APPALTI:
l'eterointegrazione precettiva
del bando di gara
(Cons. St., Sez. III,
sentenza 2 settembre 2013 n. 4364).
Massima
Nei riguardi del regolamento di gara pubblica non è applicabile il principio
dell'inserzione automatica di clausole imposte dalla legge (ossia dell'eterointegrazione negoziale di cui all'art. 1339 c.c.), essendo questa
giustificata solo dall'esigenza, inconfigurabile nella fase procedimentale di
scelta del contraente della Pubblica amministrazione, di prevedere un
meccanismo che garantisca l'applicazione ai contratti già stipulati delle norme
inderogabili che impongono il contenuto delle obbligazioni e dei diritti
nascenti dall'accordo e la contestuale conservazione della validità e
dell'efficacia di quest'ultimo.
Sentenza
per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3679 del 2013,
proposto da:
Fresenius Kabi Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, n. 142;
Fresenius Kabi Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Giuseppe Franco Ferrari in Roma, via di Ripetta, n. 142;
contro
Azienda Sanitaria Locale di Lecce (A.S.L. Lecce);
nei confronti di
B. Braun Milano s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.
Michele Maria Mancini, dall’Avv. Paolo Caruso e dall’Avv. Luigi Manzi, con
domicilio eletto presso lo stesso Avv. Luigi Manzi in Roma, via Confalonieri,
n. 5;
Baxter s.p.a.;
Baxter s.p.a.;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA
DI LECCE: SEZIONE II n. 00339/2013, resa tra le parti, concernente
l’affidamento della fornitura triennale in regime di somministrazione di
galenici, soluzioni infusionali e nutrizione parenterale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di B Braun
Milano s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 luglio
2013 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Ferrari, l’Avv.
Mancini e l’Avv. Mazzeo su delega dell’Avv. Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO
e DIRITTO
1. Con deliberazione n. 212 del 4.4.2012 la A.S.L. di
Lecce ha indetto una procedura aperta per l’aggiudicazione della fornitura
triennale di galenici, soluzioni infusionali, nutrizione parenterale, necessari
alle strutture della medesima A.S.L.
2. La gara è stata suddivisa in lotti (c.d. voci), nel
numero di 166, alcuni dei quali ulteriormente distinti in sottovoci (n. 69 e n.
73).
3. Il criterio di aggiudicazione prescelto in generale
dalla stazione appaltante era quello del prezzo più basso, ad eccezione di
alcune voci, tra le quali le voci n. 13, n. 69 e n. 73, aggiudicate con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
4. La voce n. 13 è stata aggiudicata a Baxter s.p.a.;
il prodotto sub c) della voce n. 69 e quelli sub b)
e c) della voce n. 73 sono stati aggiudicati a B. Braun Milano s.p.a.; i
prodotti sub a) e b) della voce n. 69 e quelli sub a)
della voce n. 73 sono stati aggiudicati a Fresenius Kabi Italia s.r.l.
5. Avverso gli atti di gara e, in particolare, di
aggiudicazione ha proposto ricorso avanti al T.A.R. Puglia, sezione staccata di
Lecce, Fresenius Kabi Italia s.r.l., deducendone diversi vizi di illegittimità,
e ne ha chiesto l’annullamento, con conseguente declaratoria di inefficacia dei
contratti stipulati dalla A.S.L. con Baxter s.p.a. e B. Braun Milano s.p.a. e,
in ogni caso, con condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del
danno.
6. Si sono costituite nel giudizio di primo grado le
controinteressate Baxter s.p.a. e B. Braun Milano s.p.a., chiedendo la
reiezione del ricorso avversario.
7. Il T.A.R. Puglia, sezione staccata di Lecce, con la
sentenza n. 339 del 15.2.2013, ha respinto il ricorso proposto da Fresenius
Kabi Italia s.p.a., compensando le spese del giudizio per la complessità delle
questioni esaminate.
8. Avverso tale sentenza ha proposto appello Fresenius
Kabi Italia s.p.a., formulando quattro distinti motivi disattesi dal primo
giudice, e ne ha chiesto, previa sospensione in via cautelare, la riforma, con
accoglimento delle domande proposte in prime cure.
9. Si è costituita nella presente fase di giudizio la
sola appellata B. Braun Milano s.p.a., chiedendo la reiezione dell’avversario
gravame.
10. Nella camera di consiglio del 7.6.2013, fissata
per l’esame dell’istanza incidentale di sospensione proposta dall’appellante,
il Collegio, ritenuto di dover procedere alla sollecita definizione del merito,
ha rinviato la causa alla pubblica udienza del 12.7.2013.
11. Alla pubblica udienza del 12.7.2013 il Collegio,
uditi i difensori, ha trattenuto la causa in decisione.
12. L’appello va respinto.
13. Fresenius Kabi Italia s.p.a. ha inteso riproporre,
anzitutto, un motivo di doglianza, di portata generale, che investe lo
svolgimento della procedura per le voci nn. 69 e 73, in ordine alle quali la
stazione appaltante ha dato corso a distinte gare e successive aggiudicazioni
per ogni singola sottovoce nella quale si articolavano le citate voci.
14. Le voci nn. 69 e 73, come ricorda infatti la
stessa appellante, sono voci composite, articolate ciascuna in 3 sottovoci in
ragione della diversa volumetria della sacca di emulsione richiesta dalla
stazione appaltante.
15. Fresenius Kabi Italia s.r.l. ha dedotto, in primo
grado, e ripropone ora, tra i motivi di appello, il carattere unitario della
competizione per complessiva voce, assumendo quindi che sia illegittimo
l’espletamento, da parte della A.S.L., di distinte gare per le distinte
sottovoci.
16. Il T.A.R. ha disatteso tale censura, fondando il
proprio convincimento su due diversi, e concorrenti, ordini di ragioni.
16.1. Il primo, in sintesi, attiene alla mancata
espressa previsione di una sanzione di esclusione dalla competizione per voce
in presenza di una difformità del prodotto offerto dal concorrente rispetto ad
una sola sottovoce.
16.2. Il secondo, invece, sottolinea la compressione
della concorrenza alla quale darebbe luogo la tesi propugnata dall’odierna
appellante, tesi eccessivamente restrittiva che, quindi, precluderebbe alle
concorrenti di partecipare alla competizione per ogni singola sottovoce.
17. Avverso tali argomentazioni, espresse dal primo
giudice, Fresenius Kabi Italia s.r.l. muove una critica di fondo, intesa a
ribadire il preteso carattere unitario della competizione per le voci nn. 69 e
73.
17.1. In particolare, sostiene l’appellante, la legge
di gara non si presterebbe a fraintendimenti sul carattere unitario della
competizione per le voci nn. 69 e 73, sia pure entrambe articolate in
sottovoci.
17.2. La ragione sarebbe da individuarsi nell’esigenza
di garantire la continuità terapeutica nell’uso delle sacche.
17.3. Nei casi in cui la stazione appaltante ha inteso
indire separate competizioni in ragione della diversa volumetria dei prodotti,
sostiene ancora l’appellante, li ha inclusi in voci distinte, come ad esempio
per le voci nn. 52, 53, 54, 61, 62, ecc.
17.4. Ciò implicherebbe la ritualità dell’esclusione
del concorrente dalla competizione per l’intera voce del componente che non
risponda singulatim anche solo per una singola sottovoce che
la compone.
17.5. Non sarebbe quindi necessaria, secondo
l’appellante, nemmeno una sanzione di esclusione ad hoc, posto che
rientra nelle ordinarie e logiche implicazioni della lex specialis l’estromissione
del concorrente che offra un pacchetto di prodotti non coerenti in toto con
le prescrizioni di gara.
17.6. Risulterebbero pertanto ultronei e inconferenti
i riferimenti del primo giudice ai principi della par condicio dei
concorrenti e all’esigenza di tutela della concorrenza, che invece sarebbero
compromessi proprio da un travisamento del dato letterale della legge di gara.
18. La tesi dell’appellante, pur suggestiva e sorretta
da acute argomentazioni, non persuade.
18.1. Bene ha rilevato il T.A.R. che proprio in
considerazione del fatto che non vi sia una espressa previsione, nella lex
specialis, di esclusione dell’offerta per l’intera voce, nell’ipotesi di
difformità del prodotto anche per una soltanto delle sottovoci, si deve
ritenere che non vi sia alcun ostacolo a disporre l’aggiudicazione per singole
sottovoci.
18.2. Il disciplinare di gara ha invero previsto,
all’art. 2.1., che l’aggiudicazione sarebbe avvenuta per ciascuna voce di gara
in favore del soggetto che avrebbe presentato l’offerta al prezzo più basso, ad
eccezione di alcune voci, tra le quali la n. 69 e la n. 73, la cui
aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa.
18. Ora è vero, come sostiene l’appellante, che il
disciplinare di gara fa riferimento solo all’aggiudicazione delle voci, che
ammontano nel complesso a 166, senza mai menzionare le sottovoci, ma non può e
deve nemmeno trascurarsi la natura composita delle voci n. 69 e n. 73, che
comprendono più sacche di miscela nutrizionali, diversificate in relazione alla
differente volumetria.
19. Non può essere precluso alla stazione appaltante,
allora, procedere all’aggiudicazione frazionata della voce in relazione alle
diverse tipologie di sacche, distinte per volumetria, laddove la voce, in
realtà, sia composita e si articoli in sottovoci funzionalmente distinte,
richiedendo da parte di ogni singolo concorrente la presentazione di tre
distinte offerte, tecniche ed economiche, per ogni tipologia di prodotto che
viene contemplato dalla stessa voce.
