lunedì 19 maggio 2014

APPALTI & PLENARIE: la Sez. III rimette alla Plenaria la legittimità della c.d. dichiarazione sostitutiva unica di tipo "generico" ai sensi degli artt. 38 del Codice e 47 co. 2 del d.P.R. 445/2000 (Cons. St., Sez. III, ordinanza 29 aprile 2014 n. 2214).


APPALTI & PLENARIE: 
la Sez. III rimette alla Plenaria 
la legittimità della c.d. dichiarazione sostitutiva unica
 di tipo "generico" 
ai sensi degli artt. 38 del Codice
 e 47 co. 2 del d.P.R. 445/2000 
(Cons. St., Sez. III, 
ordinanza 29 aprile 2014 n. 2214). 


Commento

La Sezione III propende per un'interpretazione "minimalista" del combinato disposto degli artt. 38 e 47 co. 2 del d.P.R. n. 445/2000: è legittima la c.d. dichiarazione sostitutiva unica da parte del legale rappresentante, anche se "generica", ossia anche se non contiene l'esplicita indicazione degli amministratori o dei procuratori con rappresentanza.
Le motivazioni a sostegno di questa tesi sono interessanti ma non so se la Plenaria confermerà quest'indirizzo (in medio stat virtus no?).


Massima

1. Il codice dei contratti pubblici, tra la possibile soluzione della presentazione immediata in sede di offerta, da parte di tutti i concorrenti, di tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale, e la soluzione della verifica successiva del possesso dei requisiti del solo aggiudicatario, ha scelto una soluzione intermedia che si basa sulla presentazione di una dichiarazione di tutti i concorrenti, in sede di presentazione dell’offerta, sostitutiva della documentazione (art. 38, comma 2 del codice dei contratti) e sulla verifica successiva sul possesso dei requisiti (e quindi sulla veridicità della autodichiarazione) da parte della stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicatario (art. 11 comma 8 del codice) nonché degli altri soggetti previsti.
2. In tal modo possono partecipare alle gare imprese per le quali i requisiti generali sono agevolmente attestati con una dichiarazione, resa sotto la responsabilità personale del dichiarante, fatta salva la successiva verifica documentale effettuata nei confronti (in particolare) dell’aggiudicatario.
Se, nel corso di tale verifica, emerge che l’aggiudicatario non è in possesso di uno dei requisiti richiesti, la stazione appaltante procede alla sua esclusione dalla gara (e, se del caso, allo scorrimento della graduatoria), e all’applicazione delle conseguenti sanzioni.
3. Per quanto riguarda, in particolare, il possesso dei requisiti di moralità, richiesti dall’art. 38 del codice dei contratti, la giurisprudenza ha poi chiarito che le relative disposizioni, nel prevedere la necessaria presentazione della dichiarazione attestante tale requisito, intendono assumere come destinatari tutti i soggetti persone fisiche dotati di poteri decisionali e di rappresentanza della stessa o che tali poteri hanno avuto nell’anno precedente (e prima nel triennio precedente).
4. La giurisprudenza ha chiarito che la dichiarazione possa essere resa dal legale rappresentante dell’impresa che ha presentato la domanda di partecipazione alla gara per conto anche degli altri soggetti che devono possedere tali requisiti.
5. Ritiene la Sezione che, una volta che è stato ammesso che la dichiarazione possa essere fatta da un unico rappresentante, anche per conto degli altri soggetti dell’impresa che devono possedere tali requisiti, non sia necessaria (anche) l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i quali il possesso dei requisiti di moralità è stato dichiarato mentre possa ritenersi sufficiente una indicazione comunque comprensiva, per la formula utilizzata, di tutti i rappresentati legali dell’impresa anche non indicati nominativamente. 
6. Fermo restando che, quando l’Amministrazione fa richiesta di comprovare l’effettivo possesso di tutti i requisiti autodichiarati (e quindi anche i requisiti di moralità di tutti i dirigenti e i legali rappresentanti dell’impresa), l’impresa medesima è tenuta a dimostrare che per tutti i soggetti interessati (peraltro individuabili anche attraverso la visura camerale) non vi sono cause di esclusione per la mancanza dei requisiti morali.
7. D’altro canto, ciò che alla stazione appaltante interessa conoscere non sono le vicende personali di questo o quel soggetto fisico, ma solo l’inesistenza di cause ostative a carico dell’impresa. Sotto questo profilo, l’atto con il quale il dichiarante attesti, sotto la sua responsabilità, che non sussistono cause ostative a carico dell’impresa –id est a carico di tutti coloro che occupano o hanno occupato le posizioni qualificate indicate dalla norma – appare sufficiente. Salvo, s’intende, il diritto dell’ente, ove lo ritenga, di chiedere notizie più dettagliate avvalendosi dell’art. 46 del codice dei contratti; e salvo il potere-dovere di effettuare le verifiche di rito e di applicare le conseguenti sanzioni.
