domenica 9 marzo 2014

PROVVEDIMENTO: l'informativa antimafia "atipica" (Cons. St., Sez. III, sentenza 28 febbraio 2014, n. 944).


PROVVEDIMENTO: 
l'informativa antimafia "atipica" 
(Cons. St., Sez. III, 
sentenza 28 febbraio 2014, n. 944).


Massima

Le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252  a differenza di quelle c.d. “tipiche”, non hanno carattere direttamente interdittivo, consentendo al più alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente se avviare o proseguire i rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale dell’imprenditore d’assumere la posizione di contraente con la P.A.
Sicché tal efficacia interdittiva può se del caso scaturire dall’autonoma valutazione discrezionale della P.A. destinataria della predetta informativa prefettizia atipica. È dunque assodato che quest’ultima, ancorché non priva di effetti nei confronti della P.A., non ne comprime interamente l’autonoma capacità di apprezzamento del dato fornito, onde il mantenimento o la risoluzione del rapporto contrattuale dev’esser comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 4959/2013 RG, proposto dalla ITALFER Lavori s.p.a., corrente in Controguerra (TE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Magliocca, con domicilio eletto in Roma, via Vittorio Veneto n. 108, 
contro
la Grandi Lavori FINCOSIT – GLF s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Carbone e Maria Bruna Chito, con domicilio eletto in Roma, viale Regina Margherita n. 290, presso lo studio dell’avv. P. Carbone
nei confronti di
Ministero dell'Interno, UTG - Prefettura di Potenza ed UTG - Prefettura di Teramo, nonché di ANAS s.p.a., corrente in Roma, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, 
per la riforma
della sentenza breve del TAR Basilicata, n. 210/2013, resa tra le parti e concernente la risoluzione dei contratti di fornitura a seguito di informativa antimafia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 21 novembre 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Manzi (su delega di Magliocca) e Chito e l’Avvocato dello Stato Ferrante;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO
Con determinazione del Presidente dell’ANAS s.p.a. n. 190 del 17 novembre 2009, la Grandi Lavori FINCOSIT – GLF s.p.a., corrente in Roma, risultò aggiudicataria, quale contraente generale, dei lavori del cd. Macrolotto 3, per l’ammodernamento e l’adeguamento dell’autostrada SA/RC, dal km 139 al km 148.
Stipulato il contratto e consegnati i lavori in data 24 gennaio 2011, nel frattempo, il precedente 29 settembre 2010, tra il contraente generale, l’ANAS s.p.a. e la Prefettura di Potenza intercorse un Protocollo d’intesa di legalità relativamente ai lavori stessi. Le parti dedussero, all’art. 5, che le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252 avrebbero prodotto gli stessi effetti interdittivi delle informative c.d. “tipiche”, che attestavano i casi di decadenza, sospensione o divieto, oppure la sussistenza di tentativi d’infiltrazione mafiosa. Le parti concordarono sul punto che la comunicazione delle informative prefettizie atipiche avrebbe dovuto richiamare in modo espresso l’art. 5, mentre il contraente generale si impegnò dal canto suo, in presenza di tali atti del Prefetto, «… a risolvere il contratto o a revocare l’autorizzazione al subcontratto o al subaffidamento…».
Nell’ambito di tal appalto, il contraente generale GLF s.p.a., con contratti del 22 marzo e del 2 luglio 2012, affidò alla ITALFER Lavori s.p.a., corrente in Controguerra (TE), la fornitura e la posa in opera di ferro tondo sagomato per cemento armato per un importo complessivo di € 5 milioni. Nei contratti fu richiamata sia la normativa antimafia, sia la facoltà di revoca degli stessi ove «… le verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa ed ai sensi del Protocollo di Intesa, dessero esito positivo…». Detto Protocollo, d’altronde, fu espressamente richiamato nelle premesse di tali contratti.