19.1. Si tratta, in buona sostanza, di un problema di
interpretazione del bando.
Il problema, tuttavia, è stato posto e sollevato solo
da Fresenius e solo a posteriori, nel momento cioè in cui l’esito
della gara l’ha indotta ad escogitare una tesi strumentale per ottenere
l’invalidazione in parte qua del procedimento e la sua
rinnovazione.
Ed invero l’A.S.L., nel corso della gara, aveva
mostrato chiaramente di trattare distintamente le singole sottovoci, come se si
trattasse di altrettante voci autonome; lo ha fatto, ad esempio, quando in sede
di chiarimenti resi prima della presentazione delle offerte ha precisato che
solo con riferimento alla sottovoceb) della voce 69 avrebbe
accettato una tolleranza di un +/- 20%.
19.2. Non appariva dunque dubbio, sin dall’inizio,
che, nonostante taluni lotti fossero non fossero numerati come autonomi, ma
fossero distinti con una sottonumerazione delle voci n. 69 e n. 73, i prodotti
richiesti in esse potessero e, anzi, dovessero essere oggetto di distinte
valutazioni e, quindi, aggiudicazioni.
20. E tanto si evince, del resto, dallo stesso
comportamento delle concorrenti, inclusa la stessa Fresenius Kabi Italia s.r.l.
(cfr. doc. 18 fasc. parte ricorrente in prime cure), che hanno presentato
tutte, in ossequio a quanto richiesto dalla lex specialis, una
offerta tecnica e, successivamente, economica con distinti prezzi in relazione
alle tre diverse tipologie di sacche, mostrando di avere perfettamente inteso
che – nonostante la formale unicità di numerazione delle voci n. 69 e n. 73 –
le sottovoci identificassero altrettanti lotti, destinati a formare oggetto,
come poi è regolarmente avvenuto, di una distinta valutazione e di una distinta
aggiudicazione.
21. La scelta dell’ente appaltante di articolare in
tal modo l’individuazione dei lotti di gara riflette, evidentemente scelte
tecnico-discrezionali forse opinabili (come sono del resto tutte le scelte
tecnico-discrezionali) ma certamente non tanto irragionevoli da dover essere
giudicate illegittime. Semmai si richiedeva che il bando fosse chiaro sul
punto, in modo da evitare incertezze ed equivoci nello svolgimento della gara;
ma come si è visto la formulazione del bando era sufficientemente chiara e non
ha dato luogo ad inconvenienti, a parte la capziosa argomentazione a
posteriori della ricorrente Fresenius.
Il modus procedendi della stazione
appaltante, nel procedere a distinte aggiudicazioni per le tre diverse
tipologie di sacche, non appare allora né erroneo né contrario alle
prescrizioni della lex specialis, ma anzi rispettoso, nella
sostanza, della incontestabile diversità funzionale dei prodotti, pur accorpati
in una singola voce, per loro natura destinati a soddisfare divergenti e (crescenti)
esigenze terapeutiche, sicché il frazionamento del lotto in sublotti, con
distinte valutazioni e aggiudicazioni per ognuno di essi, è conforme sia al
contenuto sostanziale dell’appalto, per l’oggettiva diversità delle sacche, sia
al principio della massima partecipazione in ordine a ciascuna di esse, senza
che il giudizio sull’una influisca o condizioni il giudizio sull’altra.
22. Della sostanziale diversità delle singole sacche
si mostra avvertita, del resto, la stessa appellante allorché, per giustificare
l’inclusione delle tre sacche in un’unica voce, richiama – e non del tutto
infondatamente – l’esigenza di garantire la continuità terapeutica del paziente
nel caso in cui necessiti di ulteriori infusioni parenterali, che implichino il
ricorso a sacche con volumetrie differenti (p. 9 del ricorso in appello).
23. Non vi è dubbio, infatti, che la richiesta, da
parte della A.S.L., di distinte sacche con volumetria maggiore risponda proprio
a tale esigenza di garantire un apporto nutrizionale via via più consistente al
paziente che per accresciuti bisogni di apporto nutrizionale ne necessiti.
24. Ma questa esigenza non impone, come pretende
l’appellante, che tutte e tre le diverse tipologie di sacca debbano essere
aggiudicate allo stesso offerente per il sol fatto di essere accorpate in unica
voce, se è vero, come è vero, che gli stessi concorrenti hanno interpretato,
nelle loro offerte, la previsione della lex specialisquale,
appunto, essa in effetti era e non poteva non essere e, cioè, la richiesta di tre
distinte sacche di differente volumetria per distinte esigenze nutrizionali,
con conseguente autonoma valutazione delle stesse.
25. E del resto, adottando l’interpretazione
dell’appellante, tutte le esigenze sottese alla previsione della lex
specialis sarebbero rimaste frustrate laddove nessuno dei concorrenti
avesse offerto un prodotto adeguato per tutte le tipologie di sacche, mentre
appare più ragionevole e rispondente a tali vitali esigenze di ordine
sanitario, proprio per la indispensabilità della nutrizione parenterale, prima
ancora che al non meno fondamentale principio del favor partecipationis richiamato
dal primo giudice, ritenere, come ha fatto la stazione appaltante, che potesse
essere ammessa a concorrere anche un’impresa che avesse presentato un’offerta
adeguata per una o anche due delle tipologie di sacca, assicurando almeno in
ordine ad una o due di esse la fornitura del prodotto, anziché per ipotesi
escludere tutte le imprese che non avessero presentato tutte e tre le tipologie
di sacche adeguate.
26. Non risulta per altro verso dimostrato l’assunto
dell’appellante, che il principio di continuità terapeutica imporrebbe
all’A.S.L. di servirsi del medesimo prodotto, fornito dalla stessa impresa, per
evitare il rischio di emulsioni differenti nelle sacche di differente
volumetria.
27. Come non ha mancato di osservare il giudice di
prime cure, infatti, la continuità terapeutica, salva ovviamente diversa e
specifica indicazione medica, ben può essere garantita, infatti, dall’impiego
di sacche con volumi diversi, provenienti da produttori differenti, il cui
contenuto nutrizionale è, peraltro, del tutto analogo.
28. Ne segue che, per tutti gli esposti motivi, il
motivo di censura proposto dall’appellante, che ha un indubbio valore di
presupposto logico preliminare rispetto a tutti gli altri, non può ritenersi
condivisibile e deve essere disatteso.
29. Tanto premesso, a livello generale, sul carattere
non unitario delle voci n. 69 e n. 73, per tutti i motivi sin qui esposti, il
Collegio deve ora procedere alla disamina dei singoli motivi di censura
concernenti l’aggiudicazione delle singole voci (o sottovoci).
30. L’appellante contesta, anzitutto, l’aggiudicazione
delle sottovoci b) e c) della voce n. 73 a B.
Braun Milano s.p.a., lamentando la mancata doverosa estromissione dell’offerta
presentata dall’aggiudicataria.
31. Fresenius Kabi Italia s.r.l. assume, in
particolare, la difformità dei prodotti offerti da B. Braun Milano s.p.a.
rispetto alle prescrizioni di gara; deduce l’impossibilità di far ricorso ad un
giudizio di equivalenza terapeutica in presenza di rigide prescrizioni previste
dalla lex specialis e sostiene, in ogni caso, il carattere
viziato del giudizio espresso dalla stazione appaltante.
32. Le critiche dell’appellante si focalizzano preliminarmente
e prevalentemente sull’ammissione dell’offerta di B. Braun Milano s.p.a.,
nonostante essa abbia presentato un prodotto, il NutriPeri Lipid, che ha
un’osmolarità pari a 840 mOsm/L, superiore al limite di 800 mOsm/L imposto
dalla stessa stazione appaltante.
32.1. Ad avviso di Fresenius Kabi Italia s.p.a.,
invece, la stazione appaltante avrebbe dovuto, sol per questo, escludere B.
Braun Milano s.p.a. dalla gara, non potendo sottrarsi all’autovincolo che essa
stessa si era posta nella lex specialis.
33. Il T.A.R. ha respinto tale censura, ritenendo che
nel caso di specie debbano trovare applicazione le norme che si rinvengono
nella disposizione dell’art. 68, commi 2 e 4, del d. lgs. 163/2006, espressiva
del più generale principio di equivalenza.
33.1. Il giudice di prime cure, proprio richiamando
tale fondamentale principio, ha sottolineato, in punto di diritto, che le
specifiche tecniche indicate nella lex specialis, relative al
prodotto oggetto di gara, devono consentire pari accesso agli offerenti e non
devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura dei
contratti pubblici alla più ampia concorrenza possibile.
33.2. La stazione appaltante, secondo quanto prevede
appunto l’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006, non potrebbe così respingere
un’offerta per il motivo che i prodotti e i servizi offerti non siano conformi
alle specifiche di riferimento, se nell’offerta stessa è data prova, con
qualsiasi mezzo appropriato, che le soluzioni proposte corrispondono in maniera
equivalente ai requisiti richiesti dalle specifiche tecniche.
33.3. Tale previsione non è che il corollario del
cennato principio di equivalenza, in virtù del quale non può essere escluso
dalla gara l’operatore economico che offra un prodotto che, seppur non corrispondente
ai requisiti di natura tecnica indicati dalla lex specialis,
garantisce comunque la medesima prestazione e il medesimo risultato preteso
dalla stazione appaltante.
