martedì 29 aprile 2014

SERVIZI PUBBLICI & SOCIETA' PUBBLICHE: la messa in liquidazione di una società "in house" da tre anni in perdita è legittima (T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. II, sentenza 23 aprile 2014 n. 423).


SERVIZI PUBBLICI & SOCIETA' PUBBLICHE:
 la messa in liquidazione di una società "in house" 
da tre anni in perdita è legittima 
(T.A.R. Lombardia - Brescia, Sez. II, 
sentenza 23 aprile 2014 n. 423). 

Visto che la controversia attiene agli effetti della c.d. "Spending review 2", attuata con  D.L. n. 95/2012, preciso che è stata di recente emanata la c.d. "Spending review 3" con il D.E.F. 2014.

Massima

1. È legittima la delibera del consiglio comunale avente ad oggetto la messa in liquidazione di una società in house, posseduta al 100% dal comune, quando si siano succeduti tre anni di gestione in perdita, con esplicito richiamo all’art. 4, commi da 1 a 3, del D.L. n. 95/2012. 
2. La società per cui è causa garantiva al comune la gestione della biblioteca, l’assistenza al servizio mensa scolastica, l’assistenza scuolabus, il trasporto pasti scolastici dalla materna alle scuole elementi e medie, la consegna a domicilio dei pasti per persone sole e bisognose, l’operatore ecologico, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili comunali, la gestione dell’isola ecologica e il trasporto degli alunni. 
3. Si tratta di una pluralità di servizi che non possono, per la maggior parte, che essere qualificati come strumentali all’attività del comune. L’unico servizio effettivamente qualificabile come servizio pubblico potrebbe essere quello della consegna dei pasti alle persone sole e bisognose. Tale particolare prestazione non appare, però, affatto sufficiente a qualificare l’attività della società come prestazione di servizi pubblici e non anche di servizi strumentali, i quali ultimi risultano nettamente prevalenti. Deve, pertanto, ritenersi che, nel caso di specie, trattandosi di una società strumentale, in perdita, sussistesse un obbligo di legge, per il comune, di provvedere alla messa in liquidazione della suddetta società in house.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 832 del 2013, proposto da:
Antonio Pesce, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Salvadori, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via XX Settembre, 8; 
contro
Azzano Servizi S.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Straneo, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via Diaz, 13/C;
Comune di Azzano Mella, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi, con domicilio eletto in Brescia presso lo studio dello stesso, via Diaz, 13/C; 
nei confronti di
Impresa Sociale - Consorzio tra Cooperative Sociali, Società Cooperativa Sociale Onlus e ENova, non costituite in giudizio; 
per l'annullamento
- della delibera del Consiglio comunale n. 18 del 20 maggio 2013, comunicata il 19 giugno 2013, avente ad oggetto la messa in liquidazione della società Azzano servizi s.r.l.;
- dell’atto di indirizzo del verbale della Giunta comunale n. 60 del 24 giugno 2013;
- in via derivata, dell’avviso pubblico del 2 luglio 2013, della determina n. 85 dell’11 luglio 2013, del bando e del disciplinare di gara e del relativo Capitolato Speciale, nonché della determina n. 99 di aggiudicazione definitiva del 14 agosto 2013;
- nonchè per il contestuale ripristino
del rapporto di lavoro originariamente sorto in data 1 luglio 2009, inquadrando il ricorrente nel CCNL di categoria dell’igiene urbana;
e per il risarcimento
di tutti i danni patrimoniali e morali, con riserva di chiedere, in caso di accoglimento del ricorso, anche il pagamento dell’indennità risarcitoria onnicomprensiva, di cui all’art. 18 comma 5 dello Statuto dei lavoratori.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Azzano Servizi S.r.l. e del Comune di Azzano Mella;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La società Azzano Servizi S.r.l. è una società in house, posseduto al 100 % dal Comune di Azzano Mella e nata per svolgere un’ampia gamma di servizi pubblici: tali caratteristiche renderebbero applicabile alla stessa, secondo parte ricorrente, gli artt. 14, 15 e 17 del d.l. 138/2011, assoggettandola al patto di stabilità, all’applicazione del Codice dei contratti pubblici e delle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
La società in parola ha assunto l’odierno ricorrente, in esito al concorso espletato per l’assunzione di un operatore ecologico autista, inquadrandolo al livello 4 del CCNL del Commercio, anziché di quelle di igiene urbana.
