processuale o di altri principî, come il principio di parità delle parti, quali
questioni esaminare per prime; in casi particolari, come quello del rapporto
tra il ricorso principale e il ricorso incidentale proposto dalle uniche due
imprese partecipanti a una gara d’appalto, ciò consentirebbe, proprio sulla
base dell’asserita applicazione del principio di parità delle parti, di
esaminare entrambi i ricorsi, in modo da non condizionare l’esito della lite
alla scelta della questione da decidere per prima e da tutelare l’interesse
strumentale di ciascuna impresa al rinnovamento dell’intera procedura di gara;
b) ha richiamato il
recente arresto delle Sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza del 21
giugno 2012 n. 10294) che in un obiter dictum - pur rilevando
che l’ordine di esame fra ricorso principale ed incidentale non attiene ad una
questione di giurisdizione ai fini dell’art. 111. u.c., Cost. – ha affermato
che il principio di diritto enunciato dalla sentenza della Adunanza plenaria n.
4 del 2011 suscita <<indubbiamente delle perplessità che lasciano
ancor più insoddisfatti ove si aggiunga che l’aggiudicazione può dare vita ad
una posizione preferenziale soltanto se acquisita in modo legittimo e che la
realizzazione dell’opera non rappresenta in ogni caso l’aspirazione
dell'ordinamento (v. artt 121/23 cod. proc. amm.), che in questa materia
richiede un’attenzione e un controllo ancora più pregnanti al fine di evitare
distorsioni della concorrenza e del mercato>>;
c) ha evidenziato la
necessità di tenere conto dell’esito del giudizio pendente presso la Corte di
giustizia dell’Unione europea chiamata dal T.a.r. del Piemonte a stabilire, in
sede di rinvio pregiudiziale interpretativo ai sensi dell’art. 267 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea (FUE), se il principio della necessaria
priorità di analisi del ricorso incidentale rispetto a quello principale sia in
contrasto con le norme europee e, in particolare, con i principi di parità
delle parti e non discriminazione di cui alla direttiva n. 89/665/CEE del 21
dicembre 1989.
A tal proposito, giova
rilevare fin da ora che, successivamente al deposito dell’ordinanza di
rimessione dell’affare a questa Adunanza plenaria (in data 17 maggio 2013), la
Corte di giustizia si è pronunciata sul quesito interpretativo (cfr. sentenza
Sez. X, 4 luglio 2013, C-100/12 Fastweb).
5. L’IRRETROATTIVITA’
DEL PRINCIPIO DI TASSATIVITA’ DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE DALLE GARE PER
L’AFFIDAMENTO DI APPALTI PUBBLICI.
5.1. Anticipando le
conclusioni che saranno motivate in prosieguo (infra §§ 6 e 7), si evidenzia
che il principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare per
l’affidamento di contratti pubblici è stato introdotto dall’art. 4, co. 2,
lett. d), nn. 1 e 2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 - Semestre Europeo - Prime
disposizioni urgenti per l'economia – convertito con modificazioni dalla l. 12
luglio 2011, n. 106 - e che precedentemente vigeva (e tutt’ora vige per le
procedure competitive diverse da quelle disciplinate dal codice dei contratti
pubblici), una regola opposta improntata all’atipicità delle cause di
esclusione.
5.2. Sulla specifica
questione concernente la retroattività del principio e della disposizione che
lo ha introdotto nell’ordinamento giuridico, l’Adunanza plenaria osserva che
non può essere condivisa la soluzione prospettata dalla Sezione rimettente, in
quanto la norma in esame non ha natura di interpretazione autentica.
5.3. Una siffatta
conclusione si impone perché non si rinviene alcuno degli indici rivelatori di
tale peculiare categoria di norme, elaborati dalla consolidata giurisprudenza
costituzionale, europea ed amministrativa (cfr., da ultimo e fra le tante,
Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati; Corte
cost., 11 giugno 2010, n. 209; 6 dicembre 2004, n. 376; Cons. St., Ad. plen.,
24 maggio 2011, n. 9).
In particolare:
a) manca il presupposto
dell’incertezza applicativa della norma antecedente quella asseritamente di
interpretazione autentica; addirittura, nel particolare caso di specie, non
solo non si rinviene la presenza di alcuna situazione di incertezza
presupposta, ma si registra, al contrario, la presenza di un principio generale
consolidato in senso diametralmente opposto;
b) neppure si riscontra
l’effetto tipico insito in tutte le norme di interpretazione autentica, ovvero
l’incidere su rapporti pendenti; sul punto è dirimente l’art. 4, co. 3, d.l. n.
70 del 2011, secondo cui <<3. Le disposizioni di cui al comma 2,
lettere b), d), e-bis), i-bis), i-ter), l), dd) e ll), numero 1-bis) si
applicano alle procedure i cui bandi o avvisi con i quali si indice una gara
sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente
decreto-legge, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o
avvisi, alle procedure in cui, alla data di entrata in vigore del presente
decreto-legge, non sono ancora stati inviati gli inviti a presentare le
offerte>>; dunque, la stessa fonte che ha introdotto il principio di
tassatività, ha avuto cura di dettare una disposizione transitoria improntata
al principio generalissimo tempus regit actum che esclude in
radice ogni possibilità di applicazione del principio alle procedure in corso
alla data della sua entrata in vigore (14 maggio 2011);
c) difetta, inoltre,
anche il (pur non vincolante per l’interprete) requisito formale dato dalla
auto qualificazione della norma come di interpretazione autentica.
5.4. In conclusione,
avuto riguardo alla prima questione sottoposta all’adunanza plenaria, deve
enunciarsi il seguente principio di diritto: <<l’art. 4, co. 2,
lett. d), nn. 1 e 2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 - Semestre Europeo - Prime
disposizioni urgenti per l'economia - che ha aggiunto l'inciso
<<Tassatività delle cause di esclusione>> nella rubrica
dell'articolo 46, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n.
163), e nel corpo dello stesso ha inserito il comma 1-bis - non costituisce una
norma di interpretazione autentica e, pertanto, non ha effetti retroattivi e
trova esclusiva applicazione alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano
pubblicati (nonché alle procedure senza bandi o avvisi, i cui inviti siano
inviati), successivamente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del d.l.
n. 70 del 2011>>.
6. IL PRINCIPIO
DI TASSATIVITA’ DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE DALLE PROCEDURE SELETTIVE.
6.1. Prima
dell’introduzione nell’ordinamento dei contratti pubblici del principio di
tassatività delle cause di esclusione, non si è mai dubitato dell’ampia facoltà
intestata all’Amministrazione di individuare, nel rispetto della legge, il
contenuto della disciplina delle procedure selettive (c.d. lex
specialis della gara), quale ne fosse l’oggetto: reclutamenti di
personale, contratti attivi e passivi, affidamento di beni e risorse pubbliche
(cfr., da ultimo, Ad. plen., 25 febbraio 2013, n. 5, che ha generalizzato
l’obbligo della gara per l’assegnazione a privati di beni o risorse pubbliche,
con la conseguente applicazione di una serie di ricevuti principi, anche di
derivazione comunitaria, fra cui quelli della trasparenza, della par
condicio, della non discriminazione).
A tanto si è giunti per
consentire la miglior tutela degli speciali interessi pubblici affidati alla
cura dell’Amministrazione di settore, garantendo la duttilità dell’esercizio
della funzione pubblica in relazione al caso concreto, in vista del
perseguimento dei migliori livelli di legalità, trasparenza ed al contempo di efficienza,
efficacia ed economicità dell’azione amministrativa (valori compendiati nei
principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost.).
Coerentemente, il
sindacato esercitabile dal giudice amministrativo sulle scelte compiute in sede
di predisposizione del bando è stato conformato - in ossequio al principio
costituzionale della separazione dei poteri e della riserva di amministrazione
nonché dell’assenza, in parte qua, di norme attributive di giurisdizione
di merito (arg. ex art. 134 c.p.a.) – ai parametri del controllo estrinseco,
nei limiti della rilevabilità ictu oculi del vizio, evitando
di sostituire il giudizio del giudice a quello dell’Amministrazione in ordine
alle valutazioni che si mantengono nell’ambito dell’opinabilità (tecnica) e
della opportunità (amministrativa); in questa prospettiva le scelte
discrezionali (sia amministrative che tecniche), delle amministrazioni sono
state filtrate attraverso il prisma dell’eccesso di potere e delle sue figure
sintomatiche di sviamento dalla causa tipica: abnormità, manifesta
sproporzione, irragionevolezza, travisamento dei fatti (cfr., da ultimo,
nell’ambito di consolidati principi che questa Adunanza condivide, Corte giust.
UE, Sez. II, 24 gennaio 2013, G-73/11; Corte cost., 8 giugno 2011, n. 175;
Cass., Sez. un., 20 gennaio 2014, n. 1013; 8 marzo 2012, n. 3662; 9 novembre
2011, n. 23302; Cons. St., Sez. VI, 14 agosto 2013, n. 4174; Sez. V, 22 marzo
2012, n. 1640).
6.1.1. Tali principi
sono stati similmente declinati anche nell’ambito specifico delle gare per
l’affidamento di contratti di appalto, dove è stata maggiore l’influenza delle
norme e dei principi europei nonché della giurisprudenza della Corte di
giustizia (cfr. Corte giust. CE, Sez. IV, 19 maggio 2009, C-538/07; grande
sezione, 16 dicembre 2008, C-213/07):
a) è stata ribadita la
facoltà, per la stazione appaltante, di individuare requisiti sostanziali (di
carattere generale o speciale), o adempimenti formali, più rigorosi rispetto
agli standard europei, fermo il rispetto delle norme di legge (si pensi, a mo di
esempio, alla norma sancita dall’art. 13, co. 15, l. n. 180 del 2011, a tenore
della quale è fatto divieto all’Amministrazione di richiedere alle imprese che
concorrono alle procedure requisiti finanziari sproporzionati rispetto al
valore dei beni e dei servizi oggetto dei contratti), e dei principi che
governano la materia (non discriminazione, proporzionalità, effettività);
b) è stato evidenziato
che il punto di equilibrio tra discrezionalità della stazione appaltante e
rispetto dei principi è di estrema delicatezza e richiede accertamenti caso per
caso.
6.1.2. A cagione della
straordinaria importanza che ha assunto il mercato degli appalti pubblici di
lavori, servizi e forniture, nell’economia di ciascuno Stato membro e
dell’Unione europea nel suo complesso, sono state elaborate, nel tempo, una
serie sempre più articolata e complessa di regole costitutive di un corpusnormativo
autonomo.