33.4. Nel caso di specie, ha rilevato il primo
giudice, B. Braun Milano s.p.a. ha presentato, a corredo della propria offerta
tecnica, diversi documenti scientifici, provenienti da fonti autorevoli e
dotate di largo credito sul piano internazionale, come le Linee Guida europee
ed americane, secondo le quali il limite massimo di osmolarità consentito, per
un prodotto quale quello richiesto dalla stazione appaltante, è pari ad 850
mosm/L.
33.5. Il T.A.R. ne ha concluso che del tutto
ragionevolmente la Commissione, ritenuta idonea la documentazione presentata al
fine di dimostrare l’equivalenza dei prodotti in gara, ha ammesso il prodotto
presentato da B. Braun Milano s.p.a., anche tenendo conto del fatto che il
prodotto NutriPeri Lipid ha ottenuto “analoga registrazione AIFA con stesse
indicazioni terapeutiche e stessa classe ATC” rispetto alle altre due
specialità in gara (deliberazione n. 1025 del 7.6.2012).
33.6. Il primo giudice non ha mancato di rilevare, a
conclusione dell’iter logico seguito nella propria decisione, che
l’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006 costituisce una norma imperativa, per
la quale opera il principio di eterointegrazione, che trova applicazione
indipendentemente dal mancato riferimento a tale norma nella lex
specialis.
34. Proprio da tale ultimo e invero marginale accenno
all’eterointegrazione prende le mosse e si sviluppa il motivo di critica più
consistente e più radicale svolto dall’appellante, che contesta in punto di
diritto l’applicazione dell’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006, in mancanza
di un espresso riferimento della lex specialisal principio di
equivalenza, sulla base del meccanismo dell’eterointegrazione precettiva.
34.1. Sostiene più in particolare Fresenius Kabi
Italia s.r.l. che il ricorso all’eterointegrazione precettiva, con un modus
operandi analogo a quello degli artt. 1339 e 1374 c.c., non si
giustificherebbe in un caso, come quello qui disaminato, nel quale non si
tratta di integrare un regolamento lacunoso, ma di inserire una clausola di
equivalenza, non espressamente prevista dal bando e dal capitolato, per
ampliare la sfera dei potenziali concorrenti ai fini dell’aggiudicazione.
34.2. Ammettere in questi casi un’eterointegrazione
precettiva, sostiene in definitiva l’appellante (p. 16 del ricorso), finirebbe
per pregiudicare la stessa riserva di amministrazione anche quando la stazione
appaltante non ha inteso ammettere alla gara prodotti aventi caratteristiche
equivalenti a quelle espressamente richieste.
35. L‘argomentazione difensiva dell’appellante, pur
contenendo taluni elementi di verità, non appare tuttavia persuasiva.
35.1. Si può certo convenire in linea di principio con
l’appellante quando essa sottolinea l’improprietà del riferimento al meccanismo
dell’eterointegrazione precettiva al cospetto di un’ipotesi di applicazione del
principio di equivalenza, sancito dall’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006.
35.2. Si tratta di due istituti differenti, aventi
requisiti e, soprattutto, finalità non assimilabili, nemmeno in via analogica.
35.3. Il meccanismo dell’eterointegrazione ha origine
e trova la sua collocazione sistematica e il suo terreno d’elezione nel diritto
privato, che contempla, accanto alla fonte principale dell’autonomia
contrattuale, la volontà delle parti, quelle che la più autorevole dottrina
civilistica ha chiamato le cc.dd. fonti eteronome da
individuarsi, secondo la definizione dell’art. 1374 c.c., nella legge o, in
mancanza, negli usi e nell’equità.
35.4. L’autonomia privata, che certo assume un ruolo
centrale e propulsivo in tutto il diritto delle obbligazioni e dei contratti,
non è in altri termini fonte esclusiva e assoluta del regolamento negoziale,
essendo pur essa soggetta ai limiti previsti dalla legge (e dalle altre fonti
del diritto privato), sicché il regolamento negoziale, quale regola obiettiva
del concreto assetto di interessi divisato dalle parti, è costituito e
integrato anche da tutte quelle regole cogenti, esterne alla volontà dei
contraenti ed eventualmente da questa difformi, dettate dalla legge o dalle
altre fonti.
35.5. Tra queste regole quelle aventi natura
imperativa sono capaci di imporsi alla volontà dei contraenti e di costituire
parte del regolamento negoziale, anche sostituendosi alla diversa
regolamentazione voluta dalle parti.
35.6. Opera, in questo senso e a questo fine, proprio
il meccanismo di inserzione automatica delle clausole e delle condizioni
imposte dalla legge, previsto dagli artt. 1319 e 1419 c.c., in luogo di quelle
nulle, volute dalle parti, perché in contrasto con le norme imperative.
36. Ben diversa e non assimilabile a quella testé
descritta, però, è l’ipotesi della c.d. clausola di equivalenza, la quale non è
un principio che si imponga ab externoalla discrezionalità
dell’amministrazione e ne integri, in funzione correttiva/sostitutiva, le
regole autonomamente stabilite dalla stazione appaltante, ma al contrario un
principio immanente alla stessa regola dell’evidenza pubblica e del suo
immediato e fondamentale corollario, il favor partecipationis,
presiedendo all’esercizio stesso della discrezionalità tecnica.
37. A questo Consiglio è noto quell’orientamento,
seguito da alcuni giudici di primo grado (v., ex plurimis, T.A.R.
Lombardia, Milano, 3.11.2011, n. 2633; T.A.R. Campania, Napoli, 11.1.2011, n.
116; T.A.R. Sicilia, Palermo, 15.3.2010, n. 2932), secondo il quale la clausola
di equivalenza, in quanto avente pretesa natura di norma imperativa, dovrebbe
trovare applicazione indipendentemente dall’espressa previsione della lex
specialis, perché, anche se le norme destinate a disciplinare la gara hanno
valore di lex specialis, le medesime devono essere integrate da
quelle imperative ai sensi dell’art. 1339 c.c.
38. Di tale orientamento, come si evince chiaramente
dalla lettura della sentenza impugnata, ha inteso fare applicazione anche il
T.A.R. pugliese, che ha richiamato proprio parte della citata giurisprudenza.
39. Ritiene tuttavia questo Collegio che un simile
orientamento presti il fianco ad insuperabili obiezioni sia sul piano dogmatico
che su quello pratico, alcune delle quali ben messe in rilievo dall’appellante,
e che debba essere rivisto e superato in una prospettiva più ampia e specifica
del fenomeno amministrativo.
40. Questo Consiglio ha già sottolineato che, mentre
l’art. 1339 c.c. assolve la funzione precipua di assicurare l’attuazione delle
condizioni contrattuali previste in via inderogabile dalla legge, con il
meccanismo dell’inserzione automatica delle clausole imperative in sostituzione
di quelle difformi convenute dalle parti, e postula, dunque, la conclusione di
un accordo negoziale il cui contenuto risulti parzialmente contrastante con
quello imposto dal legislatore e sottratto, come tale, all’autonomia privata,
il bando di gara si limita a regolare il procedimento di selezione del
contraente e non contiene disposizioni in ordine alla misura dei diritti e
degli obblighi nascenti dal contratto che sarà stipulato all’esito della
procedura (Cons. St., sez. V, 5.10.2005, n. 5316).
41. Ne consegue che il principio
dell’eterointegrazione negoziale, sancito dall’art. 1339 c.c., risulta
assolutamente inapplicabile alla materia controversa anche in via analogica, in
considerazione della diversità delle due situazioni (ubi eadem ratio, ibi
eadem iuris dispositio).
42. Ancora questo Consiglio (cfr. Cons. St., sez. V,
10.1.2003, n. 35), in altra decisione, ha ribadito che nei riguardi del
regolamento di gara, in definitiva, non risulta applicabile il principio dell’inserzione
automatica di clausole imposte dalla legge, in quanto quest’ultima è
giustificata solo dall’esigenza, inconfigurabile nella fase procedimentale di
scelta del contraente della pubblica amministrazione, di prevedere un
meccanismo che garantisca l’applicazione ai contratti già stipulati delle norme
inderogabili che impongono il contenuto delle obbligazioni e dei diritti
nascenti dall’accordo e la contestuale conservazione della validità e
dell’efficacia di quest’ultimo.
43. Appare del resto, su un piano più generale,
improprio ricorrere ad una categoria, come quella della norma imperativa, in un
settore dell’ordinamento, quello amministrativo, e soprattutto in una fase
pubblicistica, come quella della scelta del contraente, nel quale tutte le
norme del diritto amministrativo sono imperative e cogenti per la p.a. (cfr.,
sul punto, Cons. St., sez. IV, 23.8.2010, n. 5902), al punto tale che un
provvedimento o un atto della gara difforme dal paradigma normativo è, ipso
iure, illegittimo e, come tale, annullabile.
44. È in via di principio quindi estranea al diritto
amministrativo la differenza tra norme dispositive e norme imperative,
diversamente da quanto accade nel diritto privato, dove alle parti viene
riconosciuto, nella loro autonomia, il potere di derogare, entro certo limiti,
alle previsioni della legge, tendenzialmente dispositive, salvo il limite delle
norme imperative (e di altri fondamentali principi come l’ordine pubblico o il
buon costume, art. 1343 c.c.).
