APPALTI & PLENARIE:
la Sez. III rimette alla Plenaria
la legittimità della c.d. dichiarazione sostitutiva unica
di tipo "generico"
ai sensi degli artt. 38 del Codice
e 47 co. 2 del d.P.R. 445/2000
(Cons. St., Sez. III,
ordinanza 29 aprile 2014 n. 2214).
Commento
La Sezione III propende per un'interpretazione "minimalista" del combinato disposto degli artt. 38 e 47 co. 2 del d.P.R. n. 445/2000: è legittima la c.d. dichiarazione sostitutiva unica da parte del legale rappresentante, anche se "generica", ossia anche se non contiene l'esplicita indicazione degli amministratori o dei procuratori con rappresentanza.
Le motivazioni a sostegno di questa tesi sono interessanti ma non so se la Plenaria confermerà quest'indirizzo (in medio stat virtus no?).
Massima
1. Il codice dei contratti pubblici, tra la possibile soluzione della presentazione immediata in sede di offerta, da parte di tutti i concorrenti, di tutta la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale, e la soluzione della verifica successiva del possesso dei requisiti del solo aggiudicatario, ha scelto una soluzione intermedia che si basa sulla presentazione di una dichiarazione di tutti i concorrenti, in sede di presentazione dell’offerta, sostitutiva della documentazione (art. 38, comma 2 del codice dei contratti) e sulla verifica successiva sul possesso dei requisiti (e quindi sulla veridicità della autodichiarazione) da parte della stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicatario (art. 11 comma 8 del codice) nonché degli altri soggetti previsti.
2. In tal modo possono partecipare alle gare imprese per le quali i requisiti generali sono agevolmente attestati con una dichiarazione, resa sotto la responsabilità personale del dichiarante, fatta salva la successiva verifica documentale effettuata nei confronti (in particolare) dell’aggiudicatario.
Se, nel corso di tale verifica, emerge che l’aggiudicatario non è in possesso di uno dei requisiti richiesti, la stazione appaltante procede alla sua esclusione dalla gara (e, se del caso, allo scorrimento della graduatoria), e all’applicazione delle conseguenti sanzioni.
3. Per quanto riguarda, in particolare, il possesso dei requisiti di moralità, richiesti dall’art. 38 del codice dei contratti, la giurisprudenza ha poi chiarito che le relative disposizioni, nel prevedere la necessaria presentazione della dichiarazione attestante tale requisito, intendono assumere come destinatari tutti i soggetti persone fisiche dotati di poteri decisionali e di rappresentanza della stessa o che tali poteri hanno avuto nell’anno precedente (e prima nel triennio precedente).
4. La giurisprudenza ha chiarito che la dichiarazione possa essere resa dal legale rappresentante dell’impresa che ha presentato la domanda di partecipazione alla gara per conto anche degli altri soggetti che devono possedere tali requisiti.
5. Ritiene la Sezione che, una volta che è stato ammesso che la dichiarazione possa essere fatta da un unico rappresentante, anche per conto degli altri soggetti dell’impresa che devono possedere tali requisiti, non sia necessaria (anche) l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i quali il possesso dei requisiti di moralità è stato dichiarato mentre possa ritenersi sufficiente una indicazione comunque comprensiva, per la formula utilizzata, di tutti i rappresentati legali dell’impresa anche non indicati nominativamente.
6. Fermo restando che, quando l’Amministrazione fa richiesta di comprovare l’effettivo possesso di tutti i requisiti autodichiarati (e quindi anche i requisiti di moralità di tutti i dirigenti e i legali rappresentanti dell’impresa), l’impresa medesima è tenuta a dimostrare che per tutti i soggetti interessati (peraltro individuabili anche attraverso la visura camerale) non vi sono cause di esclusione per la mancanza dei requisiti morali.
7. D’altro canto, ciò che alla stazione appaltante interessa conoscere non sono le vicende personali di questo o quel soggetto fisico, ma solo l’inesistenza di cause ostative a carico dell’impresa. Sotto questo profilo, l’atto con il quale il dichiarante attesti, sotto la sua responsabilità, che non sussistono cause ostative a carico dell’impresa –id est a carico di tutti coloro che occupano o hanno occupato le posizioni qualificate indicate dalla norma – appare sufficiente. Salvo, s’intende, il diritto dell’ente, ove lo ritenga, di chiedere notizie più dettagliate avvalendosi dell’art. 46 del codice dei contratti; e salvo il potere-dovere di effettuare le verifiche di rito e di applicare le conseguenti sanzioni.
8. Un approccio non formalistico a questi problemi sembra coerente anche con lo spirito e la finalità della legge n. 241/1990 e delle disposizioni correlate in tema di semplificazione dei procedimenti e della documentazione amministrativa. Lo scopo del legislatore sarebbe tradito se l’opportunità di sostituire le certificazioni con autodichiarazioni si risolvesse, paradossalmente, in una insidia per i cittadini che se avvalgono.