Sennonché, con nota del 22 gennaio 2013, il Prefetto di Teramo comunicò alla Prefettura di Potenza che, da accertamenti svolti, era emerso un quadro articolato di cointeressenze tra il gruppo Italfer ed il gruppo Straferro, grazie a controlli incrociati tra le imprese d’entrambi i gruppi. Era emersa altresì la perdurante contiguità, costituita da stretti rapporti societari e personali, tra il sig. Luciano Galli (legale rappresentante della ITALFER Lavori s.p.a., di cui è socio e detentore del pacchetto di controllo) ed il sig. Giovanni Straccia (legale rappresentante della Straferro Costruzioni s.r.l., destinataria dell’interdittiva antimafia tipica della Prefettura di Ascoli Piceno, emanata l’11 gennaio 2012 e confermata il successivo 19 luglio). Alla luce di ciò, il Prefetto di Teramo concluse nel senso che non fosse «… possibile ragionevolmente fugare il rischio dell’esistenza di una permeabilità di Galli Luciano o di sue cointeressenze, societarie o gestionali, con persone colluse con la criminalità…», reputando che la ITALFER Lavori s.p.a. potesse «… essere influenzata, nelle scelte e negli indirizzi societari, da un possibile condizionamento e/o infiltrazione da parte di soggetti contigui alla criminalità organizzata…».
Dal che la nota del 6 febbraio 2013, con cui il Viceprefetto di Potenza, ai sensi dell’art. 5 del Protocollo, comunicò all’ANAS s.p.a. ed al contraente generale l’informativa antimafia atipica della Prefettura di Teramo. Intervenne quindi la missiva del successivo giorno 14, con cui il contraente generale dispose, ai sensi dell’art. 5 del Protocollo e degli artt. 22 e 24 dei contratti intercorsi con la ITALFER Lavori s.p.a., la risoluzione di questi ultimi in danno alla Società stessa.
Detta Società ha allora impugnato i tre atti citati innanzi al TAR Basilicata, con il ricorso n. 187/2013 RG), contestando in punto di diritto l’automatismo risolutorio dell’interdittiva atipica solo grazie al citato Protocollo d’intesa ed il contrasto con le linee-guida del Ministero dell’interno con riguardo all’entrata in vigore del Dlg 15 novembre 2008 n. 218. L’adito TAR, con sentenza breve n. 210 del 29 aprile 2013, notificata il successivo 21 maggio, ha respinto il ricorso di detta Società, reputando che, ferma nella specie l’inammissibilità dell’impugnazione contro la clausola di detto Protocollo di legalità, vi fossero seri e concordanti indizi circa le cointeressenze economiche e personali tra i vertici e le imprese dei due gruppi societari, senza che ciò implichi alcun contrasto con le citate linee-guida ministeriali.
Appella quindi tal Società, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’erroneità della sentenza impugnata: A) – per aver acriticamente recepito i dati esposti dall’informativa prefettizia, assegnando all’appellante, con un’operazione transitiva, le valutazioni inerenti ad un terzo (il sig. Straccia) e ritenendo cointeressenze e contiguità meri (e sporadici) rapporti economici tra imprese, nonché illazioni desumibili da intercettazioni o incontri, inconcludenti o insufficienti a denotare la reale pericolosità d’infiltrazione malavitosa; B) – per non aver considerato l’assenza d’automatismi interdittivi riscontrabili nell’impugnata informativa atipica, neppure grazie al Protocollo d’intesa il quale non può conferire a quest’ultima un’efficacia automatica contra legem, o tale da comprimere in ogni caso ogni discrezionalità amministrativa su come valutare e governare gli effetti di tale informativa. Resistono in giudizio le Amministrazioni statali e l’ANAS intimate, che concludono per l’inammissibilità e, nel merito, per l’infondatezza dell’appello. Anche il contraente generale GLF s.p.a. s’è costituito nel presente giudizio, concludendo per l’inammissibilità del ricorso stesso sotto vari profili e, nel merito, l’infondatezza dello stesso.
Alla pubblica udienza del 21 novembre 2013, su conforme richiesta delle parti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

DIRITTO
1. – Si controverte in questa sede della risoluzione automatica, a seguito di un’informativa antimafia c.d. “atipica” a carico dell’odierna appellante, di due contratti intercorsi tra essa e la GLF s.p.a. (in veste, quest’ultima di contraente generale di ANAS s.p.a. per un lotto dei lavori di adeguamento ed ammodernamento dell’autostrada SA/RC), disposta in applicazione del Protocollo d’intesa di legalità stipulato tra la stazione appaltante, il contraente generale ed il Prefetto di Potenza.