45. E tanto si spiega per la ragione che, a differenza
di quelle dettate dal diritto pubblico, secondo l’antico insegnamento ius
publicum privatorum pactis derogari non potest, le norme del diritto
privato, come la più attenta dottrina civilistica non ha mancato di rilevare,
sono in linea di principio derogabili e “flessibili” per il massimo spazio
lasciato all’autonomia dei privati, con il limite, appunto, di quelle
imperative.
56. Nelle limitate ipotesi di norme privatistiche
imperative l’atto di autonomia, che si ponga in contrasto con esse, è nullo
(art. 1418, comma 3, c.c.), operando, se del caso, il meccanismo di inserzione
automatica previsto dagli artt. 1339 e 1419 c.c.
57. L’ambito della discrezionalità della pubblica
amministrazione è, al contrario, ben definito dai limiti posti dalle norme
pubblicistiche, ai quali il pubblico potere non può derogare, neppure nel
perseguimento di un interesse generale, poiché il fondamento e il limite di
quel potere sta tutto e solo nella previsione della legge che, nell’attribuire
il potere, lascia alla pubblica amministrazione la possibilità di curare
quell’interesse, in concreto, nei rigidi ed invalicabili limiti, però, da essa
prefissati.
58. Sbiadisce e perde di senso, dunque, la distinzione
tra norme imperative e norme dispositive, propria del diritto privato, quando
essa venga trasposta, per un malinteso senso delle simmetrie giuridiche o per
un’artificiosa reductio ad unitatem dell’intero sistema
giuridico, nel diritto amministrativo, dove la violazione della legge e, in
particolar modo, delle regole dell’evidenza pubblica, da parte della p.a., è in
linea di principio, fatte salve alcune limitate, recenti (e assai dibattute)
eccezioni come quelle dei c.d. vizi non invalidanti (art. 21-octies,
comma 2, della l. 241/90), ragione di annullabilità dell’atto.
59. Prova ne è la considerazione, ben messa in rilievo
dalla più attenta dottrina e dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio
(v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 15.3.2010, n. 1498) ed ora,
del resto, consacrata anche nel dato positivo dall’art. 21-septies della
l. 241/90, che nel diritto amministrativo non esiste la categoria delle c.d.
nullità virtuali, ben nota al diritto civile (art. 1418, comma 3, c.c.),
proprio perché, come è stato autorevolmente sottolineato, tutte le norme del
diritto amministrativo sono, a ben riflettere, imperative per la p.a. e tutte
le loro violazioni si traducono nell’annullabilità dell’atto, che è la
categoria generale di invalidità nel diritto amministrativo, ben diversamente
dal diritto privato, nel quale è invece la nullità la forma generale della
patologia che colpisce l’atto negoziale difforme dallo schema normativo,
laddove questo sia inderogabile per volontà del legislatore.
60. La nullità dell’atto è infatti, come afferma
costantemente la giurisprudenza di questo Consiglio (v., ex plurimis,
Cons. St., sez. V, 2.11.2011, n. 5843), categoria residuale nel diritto
amministrativo.
61. Bene è stato sottolineato, in questa prospettiva,
che “le ipotesi astrattamente riconducibili alla nullità c. d. virtuale vanno
ricondotte al vizio di violazione di legge, atteso che le norme riguardanti
l’azione amministrativa, dato il loro carattere pubblicistico, sono sempre
norme imperative e quindi non disponibili da parte dell’amministrazione”
(Cons. St., sez. V, 15.3.2010, n. 1498).
62. Esse si convertono in cause di annullabilità del
provvedimento, da farsi valere entro il breve termine di decadenza, a tutela
della stabilità del provvedimento amministrativo
63. La distinzione tra norme derogabili e imperative,
rilevante nel diritto privato al fine di accertare la validità del negozio
giuridico, non trova, in altri termini, giustificazione e ingresso a quel fine
nel diritto amministrativo, se non e al più, sotto diversa e non confrontabile
angolazione concettuale, per distinguere, in senso ampio e metaforico, non
certo tecnico, le disposizioni di legge che regolano la condotta
dell’Amministrazione in modo da lasciarle un margine di scelta discrezionale
nell’esercizio concreto del potere da quelle che la vincolano in modo così
puntuale da non consentirle alcuna ulteriore valutazione.
64. Anche l’inosservanza di queste ultime, tuttavia,
implica l’illegittimità dell’atto per violazione di legge e, quindi, la sua
annullabilità, senza che possa in alcun modo configurarsi, in tali ipotesi e al
di là, ovviamente, delle specifiche e tassative previsioni dell’art. 21-septies della
l. 241/90, una più grave ipotesi di invalidità, paragonabile alla nullità, che
impedisca al provvedimento di produrre i suoi effetti tipici (se non nel diverso
caso dell’atto adottato in carenza di potere) e che autorizzi il giudice
amministrativo a disapplicarlo.
65. “La violazione di una norma che regola l’azione
dell’Amministrazione in modo da escludere qualsiasi scelta discrezionale
nell’esercizio del relativo potere comporta, in definitiva, l’onere in capo al
soggetto leso dal provvedimento così viziato di impugnarlo entro il termine
perentorio al fine di farne accertare l’illegittimità e di ottenerne
l’annullamento, non essendovi alcuna possibilità per il giudice amministrativo
di sancirne l’inefficacia, prescindendo dalla sua rituale contestazione in
giudizio” (Cons. St., sez. V, 10.1.2003, n. 35).
66. Alla luce di tali principi, dunque, è del tutto
improprio e può assumere, al più, un valore meramente descrittivo, peraltro non
scevro da equivoci, l’affermare che il principio di equivalenza, anche se non
previsto dalla lex specialis, sia comunque una norma imperativa
che, in virtù del principio di eterointegrazione, viene ad integrare le
previsioni del bando o del capitolato.
67. Se con questa affermazione si vuole significare,
infatti, che in un giudizio impugnatorio, avente ad oggetto gli atti di gara,
il principio dell’equivalenza deve essere applicato dal giudice amministrativo,
anche se e anzi proprio perché la p.a. non lo abbia espressamente previsto, e
ciò per non creare ingiustificati ostacoli alla concorrenza, esso non è che un
diverso – e, se si vuole, eccentrico rispetto alle tradizionali categorie
pubblicistiche – modo di esprimere la necessità che, attraverso il sindacato
giurisdizionale, si garantisca che la pubblica amministrazione, nella lex
specialis, rispetti, per il principio di legalità del suo agire, la
disposizione dell’art. 68, comma 2, del d. lgs. 163/2006, laddove esso
prescrive, in nome del favor partecipationis, che “le specifiche
tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare
la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura dei contratti pubblici
alla concorrenza”.
68. Ma allora il giudice non dovrà certo dichiarare la
nullità della lex specialis per contrasto con tale affermata
norma imperativa, al pari di quanto farebbe il giudice civile di fronte ad un
contratto che violi una norma imperativa, con inserzione automatica della
clausola di equivalenza ai sensi dell’art. 1339 c.c., bensì annullare, ove sia
stata ritualmente impugnata, la clausola del bando che fissi specifiche
tecniche restrittive in violazione di quanto previsto dall’art. 68, con
conseguente illegittima esclusione del concorrente che abbia presentato un
prodotto equivalente.
69. Il riferimento all’eterointegrazione rivela invece
tutta la sua fallacia, invece, quando esso comporti l’inserzione automatica
della clausola di equivalenza, con un meccanismo analogo a quello dell’art.
1339 c.c., nella lex specialis nell’ipotesi in cui la pubblica
amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità e senza creare
ostacoli ingiustificati alla concorrenza, non si sia avvalsa della facoltà di
cui al comma 3, lett. a), del d. lgs. 163/2006 e abbia inteso escludere il
ricorso alla clausola di equivalenza, ritenendo necessario richiedere ben determinate
e insurrogabili specifiche tecniche.
70. Imporre l’ammissione di prodotti equivalenti ai
sensi dell’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006, anche quando la p.a. l’abbia
consapevolmente esclusa nel legittimo esercizio del suo potere discrezionale,
significa infatti violare, come correttamente sottolinea l’appellante, la
riserva di amministrazione e l’ambito della discrezionalità a questa lasciata
nel dettare la concreta regolamentazione della gara.
71. Appare quindi chiaro che il ricorso al concetto della
norma imperativa e al meccanismo dell’eterointegrazione, oltre che improprio
sul piano dogmatico, può essere causa di distorsioni, sul piano applicativo, in
tutte le ipotesi in cui esso finisca per violare la discrezionalità della p.a.
che sia stata esercitata nei limiti segnati dalla legge o comunque, anche
quando essi siano stati superati dalla p.a. contra legem, per
aggirare il termine decadenziale previsto per l’impugnazione degli atti
amministrativi annullabili perché illegittimi.
72. In questo senso, e solo nel limite di questo
senso, coglie nel segno, in abstracto, la censura mossa
dall’appellante all’ingiustificato e, comunque, indiscriminato riferimento, da
parte del primo giudice, al meccanismo della eterointegrazione.
73. Occorre più in generale guardarsi dal rischio,
invero latente nell’applicazione, talvolta non ben ponderata, dei principi
generali quali elementi capaci di unificare, connettere e completare i diversi
ambiti dell’ordinamento giuridico, di trasporre nel diritto amministrativo istituti
e categorie civilistiche laddove non vi sia effettivamente una lacuna
legis da colmaree per il solo superficiale accostamento di
fenomenologie giuridiche che, ad un’analisi attenta e rispettosa degli
specifici profili disciplinatori, rispondono a principi e ad interessi ben
diversi e in alcun modo assimilabili, nemmeno per via analogica, istituendo tra
i due settori dell’ordinamento parallelismi, anche descrittivi, forieri di
equivoci, di ibride soluzioni normative e di distorsioni interpretative.