8. Un approccio non formalistico a questi problemi sembra coerente anche con lo spirito e la finalità della legge n. 241/1990 e delle disposizioni correlate in tema di semplificazione dei procedimenti e della documentazione amministrativa. Lo scopo del legislatore sarebbe tradito se l’opportunità di sostituire le certificazioni con autodichiarazioni si risolvesse, paradossalmente, in una insidia per i cittadini che se avvalgono.

Ordinanza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso, numero di registro generale 8792 del 2013, proposto da Accenture S.p.A. e da Accenture Technology Solutions S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e difesi dagli avv. Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Luigi Mazzoncini, con domicilio eletto presso lo Studio Lipani & Partners in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;

contro
Wolters Kluwer Italia S.r.l., Skill On Line S.r.l., Knowledge Management & Security S.r.l., Project Automation S.p.A., Media Touch 2000 S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e difesi dagli avv. Maurizio Zoppolato, Eva Maschietto e Katja Besseghini, con domicilio eletto presso Maurizio Zoppolato in Roma, via del Mascherino, n. 72;
nei confronti di
Ministero dell'Interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Ter, n. 9376 del 4 novembre 2013, resa tra le parti, concernente la gara d'appalto per la realizzazione e la gestione del progetto SISFOR - Sistema di formazione on-line delle Forze dell'ordine.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Wolters Kluwer Italia S.r.l., di Skill On Line S.r.l., di Knowledge Management & Security S.r.l., di Project Automation S.p.A., di Media Touch 2000 S.r.l. e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati Francesca Sbrana, Damiano Lipani, Katja Besseghini e l’avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;

1.- Con bando pubblicato sulla GUUE n. S132 del 12 luglio 2012, il Ministero dell’Interno, Dipartimento di Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale per gli Istituti di Istruzione, ha indetto una gara, a procedura ristretta accelerata, per la realizzazione e la gestione del progetto “SISFOR – Sistema di Formazione on-line delle Forze dell’Ordine”, per un periodo di 48 mesi dall’approvazione del contratto, nell’ambito del PON (programma operativo nazionale) “Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013”, da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rispetto alla base d’asta di Euro 9.250.000,00, oltre I.V.A.
2.- All’esito della procedura, la gara è stata aggiudicata (in via provvisoria il 27 marzo 2013 e in via definitiva il 16 aprile 2013) al costituendo Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) costituito da Accenture S.p.A. ed Accenture Technology Solutions S.r.l., in seguito RTI Accenture, che si era classificato al primo posto nella graduatoria di merito, con punti 92,35 (punti 64 per l’offerta tecnica e punti 28,35 per l’offerta economica), davanti al costituendo raggruppamento temporaneo di imprese formato dalle società Wolters Kluwer Italia, Skill On Line, Knowledge Management & Security, Project Automation e Media Touch, in seguito RTI Wolters Kluwer, che aveva ottenuto complessivi punti 82,01 (punti 55,25 per l’offerta tecnica e punti 26.76 per l’offerta economica).
3.- RTI Wolters Kluwer ha impugnato l’esito della gara davanti al T.A.R. per il Lazio e RTI Accenture ha proposto ricorso incidentale.
4.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione I Ter, con sentenza n. 9376 del 4 novembre 2013, ha prima respinto i sei motivi del ricorso incidentale di RTI Accenture e poi ha accolto il ricorso principale di RTI Wolters Kluwer, ritenendo fondati due dei tre motivi sollevati.
5.- In particolare, il T.A.R. ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale RTI Wolters Kluwer aveva sostenuto che Accenture S.p.A. non aveva prodotto le prescritte dichiarazioni dei due suoi legali rappresentanti, ma si era limitata a presentare un’unica dichiarazione, fatta da un procuratore ad negotia, che doveva ritenersi invalida perché mancante dell’indicazione analitica e nominativa di tutti i soggetti che disponevano del potere di legale rappresentanza della Società, in violazione dell’obbligo, prescritto dall’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 12 aprile 2006, di attestare l’insussistenza delle cause di esclusione rispetto agli amministratori muniti di poteri di rappresentanza. Analogamente, solo l’Amministratore delegato di Accenture Technology Solutions S.r.l. aveva reso la dichiarazione in questione, per sé e per la Società, mentre non era stata resa da alcuno la dichiarazione relativa al Presidente del Consiglio di Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza legale dell’impresa.
6.- Il T.A.R. ha, in primo luogo, ricordato che «deve ritenersi sussistente il potere di rendere la dichiarazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, in capo al procuratore ad negotia regolarmente munito dei poteri di sottoscrivere le dichiarazioni e gli altri atti in sede di partecipazione alle gare indette da soggetti pubblici, come ricorre nella specie».