Per una più agevole comprensione delle vicende di causa, giova rammentare l’art. 5 del Protocollo citato, in virtù del quale le informative antimafia c.d. “atipiche” ex art. 10, c. 9 del DPR 3 giugno 1998 n. 252 avrebbero prodotto gli stessi effetti interdittivi delle informative c.d. “tipiche”. A tal fine, la comunicazione delle informative prefettizie atipiche avrebbe dovuto richiamare in modo espresso l’art. 5 del Protocollo, mentre il contraente generale si impegnò dal canto suo, in presenza di tali atti del Prefetto, «… a risolvere il contratto o a revocare l’autorizzazione al subcontratto o al subaffidamento…». Siffatte regole, inoltre, sono state richiamate, in una con la normativa antimafia ed il Protocollo, anche nel contratto tra il contraente generale e l’appellante, dove si è prevista la revoca del contratto stesso «… qualora le verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa ed ai sensi del Protocollo di Intesa, dessero esito positivo…».
Infine, pure la revoca e la presupposta informativa antimafia impugnate hanno a loro volta fatto riferimento al Protocollo ed alle clausole negoziali, che hanno prefissato il limite inderogabile della discrezionalità sottesa a detta informativa nel valutare i fatti colà contenuti.
2. – Ciò posto, si può prescindere da ogni considerazione sull’ammissibilità, in tutto o in parte, del presente appello, perché esso è infondato e va respinto.
3. – Una precisazione preliminare è d’obbligo: è jus receptum, ben noto al Collegio (cfr., per tutti, Cons. St., III, 12 settembre 2013 n. 4511), che l'informativa antimafia c.d. “atipica”, a differenza di quella c.d. “tipica”, non ha carattere direttamente interdittivo, consentendo al più alla stazione appaltante di valutare discrezionalmente se avviare o proseguire i rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale dell’imprenditore d’assumere la posizione di contraente con la P.A.
Sicché tal efficacia interdittiva può se del caso scaturire dall’autonoma valutazione discrezionale della P.A. (o, il che è lo stesso, dell’ente appaltante, qual è l’ANAS s.p.a.) destinataria della predetta informativa prefettizia atipica. È dunque assodato che quest’ultima, ancorché non priva di effetti nei confronti della P.A., non ne comprime interamente l’autonoma capacità di apprezzamento del dato fornito, onde il mantenimento o la risoluzione del rapporto contrattuale dev’esser comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante.
Ma tal enunciato, in sé corretto e condivisibile, NON ha gran rilevanza nella specie, giacché, lo s’è detto nel paragrafo precedente, l’oggetto della causa è non già l’informativa antimafia in sé (che è al più l’innesco della risoluzione dei contratti de quibus), ma proprio quest’ultima. Infatti, ciò che importa nella specie è e resta soltanto la legittimità in sé della clausola risolutiva espressa, che ripete la propria validità dal contratto normativo stabilito con il Protocollo d’intesa di legalità e che si attiva per il sol fatto di quanto indicato nell’ informativa stessa.
Non a caso, la nota del contraente generale, con cui comunicò all’appellante la risoluzione dei contratti in essere tra loro, non è direttamente contestata in questa sede. La ragione è chiara: essa non è che la mera e pedissequa esecuzione della citata clausola risolutiva e del Protocollo d’intesa, onde l’evento lesivo non nella prima risiede, ma solo nel secondo. Appunto per questo il Collegio non può non condividere l’assunto del TAR, dove esso segnala l’inammissibilità dell’«… impugnazione del predetto art. 5 del protocollo di intesa, in quanto la ricorrente Italfer Lavori S.p.A., firmando i contratti del 22.3.2012 e del 2.7.2012,… aveva accettato la clausola dell’art. 24, comma 1, lett. g), che prevedeva, in attuazione del protocollo di Intesa del 29.9.2010, la risoluzione dei contratti nel caso di ricezione da parte della Grandi Lavori Fincosit S.p.A. dell’informazione antimafia atipica, inviata dalla Prefettura di Potenza…». Sicché l’effetto lesivo, causato dalla compressione della discrezionalità valutativa derivante dal Protocollo, s’è inverato, in capo all’appellante, al momento dell’aggiudicazione o, al più, a quello della stipula dei contratti.