Ordinanza per esteso
INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha
pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA
PLENARIA
sul ricorso, numero di registro generale
8792 del 2013, proposto da Accenture S.p.A. e da Accenture Technology Solutions
S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali p.t., rappresentati e
difesi dagli avv. Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Luigi Mazzoncini, con
domicilio eletto presso lo Studio Lipani & Partners in Roma, via Vittoria
Colonna, n. 40;
contro
Wolters Kluwer Italia S.r.l., Skill On
Line S.r.l., Knowledge Management & Security S.r.l., Project Automation
S.p.A., Media Touch 2000 S.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti
legali p.t., rappresentati e difesi dagli avv. Maurizio Zoppolato, Eva
Maschietto e Katja Besseghini, con domicilio eletto presso Maurizio Zoppolato
in Roma, via del Mascherino, n. 72;
nei confronti di
Ministero dell'Interno, Dipartimento di
Pubblica Sicurezza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per
legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio,
Sede di Roma, Sezione I Ter, n. 9376 del 4 novembre 2013, resa tra le parti,
concernente la gara d'appalto per la realizzazione e la gestione del progetto
SISFOR - Sistema di formazione on-line delle Forze dell'ordine.
Visti il ricorso in appello e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio
di Wolters Kluwer Italia S.r.l., di Skill On Line S.r.l., di Knowledge
Management & Security S.r.l., di Project Automation S.p.A., di Media Touch
2000 S.r.l. e del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie prodotte dalle parti a
sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
3 aprile 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati
Francesca Sbrana, Damiano Lipani, Katja Besseghini e l’avvocato dello Stato
Maria Vittoria Lumetti;
1.- Con bando pubblicato sulla GUUE n.
S132 del 12 luglio 2012, il Ministero dell’Interno, Dipartimento di Pubblica
Sicurezza, Direzione Centrale per gli Istituti di Istruzione, ha indetto una gara,
a procedura ristretta accelerata, per la realizzazione e la gestione del
progetto “SISFOR – Sistema di Formazione on-line delle Forze dell’Ordine”, per
un periodo di 48 mesi dall’approvazione del contratto, nell’ambito del PON
(programma operativo nazionale) “Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo
Convergenza 2007-2013”, da aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, rispetto alla base d’asta di Euro 9.250.000,00,
oltre I.V.A.
2.- All’esito della procedura, la gara è
stata aggiudicata (in via provvisoria il 27 marzo 2013 e in via definitiva il
16 aprile 2013) al costituendo Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI)
costituito da Accenture S.p.A. ed Accenture Technology Solutions S.r.l., in
seguito RTI Accenture, che si era classificato al primo posto nella graduatoria
di merito, con punti 92,35 (punti 64 per l’offerta tecnica e punti 28,35 per
l’offerta economica), davanti al costituendo raggruppamento temporaneo di
imprese formato dalle società Wolters Kluwer Italia, Skill On Line, Knowledge
Management & Security, Project Automation e Media Touch, in seguito RTI
Wolters Kluwer, che aveva ottenuto complessivi punti 82,01 (punti 55,25 per
l’offerta tecnica e punti 26.76 per l’offerta economica).
3.- RTI Wolters Kluwer ha impugnato
l’esito della gara davanti al T.A.R. per il Lazio e RTI Accenture ha proposto
ricorso incidentale.
4.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma,
Sezione I Ter, con sentenza n. 9376 del 4 novembre 2013, ha prima respinto i
sei motivi del ricorso incidentale di RTI Accenture e poi ha accolto il ricorso
principale di RTI Wolters Kluwer, ritenendo fondati due dei tre motivi
sollevati.
5.- In particolare, il T.A.R. ha ritenuto
fondato il motivo di ricorso con il quale RTI Wolters Kluwer aveva sostenuto
che Accenture S.p.A. non aveva prodotto le prescritte dichiarazioni dei due
suoi legali rappresentanti, ma si era limitata a presentare un’unica
dichiarazione, fatta da un procuratore ad negotia, che doveva
ritenersi invalida perché mancante dell’indicazione analitica e nominativa di
tutti i soggetti che disponevano del potere di legale rappresentanza della
Società, in violazione dell’obbligo, prescritto dall’art. 38 del d. lgs. n. 163
del 12 aprile 2006, di attestare l’insussistenza delle cause di esclusione
rispetto agli amministratori muniti di poteri di rappresentanza. Analogamente,
solo l’Amministratore delegato di Accenture Technology Solutions S.r.l. aveva
reso la dichiarazione in questione, per sé e per la Società, mentre non era
stata resa da alcuno la dichiarazione relativa al Presidente del Consiglio di
Amministrazione dotato di poteri di rappresentanza legale dell’impresa.
6.- Il T.A.R. ha, in primo luogo,
ricordato che «deve ritenersi sussistente il potere di rendere la
dichiarazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163/2006, in capo al procuratore
ad negotia regolarmente munito dei poteri di sottoscrivere le dichiarazioni e
gli altri atti in sede di partecipazione alle gare indette da soggetti
pubblici, come ricorre nella specie».
Infatti il disciplinare di gara aveva
previsto, con riferimento alla proposizione dell’offerta ed alla presentazione
delle relative dichiarazioni ivi contemplate, che «esse provengano dal
legale rappresentante o da “persona munita di idonei poteri”, stabilendo che in
detta seconda ipotesi debba essere allegato anche l’atto di conferimento dei
poteri stessi».