Infatti il disciplinare di gara aveva previsto, con riferimento alla proposizione dell’offerta ed alla presentazione delle relative dichiarazioni ivi contemplate, che «esse provengano dal legale rappresentante o da “persona munita di idonei poteri”, stabilendo che in detta seconda ipotesi debba essere allegato anche l’atto di conferimento dei poteri stessi».
7.- Il T.A.R. ha poi aggiunto che, «ai sensi dell’art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000, “la dichiarazione” sostitutiva di atto di notorietà, “resa nell’interesse proprio del dichiarante può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza”», con la conseguenza che «un soggetto ben poteva rendere le dichiarazioni previste nell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006 anche in relazione ad altri soggetti».
8.- Tuttavia nel caso in esame RTI Wolters Kluwer aveva contestato che la dichiarazione in questione sarebbe stata resa in modo generico, fatta eccezione per quella di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), che era espressamente richiesta nel disciplinare di gara, all’art. 6, punto 2, a) 3.
9.- Il T.A.R. ha, quindi, osservato che «il disciplinare di gara, al quale bisognava far riferimento nella compilazione delle dichiarazioni, indicava, tra i requisiti di partecipazione di carattere generale richiesti alle imprese concorrenti, da autocertificare ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, quello “di non trovarsi in nessuna delle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle gare ai sensi dell’art. 38 del D.lgs. 163/2006 e ss.mm.ii. e successivo Regolamento di attuazione ed esclusione”, riprendendo la prescrizione contenuta nell’art. III.2.1) del bando» che stabiliva «a pena di esclusione» il possesso di tale requisito.
10.- Dopo aver ricordato che l’art. 38 del Codice dei Contratti prevede l’esclusione dalla partecipazione alla gara per la mancanza di requisiti che riguardano o le imprese [lett. a), d), e), f), g), h), i), l), m), m bis) ed m quater)], o i soggetti muniti di rappresentanza [lett. b), c) ed m ter)], che, nei casi di società di capitali, sono, per quanto di interesse, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza, il T.A.R. ha quindi rilevato, che, come affermato da RTI Wolters Kluwer, «le due Società componenti il raggruppamento risultato aggiudicatario - la mandataria a mezzo del procuratore ad negotia e la mandante a mezzo dell’Amministratore delegato - hanno reso genericamente la dichiarazione relativa all’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, nonché quella concernente l’assenza di condanne penali a carico di coloro che rivestono la legale rappresentanza (senza specificazione dei nomi) per reati che incidano sulla moralità professionale o per delitti finanziari, …, nonché altre dichiarazioni, conformemente alla previsione del disciplinare di gara» e che, quindi, «quanto ai requisiti di ordine generale individuati all’art. 38 citato, da possedersi ex lege a pena di esclusione, sono state prodotte, unitamente ad una dichiarazione assolutamente generica, soltanto alcune altre dichiarazioni che ne attestano l’esistenza».
In conseguenza «a fronte dell’accertata mancanza delle suindicate dichiarazioni attestanti la sussistenza dei requisiti morali prescritti ex lege, anch’esse imposte dalla medesima norma primaria, il raggruppamento temporaneo di imprese risultato aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso».
10.1- Del resto, ha aggiunto il T.A.R., «se è vero che le cause di esclusione attengono al ricorrere in concreto dei casi specificamente individuati dalla norma in esame, è altresì vero che dalla legge è imposto un onere di dichiararne l’insussistenza in sede di gara» e che «solo con le dichiarazioni rese ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 le imprese e, per esse i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, si assumono la responsabilità dell’insussistenza» delle cause di esclusione in questione.
10.2.- In tale quadro, secondo il T.A.R., non poteva avere rilievo la circostanza che «la stazione appaltante ha ingenerato un certo affidamento in ordine alla sufficienza delle dichiarazioni da rendere», tenuto conto che «le Società partecipanti avrebbero dovuto conoscere la norma di legge in parola (valendo senz’altro nei loro riguardi la locuzione “ignorantia legis non excusat”), con gli oneri formali alle stesse connessi».
10.3.- Né poteva essere invocato il cd. “soccorso istruttorio”, in quanto l’ipotesi esaminata, secondo il T.A.R., rientra nei casi in cui, ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, «la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice».
11.- La Sezione ritiene che possa essere condiviso il principio secondo il quale un soggetto munito della rappresentanza dell’impresa ed anche, come nella fattispecie, un procuratore ad negotia, regolarmente munito dei poteri di sottoscrivere gli atti di partecipazione alla gara, possa rendere la dichiarazione sull’insussistenza delle cause di esclusione dalla gara, dettate dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, anche per gli altri soggetti che nell’impresa devono possedere tali requisiti.