Il 19 giugno 2013, però, il sig. Pesce si è visto ricapitare il preannuncio della cessazione del rapporto di lavoro, a far data dal 31 agosto 2013, in ragione della messa in liquidazione della società.
Il licenziamento è stato impugnato (ai sensi dell’art. 6 della legge n. 604/1966), mentre il Comune ha esternalizzato il servizio, assegnandolo alla cooperativa controinteressata, la quale si è dichiarata disponibile all’assunzione del sig. Pesce, ma inquadrandolo all’interno del diverso CCNL delle cooperative sociali, molto meno vantaggioso.
In ragione di tutto ciò, e utilizzando ogni strumento processuale a tal fine previsto dall’ordinamento, il sig. Pesce ha impugnato anche la, ritenuta , illegittima soppressione della società in house e la ingiusta cancellazione del rapporto di lavoro di cui ha chiesto, dunque, il ripristino.
A tal fine ha dedotto la violazione dell’art. 14 comma 32 del d.l. n. 78/2010, dell’art. 3, comma 27 della legge 244/2007 e dell’art. 4, commi 1 e 3 del d.l. 95/2012 e, conseguentemente, eccesso di potere per difetto dei presupposti e violazione degli artt. 2484 e 2112 del cod. civ.. Secondo parte ricorrente il legislatore avrebbe previsto la tendenziale cessazione di società strumentali, destinate a soddisfare i bisogni interni delle pubbliche amministrazioni (salvo limiti di sopravvivenza speciali), ma non avrebbe posto alcun limite di utilizzo alle società che svolgono servizi di interesse generale (cioè destinate a soddisfare le necessità di una platea indifferenziata di persone). Sul punto sono richiamate le sentenza del TAR Brescia, n. 939/2011, 196/2013, 1396/2011, ecc..
Considerato che la mission della società Azzano Servizi è quella di garantire la “gestione mensa e pasti a domicilio, servizi di assistenza domiciliare, raccolta differenziata di R.S.U., servizi di operatore ecologico, gestione del verde pubblico, servizio di pubbliche affissioni sul territorio comunale, trasporto alunni e persone anche con mezzi forniti dal committente, servizi cimiteriali, gestione di servizio idrico integrato”, secondo parte ricorrente si tratterebbe a tutti gli effetti di una società destinata a soddisfare fabbisogni generali.
Ne risulterebbe l’illegittimità dello scioglimento anticipato, motivato con esplicito richiamo all’art. 4, commi da 1 a 3 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, non trattandosi di una società strumentale soggetta ad obbligo di dismissione.
A tale proposito si dovrebbe considerare, prescindendo dal fatto che la stragrande maggioranza degli introiti della società proviene dal Comune, la natura oggettiva delle mansioni svolte (cfr Tar Brescia, n. 1689/2008, secondo la quale i fattori distintivi del pubblico servizio sono, da un lato, l’essere connotato dall’idoneità a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti, dall’altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi volti a conformare l’espletamento delle prestazioni a canoni di continuità, regolarità, capacità e qualità, cui non potrebbe essere assoggettata una comune attività economica).
Pertanto, il Comune non avrebbe avuto alcun obbligo di dismettere la società in questione e avrebbe illegittimamente determinato la cancellazione del posto di lavoro del ricorrente, il quale ha richiesto, dunque, il ripristino del rapporto di lavoro dal 1 settembre 2013, con eventuale applicazione del sopravvenuto art. 3 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, recante il regime di mobilità tra il personale dei Comuni e delle società da questi controllate, riservandosi il diritto di chiedere l’indennità risarcitoria ex art. 18 comma 5 dello Statuto dei Lavoratori.