7.- Il T.A.R. ha poi aggiunto che, «ai
sensi dell’art. 47, comma 2, del d.P.R. n. 445/2000, “la dichiarazione”
sostitutiva di atto di notorietà, “resa nell’interesse proprio del dichiarante
può riguardare anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri
soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza”», con la conseguenza che «un
soggetto ben poteva rendere le dichiarazioni previste nell’art. 38 del d.lgs.
n. 163/2006 anche in relazione ad altri soggetti».
8.- Tuttavia nel caso in esame RTI Wolters
Kluwer aveva contestato che la dichiarazione in questione sarebbe stata resa in
modo generico, fatta eccezione per quella di cui all’art. 38, comma 1, lett.
c), che era espressamente richiesta nel disciplinare di gara, all’art. 6, punto
2, a) 3.
9.- Il T.A.R. ha, quindi, osservato che «il
disciplinare di gara, al quale bisognava far riferimento nella compilazione
delle dichiarazioni, indicava, tra i requisiti di partecipazione di carattere
generale richiesti alle imprese concorrenti, da autocertificare ai sensi del
d.P.R. n. 445/2000, quello “di non trovarsi in nessuna delle condizioni di
esclusione dalla partecipazione alle gare ai sensi dell’art. 38 del D.lgs.
163/2006 e ss.mm.ii. e successivo Regolamento di attuazione ed esclusione”,
riprendendo la prescrizione contenuta nell’art. III.2.1) del bando» che
stabiliva «a pena di esclusione» il possesso di tale requisito.
10.- Dopo aver ricordato che l’art. 38 del
Codice dei Contratti prevede l’esclusione dalla partecipazione alla gara per la
mancanza di requisiti che riguardano o le imprese [lett. a), d), e), f), g),
h), i), l), m), m bis) ed m quater)], o i soggetti muniti di rappresentanza
[lett. b), c) ed m ter)], che, nei casi di società di capitali, sono, per
quanto di interesse, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza, il
T.A.R. ha quindi rilevato, che, come affermato da RTI Wolters Kluwer, «le
due Società componenti il raggruppamento risultato aggiudicatario - la
mandataria a mezzo del procuratore ad negotia e la mandante a mezzo
dell’Amministratore delegato - hanno reso genericamente la dichiarazione
relativa all’insussistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38 del
d.lgs. n. 163/2006, nonché quella concernente l’assenza di condanne penali a
carico di coloro che rivestono la legale rappresentanza (senza specificazione dei
nomi) per reati che incidano sulla moralità professionale o per delitti
finanziari, …, nonché altre dichiarazioni, conformemente alla previsione del
disciplinare di gara» e che, quindi, «quanto ai requisiti di ordine
generale individuati all’art. 38 citato, da possedersi ex lege a pena di
esclusione, sono state prodotte, unitamente ad una dichiarazione assolutamente
generica, soltanto alcune altre dichiarazioni che ne attestano l’esistenza».
In conseguenza «a fronte dell’accertata
mancanza delle suindicate dichiarazioni attestanti la sussistenza dei requisiti
morali prescritti ex lege, anch’esse imposte dalla medesima norma primaria, il
raggruppamento temporaneo di imprese risultato aggiudicatario avrebbe dovuto
essere escluso».
10.1- Del resto, ha aggiunto il T.A.R., «se
è vero che le cause di esclusione attengono al ricorrere in concreto dei casi
specificamente individuati dalla norma in esame, è altresì vero che dalla legge
è imposto un onere di dichiararne l’insussistenza in sede di gara» e che «solo
con le dichiarazioni rese ai sensi del d.P.R. n. 445/2000 le imprese e, per
esse i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, si assumono la
responsabilità dell’insussistenza» delle cause di esclusione in questione.
10.2.- In tale quadro, secondo il T.A.R.,
non poteva avere rilievo la circostanza che «la stazione appaltante ha
ingenerato un certo affidamento in ordine alla sufficienza delle dichiarazioni
da rendere», tenuto conto che «le Società partecipanti avrebbero dovuto
conoscere la norma di legge in parola (valendo senz’altro nei loro riguardi la
locuzione “ignorantia legis non excusat”), con gli oneri formali alle stesse
connessi».
10.3.- Né poteva essere invocato il cd.
“soccorso istruttorio”, in quanto l’ipotesi esaminata, secondo il T.A.R.,
rientra nei casi in cui, ai sensi dell’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163
del 2006, «la stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in
caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice».
11.- La Sezione ritiene che possa essere
condiviso il principio secondo il quale un soggetto munito della rappresentanza
dell’impresa ed anche, come nella fattispecie, un procuratore ad
negotia, regolarmente munito dei poteri di sottoscrivere gli atti di
partecipazione alla gara, possa rendere la dichiarazione sull’insussistenza
delle cause di esclusione dalla gara, dettate dall’art. 38 del d.lgs. n. 163
del 2006, anche per gli altri soggetti che nell’impresa devono possedere tali
requisiti.