Si è, infatti, oramai affermato nella giurisprudenza il principio secondo il quale è possibile la presentazione, da parte di un unico soggetto a ciò abilitato, della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà riguardante, ai sensi dell’art. 47, comma 2, del D.P.R. n. 445 del 2000, non solo qualità personali e fatti del dichiarante ma anche, stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 938 del 21 febbraio 2012, Sez. V, n. 1563 del 1 aprile 2014).
12.- La Sezione non ritiene invece condivisibili le conclusioni raggiunte dal T.A.R. sulla ulteriore questione riguardante la mancata indicazione analitica, da parte del rappresentante dell’impresa, di tutti gli altri soggetti che nell’impresa hanno poteri di rappresentanza o di direzione e per i quali (con una formula generica ma omnicomprensiva) viene resa dal rappresentante dell’impresa la dichiarazione sul possesso dei requisiti morali per la partecipazione alla gara.
13.- Nella fattispecie, come si è già accennato, i rappresentanti delle due imprese facenti parte del costituendo RTI risultato aggiudicatario hanno ciascuno presentato una dichiarazione sul possesso dei requisiti di moralità richiesti dal bando, ai sensi dell’art. 38 del codice dei contratti, che non conteneva l’indicazione nominativa delle persone fisiche per i quali la stessa era stata resa e ciò ha indotto il T.A.R. a dichiarare l’illegittimità dell’aggiudicazione della gara nonostante il costituendo RTI avesse presentato un’offerta ritenuta dall’apposita Commissione migliore sia sotto il profilo della qualità sia per il profilo economico.
14.- Come ha evidenziato anche il T.A.R. nella sua decisione, peraltro, il bando e il disciplinare di gara non richiedevano la presentazione di tante dichiarazioni quanti fossero i soggetti legali rappresentati delle imprese partecipanti né la loro indicazione nominativa nella dichiarazione riguardante il rispetto dei requisiti di moralità previsti dall’art. 38 del codice dei contratti. Nemmeno la lex specialis di gara prevedeva che dovessero essere elencati analiticamente (nella dichiarazione) tutti i requisiti generali di partecipazione dettati dall’art. 38 del codice dei contratti.
14.1.- Infatti, ai sensi dell’art. 6, n. 2 del Disciplinare di gara, le imprese interessate, per essere ammesse, dovevano possedere, a pena di esclusione i requisiti di carattere generale successivamente elencati, da autocertificare ai sensi del DPR 445/2000 (art.47).
In particolare, le imprese dovevano autocertificare, ai sensi della lettera a), punti 3 e 4 del citato art. 6, n. 2 del Disciplinare di gara, che non sussistevano, a carico di coloro i quali rivestono la legale rappresentanza dell’impresa, condanne irrogate con sentenza passata in giudicato o con sentenze di applicazione della pena a richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale o per delitti finanziari, ed inoltre di non trovarsi in nessuna delle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle gare, ai sensi dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 e del successivo regolamento di attuazione approvato con il D.P.R. n. 207 del 2010.
14.2.- Il successivo art. 9 del Disciplinare stabiliva poi che il plico contenente la domanda di partecipazione doveva contenere, a pena di esclusione, l’istanza di partecipazione completa delle dichiarazioni di cui al precedente articolo 6, punto 2, recante la sottoscrizione del legale rappresentante dell’impresa partecipante, con la precisazione che «nell’istanza di partecipazione, il concorrente deve dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione».
14.3.- La lettera d’invito richiedeva poi che nella Busta A, contenente la documentazione per la partecipazione alla gara d’appalto, fosse inserito il modulo allegato “A”, con la dichiarazione concernente i dati identificativi del concorrente debitamente compilato e sottoscritto (in caso di RTI tale dichiarazione deve essere presentata da ciascuna Impresa facente parte del Raggruppamento).
15.- Facendo applicazione delle disposizioni dettate dalla Stazione appaltante, le società Accenture e Accenture Tecnology Solutions hanno quindi presentato la dichiarazione riguardante il possesso dei requisiti di moralità (e degli altri requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 38 del codice dei contratti) con la stessa formula (generica ma omnicomprensiva) indicata nel disciplinare. Hanno inoltre presentato, perché richiesta dal Disciplinare di gara, una ulteriore dichiarazione (sempre generica ma omnicomprensiva) sulla mancanza delle cause di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lett. c) del d. lgs. n. 163 del 2006.
15.1.- Come evidenziato nell’appello, le società Accenture e Accenture Tecnology Solutions hanno, in particolare, dichiarato che, con riferimento all’impresa che chiedeva di partecipare alla procedura di gara «non sussiste alcuna delle cause di esclusione dalla partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38 d. lgs. 163/2006» e che, sebbene già implicito in tale omnicomprensiva dichiarazione, «non sussistono a carico di coloro i quali rivestono la legale rappresentanza dell’impresa, condanne irrogate con sentenze passate in giudicato o con sentenze di applicazione della pena a richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale o per delitti finanziari», con riferimento alla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 163 del 2006 per la quale il Disciplinare di gara aveva «ad abundantiam» richiesto la dichiarazione.