74. Ciò, del resto, è reso manifesto dall’art. 2,
comma 4, dello stesso codice degli appalti, che assoggetta l’attività
contrattuale della p.a. alle disposizioni stabilite dal codice civile “per
quanto non espressamente previsto nel presente codice” e, ancor più
significativamente e in via generale, dall’art. 1, comma 1bis, della l.
241/1990, la quale precisa che solo nell’adozione di atti aventi natura non
autoritativa – ciò che, nel presente caso, non è, vertendosi in tema di atti di
gara – la pubblica amministrazione agisce secondo le norme del diritto privato,
salvo che la legge disponga diversamente.
75. Orbene, tutto ciò considerato, deve qui rilevarsi
che il primo giudice, anche se con l’improprio riferimento alla
eterointegrazione della lex specialis, ha tuttavia fatto corretta
applicazione dell’art. 68, commi 2 e 4, del d. lgs. 163/2006 in concreto e nel
caso di specie.
76. Al riguardo non può ritenersi decisivo il fatto
che la lex specialis non contenesse espressamente la clausola
di equivalenza, come afferma l’appellante, in quanto la lex specialis non
contemplava expressis verbis la menzione “o equivalente”,
come invece richiede l’art. 68, comma 3, lett. a), ultimo periodo, del d. lgs.
163/2006.
76.1. L’appellante, infatti, fa leva su di un argomento
meramente letterale, che tuttavia non tiene conto del sostanziale significato
delle previsioni della lex specialis.
76.2. Dal solo fatto che il capitolato non contenga
espressamente la clausola di equivalenza, anzitutto, non può logicamente
inferirsi che la stazione appaltante abbia inteso escludere la possibilità di
ammettere prodotti aventi caratteristiche equivalenti.
È la stessa Fresenius Kabi Italia s.r.l. a
riconoscere, nell’atto di appello (p. 16), che la omessa previsione testuale
della “clausola di equivalenza” è un dato equivoco, che può interpretarsi
nell’uno come nell’altro senso.
76.3. Il giudice amministrativo ha allora il dovere,
di fronte a tale equivocità, di interpretare le previsioni del bando alla
stregua dei generali criteri ermeneutici che può desumere, questi sì, dalle
regole del diritto civile, come afferma la costante giurisprudenza di questo
Consiglio, e in particolare dalle norme in materia di interpretazione del
contratto.
76.4. Come è noto infatti, per conforme giurisprudenza
di questo Consiglio, l’interpretazione degli atti amministrativi, ivi compreso
il bando di gara pubblica, soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e
ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere
preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto
compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il
giudice ricostruire l’intento dell’Amministrazione, ed il potere che
essa ha inteso esercitare, in base al contenuto complessivo dell’atto (cd.
interpretazione sistematica), tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il
suo dispositivo e del fatto che, secondo il criterio di interpretazione di
buona fede ex art. 1366 c.c., gli effetti degli atti
amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario
può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di
buon andamento, che impone alla p.a. di operare in modo chiaro e lineare, tale
da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando
da esse possano derivare conseguenze negative (v., ex plurimis,
Cons. St., sez. V, 16.1.2013, n. 238).
76.5. Un fondamentale canone che deve applicarsi al
caso di specie, in particolare, è quello dell’art. 1367 c.c., quale espressione
del più generale principio di conservazione degli atti giuridici anche in
relazione ai bandi e alle procedure concorsuali (cfr., sul punto, Cons. St.,
sez. VI, 12.6.2008, n. 2909).
76.6. La clausola del bando deve essere compresa e
interpretata, pertanto, magis ut valeat quam ut pereat.
76.7. Si impone allora una lettura della lex
specialis che, in quanto ispirata al favor partecipationis,
sia il più possibile rispettosa del principio posto dall’art. 68, comma 2, del
d. lgs. 163/2006, evitando di dare alle prescrizioni del capitolato un
significato eccessivamente e ingiustificatamente restrittivo della concorrenza.
76.8. Tale significato, del resto, è stato escluso
dalla stessa stazione appaltante che, andando al di là di quanto aveva lasciato
intendere in sede di chiarimenti, ha ammesso il prodotto di B. Braun Milano
s.p.a., proprio facendo applicazione di un principio, quello di equivalenza,
incompatibile con una lettura rigida ed esclusivistica delle specifiche
tecniche previste dalla lex specialis.
76.9. Anche il comportamento – per quanto non alieno
anch’esso da ambiguità – della stazione appaltante nel corso della gara,
nell’interpretare il significato del bando o del capitolato, non è certo di
secondario rilievo alla stregua di un altro fondamentale canone ermeneutico,
sempre di derivazione civilistica e desumibile dall’art. 1362, comma 2, c.c.,
quello dell’interpretazione complessiva anche alla luce del successivo
comportamento delle parti, che deve orientare l’interprete nella comprensione e
nell’applicazione delle regole di gara.
77. Né può tacersi che il contenuto e gli effetti di
un provvedimento amministrativo devono essere individuati in base a ciò che ne
può ragionevolmente intendere il destinatario, secondo il criterio ermeneutico
di cui all’art. 1362 c.c. e, nel dubbio, sul significato delle espressioni
adoperate, privilegiando il senso più conveniente alla natura ed all’oggetto
del contratto, ai sensi dell’art. 1369 c.c., nonché quello maggiormente
conforme a legge, come detto, e all’esigenza dimassima partecipazione (Cons.
St., sez. V, 18.1.2006, n. 113).
78. La mancata previsione testuale della clausola di
equivalenza nella lex specialis, pertanto, è un dato, in sé,
neutro, che deve essere apprezzato solo in accordo con il significato
sostanziale che le specifiche tecniche hanno per lo svolgimento della gara.
79. Esso non è insuperabilmente ostativo
all’applicazione dell’art. 68, comma 4, del d. lgs. 163/2006, se
l’Amministrazione abbia inteso sostanzialmente applicare il generale principio
del comma 2, nel caso di specie, e di fatto avvalersi della facoltà prevista
dal comma 3, lett. a), pur senza farne esplicita menzione, ritenendo, nell’ambito
della propria discrezionalità, che le specifiche tecniche richieste, per la
natura dell’appalto o del prodotto richiesto, non abbiano carattere tassativo e
infungibile.
80. Una lettura formalistica delle regole in materia,
quale sembra quella propugnata dall’appellante sul punto, sembra trascurare il
significato sostanziale che permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica
e, in particolare, la disposizione dell’art. 68 e, cioè, non solo la massima
partecipazione dei concorrenti, ma anche e soprattutto, attraverso questa, il
conseguimento di un bene (prodotto o servizio), da parte della stazione
appaltante, che tecnicamente soddisfi nel miglior modo possibile, proprio per
la più ampia offerta consentita dal favor partecipationis, le
esigenze della collettività che sono affidate alla cura dell’Amministrazione.
81. Riconoscere che vi possano essere prodotti aventi
specifiche tecniche equivalenti a quello richiesto dall’Amministrazione e,
quindi, capaci di soddisfare le esigenze che giustificano l’indizione della
gara, ampliando la platea dei concorrenti, costituisce non solo corretta
applicazione del favor partecipationis, ma anche e soprattutto
legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte
dell’Amministrazione.
82. Tale essendo il significato della norma in
questione, pertanto, non giova replicare, come fa l’appellante, che i
concorrenti interessati a presentare prodotti equivalenti, di fronte all’omessa
indicazione testuale della clausola di equivalenza nella lex specialis,
avrebbero dovuto impugnare le regole di gara nel termine decadenziale, da sole
o insieme con gli atti che ne determinano la effettivita lesività (esclusione
dalla gara).
83. È ben evidente, infatti, che nel caso di specie
non si tratta di sindacare l’esclusione dalla gara di prodotti non conformi
alla legge di gara, bensì l’ammissione di prodotti equivalenti a quelli da essa
richiesti, sicché non si vede in che modo gli interessati avrebbero potuto o
dovuto immediatamente contestare una previsione del bando equivoca, quando poi
essa è stata applicata e interpretata dalla stazione appaltante in loro favore
e non in loro danno, ammettendoli alla competizione, senza che la sua
potenziale lesività si sia tradotta in un concreto vulnus al
loro interesse partecipativo.
84. Nemmeno può sostenersi che gli interessati
avessero l’onere di impugnare, in via incidentale, la lex specialis,
posto che, in un caso come quello presente, è dovere del giudice interpretare
la norma del bando in senso conforme alle disposizioni, nazionali ed europeo,
cercando di farne emergere, al di là della testuale equivocità o della
letterale lacunosità, il più genuino e recondito senso orientato al rispetto
dei principi e delle norme vigenti in materia.
85. Il precedente di questo Consiglio, sez. III,
18.1.2013, n. 293, invocato dall’appellante, non si attaglia al caso di specie,
in quanto con tale arresto la Sezione si è limitata a ribadire il principio che
non sussiste l’onere di immediata impugnazione delle clausole del bando di gara
pubblica che non impediscano la partecipazione e comportino o manifestino
un’efficacia lesiva solo a seguito dell’espletamento della gara e mediante
l’applicazione che ne faccia l’Amministrazione.
86. Per esse vale, infatti, il principio secondo cui i
bandi di gara, di concorso e le lettere di invito vanno impugnati unitamente
agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad
identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere
attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.