Si è, infatti, oramai affermato nella
giurisprudenza il principio secondo il quale è possibile la presentazione, da
parte di un unico soggetto a ciò abilitato, della dichiarazione sostitutiva di
atto di notorietà riguardante, ai sensi dell’art. 47, comma 2, del D.P.R. n.
445 del 2000, non solo qualità personali e fatti del dichiarante ma anche,
stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia
diretta conoscenza (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 938 del 21 febbraio 2012,
Sez. V, n. 1563 del 1 aprile 2014).
12.- La Sezione non ritiene invece
condivisibili le conclusioni raggiunte dal T.A.R. sulla ulteriore questione
riguardante la mancata indicazione analitica, da parte del rappresentante
dell’impresa, di tutti gli altri soggetti che nell’impresa hanno poteri di
rappresentanza o di direzione e per i quali (con una formula generica ma
omnicomprensiva) viene resa dal rappresentante dell’impresa la dichiarazione
sul possesso dei requisiti morali per la partecipazione alla gara.
13.- Nella fattispecie, come si è già
accennato, i rappresentanti delle due imprese facenti parte del costituendo RTI
risultato aggiudicatario hanno ciascuno presentato una dichiarazione sul
possesso dei requisiti di moralità richiesti dal bando, ai sensi dell’art. 38
del codice dei contratti, che non conteneva l’indicazione nominativa delle
persone fisiche per i quali la stessa era stata resa e ciò ha indotto il T.A.R.
a dichiarare l’illegittimità dell’aggiudicazione della gara nonostante il
costituendo RTI avesse presentato un’offerta ritenuta dall’apposita Commissione
migliore sia sotto il profilo della qualità sia per il profilo economico.
14.- Come ha evidenziato anche il T.A.R.
nella sua decisione, peraltro, il bando e il disciplinare di gara non
richiedevano la presentazione di tante dichiarazioni quanti fossero i soggetti
legali rappresentati delle imprese partecipanti né la loro indicazione
nominativa nella dichiarazione riguardante il rispetto dei requisiti di
moralità previsti dall’art. 38 del codice dei contratti. Nemmeno la lex
specialis di gara prevedeva che dovessero essere elencati
analiticamente (nella dichiarazione) tutti i requisiti generali di
partecipazione dettati dall’art. 38 del codice dei contratti.
14.1.- Infatti, ai sensi dell’art. 6, n. 2
del Disciplinare di gara, le imprese interessate, per essere ammesse, dovevano
possedere, a pena di esclusione i requisiti di carattere generale
successivamente elencati, da autocertificare ai sensi del DPR 445/2000
(art.47).
In particolare, le imprese dovevano
autocertificare, ai sensi della lettera a), punti 3 e 4 del citato art. 6, n. 2
del Disciplinare di gara, che non sussistevano, a carico di coloro i quali
rivestono la legale rappresentanza dell’impresa, condanne irrogate con sentenza
passata in giudicato o con sentenze di applicazione della pena a richiesta ai
sensi dell’art. 444 c.p.p. per qualsiasi reato che incida sulla moralità
professionale o per delitti finanziari, ed inoltre di non trovarsi in nessuna
delle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle gare, ai sensi
dell’art. 38 del d. lgs. n. 163 del 2006 e del successivo regolamento di
attuazione approvato con il D.P.R. n. 207 del 2010.
14.2.- Il successivo art. 9 del
Disciplinare stabiliva poi che il plico contenente la domanda di partecipazione
doveva contenere, a pena di esclusione, l’istanza di partecipazione completa
delle dichiarazioni di cui al precedente articolo 6, punto 2, recante la
sottoscrizione del legale rappresentante dell’impresa partecipante, con la
precisazione che «nell’istanza di partecipazione, il concorrente deve
dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione».
14.3.- La lettera d’invito richiedeva poi
che nella Busta A, contenente la documentazione per la partecipazione alla gara
d’appalto, fosse inserito il modulo allegato “A”, con la dichiarazione concernente
i dati identificativi del concorrente debitamente compilato e sottoscritto (in
caso di RTI tale dichiarazione deve essere presentata da ciascuna Impresa
facente parte del Raggruppamento).
15.- Facendo applicazione delle
disposizioni dettate dalla Stazione appaltante, le società Accenture e
Accenture Tecnology Solutions hanno quindi presentato la dichiarazione
riguardante il possesso dei requisiti di moralità (e degli altri requisiti
generali di partecipazione di cui all’art. 38 del codice dei contratti) con la
stessa formula (generica ma omnicomprensiva) indicata nel disciplinare. Hanno
inoltre presentato, perché richiesta dal Disciplinare di gara, una ulteriore
dichiarazione (sempre generica ma omnicomprensiva) sulla mancanza delle cause
di esclusione previste dall’art. 38, comma 1, lett. c) del d. lgs. n. 163 del
2006.