In quest’ambito, per
soddisfare le esigenze della massima certezza e stabilità del quadro
regolatorio a sostegno delle imprese e del mercato, per porre un freno al
dilagante fenomeno dei c.d. “bandi fotografia”, e per accelerare la definizione
delle procedure (e dei processi) in materia di appalti, il legislatore italiano
è intervenuto nel 2011 operando su tre fonti:
a) è stato introdotto,
unicamente in questo settore, il principio di tassatività delle cause di
esclusione;
b) sono stati previsti i
c.d. “bandi tipo” da cui le amministrazioni possono discostarsi solo con
adeguata motivazione;
c) è stato ampliato
l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive.
La novità più
significativa è stata senza dubbio quella relativa alla tassatività delle
clausole di esclusione il cui esame approfondito consentirà di rispondere al
correlato quesito sottoposto all’Adunanza plenaria.
6.1.3. Si riporta per
comodità di lettura l’art. 46 del codice dei contratti pubblici –Documenti e
informazioni complementari – Tassatività delle clausole di esclusione -
quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, co. 2, lett. d), d.l. n.
70 del 2011: <<1. Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le
stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a
fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e
dichiarazioni presentati. 1-bis. La stazione appaltante esclude i candidati o i
concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal
presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti,
nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta,
per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di
non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o
altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere,
secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di
segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere
ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque
nulle.>>.
6.1.4. La disposizione
sancita dal comma 1-bis è chiaramente ispirata ai principi di
massima partecipazione alle gare e del divieto di aggravio del procedimento e
mira a correggere quelle soluzioni, diffuse nella prassi (amministrativa e
forense), che sfociavano in esclusioni anche per violazioni puramente formali.
Sotto il profilo
strettamente lessicale è appena il caso di evidenziare che la formula prescelta
dalla legge di gara può essere la più varia, nel senso che rientra nel fuoco
della norma qualunque adempimento imposto non solo a pena di esclusione, ma
anche di inammissibilità, decadenza, irricevibilità e simili.
Sotto il profilo
funzionale, le cause di esclusione vengono individuate sulla scorta di due
diversi criteri:
a) da un lato, si
stabilisce che è causa di esclusione la violazione di prescrizioni imposte dal
codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione o da altre leggi;
il richiamo generico alle leggi va precisato, in una con la giurisprudenza
costituzionale, nel senso che si tratti esclusivamente di leggi statali, posto
che: I) <<… l'intera disciplina delle procedure ad evidenza
pubblica è riconducibile alla tutela della concorrenza, con la conseguente
titolarità della potestà legislativa, in via esclusiva, in capo allo Stato; in
particolare, la disciplina delle procedure di gara, la regolamentazione della
qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e
dei criteri di aggiudicazione mirano a garantire che le medesime si svolgano
nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera
circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, della libertà
di stabilimento, nonché dei principi costituzionali di trasparenza, di parità
di trattamento, di non discriminazione >> (cfr., ex
plurimis e da ultimo, Corte cost. 7 novembre 2013, n. 259; 26 febbraio
2013, n. 28); II) le norme di semplificazione amministrativa sono ricondotte
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali, in quanto «anche l’attività amministrativa, [...] può
assurgere alla qualifica di “prestazione” (quindi, anche i procedimenti
amministrativi in genere), della quale lo Stato è competente a fissare un
“livello essenziale” a fronte di una specifica pretesa di individui, imprese,
operatori economici ed, in generale, di soggetti privati» (cfr., ex
plurimis e da ultimo, Corte cost., 5 aprile 2013, n. 62; 20 luglio
2012, n. 207; 16 luglio 2012, n. 188; 27 giugno 2012, n. 164);
b) dall’altro lato, il
comma 1-bis (in parte qua recettore di prassi ed
elaborazioni giurisprudenziali consolidate), enuncia direttamente una serie di
cause di esclusione: I) incertezza assoluta sul contenuto o provenienza
dell’offerta; II) non integrità dei plichi; III) altre irregolarità relative
alla chiusura dei plichi tali da dimostrare in concreto la violazione del
principio di segretezza delle offerte.
6.1.5. Si tratta, a ben
vedere, di ipotesi ampie, da riempirsi di contenuti da parte della stazione
appaltante (nei limiti di seguito precisati) e dell’Autorità di vigilanza in
sede di predisposizione dei bandi tipo, il cui filo conduttore non è però
rappresentato solamente dalla distinzione fra violazioni formali e sostanziali
(come si dirà meglio in prosieguo); del resto lo stesso codice in alcuni casi
afferma espressamente che talune violazioni non sono causa di esclusione (art.
73, co. 4, e 74, co. 3, in tema di mancato utilizzo dei moduli predisposti
dalla stazione appaltante; art. 153, co. 21, in tema di esclusione di alcuni
soggetti proponenti nella finanza di progetto).
La nuova disposizione
deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel
caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino
espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o
introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente
l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus.
Questa interpretazione
del principio di tassatività delle cause di esclusione, in forza della quale la
tassatività può ritenersi rispettata anche quando la legge, pur non prevedendo
espressamente l’esclusione, imponga, tuttavia, adempimenti doverosi o introduca
norme di divieto, è stata espressamente affermata dall’Adunanza plenaria nel
senso della non necessità, ai sensi dell’art. 46, co. 1-bis, codice dei
contratti pubblici, che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista
dalla norma di legge allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto
che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara (cfr.
sentenze 16 ottobre 2013, n. 23 e, in particolare, 7 giugno 2012, n. 21).
La cogenza delle cause
legali di esclusione disvela il carattere non solo formale del principio di
tassatività – ovvero il suo atteggiarsi a enunciato esplicito della medesima
causa di esclusione - ma anche e soprattutto la sua indole sostanziale: la
riforma del 2011, infatti, ha inteso selezionare e valorizzare solo le cause di
esclusione rilevanti per gli interessi in gioco, a quel punto imponendole, del
tutto logicamente, come inderogabili non solo al concorrente ma anche alla
stazione appaltante.
Il legislatore ha così
inteso effettuare direttamente il bilanciamento tra l’interesse alla massima
partecipazione alle gare di appalto ed alla semplificazione, da un lato, e
quello alla speditezza dell’azione amministrativa ed alla parità di
trattamento, dall’altro, mettendo l’accento sui primi a scapito dei secondi ma
salvaguardando una serie predefinita di interessi, selezionati ex ante,
perché ritenuti meritevoli di una maggior protezione rispetto ad altri, in
guisa da sottrarli alla discrezionalità abrogatrice della stazione appaltante.
6.2. Individuati lo
scopo, il contenuto e gli effetti del principio di tassatività delle cause di
esclusione, si evidenzia che la legge lo ha poi rafforzato attraverso la
previsione testuale della nullità delle clausole difformi, cioè delle clausole
della legge di gara che prevedono adempimenti sanzionati dall’esclusione al di
fuori dei casi tipici.
La sanzione della
nullità, in luogo di quella classica dell’annullabilità dell’atto
amministrativo, è riferita letteralmente alle singole clausole della legge di
gara esorbitanti dai casi tipici; si dovrà fare applicazione, pertanto, dei
principi in tema di nullità parziale e segnatamente dell’art. 1419, co. 2,
c.c., a tenore del quale la nullità di singole clausole non comporta la nullità
dell’intero atto se le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme
imperative, senza che si possa indagare sulla presenza di una difforme volontà
della stazione appaltante di non adottare il bando privo della clausola nulla,
ma fermo l’esercizio, ovviamente, degli ordinari poteri di autotutela (cfr.,
per una recente applicazione del principio vitiatur se non vitiat in
materia di gare pubbliche, Ad. plen., 20 maggio 2013, n. 14).
E’ appena il caso di
precisare, per ragioni di completezza, che la nullità di tali clausole incide
sul regime dei termini di impugnazione e sui meccanismi di rilievo di tale
radicale forma di invalidità, atteso che la domanda di nullità si propone nel
termine di decadenza di centottanta giorni e la nullità può sempre essere
eccepita dalla parte resistente ovvero rilevata dal giudice d’ufficio (art. 31,
co. 4, c.p.a.).
6.2.1. In relazione alle
gare disciplinate dal codice dei contratti pubblici si potranno quindi
verificare le seguenti ipotesi:
a) legge di gara che
esplicitamente recepisce (o rinvia) (al)le disposizioni del codice dei
contratti pubblici, del regolamento attuativo o di altre leggi statali, che
prevedono adempimenti doverosi a pena di esclusione; in tal caso la violazione
dell’obbligo conduce de plano all’esclusione dell’impresa;
b) legge di gara silente
sul punto; in tal caso la portata imperativa delle norme che prevedono tali
adempimenti conduce, ai sensi dell’art. 1339 c.c., alla etero integrazione del
bando e successivamente, in caso di violazione dell’obbligo, all’esclusione del
concorrente (cfr. sul punto Ad. plen., 5 luglio 2012, n. 26; 13 giugno 2012, n.
22);
c) legge di gara che, in
violazione del principio di tassatività, introduce cause di esclusione non
previste dal codice, dal regolamento attuativo o da altre leggi statali; in tal
caso la clausola escludente è nulla, priva di efficacia e dunque disapplicabile
da parte della stessa stazione appaltante ovvero da parte del giudice;
d) legge di gara che, in
violazione dei precetti inderogabili stabiliti a pena di esclusione dal codice,
dal regolamento attuativo o da altre leggi statali, espressamente si pone in
contrasto con essi ovvero detta una disciplina incompatibile; in tal caso
occorre una impugnativa diretta della clausola invalida per potere dedurre
utilmente l’esclusione dell’impresa che non abbia effettuato il relativo
adempimento.
In relazione a queste
ultime statuizioni, si osserva che trattasi di conseguenze discendenti
dall’applicazione di consolidati principi (espressi da questa Adunanza e che si
confermano in toto, cfr. Cons. St., Ad. plen., 28 luglio 2011, n.