87. Ma, nel caso di specie, la previsione del
capitolato, che per la sua formulazione letterale non pare essere indicativa di
un’univoca e chiara volontà della stazione appaltante, non chiarendo se le
specifiche tecniche avessero o meno un carattere esclusivo e non surrogabile,
non può che interpretarsi nell’unico senso conforme alla previsione dell’art.
68 e alla normativa, europea e nazionale, che si ispira al principio della
massima partecipazione.
88. Ne segue che la censura dell’appellante, volta a
contestare anzitutto, in punto di diritto, l’applicazione dell’art. 68 del d.
lgs. 163/2006, deve essere, seppur con le esposte precisazioni, respinta.
89. Tale censura non coglie nel segno nemmeno quando,
in fatto, contesta il giudizio di equivalenza espresso dalla Commissione.
90. L’appellante non ha fornito convincenti elementi
di prova circa l’asserita irrazionalità, illogicità e, dunque, illegittimità
del giudizio di equivalenza espresso dalla Commissione giudicatrice nell’ammettere
B. Braun Milano s.p.a. alla gara, nonostante il suo prodotto presentasse un
grado di osmolarità superiore al limite di 800 mOsm/l richiesto dal capitolato.
91. Occorre qui di nuovo rammentare, per il chiaro
inquadramento della materia controversa, che la legge di gara richiedeva la
presentazione di emulsioni di miscela ternaria con lipidi al 20% e con una
osmolarità non superiore a 800 mOsm/l.
92. Tali prescrizioni, ha dedotto l’appellante, non
sono state soddisfatte né da Baxter s.p.a., terza comunque in graduatoria, né
da B. Braun Milano s.p.a.
92.1. Baxter s.p.a. ha presentato emulsioni con metà
della percentuale dei lipidi richiesti, mentre B. Braun Milano s.p.a. ha
offerto emulsioni con un’osmolarità pari a 840 mOsm/l.
92.2. Sostiene Fresenius Kabi Italia s.p.a. che vi
fossero i presupposti per estromettere entrambe dalla competizione o in ogni
caso, per quanto di interesse e dedotto nel presente giudizio di appello, per
escludere B. Braun Milano s.p.a. e per aggiudicare la fornitura alla medesima
Fresenius.
93. È necessario in via preliminare e di estrema
sintesi chiarire, per apprezzare in fatto il significato della censura, i
concetti di nutrizione parenterale e di osmolarità.
93.1. La nutrizione artificiale è un complesso di
procedure mediante le quali è possibile soddisfare i fabbisogni nutrizionali di
pazienti che non sono in grado di alimentarsi sufficientemente per la via
naturale.
93.2. Essa si differenzia in parenterale ed enterale.
93.3. Con la nutrizione parenterale, che sola rileva
ai fini del presente giudizio, i nutrienti (acqua, glucosio, amminoacidi,
lipidi, elettroliti, vitamine, oligoelementi), preparati dall’industria
farmaceutica e adeguatamente miscelati, sono somministrati direttamente nella
circolazione sanguigna attraverso una vena periferica o attraverso una vena
centrale di grosso calibro, mediante l’impiego di cannule o cateteri venosi.
93.4. L’osmolarità è, a sua volta, una grandezza
fisica che misura la concentrazione delle soluzioni usata in chimica e, in
particolare, rappresenta il numero totale di molecole e di ioni presenti in un
litro di soluzione.
93.5. È definita come il numero di osmoli per litro di
soluzione, dove l’osmole è l’unità di misura del numero di particelle che
contribuiscono alla pressione osmotica della soluzione.
93.6. Per il calcolo delle osmoli, e quindi
dell’osmolarità, occorre considerare il grado di dissociazione che il soluto
presenta.
93.7. Nell’ipotesi di pazienti per i quali si renda
necessaria la nutrizione parenterale per vena periferica occorre scongiurare il
rischio di flebiti croniche attraverso una concentrazione ridotta e, comunque,
controllata dei nutrienti contenuti nelle sacche, con un limite di osmolarità
pari, secondo le Linee guida europee ed americane e la letteratura medica più
accreditata, a 800 -850 mOsm/l.
94. È sulla base di tale documentazione scientifica,
prodotta dalla B. Braun Milano s.p.a. in sede di gara, che la stazione
appaltante si è risolta, con una corretta applicazione delle regole
scientifiche applicabili in subiecta materia e, quindi, nel
legittimo esercizio della propria discrezionalità tecnica, ad ammettere il
prodotto da essa presentato, ritenendo a ragione che avesse specifiche
equivalenti a quelli richiesti dal bando.
95. Non vale ad infirmare tale giudizio il rilievo
che, secondo un autore (M. Lattarulo, Appunti di farmacia clinica, doc. 8 fasc.
parte appellante) citato dall’appellante, il grado di osmolarità non dovrebbe
essere superiore a 800 mOsm/l.
96. Le Linee guida e la letteratura medica prevalente,
infatti, ritengono che il limite di osmolarità possa oscillare e attestarsi tra
gli 800 mOsm/l e gli 850 mOsm/l senza che ciò comporti un sensibile aggravio
del pericolo di flebiti e trombi per il paziente.
97. Secondo l’appellante, peraltro, la circostanza che
i tempi di somministrazione del prodotto della B. Braun Milano s.p.a. siano
limitati a sette giorni sarebbe conseguenza del più elevato indice di
osmolarità, sicché il prodotto da questa presentato non potrebbe essere
ritenuto equivalente, come invece la stazione appaltante ha preteso fare, a
quello di Fresenius Kabi Italia s.r.l.
98. L’assunto è destituito di fondamento.
98.1. È opportuno limitare il trattamento a pochi
giorni perché, dopo tale periodo di tempo, le esigenze nutrizionali devono essere
adeguate ai reali fabbisogni calorico-nutrizionali del paziente, che non
possono essere sufficientemente garantiti tramite infusioni per vena
periferica, ma debbono essere somministrati solo per vena centrale.
98.2. È infatti un dato scientifico acquisito alla
letteratura medica in materia e ben noto alla stessa appellante, come si
evidenzia negli stessi Appunti di farmacia clinica citati
dall’appellante, che la nutrizione parenterale periferica non possa superare un
certo e limitato numero di giorni (7 o 10), oltre i quali si rende necessario
procedere alla nutrizione parenterale per vena centrale.
98.3. Come ha correttamente fatto rilevare la difesa
di B. Braun Milano s.p.a. nella propria memoria difensiva (p. 19), infatti, per
i pazienti sottoposti a terapie nutrizionali il fabbisogno energetico si
attesta, mediamente, su di un valore di 30-35 Kcal/kg peso corporeo al giorno.
98.4. Ciò significa che, ad esempio, per un paziente
di 70 kg l’apporto calorico dovrebbe essere di circa 2100-2500 Kcal al giorno.
98.5. La sacca da 2500 ml della B. Braun Milano s.p.a.
garantisce un apporto calorico di 1910 kcal, quella presentata da Fresenius
Kabi Italia s.r.l. un apporto di sole 1700 kcal.
98.6. Si tratta di dati circostanziati e specifici che
nemmeno la stessa appellante, si badi, ha contestato.
99. Dal punto di vista nutrizionale, dunque, non è
opportuno protrarre tali trattamenti per un periodo superiore ad un limitato
numero di giorni né con il prodotto della B. Braun Milano s.p.a. né con il
prodotto di Fresenius Kabi Italia s.r.l., poiché nessuno di essi è in grado di
garantire, oltre un tempo breve e, comunque, necessariamente limitato in
termini medici, l’adeguata nutrizione del paziente.
100. L’indicazione dei setti giorni, quindi, attiene
alle esigenze nutrizionali del paziente e non all’indice di osmolarità, tanto
che nelle schede tecniche della B. Braun Milano s.p.a. la “durata del
trattamento” è posta in calce al paragrafo 4.2.1., denominato “Schema di
dosaggio raccomandato” e recita testualmente “Per le indicazioni
stabilite la durata del trattamento non deve superare i 7 giorni”.
101. Non vi è dunque alcun collegamento causale
necessario, diversamente da quanto sostiene l’appellante, tra la durata del
trattamento e l’indice di osmolarità, sicché la censura di Fresenius Kabi
Italia s.p.a., anche per tale aspetto, appare infondata.
102. Tanto spiega anche perché siano infondate le
censure mosse dall’appellante alla legge di gara nella parte in cui non ha
assunto come criterio per la valutazione comparativa tecnica delle offerte il
livello di osmolarità, siccome dato importante per apprezzare la qualità dei
prodotti in gara.
103. Si tratta di censure che, oltre a sostituire
inammissibilmente i criteri valutativi dell’appellante alla discrezionalità
tecnica esercitata dalla stazione appaltante, non tengono conto proprio dei
risultati della letteratura scientifica in materia che, nel fissare un limite
oscillante tra gli 800 mOsm/l e gli 850 mOsm/l, ritengono che tale grado di
osmolarità non sia pericoloso per il paziente, ma nulla dicono circa il
contenuto nutrizionale delle soluzioni e sulla specificità dei nutrienti, che
ha invece costituito il precipuo oggetto della valutazione dell’Amministrazione.
104. Sotto questo profilo il giudizio
dell’Amministrazione non è stato censurato e non appare, invero, censurabile.
105. Tale articolato motivo, quindi, va nel suo
complesso respinto.
106. Con un secondo motivo l’appellante censura
l’aggiudicazione della sottovoce c) della voce n. 69 a B.