16.- In conseguenza, la Stazione appaltante ha ammesso l’offerta del costituendo RTI Accenture (e di numerose altre offerte presentate in modo analogo dai partecipanti alla gara) ed ha poi richiesto la dimostrazione del possesso dei requisiti dichiarati.
17.- Ed è utile precisare che non è in discussione, nella fattispecie, l’effettivo possesso, da parte di tutti i rappresentanti legali delle due società facenti parte del costituendo RTI risultato aggiudicatarie (Accenture e Accenture Tecnology Solutions) dei requisiti per la partecipazione alle gare pubbliche. Peraltro, come ammesso anche in udienza dallo stesso RTI Wolkers, tali requisiti risultano pacificamente posseduti dalle due imprese.
Inoltre non è contestato che il dr. Pisanu e l’ing. Trimarchi, che hanno sottoscritto le dichiarazioni, erano legittimati ad agire anche per conto degli altri legali rappresentanti delle società per i quali dovevano sussistere i requisiti di moralità.
18.- In tale quadro, questa Sezione ritiene di non poter condividere le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado, secondo cui la mancata elencazione, nelle dichiarazioni presentate dai rappresentanti legali delle due società Accenture e Accenture Tecnology Solutions, dei nominativi di tutti gli altri soggetti muniti di poteri di rappresentanza, doveva determinare l’esclusione dalla gara del costituendo RTI risultato aggiudicatario, per l’insufficienza delle due dichiarazioni, non in grado di garantire (sin dalla domanda di partecipazione) l’idoneità morale di tutti i soggetti che nelle due società dovevano dimostrare il possesso di tali requisiti.
E ciò sebbene tali conclusioni costituiscano applicazione di un principio affermato dalla prevalente giurisprudenza in materia (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6053 del 16 novembre 2011; n. 3862 del 27 giugno 2011, Sez. V, n. 7578 del 20 ottobre 2010).
18.1.- Si è, infatti, affermato che la mancata dichiarazione sul possesso dei requisiti di moralità, anche di uno solo dei rappresentanti legali di una impresa equivale alla mancata prova dell’esistenza degli stessi requisiti, con violazione del regime documentale stabilito dalla norma in questione, che potrebbe determinare, attraverso la partecipazione di imprese non legittimate e che non assumono la dovuta responsabilità sui contenuti della dichiarazione, l’alterazione del regolare svolgimento delle gare.
18.2.- Si è anche aggiunto che la mancata tempestiva e completa comunicazione non consentirebbe all’Amministrazione di essere resa edotta tempestivamente di possibili cause di esclusione, con inutile aggravio di attività amministrativa.
Con il corollario che non può essere ammessa alcuna regolarizzazione ovvero chiarimento postumo, perché, in tal caso si consentirebbe, in violazione della par condicio, non già una precisazione contenutistica, quanto, piuttosto, una vera e propria nuova produzione documentale, oltre i termini perentori fissati dalla legge di gara.
19.- Ritiene la Sezione che la questione possa avere invece una diversa soluzione.
19.1.- Al riguardo, si deve partire con il ricordare che, con riferimento alla dimostrazione del possesso dei requisiti generali di partecipazione alle gare, il codice dei contratti pubblici, tra la possibile soluzione della presentazione immediata in sede di offerta, da parte di tutti i concorrenti, di tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale, e la soluzione della verifica successiva del possesso dei requisiti del solo aggiudicatario, ha scelto una soluzione intermedia che si basa sulla presentazione di una dichiarazione di tutti i concorrenti, in sede di presentazione dell’offerta, sostitutiva della documentazione (art. 38, comma 2 del codice dei contratti) e sulla verifica successiva sul possesso dei requisiti (e quindi sulla veridicità della autodichiarazione) da parte della stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicatario (art. 11 comma 8 del codice) nonché degli altri soggetti previsti.
19.2.- In tal modo possono partecipare alle gare imprese per le quali i requisiti generali sono agevolmente attestati con una dichiarazione, resa sotto la responsabilità personale del dichiarante, fatta salva la successiva verifica documentale effettuata nei confronti (in particolare) dell’aggiudicatario.
Se, nel corso di tale verifica, emerge che l’aggiudicatario non è in possesso di uno dei requisiti richiesti, la stazione appaltante procede alla sua esclusione dalla gara (e, se del caso, allo scorrimento della graduatoria), e all’applicazione delle conseguenti sanzioni.