14; 24 maggio 2011, n. 9; 27 gennaio 2003, n. 1; 4 dicembre 1998, n. 1/ord.),
secondo cui il bando: I) è un atto amministrativo generale, d’indole
imperativa, recante il compendio delle regole (ed in particolare quelle
afferenti alle cause di esclusione), cui devono attenersi sia i concorrenti che
l’Amministrazione; II) è costitutivo di effetti eventualmente anche derogatori
rispetto alla disciplina introdotta dalle fonti di rango primario o
regolamentare e come tale non disapplicabile da parte dell’Amministrazione e
del giudice amministrativo, potendo essere oggetto solo di specifica
impugnativa; III) deve essere interpretato secondo il criterio formale
(testuale ed oggettivo), con esclusione di letture ermeneutiche in chiave
soggettiva ed integrativa, e con l’applicazione automatica e vincolata dell’esclusione
laddove previsto dalla normativa di gara.
6.3. Una volta assodati
la natura giuridica e l’ambito applicativo (profondamente innovativi), della
norma che ha introdotto il principio di tassatività delle cause di esclusione,
e circoscritti i suoi effetti alle gare in materia di appalti e affidamenti disciplinati
dal codice dei contratti pubblici, emerge nitidamente che non è predicabile
l’applicazione del principio di tassatività:
a) alle procedure
disciplinate dal codice dei contratti pubblici prima dell’entrata in vigore (al
14 maggio 2011), della norma che lo ha introdotto nel micro ordinamento di
settore (retro § 5);
b) alle procedure
selettive non disciplinate direttamente o indirettamente (per auto vincolo
dell’Amministrazione procedente), dal codice dei contratti pubblici.
6.4. In conclusione, avuto
riguardo alla seconda questione sottoposta all’adunanza plenaria, devono
enunciarsi i seguenti principi di diritto:
a) <<il
principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co.
1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), si
applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal medesimo
codice>>;
b) <<sono
legittime ai sensi dell’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici
(d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), le clausole dei bandi di gara che prevedono
adempimenti a pena di esclusione, anche se di carattere formale, purché
conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre
disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e
delle leggi statali>>.
7. IL PRINCIPIO
DEL SOCCORSO ISTRUTTORIO.
7.1. Come si è visto in
precedenza, il c.d. “soccorso istruttorio” è previsto dall’art. 46, co. 1,
codice dei contratti pubblici (non inciso dalla novella recata dal più volte
richiamato d.l. n. 70 del 2011), secondo cui <<1. Nei limiti previsti
dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i
concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei
certificati, documenti e dichiarazioni presentati. >>.
Tale norma – mutuando
una regola già contenuta negli artt. 16, d.lgs. n. 157 del 1995 e 15, d.lgs. n.
358 del 1992, rubricati <<documenti e informazioni
complementari>> - sia prima che dopo la novella del 2011, è
stata oggetto di una costante rigorosa interpretazione da parte del Consiglio
di Stato dalla quale l’Adunanza plenaria non vede ragioni per discostarsi
(cfr., fra le tante e più recenti, Cons. St., Sez. V, 18 febbraio 2013, n. 974;
Sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6248; Sez. V, 25 giugno 2007, n. 3645; Sez. VI, 23
marzo 2007, n. 1423; Sez. V, 20 maggio 2002, n. 2717).
Tale impostazione
risulta vieppiù confermata dopo l’introduzione dell’autonomo principio di
tassatività delle cause di esclusione che, come si è visto in precedenza (retro §§
6.1.3. – 6.1.5.), ha drasticamente diminuito le fattispecie escludenti (fra cui
quelle incentrate su vizi meramente formali), riducendo, a monte, le occasioni
di invocare l’esercizio del c.d. “potere di soccorso” in funzione sanante;
ovviamente rimane ferma (ed è anzi implementata in considerazione della
riduzione dell’area delle fattispecie escludenti), la piena operatività del
“potere di soccorso” in funzione della mera regolarizzazione di adempimenti non
più colpiti dalla sanzione dell’esclusione.
7.2. Si riportano in
sintesi i condivisi principi (ed i relativi argomenti a sostegno), di matrice
giurisprudenziale, elaborati nel corso del tempo dal Consiglio di Stato, in
relazione al “soccorso istruttorio” disciplinato dal codice dei contratti
pubblici:
a) il “soccorso
istruttorio” si risolve, giusta il tenore letterale della norma (laddove
afferma <<…invitano, se necessario….>>) e la sua ratio
essendi, non in una facoltà, ma in un doveroso ordinario modus
procedendi volto a superare inutili formalismi in nome del principio
del favor partecipationis e della semplificazione, sia pure
all’interno di rigorosi limiti che saranno appresso precisati;
b) il “soccorso
istruttorio”, dal punto di vista sistematico, rappresenta una applicazione
legale del principio del giusto procedimento sancito dall’art. 3, l. 7 agosto
1990, n. 241 che impone all’amministrazione di squarciare il velo della mera
forma per assodare l’esistenza delle effettive condizioni di osservanza delle
prescrizioni imposte dalla legge o dal bando di gara;
c) l’esegesi rigorosa
delle disposizioni riguardanti il c.d. “potere di soccorso”, avuto riguardo ai
valori in gioco, nasce dalla fondata preoccupazione che l’allargamento del suo
ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di
imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto
di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando,
eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura;
d), l’esegesi rigorosa
del “soccorso istruttorio” trova piena giustificazione anche in considerazione
del principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del
quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi
nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione;
e) per meglio definire
il perimetro del “soccorso istruttorio” è necessario distinguere tra i concetti
di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”: la linea di
demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni
stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del
“soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni
di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione
dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato
che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla
legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del “potere
di soccorso”; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in
un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è
consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o
elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di
regola, nella rettifica di errori materiali e refusi;
f) giusta il tenore
testuale dell’incipit del comma 1 in esame (<<1. Nei
limiti previsti dagli articoli da 38 a 45…>>), il “soccorso
istruttorio” consente di completare dichiarazioni o documenti già presentati
(ma, giova ribadirlo, non di introdurre documenti nuovi), solo in relazione ai
requisiti soggettivi di partecipazione dell’impresa; esso non può essere mai
utilizzato per supplire a carenze dell’offerta sicché non può essere consentita
al concorrente negligente la possibilità di completare l’offerta
successivamente al termine finale stabilito dal bando, salva la rettifica di
errori materiali o refusi;
g) il “soccorso
istruttorio” ricomprende la possibilità di chiedere chiarimenti, purché il
possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati e
occorra soltanto una delucidazione ovvero un aggiornamento; in tal caso non si
sta discutendo della esistenza del requisito ma soltanto di una (consentita)
precisazione che non innova e non altera la par condicio e la
legalità della gara, avendo ad oggetto un fatto meramente integrativo, da un
punto di vista formale, di una situazione sostanzialmente già verificatasi e
acquisita;
h) il “soccorso
istruttorio”, infine, si sostanzia anche nella interpretazione di clausole
ambigue onde favorire la massima partecipazione alle gare e, conseguentemente,
nella possibilità di consentire, unicamente per questo limitato caso e nel
rispetto della par condicio, la successiva integrazione
documentale; siffatta attività di interpretazione, a fronte di clausole ambigue
appare necessaria specie se sollecitata da appositi quesiti dei candidati; la
relativa risposta, ovviamente, deve essere comunicata a tutti i partecipanti
alla gara (c.d. ruling contrattuale).
7.3. In definitiva, in
presenza di una previsione chiara e dell’inosservanza di questa da parte di una
impresa concorrente, l’invito alla integrazione costituirebbe una palese
violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato
dalla rimessione in termini, per mezzo della sanatoria (su iniziativa
dell’Amministrazione), di una documentazione incompleta o insufficiente ad
attestare il possesso del requisito di partecipazione o la completezza
dell’offerta, da parte del concorrente che non ha presentato, nei termini e con
le modalità previste dalla lex specialis, una dichiarazione o
documentazione conforme al regolamento di gara.
In relazione alle
procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, l’introduzione della
tassatività delle cause di esclusione e l’esatta individuazione dell’essenza
del “potere di soccorso”, sanciti dal novellato art. 46 del medesimo codice,
rendono evidenti, da un lato, il venir meno di talune criticità messe in luce
dall’ordinanza di rimessione, dall’altro, l’inaccoglibilità di alcune
suggestioni esegetiche prospettate dalla medesima ordinanza; in particolare:
a) l’innovativa novella
al codice dei contratti pubblici, ha ridotto drasticamente la discrezionalità
della stazione appaltante nella c.d. (auto)regolamentazione del soccorso
istruttorio, atteso che l’Amministrazione ha perso la facoltà di inserire nel
bando, al di fuori della legge, la previsione che un determinato adempimento
sostanziale, formale o documentale sia richiesto a pena di esclusione;
b) in quest’ottica è
stata eliminata in radice la lamentata stortura di un sistema che consentiva
alla stessa Amministrazione di prescindere dall’onere di una preventiva
interlocuzione e di escludere il concorrente sulla base della riscontrata
carenza documentale, indipendentemente da ogni verifica sulla valenza
“sostanziale” della forma documentale omessa;
c) parimenti non può
trovare ingresso, al contrario di quanto suggerito dalla VI Sezione,
l’applicazione del principio processuale civilistico della sanatoria dei vizi
formali per il raggiungimento dello scopo, rispondendo tale istituto ad una
logica diversa da quella che connota il procedimento amministrativo di evidenza
pubblica contrattuale.
7.4. Quanto sin qui
detto vale per le procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici.
Per le procedure di gara
non regolamentate dal predetto codice opera, nell’ambito della disciplina
generale del procedimento amministrativo, la norma sancita dall’art. 6, co. 1,
lett. b), l. n. 241 del 1990, in base alla quale <<…il
responsabile del procedimento ….può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la
rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete…e ordinare esibizioni
documentali>>.
E’ evidente che il
“potere di soccorso” costituisce un istituto di carattere generale del
procedimento amministrativo, che, nel particolare settore delle selezioni
pubbliche diverse da quelle disciplinate dal codice dei contratti pubblici,
soddisfa la comune esigenza di consentire la massima partecipazione alla gara,
orientando l’azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di
partecipazione e della capacità tecnica ed economica, attenuando la rigidità
delle forme.
7.4.1. Un primo elemento
di differenza sostanziale rispetto al “potere di soccorso” disciplinato
dall’art. 46, co. 1, codice dei contratti pubblici, emerge dal raffronto fra il
tenore testuale delle due disposizioni: invero, l’art. 6, l. n. 241 del 1990
cit., si limita a prevedere la mera facoltà a che il responsabile del
procedimento eserciti il “potere di soccorso”, mentre l’art. 46 cit. obbliga la
stazione appaltante a fare ricorso al “potere di soccorso”, sia pure nei
precisi limiti derivanti dalla rigorosa individuazione del suo oggetto e della
sua portata applicativa.