A tutto concedere, però –ossia anche a tralasciare quest’aspetto–, il risultato NON cambia, perché il predetto enunciato comunque non legittima la stazione appaltante, a fronte di dati gravi, precisi e concordanti sul serio pericolo di infiltrazione mafiosa nell’impresa contraente, a poterne prescindere. Quand’anche non vi fosse la citata clausola risolutiva, la discrezionalità della stazione appaltante soggiacerebbe pur sempre agli ovvi e noti limiti di proporzionalità e prudente ragionevolezza, in relazione all’estrema e rilevante sensibilità del pericolo segnalato. Inoltre, la stazione appaltante, che intenda discostarsi da quest’ultimo, deve dare specifica e puntuale motivazione del proprio operato, cui non è obbligata qualora ne condivida il contenuto e vi si conformi. In tal ipotesi, tale obbligo motivazionale assume connotati di minore pregnanza, soprattutto quando l'informativa si muove nell'ambito, ossia quale elemento di una fattispecie complessa, di un'intesa tra la stazione appaltante ed altri soggetti istituzionali, posta in essere prima dell’aggiudicazione (cfr. Cons. St., I, 25 febbraio 2012 n. 4774).
Già in base a quanto fin qui detto, non sussiste la censura d’illogicità che l’appellante muove alla sentenza del TAR. L’appellante non s’avvede che, ben lungi dal suonare le due proposizioni in modo tra loro contrastante, costituiscono mere constatazioni di fatto sia la natura atipica (d’altronde pacifica tra le parti) dell’informativa contestata, sia l’insussistenza di margini di discrezionalità in capo al contraente generale, ai fini della risoluzione del contratto con tal impresa, stante la norma negoziale tra le parti stesse. Né considera che la discrezionalità de qua, della cui pienezza è lecito dubitare già in linea di principio –se non a fronte di evidenze, già note, di fatto contrario o della genericità dell’informazione –, è stata conformata in forza dell’accordo programmatico tra tutti gli attori istituzionali del citato Protocollo. Il comportamento del contraente generale è dunque immune sia dal vizio inerente alla clausola risolutiva espressa in sé –che s’attiva ogni qualvolta una delle «… verifiche antimafia, in ogni tempo, espletate ai sensi della vigente normativa antimafia ed ai sensi del protocollo di intesa dessero esito positivo…»–, sia dal vizio d’omessa valutazione sul contenuto dell’informativa, non dovuta (perlomeno, non nel senso della “discrezionalità”) proprio grazie alla clausola stessa.
4. – Né maggior pregio hanno le deduzioni dell’appellante sul predetto contenuto, nel senso, cioè, che, pure a voler ritenere che nella specie residuasse in capo al contraente generale un margine d’autonoma valutazione sul trattamento da riservare ai contratti de quibus per la natura non immediatamente interdittiva dell’informativa stessa, quest’ultima non s’appalesa suscettibile d’annullamento.
È ben noto in giurisprudenza, tanto da esimere il Collegio da ogni citazione, il principio per cui non serve, anche a fronte di un’informativa “atipica” e come s’è detto dianzi, una motivazione molto ampia, se non quando la stazione appaltante decidesse d’instaurare o di proseguire il rapporto con l’impresa, pur a seguito dell’informativa che la riguardi. La ragione di ciò risiede appunto nella natura dell'accertamento antimafia (prescindendo dagli effetti automatici che la legge, a seconda dei casi, gli accorda, o no), nonché nella correlata esigenza di tutelare in via preferenziale, quand’anche con meccanismi di tipo indiziario, la trasparenza e l'immunità del settore dei pubblici appalti da fenomeni invasivi, anche interposti, da parte della criminalità organizzata. Non è chi non veda come tal esigenza si realizzi mediante il contrasto in via preventiva dell'azione della criminalità stessa, assegnando alla stazione appaltante, sulla base del relativo accertamento prefettizio (anche indiziario), la facoltà di evincerne, già solo sulla scorta degli indizi stessi, l’opportunità di risolvere il contratto o di non stipularlo affatto.