20.- Per quanto riguarda, in particolare, il possesso dei requisiti di moralità, richiesti dall’art. 38 del codice dei contratti, la giurisprudenza ha poi chiarito che le relative disposizioni, nel prevedere la necessaria presentazione della dichiarazione attestante tale requisito, intendono assumere come destinatari tutti i soggetti persone fisiche dotati di poteri decisionali e di rappresentanza della stessa o che tali poteri hanno avuto nell’anno precedente (e prima nel triennio precedente).
20.1.- La giurisprudenza ha, inoltre, cercato di chiarire quali sono i soggetti tenuti alle dichiarazioni sostitutive, in relazione alle funzioni esercitate, ed ha ritenuto, come si è già prima ricordato, che la dichiarazione possa essere resa dal legale rappresentante dell’impresa che ha presentato la domanda di partecipazione alla gara per conto anche degli altri soggetti che devono possedere tali requisiti (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6053 del 16 novembre 2011).
21.- Ritiene la Sezione che, una volta che è stato ammesso che la dichiarazione possa essere fatta da un unico rappresentante, anche per conto degli altri soggetti dell’impresa che devono possedere tali requisiti, non sia necessaria (anche) l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i quali il possesso dei requisiti di moralità è stato dichiarato mentre possa ritenersi sufficiente una indicazione comunque comprensiva, per la formula utilizzata, di tutti i rappresentati legali dell’impresa anche non indicati nominativamente. Fermo restando che, quando l’Amministrazione fa richiesta di comprovare l’effettivo possesso di tutti i requisiti autodichiarati (e quindi anche i requisiti di moralità di tutti i dirigenti e i legali rappresentanti dell’impresa), l’impresa medesima è tenuta a dimostrare che per tutti i soggetti interessati (peraltro individuabili anche attraverso la visura camerale) non vi sono cause di esclusione per la mancanza dei requisiti morali.
22.- Tale interpretazione non sembra in contrasto con l’attuale formulazione della disposizione di legge il cui scopo è quello di garantire la partecipazione alle gare e la loro aggiudicazione in favore di soggetti ritenuti idonei (anche) moralmente.
Per conseguire tale fine è consentito all’impresa di autodichiarare, attraverso il rappresentante legale che presenta la domanda di partecipazione alla gara, di avere tutti i requisiti per poter partecipare alla gara. Ed è poi previsto che l’amministrazione verifichi successivamente (e comunque prima che sia efficace l’aggiudicazione definitiva) l’effettivo possesso dei requisiti richiesti e quindi la veridicità della dichiarazione resa.
22.1.- Quel che rileva è che chi fa domanda dichiari, secondo quanto previsto dalla legge, che l’impresa ha il possesso di tutti i requisiti generali di cui all’art. 38, ovvero che non sussistono nell’impresa (e nei suoi rappresentanti) le cause di esclusione di cui all’at. 38. E rileva poi che chi ha fatto la dichiarazione si assuma ogni responsabilità sulla veridicità della stessa (a prescindere dalla analitica indicazione dei soggetti per i quali la stessa è resa e dalla analitica indicazione dei diversi requisiti elencati nell’art. 38).
22.2.- Ma quello che è veramente rilevante è che l’impresa sia effettivamente in possesso di tutti i suddetti requisiti e che i requisiti morali siano posseduti da tutti i soggetti dotati di poteri di rappresentanza e di direzione dell’impresa, come richiesto dalla legge.
22.3.- Del resto, anche nella fattispecie in esame, chi ha fatto la dichiarazione lo ha fatto comunque per tutti i rappresentanti dell’impresa, anche se non li ha indicati nominativamente, assumendo ogni responsabilità sulla veridicità della stessa.
23. Tale soluzione non appare quindi in contrasto con l’art. 38 del codice degli appalti che richiede il possesso dei requisiti di moralità (e degli altri requisiti necessari) ai fini dell’aggiudicazione della gara e dell’esecuzione dell’appalto (art. 38, comma 1) e risulta coerente con la volontà del legislatore di consentire l’autodichiarazione (anche da parte di un unico soggetto per conto di ciascuna impresa partecipante) sul possesso di tutti i requisiti di partecipazione (art. 38, comma 2).
24.- Quanto all’obiezione che in tal modo l’Amministrazione non sarebbe resa edotta tempestivamente di possibili cause di esclusione, con inutile aggravio di attività amministrativa, tale rischio, pur possibile, appare residuale ed è certamente un rischio minore rispetto a quello che è normalmente determinato dal moltiplicarsi di giudizi basati su questioni meramente formali riguardanti la concreta applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 38 del codice dei contratti.
25.- Né la soluzione prospettata appare in contrasto con l’art.47 del D.P.R. n. 445 del 2000 che non richiede espressamente l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i quali la dichiarazione è resa.
