SERVIZI PUBBLICI & SOCIETA' PUBBLICHE:
la messa in liquidazione di una società "in house"
da tre anni in perdita è legittima
(T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. II,
sentenza 23 aprile 2014 n. 423).
Visto che la controversia attiene agli effetti della c.d. "Spending review 2", attuata con D.L. n. 95/2012, preciso che è stata di recente emanata la c.d. "Spending review 3" con il D.E.F. 2014.
Massima
1. È legittima la delibera del consiglio comunale avente ad oggetto la messa in liquidazione di una società in house, posseduta al 100% dal comune, quando si siano succeduti tre anni di gestione in perdita, con esplicito richiamo all’art. 4, commi da 1 a 3, del D.L. n. 95/2012.
2. La società per cui è causa garantiva al comune la gestione della biblioteca, l’assistenza al servizio mensa scolastica, l’assistenza scuolabus, il trasporto pasti scolastici dalla materna alle scuole elementi e medie, la consegna a domicilio dei pasti per persone sole e bisognose, l’operatore ecologico, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili comunali, la gestione dell’isola ecologica e il trasporto degli alunni.
3. Si tratta di una pluralità di servizi che non possono, per la maggior parte, che essere qualificati come strumentali all’attività del comune. L’unico servizio effettivamente qualificabile come servizio pubblico potrebbe essere quello della consegna dei pasti alle persone sole e bisognose. Tale particolare prestazione non appare, però, affatto sufficiente a qualificare l’attività della società come prestazione di servizi pubblici e non anche di servizi strumentali, i quali ultimi risultano nettamente prevalenti. Deve, pertanto, ritenersi che, nel caso di specie, trattandosi di una società strumentale, in perdita, sussistesse un obbligo di legge, per il comune, di provvedere alla messa in liquidazione della suddetta società in house.
Sentenza per esteso
INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione
Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale
832 del 2013, proposto da:
Antonio Pesce, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Salvadori, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via XX Settembre, 8;
Antonio Pesce, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Salvadori, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via XX Settembre, 8;
contro
Azzano Servizi S.r.l. in liquidazione,
rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Straneo, con domicilio eletto in
Brescia presso lo studio dello stesso, via Diaz, 13/C;
Comune di Azzano Mella, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via Diaz, 13/C;
Comune di Azzano Mella, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via Diaz, 13/C;
nei confronti di
Impresa Sociale - Consorzio tra
Cooperative Sociali, Società Cooperativa Sociale Onlus e ENova, non costituite
in giudizio;
per l'annullamento
- della delibera del Consiglio comunale n.
18 del 20 maggio 2013, comunicata il 19 giugno 2013, avente ad oggetto la messa
in liquidazione della società Azzano servizi s.r.l.;
- dell’atto di indirizzo del verbale della
Giunta comunale n. 60 del 24 giugno 2013;
- in via derivata, dell’avviso pubblico
del 2 luglio 2013, della determina n. 85 dell’11 luglio 2013, del bando e del disciplinare
di gara e del relativo Capitolato Speciale, nonché della determina n. 99 di
aggiudicazione definitiva del 14 agosto 2013;
- nonchè per il contestuale ripristino
del rapporto di lavoro originariamente
sorto in data 1 luglio 2009, inquadrando il ricorrente nel CCNL di categoria
dell’igiene urbana;
e per il risarcimento
di tutti i danni patrimoniali e morali,
con riserva di chiedere, in caso di accoglimento del ricorso, anche il
pagamento dell’indennità risarcitoria onnicomprensiva, di cui all’art. 18 comma
5 dello Statuto dei lavoratori.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio
della Azzano Servizi S.r.l. e del Comune di Azzano Mella;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
9 aprile 2014 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori
come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
La società Azzano Servizi S.r.l. è una
società in house, posseduto al 100 % dal Comune di Azzano Mella e nata per
svolgere un’ampia gamma di servizi pubblici: tali caratteristiche renderebbero
applicabile alla stessa, secondo parte ricorrente, gli artt. 14, 15 e 17 del
d.l. 138/2011, assoggettandola al patto di stabilità, all’applicazione del
Codice dei contratti pubblici e delle norme generali sull’ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
La società in parola ha assunto l’odierno
ricorrente, in esito al concorso espletato per l’assunzione di un operatore
ecologico autista, inquadrandolo al livello 4 del CCNL del Commercio, anziché
di quelle di igiene urbana.