Inoltre, poiché il
principio della tassatività delle cause di esclusione, giova ribadirlo, vige
solo per le procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, al di
fuori di tale ambito:
a) il “potere di
soccorso” nei procedimenti diversi da quelli comparativi, dispiega la sua
massima portata espansiva, tendenzialmente senza limiti salvo quelli propri
della singola disciplina di settore;
b) in relazione ai
procedimenti comparativi (ferme le conclusioni cui si è giunti circa la
necessità di una interpretazione rigorosa ed in ordine al suo contenuto ed ai
suoi effetti stante l’eadem ratio con gare propriamente
contrattuali, retro § 7.2.), il “potere di soccorso” è
utilmente invocabile anche ai fini del riscontro della validità delle clausole
che introducono adempimenti a pena di esclusione; in quest’ottica integra il
parametro di giudizio di manifesta sproporzione che il giudice amministrativo è
chiamato ad effettuare, ab externo e senza sostituirsi
all’Amministrazione, nel caso venga impugnata una clausola di esclusione per
l’inadempimento di oneri meramente formali.
7.4.2. Tali conclusioni
non sono però incondizionate dovendo essere temperate dalle ulteriori seguenti
considerazioni che contribuiscono a precisare l’ambito del “soccorso
istruttorio” al di fuori del codice dei contratti pubblici.
Nell’ambito del
procedimento amministrativo e, in particolare, in relazione alle procedure
comparative e di massa, caratterizzate dalla presenza di un numero
ragguardevole di partecipanti (ad es. reclutamenti di pubblici dipendenti):
a) si configurano in
capo al singolo partecipante obblighi di correttezza - specificati attraverso
il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e
dell’auto responsabilità - rivenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2 e
97 Cost., che impongono che quest’ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi
di cooperazione: si pensi al dovere di fornire informazioni non reticenti e
complete, di compilare moduli, di presentare documenti ecc. (cfr., ex
plurimis e da ultimo, Cons. St., Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3;
successivamente, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3408; Sez. V, 15 novembre 2012, n.
5772; antecedentemente alla Plenaria cfr. Sez. IV, 27 novembre 2010, n. 8291);
b) il divieto del
formalismo incontra il limite derivante dalla particolare importanza che assume
l’esigenza di speditezza (e dunque di efficienza, efficacia ed economicità),
dell’azione amministrativa: in questi casi l’imposizione di oneri formali a
carico dei partecipanti alla procedura può essere funzionalmente correlata alla
necessità di garantire il rispetto dei tempi del procedimento a salvaguardia
dell’interesse pubblico primario affidato dall’ordinamento alla cura
dell’amministrazione procedente, nonché degli interessi secondari coinvolti
(pubblici o privati che siano);
c) la compilazione di
moduli o la produzione di fotocopie di validi documenti (di identità, ma non
solo), di per sé non si configurano come adempimenti abnormi o eccessivi;
dunque le clausole della legge di gara che li prevedono non sono ex se illegittime;
d) la manifesta
irragionevolezza e sproporzione si coglie, invece, nella conseguenza
dell’inadempimento dell’onere richiesto al privato, ovvero nella esclusione
dalla procedura; tali clausole sono pertanto illegittime e, se ritualmente e
tempestivamente impugnate, devono essere annullate.
7.4.3. Per completezza
si evidenzia che queste clausole non possono ritenersi nulle e dunque
inefficaci (e disapplicabili dall’Amministrazione procedente ovvero dal giudice
amministrativo), a prescindere da una rituale impugnazione, perché:
a) la sanzione della
nullità è prevista espressamente dall’art. 46 cit. solo per le procedure di
gara disciplinate dal medesimo codice (come si è già detto retro al
§ 6.2.);
b) la nullità dell’atto
amministrativo è eccezionale e sono di stretta interpretazione, ai sensi
dell’art. 14 delle preleggi, le norme che la prevedono;
c) non ricorrono le
condizioni perché si possa configurare la nullità dell’atto amministrativo ai
sensi dell’art. 21 septies, l. n. 241 del 1990, in quanto non si
riscontrano, ictu oculi, gli indispensabili presupposti richiesti
dalla norma: I) mancanza degli elementi essenziali del provvedimento; II)
difetto assoluto di attribuzione; III) violazione o elusione del giudicato.
7.4.4. Rimane inteso che
l’Amministrazione ben potrà prevedere a carico del partecipante alla procedura,
come conseguenza dell’inadempimento degli oneri formali previsti dalla legge di
gara, altre, diverse, proporzionate misure di carattere organizzatorio ovvero
pecuniario (ad es. rimborso dei costi sostenuti per il rallentamento della
procedura anche forfettizati in sede di bando), che traggono fondamento dai su
richiamati doveri di solidarietà ed auto responsabilità.
7.4.5. Da tutto quanto
fin qui esposto, emerge con nettezza che il principio di tassatività non è un
corollario del più ampio principio del soccorso istruttorio e, sotto tale
angolazione, non può, pertanto, accogliersi la lettura sinottica dei due commi
del più volte menzionato art. 46 prospettata dall’ordinanza di rimessione, in
quanto il d.l. n. 70 del 2011 non ha innovato in alcun modo il comma 1
dell’art. 46 del codice dei contratti pubblici (retro § 7.1.).
L’interprete si trova di
fronte a due diversi principi, ciascuno caratterizzato da autonomi presupposti
ed ambiti operativi, pur se accomunati dal soddisfare esigenze di certezza,
speditezza e semplificazione dell’azione amministrativa e delle imprese di
settore.
7.5. In conclusione,
avuto riguardo alla terza questione sottoposta all’adunanza plenaria, devono
enunciarsi i seguenti principi di diritto:
a) <<nelle
procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di
soccorso” sancito dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile
2006, n. 163) - sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante
di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di
completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione,
chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire
interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei
concorrenti - non consente la produzione tardiva del documento o della
dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti
siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal
regolamento di esecuzione e dalle leggi statali>>;
b) <<nelle
procedure di gara non disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il
“potere di soccorso” sancito dall’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n.
241, costituisce parametro per lo scrutinio della legittimità della legge di
gara che, in assenza di una corrispondente previsione normativa, stabilisca la
sanzione della esclusione; conseguentemente, è illegittima - per violazione dell’art.
6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché sotto il profilo della
manifesta sproporzione - la clausola della legge di gara che disciplina una
procedura diversa da quelle di massa, nella parte in cui commina la sanzione
della esclusione per l’inosservanza di una prescrizione meramente formale
>>.
8. IL RAPPORTO
FRA RICORSO INCIDENTALE E RICORSO PRINCIPALE NELLE CONTROVERSIE IN MATERIE DI
GARE PUBBLICHE.
Prima di affrontare nel
merito la questione sottoposta all’Adunanza plenaria, è opportuno precisare che
il problema del rapporto fra ricorso principale (proposto dallo sconfitto), e
ricorso incidentale (proposto dal vincitore), anche se storicamente affermatosi
nelle controversie aventi ad oggetto gare di appalto, si atteggia, nella sostanza,
in modo analogo per tutti i giudizi concernenti procedure selettive, anche per
quelli in relazione ai quali è certamente non applicabile il codice dei
contratti pubblici ovvero il diritto dell’Unione europea.
Tale impostazione si
spiega con l’esigenza, da sempre avvertita e praticata dalla prassi forense,
che i principi di carattere processuale elaborati dalla Corte di giustizia
nella materia delle controversie sulle gare di appalto (pur nei limiti che
saranno oggetto di maggior approfondimento nel prosieguo), sebbene a rigore
formalmente riferibili alle sole fattispecie in cui trova applicazione
necessaria il diritto europeo (c.d. contratti sopra soglia), siano in realtà
applicati a tutte le controversie, per manifeste ragioni di equità, semplicità
e uguaglianza; ne discende la rilevanza della questione sollevata dalla VI
Sezione anche se la procedura oggetto del giudizio riguarda la concessione di
un bene demaniale (e dunque un rapporto contrattuale attivo per
l’Amministrazione che percepisce un canone annuo).