15.1.- Come evidenziato nell’appello, le
società Accenture e Accenture Tecnology Solutions hanno, in particolare,
dichiarato che, con riferimento all’impresa che chiedeva di partecipare alla
procedura di gara «non sussiste alcuna delle cause di esclusione dalla
partecipazione alla gara, ai sensi dell’art. 38 d. lgs. 163/2006» e che,
sebbene già implicito in tale omnicomprensiva dichiarazione, «non sussistono
a carico di coloro i quali rivestono la legale rappresentanza dell’impresa,
condanne irrogate con sentenze passate in giudicato o con sentenze di
applicazione della pena a richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per qualsiasi
reato che incida sulla moralità professionale o per delitti finanziari»,
con riferimento alla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c)
del d.lgs. n. 163 del 2006 per la quale il Disciplinare di gara aveva «ad
abundantiam» richiesto la dichiarazione.
16.- In conseguenza, la Stazione
appaltante ha ammesso l’offerta del costituendo RTI Accenture (e di numerose
altre offerte presentate in modo analogo dai partecipanti alla gara) ed ha poi
richiesto la dimostrazione del possesso dei requisiti dichiarati.
17.- Ed è utile precisare che non è in
discussione, nella fattispecie, l’effettivo possesso, da parte di tutti i
rappresentanti legali delle due società facenti parte del costituendo RTI
risultato aggiudicatarie (Accenture e Accenture Tecnology Solutions) dei
requisiti per la partecipazione alle gare pubbliche. Peraltro, come ammesso
anche in udienza dallo stesso RTI Wolkers, tali requisiti risultano
pacificamente posseduti dalle due imprese.
Inoltre non è contestato che il dr. Pisanu
e l’ing. Trimarchi, che hanno sottoscritto le dichiarazioni, erano legittimati
ad agire anche per conto degli altri legali rappresentanti delle società per i
quali dovevano sussistere i requisiti di moralità.
18.- In tale quadro, questa Sezione
ritiene di non poter condividere le conclusioni raggiunte dal giudice di primo
grado, secondo cui la mancata elencazione, nelle dichiarazioni presentate dai
rappresentanti legali delle due società Accenture e Accenture Tecnology
Solutions, dei nominativi di tutti gli altri soggetti muniti di poteri di
rappresentanza, doveva determinare l’esclusione dalla gara del costituendo RTI
risultato aggiudicatario, per l’insufficienza delle due dichiarazioni, non in
grado di garantire (sin dalla domanda di partecipazione) l’idoneità morale di
tutti i soggetti che nelle due società dovevano dimostrare il possesso di tali
requisiti.
E ciò sebbene tali conclusioni
costituiscano applicazione di un principio affermato dalla prevalente giurisprudenza
in materia (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6053 del 16 novembre 2011; n. 3862
del 27 giugno 2011, Sez. V, n. 7578 del 20 ottobre 2010).
18.1.- Si è, infatti, affermato che la
mancata dichiarazione sul possesso dei requisiti di moralità, anche di uno solo
dei rappresentanti legali di una impresa equivale alla mancata prova
dell’esistenza degli stessi requisiti, con violazione del regime documentale
stabilito dalla norma in questione, che potrebbe determinare, attraverso la
partecipazione di imprese non legittimate e che non assumono la dovuta
responsabilità sui contenuti della dichiarazione, l’alterazione del regolare
svolgimento delle gare.
18.2.- Si è anche aggiunto che la mancata
tempestiva e completa comunicazione non consentirebbe all’Amministrazione di
essere resa edotta tempestivamente di possibili cause di esclusione, con
inutile aggravio di attività amministrativa.
Con il corollario che non può essere
ammessa alcuna regolarizzazione ovvero chiarimento postumo, perché, in tal caso
si consentirebbe, in violazione della par condicio, non già una
precisazione contenutistica, quanto, piuttosto, una vera e propria nuova
produzione documentale, oltre i termini perentori fissati dalla legge di gara.
19.- Ritiene la Sezione che la questione
possa avere invece una diversa soluzione.
19.1.- Al riguardo, si deve partire con il
ricordare che, con riferimento alla dimostrazione del possesso dei requisiti
generali di partecipazione alle gare, il codice dei contratti pubblici, tra la
possibile soluzione della presentazione immediata in sede di offerta, da parte
di tutti i concorrenti, di tutta la documentazione comprovante il possesso dei
requisiti di ordine generale, e la soluzione della verifica successiva del
possesso dei requisiti del solo aggiudicatario, ha scelto una soluzione
intermedia che si basa sulla presentazione di una dichiarazione di tutti i
concorrenti, in sede di presentazione dell’offerta, sostitutiva della
documentazione (art. 38, comma 2 del codice dei contratti) e sulla verifica
successiva sul possesso dei requisiti (e quindi sulla veridicità della
autodichiarazione) da parte della stazione appaltante nei confronti
dell’aggiudicatario (art. 11 comma 8 del codice) nonché degli altri soggetti previsti.
19.2.- In tal modo possono partecipare
alle gare imprese per le quali i requisiti generali sono agevolmente attestati
con una dichiarazione, resa sotto la responsabilità personale del dichiarante,
fatta salva la successiva verifica documentale effettuata nei confronti (in
particolare) dell’aggiudicatario.
Se, nel corso di tale verifica, emerge che
l’aggiudicatario non è in possesso di uno dei requisiti richiesti, la stazione
appaltante procede alla sua esclusione dalla gara (e, se del caso, allo scorrimento
della graduatoria), e all’applicazione delle conseguenti sanzioni.