Il Comune ha depositato, in vista della pubblica udienza, una memoria nella quale ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo (a favore del giudice ordinario) laddove si ponga attenzione alla concreta consistenza del bene della vita perseguito, rappresentato dal reintegro nel posto di lavoro. Nel merito, lo stesso ha sottolineato come, a prescindere dalla normativa sullo scioglimento delle società pubbliche e dal fatto che la Azzano Servizi producesse sia servizi pubblici, che strumentali (gestione delle mense, gestione del verde pubblico, trasporto degli alunni, manutenzione di immobili, ecc.), la scelta di scioglimento di una società unipersonale pubblica rimane comunque assoggettata alla disciplina dell’art. 2448, n. 5, che rimette all’Assemblea la volontà di procedere alla stessa in qualsiasi momento ed in particolare quando, come nel caso di specie, si siano succeduti tre anni di gestione in perdita.
Peraltro, nell’attuare tale scelta, la società si sarebbe preoccupata di garantire con ogni mezzo la tutela del proprio personale e si deve imputare al solo ricorrente la scelta di rifiutare ogni proposta formulata.
Si è costituita in giudizio anche l’intimata società che, essendo in liquidazione ed ormai inattiva da tempo (lo scioglimento sarebbe precluso esclusivamente dalla pendenza del contenzioso in esame), anche in ragione della mancata impugnazione di qualsiasi atto di competenza della società stessa, si è limitata a fare proprie le difese del Comune e a evidenziare l’assoluta impossibilità della riassunzione del ricorrente in ragione proprio dell’avvenuta liquidazione in fase di perfezionamento.
Il ricorrente ha replicato, sottolineando come l’oggetto del contendere non sia la possibilità per il Comune di procedere, discrezionalmente, allo scioglimento di una società, ma il fatto che tale scioglimento sia avvenuto, nel caso di specie, solo ritenendo che tale scelta fosse imposta dalla legge e, quindi, sulla base di una motivazione inesistente, omettendo un puntuale confronto dialettico del Consiglio sull’eventuale sussistenza di ragioni che avrebbero potuto giustificare la libera scelta di uno scioglimento anche al di fuori dell’obbligo di legge (inesistente, nel caso di specie, si ribadisce).
Alla pubblica udienza del 9 aprile 2014 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Si può omettere l’approfondimento della fondatezza dell’eccezione di difetto di giurisdizione prospettata dal Comune resistente, atteso che il ricorso appare infondato.
È pur vero che, sebbene lo scopo finale perseguito attraverso la proposizione del ricorso in esame sia quello del ripristino del proprio posto di lavoro, lo stesso ha ad oggetto, in via principale, l’accertamento della legittimità degli atti preordinati allo scioglimento della società resistente, di cui è stato chiesto l’annullamento. Ciò può giustificare la giurisdizione di questo giudice, ma implica anche la necessità di una difficile ricostruzione della sussistenza dell’interesse concreto ed attuale di parte ricorrente ad impugnare tali atti.
Ragioni di opportunità ed economicità processuali indicano, però, tenuto conto delle possibili conseguenze di una pronuncia in rito, come privilegiata la via della pronuncia nel merito della controversia.
Ciò chiarito, il punto essenziale della questione portata all’attenzione del Collegio risulta essere se la società in questione prestasse o meno servizi di interesse generale e fosse, dunque, sottratta all’obbligo di scioglimento ritenuto, invece, sussistente da parte del Comune. A tale proposito appare opportuno ricordare la pronuncia della Corte Costituzione n. 229 del 2013, nella quale si legge che: “Posto che la definizione dei servizi di interesse generale trova nella normativa dell'Unione europea i suoi fondamenti, e che, alla luce di essa, tali servizi corrispondono ad attività (anche commerciali) orientate al bene della collettività e pertanto vincolate a specifici obblighi di servizio pubblico da parte delle autorità, tra le quali si annoverano, ad esempio, i trasporti, i servizi postali, le telecomunicazioni, è agevole desumere che i servizi pubblici locali rientrano fra i servizi di interesse generale".