8.1. E’ necessario a
questo punto riportare sinteticamente i principi elaborati dalla sentenza n. 4
del 2011 e i sottostanti snodi argomentativi:
a) il principio di
parità delle parti e di imparzialità del giudice presiedono alla norma positiva
enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2,
c.p.c., che impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo
l’ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di
quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità
dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell’ordine,
giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi,
ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell’azione
(tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall’Adunanza plenaria 3
giugno 2011, n. 10); l’ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito
non rientra nella disponibilità delle parti e non subisce eccezioni neppure se
venga impugnata, da parte del ricorrente principale, la legge di gara;
b) l’azione di
annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta – sulla falsariga del
processo civile – a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con
riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum
eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della
domanda e permanere fino al momento della decisione; tali condizioni sono: I)
il c.d. titolo o possibilità giuridica dell’azione - cioè la situazione giuridica
soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero, come altri dice, la
legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del
soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto
all’esercizio del potere amministrativo -; II) l’interesse ad agire ex art. 100
c.p.c. (o interesse al ricorso, nel linguaggio corrente del processo
amministrativo); III) la legitimatio ad causam (o
legittimazione attiva/passiva, discendente dall’affermazione di colui che
agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato
attivo o passivo);
c) in termini generali
trova ingresso nel sistema della giustizia amministrativa anche la tutela del
c.d. interesse ad agire strumentale, ma solo se ed in quanto collegato ad una
posizione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, la cui soddisfazione sia
realizzabile unicamente attraverso il doveroso rinnovo dell’attività
amministrativa, dovendosi rifiutare, a questi fini, il riferimento ad una
utilità meramente ipotetica o eventuale che richiede per la sua compiuta
realizzazione il passaggio attraverso una pluralità di fasi e atti ricadenti
nella sfera della più ampia disponibilità dell’Amministrazione; pertanto <<la
facoltà di agire in giudizio non è attribuita, indistintamente, a tutti i
soggetti che potrebbero ricavare eventuali ed incerti vantaggi
dall’accoglimento della domanda>>;
d) in materia di
controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al
ricorso (o titolo) è declinato nel senso che tale legittimazione deve essere
correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in
modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di
contestazione; chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare
ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l’annullamento ancorché
vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui res inter
alios acta – venga nuovamente bandita; a tale regola generale si può
fare eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza,
solamente in tre tassative ipotesi e cioè quando: I) si contesti in radice
l’indizione della gara; II) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata,
avendo ’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto;
III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse
siano immediatamente escludenti;
e) la mera
partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente per attribuire la
legittimazione al ricorso; la situazione legittimante costituita
dall’intervento nel procedimento selettivo, infatti, deriva da una
qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del
sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla
procedura selettiva; pertanto, la definitiva esclusione o l’accertamento
retroattivo della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di
assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo
abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva; tale esito rimane
fermo in tutti i casi in cui l’illegittimità della partecipazione alla gara è
definitivamente accertata, sia per inoppugnabilità dell’atto di esclusione, sia
per annullamento dell’atto di ammissione e, soprattutto, indipendentemente dal
numero dei partecipanti alla gara;
f) l’ordine di esame
delle questioni risente di tali presupposti, pertanto, non è subordinato alla
veste formale utilizzata per la loro deduzione, ma dipende dal loro oggettivo
contenuto; ne discende che, qualora il ricorso incidentale abbia la finalità di
contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume
carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude,
al giudice, l’esame del merito delle domande proposte dal ricorrente
principale;
g) tali conclusioni sono
pienamente compatibili con la disciplina del ricorso incidentale recata dal
codice del processo amministrativo (art. 42): il dato più significativo
riguarda la qualificazione formale del ricorso incidentale come strumento per
la proposizione di «domande», il cui interesse sorge solo in dipendenza della
proposizione del ricorso principale; si chiarisce, in questo modo, che il
ricorso incidentale può assumere un contenuto complesso, ancorché innestato
nella matrice comune della «difesa attiva» della parte intimata, rivestendo la
fisionomia dell’atto con il quale la parte intimata: I) formula un’eccezione,
eventualmente a carattere riconvenzionale; II) propone una vera e propria
domanda riconvenzionale, diretta all’annullamento di un atto; III) articola una
domanda di accertamento pregiudiziale, volta, comunque, ad ottenere una
pronuncia che precluda l’esame del merito del ricorso principale;
h) in ossequio al
superiore principio di economia processuale, il giudice può, in concreto,
ritenere preferibile esaminare prioritariamente il ricorso principale, quanto
meno nei casi in cui esso sia palesemente infondato, irricevibile,
inammissibile o improcedibile, sulla scorta del paradigma sancito dagli artt.
49, co. 2, e 74 c.p.a.; questa facoltà non deve essere negata, a priori, sempre
che il suo esercizio non incida sul diritto di difesa del controinteressato e
consenta un’effettiva accelerazione della definizione della controversia; in
linea di principio resta ferma la priorità logica della questione pregiudiziale,
ma eccezionali esigenze di semplificazione possono giustificare l’esame
prioritario di altri aspetti della lite.
8.1.1. Per il forte
impatto sistemico sulla gestione dei contenziosi in materia di gare, merita un
approfondimento il punto specifico concernente l’asserita necessità che il
ricorso incidentale sia sempre esaminato prima del ricorso principale (anche
quando prospetti carenze oggettive dell’offerta della impresa non
aggiudicataria o vizi procedurali).
In proposito si osserva
come dalla piana lettura della più volte menzionata sentenza n. 4 del 2011 (in
particolare § 51), emerge in modo univoco che il discrimine è rintracciato
nella introduzione, da parte del ricorso incidentale, di censure che colpiscono
la mancata esclusione, da parte della stazione appaltante, del ricorrente
principale (ovvero della sua offerta), a causa della illegittima partecipazione
di quest’ultimo alla gara o della illegittimità dell’offerta; tale situazionelato
sensu di invalidità della posizione del ricorrente principale, deve
scaturire dalla violazione di doveri o obblighi sanzionati a pena di
inammissibilità, di decadenza, di esclusione (a titolo esemplificativo si pensi
all’intempestività della domanda di partecipazione alla gara, alla carenza di
requisiti soggettivi generali, di natura tecnica o finanziaria, ovvero di
elementi essenziali dell’offerta).
La situazione di
contrasto fra la condotta dell’impresa che partecipa alla selezione e la legge
di gara effettivamente rilevante per stabilire la priorità dell’esame del ricorso
incidentale, è solo quella che produce, come ineluttabile conseguenza, la non
ammissione ab origine alla gara del concorrente non vincitore,
ovvero l’estromissione successivamente deliberata in apposite fasi (anche solo
in senso logico) deputate all’accertamento della regolare partecipazione del
concorrente: si pensi al caso classico in cui l’amministrazione proceda al
riscontro della tempestività della presentazione delle domande di
partecipazione cui seguono (soprattutto dal punto di vista logico, poiché
sovente tali adempimenti sono effettuati in unico contesto temporale e
procedurale), le ulteriori fasi relative all’accertamento dei requisiti
soggettivi dell’imprenditore ovvero oggettivi dell’offerta.
Ne discende che tutte le
criticità prospettate come incidenti su attività svolte a valle di quelle
dedicate al riscontro dei suddetti requisiti, non impongono l’esame prioritario
del ricorso incidentale perché, in tale ipotesi, esso non mira ad accertare
l’insussistenza della condizione dell’azione rappresentata dalla legittimazione
del ricorrente, in quanto soggetto escluso o che avrebbe dovuto essere escluso
dalla gara.
In questi casi, infatti,
il ricorso incidentale si appunta su vizi della valutazione operata dall’organo
tecnico a ciò preposto e le relative censure presuppongono, in definitiva, il
superamento di ogni questione inerente la regolare presenza dell’impresa (o
della sua offerta) nella gara.
Si pensi alla
contestazione del punteggio tecnico o economico nonché alla valutazione di
anomalia dell’offerta che, secondo le approfondite conclusioni cui è giunta
questa Adunanza, attiene a <<…scelte rimesse alla stazione
appaltante, quale espressione di autonomia negoziale in ordine alla convenienza
dell’offerta ed alla serietà e affidabilità del concorrente ….>> (cfr.
Ad. plen. 29 novembre 2012, n. 36).
Alle medesime
conclusioni si perviene (per le ragioni sviluppate dalla sentenza di questa
Adunanza n. 7 del 30 gennaio 2014, § 5.8.), in tutti i casi in cui il ricorso
incidentale prospetti vizi lato sensu procedurali, tali cioè
da imporre, se riconosciuti fondati, la caducazione totale (ad es. per
incompetenza dell’organo che ha indetto la gara o redatto il bando), o parziale
(ad es. per l’erronea composizione della commissione), degli atti di gara.
8.2. Si passa a questo
punto ad illustrare, sinteticamente, il quadro dei principi forgiati dalla
Corte di giustizia dell’UE relativamente ai processi aventi ad oggetto
procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti.
8.2.1. Ma prima è
indispensabile ricordare i limiti al cui interno tali principi sono originati
(ed operano), in considerazione del fatto che il diritto dell’UE non contiene
una disciplina generale del processo.
E’ noto, infatti, che
l’UE, si fonda, fra l’altro, sul principio delle tassative competenze di
attribuzione (artt. 3, comma 6, e 4, co. 1, TUE); fra queste, vi rientrano la
facilitazione dell’accesso alla giustizia attraverso il riconoscimento delle
decisioni giudiziarie ed extra giudiziarie (art. 67, co. 4, FUE), e la
cooperazione giudiziaria nelle materie civili transfrontaliere (art. 81 FUE,
già art. 65 TCE).
L’UE, pertanto, mira
all’armonizzazione e non all’unificazione del diritto processuale; tuttavia,
oltre ad avere realizzato, sulle richiamate basi giuridiche, una serie di regolamenti
su specifici aspetti (si pensi al noto regolamento CE n. 44/2001 che ha
assorbito la Convenzione di Bruxelles, a sua volta sostituito a far data dal
2015 dal regolamento n. 1215/12), detta solitamente, nei settori di sua
competenza, alcuni canoni fondamentali relativi alla tutela giurisdizionale, da
cui possono desumersi taluni principi processuali generali (la stessa tecnica
di tutela è stata realizzata in relazione alla materia dei diritti fondamentali
dell’uomo, cfr. art. 47 della Carta di Nizza che, nella sostanza, riproduce il
contenuto dell’art. 6 CEDU).
In tali settori vale,
dunque, il c.d. “principio di autonomia processuale nazionale”, cui la stessa
Corte di giustizia ha mostrato di aderire, riconoscendo e dunque lasciando, nei
limiti della non discriminazione e della effettività della tutela, agli
ordinamenti dei singoli Stati la disciplina delle modalità procedurali dei
ricorsi giurisdizionali (cfr., ex plurimis, Corte giustizia UE, 22
dicembre 2010, C-507/08 Governo Slovacchia; 20 settembre 2010, C-314/09 Stadt
Graz; sul versante italiano si vedano le conclusioni cui sono giunti Cons. St.,
Sez. V, 23 ottobre 2013, n. 51531; Sez. VI, 5 marzo 2012, n. 1244/ord.).
Anticipando quanto si
dirà meglio in prosieguo e fatto salvo il rispetto della particolare regula
iuris introdotta dalla sentenza della Corte di giustizia dell’UE, Sez.
X, 4 luglio 2013, C-100/12 Fastweb (infra § 8.2.4.), giova
evidenziare sin da ora che, nei casi come quello rimesso all’attenzione di
questa Adunanza, non si possono certamente ritenere superati i limiti della non
discriminazione e della effettività della tutela posto che si deve al fatto
proprio del ricorrente principale l’impossibilità dell’esame della sua domanda
di annullamento dell’aggiudicazione.
8.2.2. In materia di
pubblici appalti di lavori, servizi e forniture, nonché di settori speciali, le
direttive CEE 21 dicembre 1989, n. 665/89 e 25 febbraio 1992, n. 13/92
(modificate dalla direttiva n. 2007/66/CE), si sono proposte il fine di
assicurare garanzie giurisdizionali efficaci e rapide (onde evitare di
scoraggiare le imprese europee dal concorrere in paesi stranieri), attraverso
l’introduzione dei seguenti vincolanti principi:
a) rapidità ed efficacia
dei ricorsi;
b) assenza di
discriminazioni basate sulla nazionalità;
c) accesso ai rimedi
giurisdizionali a chiunque, avendo interesse all’aggiudicazione, sia stato
leso, o rischi di essere leso a causa di una violazione del diritto
comunitario;
d) essenzialità della
tutela cautelare ante causam;
e) effetto sospensivo
automatico della stipulazione del contratto, per un determinato lasso
temporale, in caso di ricorso avverso l’aggiudicazione (c.d. stand
still);
f) essenzialità della
tutela risarcitoria.