Braun Milano s.p.a., sostenendo che, per tale profilo, l’ingiustizia della
impugnata sentenza sia manifesta, avendo pretermesso in toto di
considerare anche gli apporti della perizia prodotta da Fresenius Kabi Italia
s.p.a. a supporto della spettanza dell’intera voce in suo favore, anche facendo
applicazione della comparazione, per l’aspetto economico, del valore
prezzo/confezione anziché del valore prezzo/millilitro, come imposto dalla
legge di gara.
106.1. Sostiene l’appellante, anzitutto, che B. Braun
Milano s.p.a. ha offerto per la sottovoce a) un prodotto non
conforme, perché avente un maggior volume rispetto a quello richiesto dalla
legge di gara, come ha riconosciuto la stessa Commissione giudicatrice nel
verbale n. 2, senza tuttavia trarne le dovute conseguenze in termini di
esclusione di B. Braun Milano s.p.a. dall’intera voce.
107. Il ragionamento dell’appellante, tuttavia, si
basa ancora una volta sull’assunto, di cui sopra si è trattato, che la voce n.
69, in quanto unitaria, postulasse una valutazione unitaria e non scindibile
dei tre prodotti presentati per le tre singole sottovoci, sicché
l’inadeguatezza anche di un solo prodotto avrebbe dovuto comportare, senza
ulteriori apprezzamenti, l’esclusione della concorrente dall’intera voce.
108. Basti qui, a confutazione di tale assunto,
richiamare nuovamente le considerazioni svolte supra, nei §§ 18-28,
circa, invece, l’autonomia delle singole sottovoci ai fini della valutazione e
dell’aggiudicazione dei prodotti presentati.
109. L’appellante sottolinea comunque, al di là di
tale dato, che essa avrebbe ottenuto l’aggiudicazione della sottovoce c) se
il computo dei conteggi eseguito dalla Commissione fosse stato corretto.
Fresenius Kabi Italia s.r.l., invocando al riguardo la
retta applicazione della lex specialis, ha sostenuto che:
- la comparazione andava istituita per l’intera voce,
deducendo e dimostrando in ogni caso, per completezza difensiva, la spettanza
della singola sottovoce c)anche in presenza di distinte
competizioni per ciascuna sottovoce;
- il prezzo da prendersi in esame, ai fini del
raffronto tra le offerte, è il prezzo millilitro e non il prezzo per
confezione/sacca;
- i punteggi, una volta individuata la offerta
migliore (sia per la qualità – punteggio massimo 40, sia per l’offerta
economica – punteggio massimo 60), dovevano poi essere attribuiti, come di
norma e come previsto anche dalla legge di gara, in modo inversamente
proporzionale alle altre offerte.
109.1. Deduce Fresenius Kabi Italia s.r.l. che tutte
queste censure non sono state neppure esaminate dal primo giudice, benché essa
abbia già avanti al T.A.R. prodotto, a supporto dell’attendibilità della
reclamata aggiudicazione, la perizia del prof. Francesco Corielli (doc. 23
fasc. della ricorrente in primo grado), contenente il ricalcolo, a suo avviso
corretto, dei punteggi, dai quali discenderebbe l’aggiudicazione, in proprio
favore, anche della sottovoce c).
110. Il giudice di prime cure ha respinto l’assunto
secondo il quale i prezzi delle sacche di prodotto avrebbero dovuto essere
calcolati al millilitro e non per confezione unitaria.
110.1. Il T.A.R. pugliese ha motivato, sul punto,
rilevando che proprio la previsione di un range di scostamento
del +/- 10%, indicato nella lex specialis, denota che la scelta
della stazione appaltante è stata quella di mettere a confronto i prezzi
unitari delle confezioni, nel senso che l’Amministrazione ha ritenuto di poter
valutare come equivalenti e, quindi, come fra loro paragonabili le sacche di diverso
volume nei limiti del margine di tolleranza previsto.
110.2. Diversamente, se i prezzi fossero stati
valutati al millilitro, non avrebbe avuto senso prevedere detto margine di
scostamento.
111. Ritiene il Collegio di dover confermare la
sostanziale correttezza del ragionamento seguito dal primo giudice sul punto,
non sembrando cogliere nel segno la censura svolta dall’appellante, che lamenta
l’errore logico nel quale sarebbe incorso il T.A.R. per non aver considerato
che le offerte fuori range avrebbero dovuto essere escluse tout
court e che per esse non si sarebbe nemmeno posto il problema di un
confronto con le altre in gara.
112. In realtà la motivazione del giudice ha inteso
correttamente evidenziare come proprio la circostanza che la stazione appaltante
avesse ammesso un margine di tolleranza, consentendo di concorrere anche ad
imprese che avevano presentato sacche leggermente inferiori o superiori per
grandezza, dimostrasse che i prezzi delle sacche non avrebbero potuto essere
calcolati al millilitro, proprio perché era ben possibile che concorressero
sacche aventi, seppur di poco, diversa grandezza e, quindi, diversi millilitri.
113. Non si ravvede in tale ragionamento alcun vizio
logico, posto che esso è basato su di una argomentazione induttiva coerente e
lineare.
114. L’appellante ha inteso comunque sottolineare che,
anche adottando tale criterio di comparazione prezzo/millimetro, come ritenuto
dal primo giudice, essa avrebbe avuto diritto all’aggiudicazione della
sottovoce c) sulla base dei calcoli effettuati dal Prof.
Corielli.
115. Anche tale ulteriore assunto è infondato.
116. È la stessa Fresenius Kabi Italia s.r.l. a
ricordare e riconoscere, nelle brevi note di replica depositate in vista della
camera di consiglio del 7.6.2013 (pp. 5-6), che il prof. Corielli ha effettuato
tutti i suoi calcoli, anche differenziandoli in ragione dei plurimi criteri
adottati, sulla base di un medesimo presupposto e, cioè, la valutazione globale
del punteggio per l’intera voce, come – a suo giudizio – imporrebbe la legge di
gara.
117. L’appellante dunque ammette che tutto il
procedimento logico-matematico seguito dal consulente nell’elaborato peritale
poggia sull’assunto del carattere unitario della voce n. 69, carattere che,
invece, deve essere escluso per tutte le ragioni già ampiamente chiarite e qui,
per dovere di sintesi, da intendersi richiamate.
118. Ne segue che anche tale assunto, fondandosi in
realtà su di un presupposto erroneo, deve essere disatteso, non apparendo
condivisibile il metodo di calcolo seguito nella perizia e, conseguentemente,
il risultato finale al quale perviene.
119. La conclusione che se ne trae, pertanto, è che
del tutto legittimamente la stazione appaltante ha attribuito il miglior
punteggio e, quindi, aggiudicato la sottovoce c) del lotto n.
69 a B. Braun Milano s.p.a.
120. Quanto sin qui esposto circa la correttezza di
tale aggiudicazione a B. Braun Milano s.p.a., prima classificata in
graduatoria, esime il Collegio dall’esaminare le ulteriori censure rivolte
dall’appellante contro l’ammissione di Baxter s.p.a. alla voce n. 69, atteso
che, come ha già rilevato correttamente il primo giudice, quand’anche Baxter
s.p.a., terza classificata, dovesse essere esclusa, Fresenius Kabi Italia
s.r.l. non riuscirebbe ad ottenere l’aggiudicazione del sublotto c),
rimanendo ancora e sempre seconda in graduatoria rispetto a B. Braun Milano
s.p.a.
121. Un ultimo motivo di censura, che ora e infine
deve essere esaminato, concerne le censure mosse dall’odierna appellante contro
l’aggiudicazione della voce n. 13 a Baxter Italia s.p.a.
121.1. Fresenius Kabi Italia s.r.l. lamenta che, in
relazione ad alcuni specifici aspetti (assenza di tipizzazione, utilizzo in
pazienti epatopatici, uso del prodotto in gravidanza, studi clinici in
pediatria), la Commissione avrebbe assegnato punteggi troppo elevati a Baxter
s.p.a. e troppo poco elevati alla stessa Fresenius Kabi Italia s.r.l. o che,
addirittura, avrebbe dovuto escludere Baxter s.p.a. dalla competizione per
insufficienza del punteggio tecnico minimo richiesto.
121.2. Sostiene insomma l’appellante che, se
l’attribuzione del punteggio tecnico fosse stata razionale e ben ponderata,
avrebbe conseguito l’aggiudicazione del lotto n. 13 o perché avrebbe dovuto
conseguire un punteggio maggiore rispetto a quello di Baxter s.p.a. o perché,
più radicalmente, quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa dalla competizione
per insufficienza del punteggio minimo (19) da conseguire.
122. Anche tali censure, assai articolate e di
notevole complessità tecnica, devono essere respinte, come ha ritenuto il
giudice di prime cure, seppur sulla base di una motivazione non del tutto
sufficiente ed esaustiva, essendosi questa limitata a scrutinare solo la
contestata attribuzione del punteggio in relazione all’assenza di tipizzazione.
123. Giova premettere che i subcriteri qualitativi
contemplati dal disciplinare di gara per l’attribuzione del punteggio, pari nel
massimo a 30 e nel minimo a 19, erano i seguenti: assenza di tipizzazione
(punti 10); assenza di effetti sulla coagulazione (punto 8); utilizzo in
pazienti epatopatici (punti 6); uso in gravidanza (punti 6); studi clinici in
pediatria pubblicati (punti 10).