Il 19 giugno 2013, però, il sig. Pesce si
è visto ricapitare il preannuncio della cessazione del rapporto di lavoro, a
far data dal 31 agosto 2013, in ragione della messa in liquidazione della
società.
Il licenziamento è stato impugnato (ai
sensi dell’art. 6 della legge n. 604/1966), mentre il Comune ha esternalizzato
il servizio, assegnandolo alla cooperativa controinteressata, la quale si è
dichiarata disponibile all’assunzione del sig. Pesce, ma inquadrandolo
all’interno del diverso CCNL delle cooperative sociali, molto meno vantaggioso.
In ragione di tutto ciò, e utilizzando
ogni strumento processuale a tal fine previsto dall’ordinamento, il sig. Pesce
ha impugnato anche la, ritenuta , illegittima soppressione della società in
house e la ingiusta cancellazione del rapporto di lavoro di cui ha chiesto,
dunque, il ripristino.
A tal fine ha dedotto la violazione
dell’art. 14 comma 32 del d.l. n. 78/2010, dell’art. 3, comma 27 della legge
244/2007 e dell’art. 4, commi 1 e 3 del d.l. 95/2012 e, conseguentemente,
eccesso di potere per difetto dei presupposti e violazione degli artt. 2484 e
2112 del cod. civ.. Secondo parte ricorrente il legislatore avrebbe previsto la
tendenziale cessazione di società strumentali, destinate a soddisfare i bisogni
interni delle pubbliche amministrazioni (salvo limiti di sopravvivenza
speciali), ma non avrebbe posto alcun limite di utilizzo alle società che
svolgono servizi di interesse generale (cioè destinate a soddisfare le
necessità di una platea indifferenziata di persone). Sul punto sono richiamate
le sentenza del TAR Brescia, n. 939/2011, 196/2013, 1396/2011, ecc..
Considerato che la mission della
società Azzano Servizi è quella di garantire la “gestione mensa e pasti a
domicilio, servizi di assistenza domiciliare, raccolta differenziata di R.S.U.,
servizi di operatore ecologico, gestione del verde pubblico, servizio di
pubbliche affissioni sul territorio comunale, trasporto alunni e persone anche
con mezzi forniti dal committente, servizi cimiteriali, gestione di servizio
idrico integrato”, secondo parte ricorrente si tratterebbe a tutti gli effetti
di una società destinata a soddisfare fabbisogni generali.
Ne risulterebbe l’illegittimità dello
scioglimento anticipato, motivato con esplicito richiamo all’art. 4, commi da 1
a 3 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, non trattandosi di una società strumentale
soggetta ad obbligo di dismissione.
A tale proposito si dovrebbe considerare,
prescindendo dal fatto che la stragrande maggioranza degli introiti della
società proviene dal Comune, la natura oggettiva delle mansioni svolte (cfr Tar
Brescia, n. 1689/2008, secondo la quale i fattori distintivi del pubblico
servizio sono, da un lato, l’essere connotato dall’idoneità a soddisfare in
modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti,
dall’altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi volti a
conformare l’espletamento delle prestazioni a canoni di continuità, regolarità,
capacità e qualità, cui non potrebbe essere assoggettata una comune attività
economica).
Pertanto, il Comune non avrebbe avuto
alcun obbligo di dismettere la società in questione e avrebbe illegittimamente
determinato la cancellazione del posto di lavoro del ricorrente, il quale ha
richiesto, dunque, il ripristino del rapporto di lavoro dal 1 settembre 2013,
con eventuale applicazione del sopravvenuto art. 3 del D.L. 31 agosto 2013, n.
101, recante il regime di mobilità tra il personale dei Comuni e delle società
da questi controllate, riservandosi il diritto di chiedere l’indennità
risarcitoria ex art. 18 comma 5 dello Statuto dei Lavoratori.