8.2.3. Le menzionate
direttive sono state oggetto di una cospicua esegesi da parte della Corte di
giustizia del Lussemburgo che ha elaborato i seguenti principi che, in sintesi
e nella parte di interesse, si riportano (cfr., ex plurimis, Sez.
X, 4 luglio 2013, C-100/12 Fastweb; Sez. III, 20 settembre 2010, C-314/09 Stadt
Graz; 28 gennaio 2010, n. 406/08 Uniplex; Sez. VI, 12 febbraio 2004, C-230/02,
Grossman; 19 giugno 2003, C-249/01 Hackermuller; 27 febbraio 2003, C-327/00
Santex):
a) lo scopo delle norme
comunitarie in materia, è quello di realizzare il valore della massima rapidità
nella definizione del contesto procedimentale prima e processuale poi;
b) conseguentemente,
l’impresa che non partecipa alla gara non può in nessun caso contestare
l’aggiudicazione in favore di ditte terze (in senso analogo cfr. Ad. plen., n. 4
del 2011 cit.; 27 gennaio 2003, n. 1);
c) è ammessa
l’impugnativa diretta della legge di gara ma solo per le clausole
discriminatorie escludenti (in senso analogo cfr. Ad. plen. n. 1 del 2003
cit.);
d) sono ammessi termini
processuali di impugnativa degli atti di gara particolarmente stringenti, salvo
il limite della eradicazione del diritto di difesa (in senso analogo cfr. Corte
cost. 10 novembre 1999, n. 427, relativamente all’art. 19, d.l. 25 marzo 1997,
n. 67 norma fondamentale, dal punto di vista cronologico, in materia di
dimezzamento dei termini del processo in materia di appalti);
e) l’impresa che è stata
esclusa (dalla stazione appaltante), ovvero che deve essere esclusa dalla gara
(a tanto pervenendosi in forza del rilievo officioso del giudice ovvero per il
tramite della proposizione di un ricorso incidentale), è priva di interesse ad
agire contro l’aggiudicatario (in senso analogo cfr. Ad. plen. n. 4 del 2011
cit.).
8.2.4. La sentenza
Fastweb, dopo aver richiamato e condiviso tutti i principi sopra riportati, ha
così statuito: <<31. Nel procedimento principale, il giudice del
rinvio, all’esito della verifica dell’idoneità delle offerte presentate dalle
due società in questione, ha constatato che l’offerta presentata da Fastweb non
era conforme all’insieme delle specifiche tecniche indicate nel piano di
fabbisogni. Esso è giunto peraltro alla stessa conclusione in relazione
all’offerta presentata dall’altro offerente, Telecom Italia.
32. Una situazione del
genere si distingue da quella oggetto della citata sentenza Hackermüller, in
particolare per essere risultato che, erroneamente, l’offerta prescelta non è
stata esclusa al momento della verifica delle offerte, nonostante essa non
rispettasse le specifiche tecniche del piano di fabbisogni.
33. Orbene, dinanzi ad
una simile constatazione, il ricorso incidentale dell’aggiudicatario non può
comportare il rigetto del ricorso di un offerente nell’ipotesi in cui la
legittimità dell’offerta di entrambi gli operatori venga contestata nell’ambito
del medesimo procedimento e per motivi identici. In una situazione del genere,
infatti, ciascuno dei concorrenti può far valere un analogo interesse legittimo
all’esclusione dell’offerta degli altri, che può indurre l’amministrazione
aggiudicatrice a constatare l’impossibilità di procedere alla scelta di
un’offerta regolare.>>.
In buona sostanza la
sentenza Fastweb, una volta investita da parte del giudice a quo
(sebbene in violazione della vincolante regola processuale che impone un rigido
ordine di esame delle questioni –retro § 8.1. -), di una
fattispecie all’interno della quale era stata accertata in concreto
l’illegittimità di entrambe le offerte, non ha potuto fare a meno di
somministrare la concreta regula iuris costruendola come una
evidente eccezione al compendio delle norme e dei principi di sistema. Tanto è
vero questo che ha limitato la possibilità dell’esame congiunto del ricorso
incidentale e principale alle stringenti condizioni che: I) si versi
all’interno del medesimo procedimento; II) gli operatori rimasti in gara siano
solo due; III) il vizio che affligge le offerte sia identico per entrambe.
8.3. Da quanto fin qui
esposto discende la conferma dell’impianto teorico costruito dall’Adunanza
plenaria n. 4 del 2011, alla luce dei principi processuali europei in materia,
al cui interno si innesta la particolare regula iuris introdotta
dalla sentenza Fastweb, di cui ovviamente si deve tenere conto, ma muovendo
dalla constatazione della sua circoscritta portata, trattandosi comunque di una
eccezione.
8.3.1. Contrariamente a
quanto sostenuto nell’ordinanza di rimessione, in casi del genere non si
ravvisa la lesione del principio della “parità delle armi” (la cui applicazione
concreta, per altro, appare lontana da una chiara e stabile preventiva definizione
del principio stesso e sembra spesso lambire l’ambito delle ragioni di
opportunità sottese al caso contingente).
L’Adunanza plenaria non
intende discostarsi dalla nozione (e dai presupposti giustificativi), del
principio di “parità delle armi” che si è andata affermando nella
giurisprudenza costituzionale ed europea relativamente all’applicazione dei
principi del giusto processo enucleabili dall’art. 6 della Cedu, secondo cui
<<l’esigenza della parità delle armi comporta l’obbligo di offrire ad
ogni parte una ragionevole possibilità di presentare il suo caso, in condizioni
che non comportino un sostanziale svantaggio rispetto alla controparte>>
(cfr. da ultimo Corte cost., 26 gennaio 2012, n. 15; Corte europea dei diritti
dell’uomo, Sez. II, 7 giugno 2011, Agrati; per un’analoga impostazione
nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, cfr. Cons. St., Sez. VI, 14
giugno 2011, n. 3655). Del resto a risultati analoghi è pervenuta la
giurisprudenza costituzionale quando ha affrontato il tema del principio della
parità delle parti – sancito dall’art. 111, co. 2, Cost. e richiamato dall’art.
2 c.p.a. – nel processo amministrativo: si è ammessa la presenza di “legittime
dissimmetrie” fra le parti del processo purché sorrette da una ragionevole
giustificazione (cfr. Corte cost., 9 aprile 2009, n. 109).
8.3.2. Ebbene, il
principio di “parità delle armi”, come declinato dal giudice delle leggi e
dalla Corte di Strasburgo:
a) non avendo una
portata precettiva puntuale - in quanto si limita ad esprimere una previsione
fondata su una ragionevole possibilità di esternazione del proprio caso da
parte di chi adisce il giudice - non comporta che il fascio di posizioni attive
e passive di natura processuale, ricollegabile a ciascuna parte, sia
assolutamente identico;
b) non contrasta con una
regola processuale di fonte legale che impone al giudice di rispettare la
tassonomia propria delle questioni; siffatta regola, al contrario, garantisce
ed attua il principio di “parità delle armi” perché predetermina, in astratto
ed in via generale, per tutti i litiganti, le modalità di esercizio del potere
giurisdizionale;
c) la regola del
processo italiano esige che la parte che introduce il giudizio, inter
alios, superi il filtro costituito dalle condizioni dell’azione;
d) nella specie, la
parte che introduce effettivamente il giudizio instaurando il rapporto
processuale, ovvero l’attore in senso sostanziale, è il ricorrente principale
il soggetto, cioè, non risultato vincitore nella gara che, pur essendo
consapevole di aver commesso un errore che lo priva della legittimazione e
quindi di non poter risultare aggiudicatario della specifica gara cui ha
partecipato (che costituisce il bene della vita immediato e diretto cui possa
aspirare), in violazione del divieto di abuso del processo, propone ugualmente
la domanda di annullamento;
e) ed è proprio la
riconducibilità della negligenza - che ha provocato (o avrebbe dovuto
provocare), l’esclusione dalla gara - al ricorrente principale che costituisce
una ragionevole giustificazione della dissimmetria processuale la quale
impedisce al giudice di pronunciarsi sulla illegittimità della mancata
esclusione dell’aggiudicatario.
8.3.3. I principi di
“effettività” e “parità delle armi”, pertanto, sebbene siano ricognitivi di
preesistenti principi costituzionali ed europei, per la loro collocazione in
testa al codice (artt. 1 e 2, co. 1, c.p.a.), ne assumono il ruolo di
impalcatura e filo conduttore ma nei limiti del soddisfacimento della domanda
di giustizia per i realmente bisognosi, senza incoraggiamento di azioni
emulative o pretestuose.
8.3.4. Come in
precedenza illustrato (retro § 8.1.), l’azione di annullamento
davanti al giudice amministrativo è soggetta – sulla falsariga del processo
civile – a tre condizioni fondamentali (titolo, interesse ad agire,
legittimazione attiva/passiva), che devono sussistere al momento della
proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione finale
(sotto tale angolazione si esclude correttamente che sia possibile esperire una
c.t.u. al fine di affermare o negare la sussistenza della legittimazione al
ricorso o di altra condizione dell’azione, cfr. Cons. St., Sez. V, 21 giugno
2013, n. 3404).
In aggiunta alle
argomentazioni della sentenza n. 4 del 2011, sempre avuto riguardo alla prima
delle condizioni dell’azione (ovvero il c.d. titolo o possibilità giuridica
dell’azione o legittimazione al ricorso), si osserva che la medesima non è
configurabile allorquando ricorrano le seguenti condizioni:
a) soprattutto in
materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto e affidamenti di
servizi, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel
senso che tale legittimazione deve essere correlata alla circostanza che
l’instaurazione del giudizio non solo sia proposta da chi è legittimato al
ricorso, ma anche che non appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di
mero fatto, pretese impossibili o contra ius (cfr. da ultimo,
sul principio generale e sulla sua applicazione in materia di gare di appalto,
Cons. St., Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6256; Sez. V, 31 ottobre 2013, n. 5247;
Sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5131; Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3084; Sez. V, 12
febbraio 2010, n. 746; Sez. V, 7 settembre 2009, n. 5244);
b) nessuna posizione di
interesse legittimo è enucleabile dall’esame della causa petendi di
un ricorso principale che si risolve, all’evidenza, nella richiesta di tutela
di un interesse materiale contra ius, (vedersi aggiudicata una gara
cui non si aveva titolo a partecipare), se messo in relazione alle norme ed ai
principi comunitari e nazionali che tutelano i valori della legalità, del
libero mercato e della concorrenza;
c) tale conclusione è
coerente con la funzione svolta dalle condizioni dell’azione nei processi di
parte, innervati come sono dal principio della domanda e dal suo corollario
rappresentato dal principio dispositivo; sul punto è sufficiente ricordare la
prevalente tesi (corroborata dalla più recente giurisprudenza delle Sezioni
unite della Corte di cassazione, cfr. 22 aprile 2013, n. 9685), secondo cui tali
condizioni (ed in particolare il c.d. titolo e l’interesse ad agire), assolvono
una funzione di filtro in chiave deflattiva delle domande proposte al giudice,
fino ad assumere l’aspetto di un controllo di meritevolezza dell’interesse
sostanziale in gioco, alla luce dei valori costituzionali ed internazionali
rilevanti, veicolati dalle clausole generali fondamentali sancite dagli artt.