124. Appare anzitutto corretto e, come si dirà,
dirimente il rilievo, ben evidenziato dal T.A.R., che l’assegnazione dei
punteggi è frutto di un giudizio tecnico-discrezionale, che può essere
sindacato dal giudice solo ove ne ravvisi l’illogicità e/o l’irrazionalità
manifesta.
125. È costante la giurisprudenza di questo Consiglio
nell’affermare che gli apprezzamenti in ordine alla idoneità o alla inidoneità
tecnica delle offerte dei vari partecipanti alla gara pubblica, in quanto
espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale a carattere complesso,
sono sindacabili in sede giurisdizionale solo se affetti da macroscopici vizi
logici, disparità di trattamento, errore manifesto, contraddittorietà ictu
oculi rilevabile, rientrando tipicamente nel potere valutativo quello
di ritenere migliore un’offerta rispetto ad un’altra (v., ex plurimis,
Cons. St., sez. III, 26.1.2012, n. 249).
126. Nessuna delle menzionate ipotesi pare al Collegio
essersi concretizzata nel caso di specie.
127.1. Quanto al subcriterio della assenza di
tipizzazione, anzitutto, occorre premettere che per tipizzazione, nel caso di
specie, si intende l’esigenza di preventivo accertamento del gruppo sanguigno e
la ricerca di anticorpi irregolari e per converso, per assenza di tipizzazione,
si intende appunto l’affrancazione da esami del sangue propedeutici
all’infusione.
127.2. In relazione a tale sottocriterio la
Commissione ha attribuito 4 punti a Baxter s.p.a. e ben 10 punti all’odierna
appellante.
128. Sostiene tuttavia Fresenius Kabi Italia s.p.a.,
non paga del punteggio massimo riconosciutole sul punto, che la Commissione
avrebbe dovuto attribuire 0 punti a Baxter s.p.a., poiché il prodotto
presentato da questa (PlasmaVolume Redibag) richiedeva, al par. 4.4 della “Avvertenze
speciali e precauzioni di impiego”, che prima della somministrazione di
grandi volumi contenenti amido idrossietilico dovesse essere prelevato un
campione di sangue dal paziente per assicurare una corretta tipizzazione.
129. La censura non è condivisibile.
130. La previsione di un punteggio modulabile tra 0 e
10 dimostra, infatti, che l’assenza di tipizzazione non è subcriterio
qualitativo che ammetta un’alternativa radicale secca, come sembra postulare,
sul piano logico, la censura dell’appellante, sicché se ne dovrebbe concludere
– come essa fa – che, se sono richiesti alcuni esami preventivi del sangue, il
punteggio debba essere pari a 0, mentre se non sono richiesti il punteggio
debba essere 10.
131. È ben possibile, infatti, che l’assenza di
tipizzazione, e cioè la mancanza di un necessario controllo del sangue e di
tutti gli altri esami clinici all’uopo preventivamente richiesti, sia più o
meno marcata a seconda del numero e della tipologia di tali accertamenti.
132. Ora il giudizio della Commissione nei confronti
del prodotto presentato da Baxter s.p.a., pur basso in quanto pari a 4, non è
stato totalmente negativo, come vorrebbe l’appellante, perché la Commissione ha
ritenuto che la necessità di tipizzazione, richiesta peraltro solo per grandi
volumi contenenti amido idrossietilico, non fosse così accentuata e radicale da
giustificare un punteggio nullo al pari, del resto, dell’eguale punteggio – 4 –
conseguito per lo stesso subcriterio qualitativo anche dal prodotto presentato
da B. Braun Milano s.p.a.
133. La censura, pertanto, per la sua illogica e
ingiustificata radicalità, che peraltro non trova rispondenza nei criteri di
gara, non merita accoglimento.
134. Non coglie nel segno nemmeno la censura relativa
all’attribuzione del punteggio relativo al subcriterio dei pazienti
epatopatici.
135. Per quanto riguarda tale aspetto, infatti, la
Commissione ha attribuito a tutte e tre le concorrenti un punteggio basso, pari
a 4.
136. Lamenta l’appellante, in questa ipotesi, una
ingiustificata e, comunque, irragionevole parità di valutazione tra il suo
prodotto e quello di Baxter s.p.a., in quanto nel primo l’eventuale insorgenza
di patologie epatiche severe suggerirebbe solo una particolare attenzione
nell’impiego del prodotto, come si evince dalle avvertenze speciali e dalle
precauzioni di impiego, mentre il secondo avrebbe, tra le proprie
controindicazioni, proprio una grave compromissione della funzionalità epatica.
137. La censura non ha pregio perché anche il prodotto
presentato da Fresenius Kabi Italia s.r.l., il Volulyte, nel riassunto delle
caratteristiche del prodotto (doc. 15 fasc. parte appellante), richiede, tra le
avvertenze speciali e le precauzioni di impiego (par. 4.4.), una particolare
attenzione nei pazienti con patologie epatiche severe.
137.1. È evidente che entrambi i prodotti presentino,
al di là della diversa formulazione del riassunto delle caratteristiche
tecniche, aspetti di particolare criticità per soggetti già affetti da
patologie epatiche severe o, comunque, da una seria compromissione delle
funzionalità epatiche.
138. Non sembra allora né irragionevole né
illogicamente parificatrice né erronea l’attribuzione di un medesimo punteggio
a due prodotti che presentino analoghi rischi e impongano particolari cautele
per la funzionalità epatica già compromessa da severe patologie del fegato.
139. Ad esito non diverso, per non diverse
considerazioni, deve pervenirsi anche in ordine alla censura avente ad oggetto
l’attribuzione del medesimo punteggio per il subcriterio dell’uso in
gravidanza.
140. Anche in questo caso Fresenius Kabi Italia s.p.a.
lamenta che l’attribuzione del medesimo punteggio, 2, al suo prodotto e a
quello presentato da Baxter s.p.a. non si giustificherebbe in ragione del fatto
che, come risulta dal riassunto delle caratteristiche tecniche di questo
prodotto, il PlasmaVolume Redibag, prodotti ad esso analoghi avevano
evidenziato, negli studi tossicologici sulla riproduzione negli animali,
effetti embriotossici e teratogeni e che, comunque, questo prodotto avrebbe
potuto avere effetti dannosi per il fatto, mentre il prodotto Volulyte di
Fresenius non avrebbe palesato la stessa perniciosità di uso in gravidanza.
141. Si tratta di un assunto infondato perché, in
realtà, l’attribuzione di un punteggio basso, pari a 2 punti, anche al
Volulyte, si giustifica per la sua non dissimile pericolosità per il feto, al
di là di eventuali effetti teratogeni negli animali (mai registrati, comunque,
nelle donne), come sembra risultare dal par. 5.3. delle caratteristiche
tecniche del prodotto (doc. 15 fasc. parte appellante), ove si legge che “sono
stati osservati effetti embrioletali in conigli a 5g/Kg BW/die” e che nei
ratti “l’iniezione in bolo di questa dose durante la gravidanza o
l’allattamento ha ridotto il peso corporeo dei neonati e indotto ritardi nello
sviluppo”.
142. Nemmeno in questo caso, pertanto, la valutazione
della Commissione appare irragionevole o erronea, poiché il prodotto ha
mostrato, negli studi condotti sugli animali, di essere potenzialmente
rischioso.
143. Anche l’ultima censura, relativa al differente
punteggio – 5 – conseguito dal PlasmaVolume Redibag di Baxter s.p.a. rispetto
al punteggio nullo ottenuto dal prodotto Volulyte di Fresenius Kabi Italia
s.p.a. in ordine al subcriterio dell’effettuazione di studi clinici in
pediatria, è infondata e va respinta.
144. La Commissione, nell’esercizio della sua
discrezionalità tecnica, ha evidentemente apprezzato, con valutazione scevra da
palesi vizi di illogicità e travisamento dei fatti, gli studi e i dati clinici
forniti da Baxter s.p.a. rispetto a quelli forniti da Fresenius, ritenuti
evidentemente di nessuna efficacia ai fini in questione.
145. In particolare, come risulta dall’attribuzione di
eguale punteggio – 5 – anche al prodotto Tetraspan presentato da B. Braun
Milano s.p.a. e dall’analisi comparata del riassunto delle caratteristiche
tecniche di tale prodotto (doc. 14 fasc. parte appellante), Commissione ha
favorevolmente valorizzato la maggior accuratezza, nel dettaglio, degli studi
clinici presentati – relativi a 41 e a 21 bambini – da Baxter s.p.a. e da B.
Braun Milano s.p.a., nel riassunto delle rispettive caratteristiche tecniche
del PlasmaVolume e del Tetraspan, rispetto ai dati clinici più contenuti
rappresentati da Fresenius Kabi Italia s.p.a.
146. Anche tale censura, quindi, va respinta, avendo
la stazione appaltante legittimamente aggiudicato il lotto n. 13 alla Baxter
s.p.a.
147. Conclusivamente, pertanto, l’appello deve essere
respinto, meritando conferma, seppur per le articolate e particolari ragioni –
(in parte) diverse da quelle del primo giudice – sin qui esposte, l’impugnata
sentenza.
148. Proprio per la complessità e per la particolarità
di tali ragioni, ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92, comma 2, c.p.c.,
ritiene il Collegio di poter compensare interamente tra le parti le spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge, confermando l’impugnata sentenza ai sensi e nei limiti di cui in
motivazione.
Compensa interamente tra le parti le spese del
presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 12 luglio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3,
cod. proc. amm.)
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