20.- Per quanto riguarda, in particolare,
il possesso dei requisiti di moralità, richiesti dall’art. 38 del codice dei
contratti, la giurisprudenza ha poi chiarito che le relative disposizioni, nel
prevedere la necessaria presentazione della dichiarazione attestante tale
requisito, intendono assumere come destinatari tutti i soggetti persone fisiche
dotati di poteri decisionali e di rappresentanza della stessa o che tali poteri
hanno avuto nell’anno precedente (e prima nel triennio precedente).
20.1.- La giurisprudenza ha, inoltre,
cercato di chiarire quali sono i soggetti tenuti alle dichiarazioni
sostitutive, in relazione alle funzioni esercitate, ed ha ritenuto, come si è
già prima ricordato, che la dichiarazione possa essere resa dal legale
rappresentante dell’impresa che ha presentato la domanda di partecipazione alla
gara per conto anche degli altri soggetti che devono possedere tali requisiti
(Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6053 del 16 novembre 2011).
21.- Ritiene la Sezione che, una volta che
è stato ammesso che la dichiarazione possa essere fatta da un unico
rappresentante, anche per conto degli altri soggetti dell’impresa che devono
possedere tali requisiti, non sia necessaria (anche) l’indicazione nominativa
di tutti i soggetti per i quali il possesso dei requisiti di moralità è stato
dichiarato mentre possa ritenersi sufficiente una indicazione comunque
comprensiva, per la formula utilizzata, di tutti i rappresentati legali
dell’impresa anche non indicati nominativamente. Fermo restando che, quando
l’Amministrazione fa richiesta di comprovare l’effettivo possesso di tutti i
requisiti autodichiarati (e quindi anche i requisiti di moralità di tutti i
dirigenti e i legali rappresentanti dell’impresa), l’impresa medesima è tenuta
a dimostrare che per tutti i soggetti interessati (peraltro individuabili anche
attraverso la visura camerale) non vi sono cause di esclusione per la mancanza
dei requisiti morali.
22.- Tale interpretazione non sembra in
contrasto con l’attuale formulazione della disposizione di legge il cui scopo è
quello di garantire la partecipazione alle gare e la loro aggiudicazione in
favore di soggetti ritenuti idonei (anche) moralmente.
Per conseguire tale fine è consentito
all’impresa di autodichiarare, attraverso il rappresentante legale che presenta
la domanda di partecipazione alla gara, di avere tutti i requisiti per poter
partecipare alla gara. Ed è poi previsto che l’amministrazione verifichi
successivamente (e comunque prima che sia efficace l’aggiudicazione definitiva)
l’effettivo possesso dei requisiti richiesti e quindi la veridicità della
dichiarazione resa.
22.1.- Quel che rileva è che chi fa
domanda dichiari, secondo quanto previsto dalla legge, che l’impresa ha il
possesso di tutti i requisiti generali di cui all’art. 38, ovvero che non
sussistono nell’impresa (e nei suoi rappresentanti) le cause di esclusione di
cui all’at. 38. E rileva poi che chi ha fatto la dichiarazione si assuma ogni
responsabilità sulla veridicità della stessa (a prescindere dalla analitica
indicazione dei soggetti per i quali la stessa è resa e dalla analitica
indicazione dei diversi requisiti elencati nell’art. 38).
22.2.- Ma quello che è veramente rilevante
è che l’impresa sia effettivamente in possesso di tutti i suddetti requisiti e
che i requisiti morali siano posseduti da tutti i soggetti dotati di poteri di
rappresentanza e di direzione dell’impresa, come richiesto dalla legge.
22.3.- Del resto, anche nella fattispecie
in esame, chi ha fatto la dichiarazione lo ha fatto comunque per tutti i
rappresentanti dell’impresa, anche se non li ha indicati nominativamente,
assumendo ogni responsabilità sulla veridicità della stessa.
23. Tale soluzione non appare quindi in
contrasto con l’art. 38 del codice degli appalti che richiede il possesso dei
requisiti di moralità (e degli altri requisiti necessari) ai fini
dell’aggiudicazione della gara e dell’esecuzione dell’appalto (art. 38, comma
1) e risulta coerente con la volontà del legislatore di consentire
l’autodichiarazione (anche da parte di un unico soggetto per conto di ciascuna
impresa partecipante) sul possesso di tutti i requisiti di partecipazione (art.
38, comma 2).
24.- Quanto all’obiezione che in tal modo
l’Amministrazione non sarebbe resa edotta tempestivamente di possibili cause di
esclusione, con inutile aggravio di attività amministrativa, tale rischio, pur
possibile, appare residuale ed è certamente un rischio minore rispetto a quello
che è normalmente determinato dal moltiplicarsi di giudizi basati su questioni
meramente formali riguardanti la concreta applicazione delle disposizioni
contenute nell’art. 38 del codice dei contratti.
25.- Né la soluzione prospettata appare in
contrasto con l’art.47 del D.P.R. n. 445 del 2000 che non richiede
espressamente l’indicazione nominativa di tutti i soggetti per i quali la
dichiarazione è resa.