24 e 111 Cost.; tale scrutinio di meritevolezza, costituisce, in quest’ottica,
espressione del più ampio divieto di abuso del processo, inteso come esercizio
dell’azione in forme eccedenti o devianti, rispetto alla tutela attribuita
dall’ordinamento, lesivo del principio del giusto processo apprezzato come
risposta alla domanda della parte secondo una logica che avversi ogni inutile e
perdurante appesantimento del giudizio al fine di approdare attraverso la
riduzione dei tempi della giustizia ad un processo che risulti anche giusto
(cfr. da ultimo, per il processo civile, Cass., Sez. un., 14 gennaio 2009, n.
553; per il processo amministrativo, Cons. St., Sez. V, 7 febbraio 2012, n.
656; Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 6537; sul divieto di condotte processuali
opportunistiche violative del dovere di mitigazione del danno ai sensi
dell’art. 1227 c.c., cfr. Ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3);
d) il punto di
equilibrio fra la tutela dell’interesse pubblico e la tutela degli interessi
privati, nel processo amministrativo dominato dal principio della domanda (retro §
8.3.3.), si coglie nei limiti delle norme che ne rappresentano il punto di emersione
a livello positivo: non esiste una disposizione che esoneri l’attore
dall’essere assistito dalle su menzionate condizioni dell’azione; pertanto, non
è possibile sostenere una esegesi della disciplina delle condizioni dell’azione
che dia vita ad una derogatoria giurisdizione di diritto oggettivo, contraria
all’ordinamento ed al principio di legalità; sul punto è sufficiente porre
mente alla circostanza che, accedendosi alla prospettazione dell’ordinanza di
rimessione, si dovrebbe negare, in presenza dell’assodata invalidità
dell’offerta aggiudicataria, la possibilità che il ricorrente principale
rinunci al ricorso; una tale eventualità potrebbe ritenersi legittima solo in
presenza di una espressa disposizione di legge capace di derogare al principio
dispositivo: a tal proposito, è emblematica sul piano storico, la vicenda
dell’art. 146, del codice dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42),
che, per un breve periodo (fino alla sostituzione del testo ad opera del d.lgs.
26 marzo 2008, n. 63), ha stabilito che il ricorso avente ad oggetto
l’autorizzazione paesaggistica è deciso anche se dopo la sua proposizione,
ovvero in grado d’appello, il ricorrente dichiari di rinunciare o di non avervi
più interesse; la breve esistenza della eccentrica disposizione conferma la
necessità che la legge deroghi espressamente agli immanenti principi della
domanda e dispositivo.
8.3.5. La sentenza
Fastweb, come in precedenza illustrato, ha introdotto una eccezione all’interno
del quadro unitario laboriosamente ricostruito dalla giurisprudenza (nazionale
e comunitaria).
E’ indubbio che, se
entrambe le offerte sono inficiate dal medesimo vizio che le rende
inammissibili, apparirebbe prima facie contrario
all’uguaglianza concorrenziale escludere solo l’offerta del ricorrente
principale, dichiarandone inammissibile il ricorso, e confermare invece
l’offerta dell’aggiudicatario ricorrente incidentale, benché suscettibile di
esclusione per la medesima ragione. Ma in realtà ciò avviene perché, essendo il
vizio fatto valere da entrambi i contendenti il medesimo, in concreto neppure
si pone un problema di esame prioritario del ricorso incidentale rispetto al
ricorso principale: prioritario, in questo peculiare caso, è l’esame del vizio;
se questo sussiste, entrambi i ricorsi devono essere accolti, se non sussiste
entrambi dovranno essere disattesi e l’aggiudicazione sarà confermata.
In apparenza, potrebbe
ritenersi che la sentenza Fastweb abbia introdotto una giurisdizione di tipo
oggettivo basata sul vizio dedotto e non sull’interesse a dedurlo. Al
contrario, la ratio della decisione Fastweb si fonda sul
principio di “parità delle armi”: questo fa si che, nel caso in cui il
ricorrente incidentale deduca il medesimo motivo escludente dedotto dal
ricorrente principale, venga meno l’asimmetria di origine procedimentale tra la
legittimazione a resistere dell’aggiudicatario, certa perché fondata sul
provvedimento impugnato, e la legittimazione a ricorrere del concorrente
pretermesso dall’aggiudicazione, incerta perché fondata su una posizione
legittimante che il ricorso incidentale può far venire meno.
L'identità del vizio,
nella sua consistenza fattuale e nella sua speculare deduzione da ambedue le
parti, comporta che il suo accertamento e la relativa decisione di accoglimento
siano automaticamente e logicamente predicabili indifferenttemente per l'una o
per l'altra parte del processo.
In altri termini,
l'unicità del vizio e l'unicità della verifica della sua sussistenza (coniugati
al principio immanente della parità delle parti ex art. 111 Cost.), non
consentono di trarre conseguenze opposte sia pure soltanto sul piano
processuale.
In tutte le altre
ipotesi (quelle cioè non caratterizzate dalla comunanza del motivo escludente),
la caduta dell’interesse del ricorrente principale ad ottenere tutela, rende
irrilevante esaminare (per lo meno in sede di ricorso giurisdizionale ad
istanza di parte, rimanendo fermo il potere di autotutela della stazione
appaltante il cui esercizio richiederà un vaglio rigoroso in presenza di una
causa di esclusione dell’impresa aggiudicataria), se l’intervenuta
aggiudicazione sia, sotto altri profili, conforme o meno al diritto ovvero se
sussistano vizi della procedura (cui il ricorrente non aveva titolo a
partecipare), capaci di travolgere l’intera gara.
8.3.6. Si tratta adesso
di stabilire quando ricorre l’eccezione definita dalla sentenza Fastweb, ovvero
quando si configuri l’identità del vizio (e quindi del motivo) escludente che
affligge entrambe le offerte delle uniche due imprese rimaste in gara.
Sul punto l’Adunanza
ritiene che si debba utilizzare un criterio che, nel rispetto delle vincolanti
indicazioni provenienti dalla Corte del Lussemburgo, contemperi la natura
eccezionale della regula iuris forgiata dalla sentenza
Fastweb, le esigenze di uguaglianza ed equità sostanziali di cui sono
portatrici le imprese in gara, le ragioni di certezza del diritto e di pronta
soluzione dell’accertamento demandato al giudice, le caratteristiche dello
sviluppo del procedimento amministrativo posto in essere dalla stazione
appaltante e gli interessi sostanziali presidiati dalle varie cause di
esclusione.
8.3.6.1. Facendo
applicazione dei menzionati criteri, deve escludersi che il <<motivo
identico>> possa essere individuato equiparando l'identità della causa
(del vizio escludente) all'identità dell'effetto (escludente).
In questa esegesi,
infatti, non rileverebbe tanto il motivo o la causa per cui è stata disposta
l'esclusione, quanto la conseguenza che ne è derivata e cioè appunto
l'esclusione.
Questa conclusione in
pratica ricondurrebbe la questione nell'alveo della teoria (rifiutata dalla
Corte di giustizia e dall’Adunanza plenaria), dell'incondizionato
riconoscimento dell'interesse strumentale.
Come in precedenza
illustrato, l’esegesi basata sull'identità dell'effetto è da escludersi in base
allo stesso testuale tenore della sentenza Fastweb la quale - ripetesi - non
ripudia i propri precedenti ma, al contrario, si limita ad enunciare una
singola eccezione.
L'eccezione è
testualmente riconducibile quindi non già all'effetto (esclusione) bensì alla
causa dell'esclusione, causa che deve essere identica sia per il ricorrente
principale che per l'incidentale.
Che si tratti della
causa generatrice dell'effetto non pare dubbio e ciò si evince anche esaminando
il testo della decisione Fastweb in lingue diverse dall'italiano: nel testo
francese si fa riferimento a <<motifs de nature identique>>;
nel testo inglese si parla di offerta contestata nello stesso procedimento
<<and on identical grounds>>; nel testo spagnolo si specifica <<por
motivos de naturaleza idéntica>>.
Le parole <<motivo,
motifs, grounds, motivos>> fanno riferimento non già all'effetto
bensì alla causa che ha dato luogo all'esclusione.
Resta da stabilire il
significato dell'identità e cioè se si tratti di identità in senso stretto
(quasi una riproposizione speculare dello stesso motivo del ricorrente
principale), ovvero se e in che misura possano variare i presupposti di fatto o
di diritto.
Il testo italiano
potrebbe legittimare l'identità in senso stretto, ma non così le versioni nelle
altre lingue che sembrano ricollegare l'identità più che all'aspetto formale
all'aspetto sostanziale ovvero alla <<natura del motivo>> ed
all'interesse sottostante alla disposizione che lo prevede.
Pertanto, deve ritenersi
comune la causa di esclusione che afferisce alla medesima sub fase del segmento
procedimentale destinato all’accertamento del titolo di ammissione alla gara
dell’impresa e della sua offerta, correlando le sorti delle due concorrenti in
una situazione di simmetria invalidante: in quest’ottica deve escludersi che si
richieda l’assoluta identità causale del vizio.
Tale esegesi, da un
lato, è conforme al tenore testuale della sentenza (anche nelle versioni in
lingua francese, inglese, spagnola), ed al contesto procedimentale all’interno
del quale è stata resa (due offerte accomunate dalla carenza di elementi
tecnici essenziali, perché previsti a pena di esclusione, ma di differente
contenuto); dall’altro, è coerente, sotto il profilo diacronico ed
organizzativo, con l’attività posta in essere dalla stazione appaltante nelle
sue varie articolazioni (in particolare responsabile del procedimento e
commissione o seggio di gara).