Il Comune ha depositato, in vista della
pubblica udienza, una memoria nella quale ha preliminarmente eccepito il
difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (a favore del giudice
ordinario) laddove si ponga attenzione alla concreta consistenza del bene della
vita perseguito, rappresentato dal reintegro nel posto di lavoro. Nel merito,
lo stesso ha sottolineato come, a prescindere dalla normativa sullo
scioglimento delle società pubbliche e dal fatto che la Azzano Servizi
producesse sia servizi pubblici, che strumentali (gestione delle mense,
gestione del verde pubblico, trasporto degli alunni, manutenzione di immobili,
ecc.), la scelta di scioglimento di una società unipersonale pubblica rimane
comunque assoggettata alla disciplina dell’art. 2448, n. 5, che rimette
all’Assemblea la volontà di procedere alla stessa in qualsiasi momento ed in
particolare quando, come nel caso di specie, si siano succeduti tre anni di
gestione in perdita.
Peraltro, nell’attuare tale scelta, la
società si sarebbe preoccupata di garantire con ogni mezzo la tutela del
proprio personale e si deve imputare al solo ricorrente la scelta di rifiutare
ogni proposta formulata.
Si è costituita in giudizio anche
l’intimata società che, essendo in liquidazione ed ormai inattiva da tempo (lo
scioglimento sarebbe precluso esclusivamente dalla pendenza del contenzioso in
esame), anche in ragione della mancata impugnazione di qualsiasi atto di
competenza della società stessa, si è limitata a fare proprie le difese del
Comune e a evidenziare l’assoluta impossibilità della riassunzione del
ricorrente in ragione proprio dell’avvenuta liquidazione in fase di
perfezionamento.
Il ricorrente ha replicato, sottolineando
come l’oggetto del contendere non sia la possibilità per il Comune di
procedere, discrezionalmente, allo scioglimento di una società, ma il fatto che
tale scioglimento sia avvenuto, nel caso di specie, solo ritenendo che tale
scelta fosse imposta dalla legge e, quindi, sulla base di una motivazione
inesistente, omettendo un puntuale confronto dialettico del Consiglio
sull’eventuale sussistenza di ragioni che avrebbero potuto giustificare la
libera scelta di uno scioglimento anche al di fuori dell’obbligo di legge
(inesistente, nel caso di specie, si ribadisce).
Alla pubblica udienza del 9 aprile 2014 la
causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
Si può omettere l’approfondimento della
fondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione prospettata dal Comune
resistente, atteso che il ricorso appare infondato.
È pur vero che, sebbene lo scopo finale
perseguito attraverso la proposizione del ricorso in esame sia quello del
ripristino del proprio posto di lavoro, lo stesso ha ad oggetto, in via
principale, l’accertamento della legittimità degli atti preordinati allo
scioglimento della società resistente, di cui è stato chiesto l’annullamento.
Ciò può giustificare la giurisdizione di questo giudice, ma implica anche la
necessità di una difficile ricostruzione della sussistenza dell’interesse concreto
ed attuale di parte ricorrente ad impugnare tali atti.
Ragioni di opportunità ed economicità
processuali indicano, però, tenuto conto delle possibili conseguenze di una
pronuncia in rito, come privilegiata la via della pronuncia nel merito della
controversia.
Ciò chiarito, il punto essenziale della
questione portata all’attenzione del Collegio risulta essere se la società in
questione prestasse o meno servizi di interesse generale e fosse, dunque,
sottratta all’obbligo di scioglimento ritenuto, invece, sussistente da parte
del Comune. A tale proposito appare opportuno ricordare la pronuncia della
Corte Costituzione n. 229 del 2013, nella quale si legge che: “Posto che la
definizione dei servizi di interesse generale trova nella normativa dell'Unione
europea i suoi fondamenti, e che, alla luce di essa, tali servizi corrispondono
ad attività (anche commerciali) orientate al bene della collettività e pertanto
vincolate a specifici obblighi di servizio pubblico da parte delle autorità,
tra le quali si annoverano, ad esempio, i trasporti, i servizi postali, le
telecomunicazioni, è agevole desumere che i servizi pubblici locali rientrano
fra i servizi di interesse generale".