Nel caso di specie, però, la complessa problematica della qualificazione dei servizi svolti dalla società Azzano Servizi deve essere risolta, al di là del possibile oggetto sociale, prendendo a parametro la realtà dei fatti. Tale società garantiva, infatti, al Comune la gestione della biblioteca, l’assistenza al servizio mensa scolastica, l’assistenza scuolabus, il trasporto pasti scolastici dalla materna alle scuole elementi e medie, la consegna a domicilio dei pasti per persone sole e bisognose, l’operatore ecologico, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili comunali, la gestione dell’isola ecologica e il trasporto degli alunni. Si tratta di una pluralità di servizi che non possono, per la maggior parte, che essere qualificati come strumentali all’attività del Comune.
L’unico servizio effettivamente qualificabile come servizio pubblico potrebbe essere quello della consegna dei pasti alle persone sole e bisognose. Tale particolare prestazione non appare, però, affatto sufficiente a qualificare l’attività della società come prestazione di servizi pubblici e non anche di servizi strumentali, i quali ultimi risultano, in assenza di qualsiasi principio di prova fornito da controparte, nettamente prevalenti.
Deve, pertanto, ritenersi che, nel caso di specie, trattandosi di una società strumentale, in perdita, sussistesse un obbligo di legge, per il Comune di Azzano, di provvedere alla messa in liquidazione della suddetta società in house.
Pertanto - a prescindere dal fatto che, come sostenuto da parte resistente, la scelta di procedere alla liquidazione di una società pubblica è sempre e comunque rimessa alla volontà dell’ente che l’ha costituita, che al pari di quanto accade in una ordinaria società di diritto privato, può in ogni momento decidere di sciogliere la società creata, in quanto i provvedimenti impugnati non sono stati motivati con riferimento a tale diversa possibilità -, la messa in liquidazione della società Azzano Servizi risulta comunque giustificata dall’applicazione della normativa richiamata negli stessi.
Invero la normativa di cui all’art. 4 del d.l. 95/2012 appare in contrasto con quanto disposto e non abrogato precedentemente: essa impone lo scioglimento o l’alienazione delle società il cui fatturato è, al 90 % almeno, sostenuto dall’ente pubblico e che, in ragione di ciò possono ritenersi strumentali e cioè proprio quelle società che, alla luce della legge Bersani, potevano continuare la propria attività. Ma il contrasto è ravvisabile anche all’interno dello stesso articolo, il cui primo comma non consente il mantenimento di società costituite esclusivamente per procurare beni e servizi all’amministrazione di riferimento, mentre l’ottavo comma consente che il servizio possa essere affidato alla società strumentale se ciò avvenga nel rispetto dei principi per l’affidamento in house.
Tale antinomia è stata, però, superata dalla sopravvenienza del d.l. 179/2012, che ha introdotto la discrezionalità dell’ente nella valutazione dell’opportunità dello scioglimento (attraverso l’elaborazione di un piano di ristrutturazione e razionalizzazione).
Nel caso di specie, dunque, sebbene non vi sia stata una vera e propria predisposizione di un piano, il Comune risulta aver effettuato, oltre ad una ricognizione degli obblighi di legge, anche una valutazione in concreto dell’opportunità della scelta, in un’ottica di concreto risparmio della spesa. Peraltro il tutto è stato deliberato celermente al fine di consentire l’affidamento dei servizi per il nuovo anno scolastico.
Ne deriva il rigetto del ricorso nei termini in cui è stato proposto, non potendosi ravvisare le illegittimità dedotte.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolare materia in cui si controverte, di fatto riconducibile alla tutela di un rapporto di lavoro.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente FF
Stefano Tenca, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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