Si può ammettere che le dichiarazioni di
cui all’art. 47, comma 2, non siano valide se riferite a una pluralità
indeterminata di soggetti o comunque a persone non identificate e non
univocamente identificabili.
Altro è però il caso in cui la
dichiarazione venga fatta cumulativamente per una pluralità di soggetti i
quali, ancorché non indicati nominativamente, siano facilmente ed univocamente
identificabili, in quanto sono tutti coloro che si trovano in una relazione
qualificata e tipica con una determinata impresa o società.
D’altro canto, ciò che alla stazione
appaltante interessa conoscere non sono le vicende personali di questo o quel
soggetto fisico, ma solo l’inesistenza di cause ostative a carico dell’impresa.
Sotto questo profilo, l’atto con il quale il dichiarante attesti, sotto la sua
responsabilità, che non sussistono cause ostative a carico dell’impresa –id
est a carico di tutti coloro che occupano o hanno occupato le
posizioni qualificate indicate dalla norma – appare sufficiente. Salvo,
s’intende, il diritto dell’ente, ove lo ritenga, di chiedere notizie più
dettagliate avvalendosi dell’art. 46 del codice dei contratti; e salvo il potere-dovere
di effettuare le verifiche di rito e di applicare le conseguenti sanzioni.
Un approccio non formalistico a questi
problemi sembra coerente anche con lo spirito e la finalità della legge n.
241/1990 e delle disposizioni correlate in tema di semplificazione dei
procedimenti e della documentazione amministrativa. Lo scopo del legislatore
sarebbe tradito se l’opportunità di sostituire le certificazioni con
autodichiarazioni si risolvesse, paradossalmente, in una insidia per i
cittadini che se avvalgono.
26.- La Sezione ritiene quindi di
investire della questione l’Adunanza Plenaria affinché possa affermare il
principio secondo il quale è possibile che un solo rappresentante legale
dell’impresa possa autodichiarare che tutti i soggetti che occupano (o se del
caso hanno occupato) nell’impresa le posizioni qualificate previste dalla norma
sono in possesso dei requisiti morali prescritti (o, se si preferisce, non si
trovano in condizioni ostative) e che tale dichiarazione, come nella
fattispecie esaminata, possa essere presentata anche con una formula inclusiva
di tutti i soggetti dell’impresa, pur senza una loro elencazione nominativa. E
fatta salva, ovviamente, la successiva necessità di dimostrare l’effettivo
possesso di tutti i requisiti generali richiesti dall’art. 38 ed autodichiarati
(anche con formula generica ma omnicomprensiva).
27.- Tale soluzione più sostanzialistica
appare inoltre più coerente con la recente nuova Direttiva in materia di
appalti n. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 che, proprio nell’ottica di una
generale semplificazione del sistema, ha previsto la presentazione di un unico
documento per la partecipazione alle gare, consistente in una unica
autodichiarazione come prova documentale preliminare del possesso dei requisiti
necessari per la partecipazione di una impresa ad una gara.
28.- Del resto, come questa Sezione ha
recentemente affermato (con le decisioni n. 4370 del 2013, n. 1487 e n. 1744
del 2014), la partecipazione agli appalti pubblici, siano essi per forniture o
servizi o forniture, è ormai disciplinata da puntuali disposizioni normative
anche comunitarie, che sono volte «alla chiarezza e trasparenza delle
procedure, alla par condicio, alla tutela della concorrenza,al favor
partecipationis, alla tassatività delle cause di esclusione, al soccorso
istruttorio laddove non si tramuti nell’integrazione sostanziale o nella
modifica dell’offerta, all’inammissibilità di clausole ultra legem che in
pratica si risolvono in meri appesantimenti formali e burocratici,
all’approccio interpretativo rivolto a valorizzare il contenuto effettivo
dell’offerta», e ad «assicurare che l’esito della gara venga a premiare
in effetti la migliore offerta economica e tecnica, alla luce della
corrispondenza degli aspetti formali con quelli sostanziali, dei requisiti di
partecipazione con la verifica dei documenti prodotti a supporto, e quindi
salve le dichiarazioni non corrispondenti al vero».
29.- Giova anche ricordare che la recente
Adunanza Plenaria n. 23 del 16 ottobre 2013, esaminando la questione riguardante
l’inclusione dei procuratori ad negotia fra i soggetti per i
quali la dichiarazione deve essere resa, ha affermato il principio che, nel
caso in cui una norma circa le dichiarazioni da rendere in sede di gara non sia
univoca e sussistano indirizzi giurisprudenziali non uniformi ed ove la lex
specialis non contenga una specifica comminatoria di esclusione,
quest’ultima possa essere disposta non già per la mera omessa dichiarazione, ma
soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito, ed
ha aggiunto che nel caso in cui la lex specialis faccia
generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163 del 2006, non prendendo
affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro
soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38,
non può disporsi l’esclusione dalla gara di una ditta per mancata dichiarazione
anche in ordine a detta figura, ove peraltro non sia stata dimostrata, né
tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del
procuratore "ad negotia", così che dall’invocata verifica
possa sortire l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del
requisito in questione.