8.3.6.2. Devono, in
definitiva, considerarsi comuni, ai fini individuati dalla sentenza Fastweb, i
vizi ricompresi esclusivamente all’interno delle seguenti tre, alternative,
categorie:
a) tempestività della
domanda ed integrità dei plichi (trattandosi in ordine cronologico e logico dei
primi parametri di validazione del titolo di ammissione alla gara);
b) requisiti soggettivi
generali e speciali di partecipazione dell’impresa (comprensivi dei requisiti
economici, finanziari, tecnici, organizzativi e di qualificazione);
c) carenza di elementi
essenziali dell’offerta previsti a pena di esclusione (comprensiva delle
ipotesi di incertezza assoluta del contenuto dell’offerta o della sua
provenienza).
Esemplificando, sono
identici - e dunque consentono l’esame incrociato e l’eventuale accoglimento di
entrambi i ricorsi (principale ed incidentale), con la consequenziale
esclusione dalla gara degli unici due contendenti – solo i vizi che afferiscono
alla medesima categoria.
Si pensi all’ipotesi in
cui tali vizi (ed i correlati motivi di impugnazione), scaturiscano entrambi
dalla intempestività della domanda ovvero da quest’ultima e dalla non integrità
del plico; all’ipotesi della mancanza della qualificazione per la richiesta
categoria di lavori dell’impresa ricorrente principale che si confronti con la
mancanza di un requisito di affidabilità morale dell’impresa aggiudicataria
ricorrente incidentale.
Viceversa non soddisfano
il requisito di simmetria escludente (perché non si pongono in una relazione di
corrispondenza biunivoca), come richiesto dalla sentenza Fastweb, e dunque
impediscono l’esame congiunto del ricorso principale ed incidentale, i vizi
sussumibili in diverse categorie: ad esempio, la dedotta (nel ricorso
incidentale) intempestività della domanda dell’impresa non aggiudicataria, a
fronte della dedotta (nel ricorso principale) carenza di un requisito economico
dell’impresa aggiudicataria.
8.3.7. Per completezza
si evidenzia che nei casi come quello sottoposto alla Adunanza plenaria, non è
configurabile neppure l’interesse ad agire sancito dall’art. 100 c.p.c., da
sempre considerato applicabile al processo amministrativo ora anche in virtù
del rinvio esterno operato dall’art. 39, co. 1, c.p.a.
L’interesse ad agire è
scolpito nella sua tradizionale definizione di “bisogno di tutela
giurisdizionale”, nel senso che il ricorso al giudice deve presentarsi come
indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto lesivo; è dunque
espressione di economia processuale, manifestando l’esigenza che il ricorso
alla giustizia rappresenti extrema ratio; da qui i suoi caratteri
essenziali costituiti dalla concretezza ed attualità del danno (anche in
termini di probabilità), alla posizione soggettiva di cui si invoca tutela;
esso resta logicamente escluso quando sia strumentale alla definizione di
questioni correlate a situazioni future e incerte perché meramente ipotetiche.
In questi casi, posto
che il ricorrente principale è privo della possibilità giuridica, per tutte le
ragioni anzi dette, di risultare aggiudicatario della specifica gara cui ha in
concreto partecipato (anche in caso di rinnovo pedissequo della medesima in
quanto permarrebbe il medesimo sbarramento), egli dovrebbe auspicare che
l’Amministrazione indica una nuova gara, mutandone termini e condizioni, in
modo tale da consentirgli di partecipare; ma, di norma, la stazione appaltante
non ha un obbligo di tal fatta anche in presenza dell’annullamento di tutti gli
atti della procedura, sicché tale pretesa si rivela per quello che è, ovvero,
una mera speranza al riesercizio futuro ed eventuale del potere amministrativo,
inidonea a configurare l’interesse ad agire.
8.4. In conclusione,
avuto riguardo alla quarta questione sottoposta all’adunanza plenaria, devono
enunciarsi i seguenti principi di diritto:
a) <<il giudice ha
il dovere di decidere la controversia, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., secondo l’ordine logico che, di
regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto
alle questioni di merito e, fra le prime, la priorità dell’accertamento della
ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni
dell’azione>>;
b) <<nel giudizio
di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato
prioritariamente rispetto al ricorso principale il ricorso incidentale
escludente che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente
principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai partecipato
alla gara, o che vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso ovvero che
avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione;
tuttavia, l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di
economia processuale, qualora risulti manifestamente infondato, inammissibile,
irricevibile o improcedibile>>;
c) <<nel giudizio
di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, il ricorso incidentale non
va esaminato prima del ricorso principale allorquando non presenti carattere
escludente; tale evenienza si verifica se il ricorso incidentale censuri
valutazioni ed operazioni di gara svolte dall’amministrazione nel presupposto
della regolare partecipazione alla procedura del ricorrente principale>>;
d) <<nel giudizio
di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, sussiste la legittimazione
del ricorrente in via principale - estromesso per atto dell’Amministrazione
ovvero nel corso del giudizio, a seguito dell’accoglimento del ricorso
incidentale - ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore del solo
concorrente rimasto in gara, esclusivamente quando le due offerte siano affette
da vizio afferente la medesima fase procedimentale come precisato in
motivazione>>.
9. L’Adunanza plenaria
restituisce gli atti alla VI Sezione del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art.
99, co. 1, ultimo periodo, e 4, c.p.a., affinché si pronunci sull’appello
principale della ditta Palumbo ed eventualmente su quello incidentale della ditta
Navale nel rispetto dei seguenti principi di diritto:
a) <<l’art.
4, co. 2, lett. d), nn. 1 e 2, d.l. 13 maggio 2011, n. 70 - Semestre Europeo -
Prime disposizioni urgenti per l'economia - che ha aggiunto l'inciso
<<Tassatività delle cause di esclusione>> nella rubrica
dell'articolo 46, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n.
163), e nel corpo dello stesso ha inserito il comma 1-bis - non costituisce una
norma di interpretazione autentica e, pertanto, non ha effetti retroattivi e
trova esclusiva applicazione alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano
pubblicati (nonché alle procedure senza bandi o avvisi, i cui inviti siano
inviati), successivamente al 14 maggio 2011, data di entrata in vigore del d.l.
n. 70 del 2011>>;
b) <<il
principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co.
1-bis, codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), si
applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal medesimo
codice>>;
c) <<sono
legittime ai sensi dell’art. 46, co. 1-bis, codice dei contratti pubblici
(d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), le clausole dei bandi di gara che prevedono
adempimenti a pena di esclusione, anche se di carattere formale, purché
conformi ai tassativi casi contemplati dal medesimo comma, nonché dalle altre
disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e
delle leggi statali>>;
d) <<nelle
procedure di gara disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il “potere di
soccorso” sancito dall’art. 46, co.1, del medesimo codice (d.lgs. 12 aprile
2006, n. 163) - sostanziandosi unicamente nel dovere della stazione appaltante
di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di
completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione,
chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire
interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei
concorrenti - non consente la produzione tardiva del documento o della
dichiarazione mancante o la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti
siano previsti a pena di esclusione dal codice dei contratti pubblici, dal
regolamento di esecuzione e dalle leggi statali>>;
e) <<nelle
procedure di gara non disciplinate dal codice dei contratti pubblici, il
“potere di soccorso” sancito dall’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n.
241, costituisce parametro per lo scrutinio della legittimità della legge di
gara che, in assenza di una corrispondente previsione normativa, stabilisca la
sanzione della esclusione; conseguentemente, è illegittima - per violazione
dell’art. 6, co. 1, lett. b), l. 7 agosto 1990, n. 241, nonché sotto il profilo
della manifesta sproporzione - la clausola della legge di gara che disciplina
una procedura diversa da quelle di massa, nella parte in cui commina la
sanzione della esclusione per l’inosservanza di una prescrizione meramente
formale >>;
f) <<il
giudice ha il dovere di decidere la controversia, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., secondo l’ordine
logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di
rito rispetto alle questioni di merito e, fra le prime, la priorità
dell’accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni
dell’azione>>;
g) <<nel
giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere
esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale il ricorso
incidentale escludente che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione
del ricorrente principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai
partecipato alla gara, o che vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso
ovvero che avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore
dell’amministrazione; tuttavia, l’esame prioritario del ricorso principale è
ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora risulti manifestamente
infondato, inammissibile, irricevibile o improcedibile>>;
h) <<nel
giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, il ricorso
incidentale non và esaminato prima del ricorso principale allorquando non
presenti carattere escludente; tale evenienza si verifica se il ricorso
incidentale censuri valutazioni ed operazioni di gara svolte
dall’amministrazione nel presupposto della regolare partecipazione alla
procedura del ricorrente principale>>;
i) <<nel
giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, sussiste la
legittimazione del ricorrente in via principale - estromesso per atto
dell’Amministrazione ovvero nel corso del giudizio, a seguito dell’accoglimento
del ricorso incidentale - ad impugnare l’aggiudicazione disposta a favore del
solo concorrente rimasto in gara, esclusivamente quando le due offerte siano
affette da vizio afferente la medesima fase procedimentale come precisato in
motivazione>>.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando
sull'appello, come in epigrafe proposto:
a) formula i principi di
diritto di cui in motivazione;
b) restituisce gli atti
alla VI Sezione del Consiglio di Stato per ogni ulteriore statuizione, in rito,
nel merito nonché sulle spese del giudizio.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma
nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2013 con l'intervento dei
magistrati:
Giorgio Giovannini,
Presidente
Riccardo Virgilio,
Presidente
Pier Giorgio Lignani,
Presidente
Stefano Baccarini,
Presidente
Alessandro Pajno,
Presidente
Marzio Branca,
Consigliere
Vito Poli, Consigliere,
Estensore
Francesco Caringella,
Consigliere
Maurizio Meschino,
Consigliere
Nicola Russo,
Consigliere
Bruno Rosario Polito,
Consigliere
Vittorio Stelo,
Consigliere
Roberto Giovagnoli,
Consigliere
|
||
|
||
IL
PRESIDENTE
|
||
|
||
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||
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||
L'ESTENSORE
|
IL
SEGRETARIO
|
|
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|
||
|
||
|
||
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/02/2014
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione
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