Ebbene, l’informativa prefettizia in questione, da cui prende le mosse la determinazione di recesso dai contratti stipulati con l’appellante ITALFER Lavori s.p.a., riporta circostanze ed elementi non solo in sé puntuali in fatto, ma neppure specificamente contestati. In concreto, per un verso, risulta che: 1) – l’appellante fa parte del Gruppo Italfer, cui appartengono la Italfer Carpenterie s.r.l. e la Sofer Carpenterie s.r.l.; 2) – il sig. Luciano Galli è legale rappresentante della ITALFER Lavori s.p.a., di cui è socio diretto all’8,74% e detentore del pacchetto di controllo (58,26%) attraverso l’altra impresa del Gruppo Italfer, cioè la Sofer Carpenterie s.r.l., di cui egli proprietario per il 68%; 3) – il sig. Galli è stato nominato altresì amministratore unico della Colverde s.r.l., corrente in S. Benedetto del Tronto (AP) e di cui dapprima era consigliere insieme al sig. Giovanni Straccia (legale rappresentante della Straferro Costruzioni s.r.l., destinataria dell’interdittiva antimafia tipica della Prefettura di Ascoli Piceno, emanata l’11 gennaio 2012 e confermata il successivo 19 luglio); 4) – la Colverde s.r.l. è inoltre partecipata al 33% dalla Italfer Carpenterie s.r.l. ed al 29,4% dalla Straferro Costruzioni, onde essa è, ad avviso della Prefettura di Teramo, l’anello di congiunzione tra il Gruppo Italfer ed il Gruppo Straferro. Per altro verso, l’informativa descrive un quadro articolato di cointeressenze tra i predetti due gruppi, per gli stretti rapporti societari e personali intercorrenti tra i sigg. Galli e Straccia –i quali si sono alternati pure nell’amministrazione della Eurosider s.r.l., corrente in Brescia ed appartenente al Gruppo Straferro–, anche in sede di avvalimento della SOA della Straferro Centro Italia s.r.l. (anch’essa del Gruppo Straferro) al fine della partecipazione della Sofer Carpenterie s.r.l. ad una gara per lavori sulla stessa autostrada SA/RC.
Erra l’appellante a minimizzare il rapporto tra i sigg. Galli e Straccia ed i rispettivi gruppi societari, che NON si limitano alla loro materiale compresenza nelle imprese Colverde s.r.l. ed Eurosider s.r.l.
Non dura fatica il Collegio a ritenere che, di per sé sole, entrambe tali Società non siano state, finora e direttamente, attinte da provvedimenti antimafia. Ma è indubbio che esse siano, al di là dei singoli rapporti d’affari –comunque anch’essi da valutare nel loro complesso e non in modo puntiforme e scollegato–, la materializzazione della convergenza d’una pluralità di cointeressenze tra i sigg. Galli e Straccia. Sicché, in disparte l’assenza d’una dimostrazione seria circa la non operatività dell’una o la soggezione dell’altra a procedure concorsuali e, comunque, la poca significatività di tali dati, ciò che rileva è la pregressa e continua convergenza di interessi ed attività dei medesimi sigg. Galli e Straccia e tra il Gruppo Italfer ed il Gruppo Straferro, grazie a controlli incrociati ed a negozi comuni tra le loro imprese. Se è vero che l’informativa “atipica” è preordinata a fornire utili elementi di valutazione sul comportamento complessivo dell’appaltatore, vi sono seri e concordanti indizi di cointeressenze non sempre limpide tra i due Gruppi, sì da esprimere un non manifestamente infondato o irrilevante pericolo anche per il contraente generale.
Scolorano dunque le censure dell’appellante con riguardo sia all’effetto automatico dell’informativa (che attiene al momento del consenso negoziale), sia al contenuto di essa (che si mostra tutt’altro che superficiale o illogico), sia, infine, alla discrezionalità della valutazione spettante al contraente generale (che, a fronte di detto contenuto, non v’erano elementi ragionevoli per fugare il pericolo della permeabilità del Gruppo Italfer da persone colluse con la criminalità organizzata).
È appena da osservare, con riguardo alle linee-guida ministeriali sull’uso oculato (per il TAR) o limitato (per l’appellante) delle informative “atipiche”, che pure quest’argomento recede, al di là della fondatezza o meno del contenuto di quella per cui è causa e che non può dirsi a sua volta recessivo, rispetto a quanto contenuto nel Protocollo di legalità, che è la fonte (in oppugnata) del relativo effetto interdittivo.
5. – In definitiva, l’appello va così rigettato. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso n. 4959/2013 RG in epigrafe), lo respinge.
Condanna la Società appellante al pagamento, a favore delle parti resistenti e costituite (GFL s.p.a., da un lato e le Amministrazioni statali, dall’altro) ed in misura uguale tra loro, delle spese del presente giudizio, che sono nel complesso liquidate in € 3.000,00, di cui € 800 per la fase di studio, € 1.200,00 per la fase introduttiva ed € 1.000,00 per la fase decisoria, oltre CU, IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 21 novembre 2013, con l'intervento dei sigg. Magistrati:
Giuseppe Romeo, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/02/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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