Nel caso di specie, però, la complessa
problematica della qualificazione dei servizi svolti dalla società Azzano
Servizi deve essere risolta, al di là del possibile oggetto sociale, prendendo
a parametro la realtà dei fatti. Tale società garantiva, infatti, al Comune la
gestione della biblioteca, l’assistenza al servizio mensa scolastica, l’assistenza
scuolabus, il trasporto pasti scolastici dalla materna alle scuole elementi e
medie, la consegna a domicilio dei pasti per persone sole e bisognose,
l’operatore ecologico, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili
comunali, la gestione dell’isola ecologica e il trasporto degli alunni. Si
tratta di una pluralità di servizi che non possono, per la maggior parte, che
essere qualificati come strumentali all’attività del Comune.
L’unico servizio effettivamente
qualificabile come servizio pubblico potrebbe essere quello della consegna dei
pasti alle persone sole e bisognose. Tale particolare prestazione non appare,
però, affatto sufficiente a qualificare l’attività della società come
prestazione di servizi pubblici e non anche di servizi strumentali, i quali
ultimi risultano, in assenza di qualsiasi principio di prova fornito da
controparte, nettamente prevalenti.
Deve, pertanto, ritenersi che, nel caso di
specie, trattandosi di una società strumentale, in perdita, sussistesse un
obbligo di legge, per il Comune di Azzano, di provvedere alla messa in
liquidazione della suddetta società in house.
Pertanto - a prescindere dal fatto che,
come sostenuto da parte resistente, la scelta di procedere alla liquidazione di
una società pubblica è sempre e comunque rimessa alla volontà dell’ente che
l’ha costituita, che al pari di quanto accade in una ordinaria società di
diritto privato, può in ogni momento decidere di sciogliere la società creata,
in quanto i provvedimenti impugnati non sono stati motivati con riferimento a
tale diversa possibilità -, la messa in liquidazione della società Azzano
Servizi risulta comunque giustificata dall’applicazione della normativa
richiamata negli stessi.
Invero la normativa di cui all’art. 4 del
d.l. 95/2012 appare in contrasto con quanto disposto e non abrogato
precedentemente: essa impone lo scioglimento o l’alienazione delle società il
cui fatturato è, al 90 % almeno, sostenuto dall’ente pubblico e che, in ragione
di ciò possono ritenersi strumentali e cioè proprio quelle società che, alla
luce della legge Bersani, potevano continuare la propria attività. Ma il contrasto
è ravvisabile anche all’interno dello stesso articolo, il cui primo comma non
consente il mantenimento di società costituite esclusivamente per procurare
beni e servizi all’amministrazione di riferimento, mentre l’ottavo comma
consente che il servizio possa essere affidato alla società strumentale se ciò
avvenga nel rispetto dei principi per l’affidamento in house.
Tale antinomia è stata, però, superata
dalla sopravvenienza del d.l. 179/2012, che ha introdotto la discrezionalità
dell’ente nella valutazione dell’opportunità dello scioglimento (attraverso
l’elaborazione di un piano di ristrutturazione e razionalizzazione).
Nel caso di specie, dunque, sebbene non vi
sia stata una vera e propria predisposizione di un piano, il Comune risulta
aver effettuato, oltre ad una ricognizione degli obblighi di legge, anche una
valutazione in concreto dell’opportunità della scelta, in un’ottica di concreto
risparmio della spesa. Peraltro il tutto è stato deliberato celermente al fine
di consentire l’affidamento dei servizi per il nuovo anno scolastico.
Ne deriva il rigetto del ricorso nei
termini in cui è stato proposto, non potendosi ravvisare le illegittimità
dedotte.
Le spese del giudizio possono trovare
compensazione tra le parti in causa, attesa la particolare materia in cui si
controverte, di fatto riconducibile alla tutela di un rapporto di lavoro.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente
pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Dispone la compensazione delle spese del
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di
consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente FF
Stefano Tenca, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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