Tale principio è stato poi recentemente
seguito da Consiglio di Stato, Sez. V n. 1648 e n. 2042 del 2014.
29.1.- In precedenza l’Adunanza Plenaria,
con la decisione n. 21 del 7 giugno 2012, aveva enunciato il principio di
diritto secondo cui “nel contesto di oscillazioni della giurisprudenza e di
conseguente incertezza delle stazioni appaltanti, i concorrenti che omettono la
dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006,
relativamente agli amministratori delle società partecipanti al procedimento di
fusione o incorporazione, possono essere esclusi dalle gare - in relazione alle
dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) fino alla data di
pubblicazione della presente decisione - solo se il bando espliciti tale onere di
dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario,
l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli
amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi
penali”,
30.- Si deve aggiungere che un’interpretazione
più sostanzialistica della disposizione sull’autodichiarazione contenuta
nell’art. 38, comma 2, del codice dei contratti, non risulta in contrasto
nemmeno con le disposizioni sul soccorso istruttorio dettate dal comma 1-bis
dell’art. 46 del codice, secondo cui «nei limiti previsti dagli articoli da
38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a
completare o fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati,
documenti e dichiarazioni presentati» ed è coerente con il principio di
tassatività delle clausole di esclusione, introdotto dall’art. 4, comma 2,
lett. d), del d.l. n. 70 del 2011, che ha drasticamente ridotto le fattispecie
escludenti (fra cui quelle incentrate su vizi meramente formali), e consentito
la regolarizzazione di adempimenti non più colpiti dalla sanzione
dell’esclusione.
30.1.- Anche la recente Adunanza Plenaria
n. 9 del 25 febbraio 2014 ha, in proposito, affermato che tale disposizione «è
chiaramente ispirata ai principi di massima partecipazione alle gare e del
divieto di aggravio del procedimento e mira a correggere quelle soluzioni,
diffuse nella prassi (amministrativa e forense), che sfociavano in esclusioni
anche per violazioni puramente formali».
30.2.- L’Adunanza Plenaria n. 9 del 2014
ha anche affermato che «la cogenza delle cause legali di esclusione disvela
il carattere non solo formale del principio di tassatività – ovvero il suo
atteggiarsi a enunciato esplicito della medesima causa di esclusione - ma anche
e soprattutto la sua indole sostanziale». La riforma del 2011, infatti, «ha
inteso selezionare e valorizzare solo le cause di esclusione rilevanti per gli
interessi in gioco, a quel punto imponendole, del tutto logicamente, come
inderogabili non solo al concorrente ma anche alla stazione appaltante».
30.3.- L’Adunanza Plenaria ha poi aggiunto
che «il legislatore ha così inteso effettuare direttamente il bilanciamento
tra l’interesse alla massima partecipazione alle gare di appalto ed alla
semplificazione, da un lato, e quello alla speditezza dell’azione
amministrativa ed alla parità di trattamento, dall’altro, mettendo l’accento
sui primi a scapito dei secondi ma salvaguardando una serie predefinita di
interessi, selezionati ex ante, perché ritenuti meritevoli di una maggior protezione
rispetto ad altri, in guisa da sottrarli alla discrezionalità abrogatrice della
stazione appaltante».
31.- Ritiene, in conclusione, la Sezione
che l’Adunanza Plenaria possa ridurre i motivi di grave incertezza che
investono, sul punto, sia le stazioni appaltanti sia le imprese che partecipano
alle gare pubbliche sia la stessa giurisprudenza, oscillante fra posizioni più
formali e posizioni più sostanziali, affermando il principio che non sia
necessaria una indicazione nominativa nell’autodichiarazione presentata dal
rappresentante legale dell’impresa di tutti i soggetti per i quali deve essere
dimostrato il possesso dei requisiti morali.
Le conseguenze di tale indirizzo sarebbero
queste:
(a) nei rapporti fra l’ente appaltante e
il singolo concorrente, sarebbe causa di esclusione solo l’accertata esistenza
di cause ostative; ad essa si potrebbe equiparare la radicale assenza di una
dichiarazione, pur generica, dell’inesistenza delle cause ostative; altrimenti,
ove l’ente appaltante ritenesse necessario disporre di informazioni più
dettagliate, dovrebbe avvalersi dello strumento di cui all’art. 46, comma 1,
del codice dei contratti;
(b) il ricorso di altri concorrenti contro
l’ammissione dell’aggiudicatario (e conseguentemente contro l’aggiudicazione)
sarebbe ammesso solo in quanto si deduca positivamente l’esistenza delle cause
ostative; in caso contrario, l’incompletezza delle dichiarazioni ovvero delle
indagini spettanti all’amministrazione non potrebbe essere dedotta come motivo
di annullamento dell’ammissione dell’aggiudicatario e dell’aggiudicazione in
suo favore.
32.- Vista la rilevanza della questione e
visto il contrasto giurisprudenziale in atto, il presente ricorso viene,
pertanto, deferito all'esame dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ai
sensi dell'art. 99, comma 1 del c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza)
non pronunciando definitivamente sul
ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'Adunanza Plenaria del
Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della Sezione per
gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma nella camera di
consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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