Si può ammettere che le dichiarazioni di cui all’art. 47, comma 2, non siano valide se riferite a una pluralità indeterminata di soggetti o comunque a persone non identificate e non univocamente identificabili.
Altro è però il caso in cui la dichiarazione venga fatta cumulativamente per una pluralità di soggetti i quali, ancorché non indicati nominativamente, siano facilmente ed univocamente identificabili, in quanto sono tutti coloro che si trovano in una relazione qualificata e tipica con una determinata impresa o società.
D’altro canto, ciò che alla stazione appaltante interessa conoscere non sono le vicende personali di questo o quel soggetto fisico, ma solo l’inesistenza di cause ostative a carico dell’impresa. Sotto questo profilo, l’atto con il quale il dichiarante attesti, sotto la sua responsabilità, che non sussistono cause ostative a carico dell’impresa –id est a carico di tutti coloro che occupano o hanno occupato le posizioni qualificate indicate dalla norma – appare sufficiente. Salvo, s’intende, il diritto dell’ente, ove lo ritenga, di chiedere notizie più dettagliate avvalendosi dell’art. 46 del codice dei contratti; e salvo il potere-dovere di effettuare le verifiche di rito e di applicare le conseguenti sanzioni.
Un approccio non formalistico a questi problemi sembra coerente anche con lo spirito e la finalità della legge n. 241/1990 e delle disposizioni correlate in tema di semplificazione dei procedimenti e della documentazione amministrativa. Lo scopo del legislatore sarebbe tradito se l’opportunità di sostituire le certificazioni con autodichiarazioni si risolvesse, paradossalmente, in una insidia per i cittadini che se avvalgono.
26.- La Sezione ritiene quindi di investire della questione l’Adunanza Plenaria affinché possa affermare il principio secondo il quale è possibile che un solo rappresentante legale dell’impresa possa autodichiarare che tutti i soggetti che occupano (o se del caso hanno occupato) nell’impresa le posizioni qualificate previste dalla norma sono in possesso dei requisiti morali prescritti (o, se si preferisce, non si trovano in condizioni ostative) e che tale dichiarazione, come nella fattispecie esaminata, possa essere presentata anche con una formula inclusiva di tutti i soggetti dell’impresa, pur senza una loro elencazione nominativa. E fatta salva, ovviamente, la successiva necessità di dimostrare l’effettivo possesso di tutti i requisiti generali richiesti dall’art. 38 ed autodichiarati (anche con formula generica ma omnicomprensiva).
27.- Tale soluzione più sostanzialistica appare inoltre più coerente con la recente nuova Direttiva in materia di appalti n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 che, proprio nell’ottica di una generale semplificazione del sistema, ha previsto la presentazione di un unico documento per la partecipazione alle gare, consistente in una unica autodichiarazione come prova documentale preliminare del possesso dei requisiti necessari per la partecipazione di una impresa ad una gara.
28.- Del resto, come questa Sezione ha recentemente affermato (con le decisioni n. 4370 del 2013, n. 1487 e n. 1744 del 2014), la partecipazione agli appalti pubblici, siano essi per forniture o servizi o forniture, è ormai disciplinata da puntuali disposizioni normative anche comunitarie, che sono volte «alla chiarezza e trasparenza delle procedure, alla par condicio, alla tutela della concorrenza,al favor partecipationis, alla tassatività delle cause di esclusione, al soccorso istruttorio laddove non si tramuti nell’integrazione sostanziale o nella modifica dell’offerta, all’inammissibilità di clausole ultra legem che in pratica si risolvono in meri appesantimenti formali e burocratici, all’approccio interpretativo rivolto a valorizzare il contenuto effettivo dell’offerta», e ad «assicurare che l’esito della gara venga a premiare in effetti la migliore offerta economica e tecnica, alla luce della corrispondenza degli aspetti formali con quelli sostanziali, dei requisiti di partecipazione con la verifica dei documenti prodotti a supporto, e quindi salve le dichiarazioni non corrispondenti al vero».
29.- Giova anche ricordare che la recente Adunanza Plenaria n. 23 del 16 ottobre 2013, esaminando la questione riguardante l’inclusione dei procuratori ad negotia fra i soggetti per i quali la dichiarazione deve essere resa, ha affermato il principio che, nel caso in cui una norma circa le dichiarazioni da rendere in sede di gara non sia univoca e sussistano indirizzi giurisprudenziali non uniformi ed ove la lex specialis non contenga una specifica comminatoria di esclusione, quest’ultima possa essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione, ma soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito, ed ha aggiunto che nel caso in cui la lex specialis faccia generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163 del 2006, non prendendo affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38, non può disporsi l’esclusione dalla gara di una ditta per mancata dichiarazione anche in ordine a detta figura, ove peraltro non sia stata dimostrata, né tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del procuratore "ad negotia", così che dall’invocata verifica possa sortire l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in questione.
Tale principio è stato poi recentemente seguito da Consiglio di Stato, Sez. V n. 1648 e n. 2042 del 2014.
29.1.- In precedenza l’Adunanza Plenaria, con la decisione n. 21 del 7 giugno 2012, aveva enunciato il principio di diritto secondo cui “nel contesto di oscillazioni della giurisprudenza e di conseguente incertezza delle stazioni appaltanti, i concorrenti che omettono la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, relativamente agli amministratori delle società partecipanti al procedimento di fusione o incorporazione, possono essere esclusi dalle gare - in relazione alle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) fino alla data di pubblicazione della presente decisione - solo se il bando espliciti tale onere di dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario, l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali”,
30.- Si deve aggiungere che un’interpretazione più sostanzialistica della disposizione sull’autodichiarazione contenuta nell’art. 38, comma 2, del codice dei contratti, non risulta in contrasto nemmeno con le disposizioni sul soccorso istruttorio dettate dal comma 1-bis dell’art. 46 del codice, secondo cui «nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati» ed è coerente con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, introdotto dall’art. 4, comma 2, lett. d), del d.l. n. 70 del 2011, che ha drasticamente ridotto le fattispecie escludenti (fra cui quelle incentrate su vizi meramente formali), e consentito la regolarizzazione di adempimenti non più colpiti dalla sanzione dell’esclusione.
30.1.- Anche la recente Adunanza Plenaria n. 9 del 25 febbraio 2014 ha, in proposito, affermato che tale disposizione «è chiaramente ispirata ai principi di massima partecipazione alle gare e del divieto di aggravio del procedimento e mira a correggere quelle soluzioni, diffuse nella prassi (amministrativa e forense), che sfociavano in esclusioni anche per violazioni puramente formali».
30.2.- L’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014 ha anche affermato che «la cogenza delle cause legali di esclusione disvela il carattere non solo formale del principio di tassatività – ovvero il suo atteggiarsi a enunciato esplicito della medesima causa di esclusione - ma anche e soprattutto la sua indole sostanziale». La riforma del 2011, infatti, «ha inteso selezionare e valorizzare solo le cause di esclusione rilevanti per gli interessi in gioco, a quel punto imponendole, del tutto logicamente, come inderogabili non solo al concorrente ma anche alla stazione appaltante».
30.3.- L’Adunanza Plenaria ha poi aggiunto che «il legislatore ha così inteso effettuare direttamente il bilanciamento tra l’interesse alla massima partecipazione alle gare di appalto ed alla semplificazione, da un lato, e quello alla speditezza dell’azione amministrativa ed alla parità di trattamento, dall’altro, mettendo l’accento sui primi a scapito dei secondi ma salvaguardando una serie predefinita di interessi, selezionati ex ante, perché ritenuti meritevoli di una maggior protezione rispetto ad altri, in guisa da sottrarli alla discrezionalità abrogatrice della stazione appaltante».
31.- Ritiene, in conclusione, la Sezione che l’Adunanza Plenaria possa ridurre i motivi di grave incertezza che investono, sul punto, sia le stazioni appaltanti sia le imprese che partecipano alle gare pubbliche sia la stessa giurisprudenza, oscillante fra posizioni più formali e posizioni più sostanziali, affermando il principio che non sia necessaria una indicazione nominativa nell’autodichiarazione presentata dal rappresentante legale dell’impresa di tutti i soggetti per i quali deve essere dimostrato il possesso dei requisiti morali.
Le conseguenze di tale indirizzo sarebbero queste:
(a) nei rapporti fra l’ente appaltante e il singolo concorrente, sarebbe causa di esclusione solo l’accertata esistenza di cause ostative; ad essa si potrebbe equiparare la radicale assenza di una dichiarazione, pur generica, dell’inesistenza delle cause ostative; altrimenti, ove l’ente appaltante ritenesse necessario disporre di informazioni più dettagliate, dovrebbe avvalersi dello strumento di cui all’art. 46, comma 1, del codice dei contratti;
(b) il ricorso di altri concorrenti contro l’ammissione dell’aggiudicatario (e conseguentemente contro l’aggiudicazione) sarebbe ammesso solo in quanto si deduca positivamente l’esistenza delle cause ostative; in caso contrario, l’incompletezza delle dichiarazioni ovvero delle indagini spettanti all’amministrazione non potrebbe essere dedotta come motivo di annullamento dell’ammissione dell’aggiudicatario e dell’aggiudicazione in suo favore.
32.- Vista la rilevanza della questione e visto il contrasto giurisprudenziale in atto, il presente ricorso viene, pertanto, deferito all'esame dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, comma 1 del c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
non pronunciando definitivamente sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:


Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Nessun commento:

Posta un commento