ELEZIONI FORENSI:
il T.A.R. capitolino torna sui suoi passi:
si vota regolarmente
(T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I,
ordinanza 15 gennaio 2015, n. 151)
Su Altalex trovate l'ordinanza gemella n. 155/15 (principale ricorrente l'Associazione Nazionale Forense - A.N.F.).
Qui trovate la 151/15 (principale
ricorrente l'Associazione Nazionale Avvocati Italiani - A.N.A.I.).
L'ordinanza è ben motivata: e svolte
l'elezioni... Dubito altamente (direi sul piano "metagiuridico" più
che "giuridico") dell'accoglimento del ricorso nel merito!
L'art. 28, commi 2 e 3 della L. n.
247/2012 (c.d. Legge professionale), recita:
"2. I componenti del
consiglio sono eletti dagli iscritti con voto segreto in base a regolamento
adottato ai sensi dell'articolo 1 e con le modalità nello stesso stabilite. Il
regolamento deve prevedere, in ossequio all'articolo 51 della Costituzione, che
il riparto dei consiglieri da eleggere sia effettuato in base a un criterio che
assicuri l'equilibrio tra i generi. Il genere meno rappresentato deve ottenere
almeno un terzo dei consiglieri eletti. La disciplina del voto di preferenza
deve prevedere la possibilità di esprimere un numero maggiore di preferenze se
destinate ai due generi. Il regolamento provvede a disciplinare le modalità di
formazione delle liste ed i casi di sostituzione in corso di mandato al fine di
garantire il rispetto del criterio di riparto previsto dal presente comma.
Hanno diritto al voto tutti coloro che risultano iscritti negli albi e negli
elenchi dei dipendenti degli enti pubblici e dei docenti e ricercatori
universitari a tempo pieno e nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, il
giorno antecedente l'inizio delle operazioni elettorali. Sono esclusi dal
diritto di voto gli avvocati per qualunque ragione sospesi dall'esercizio della
professione.
"3. Ciascun elettore può esprimere un
numero di voti non superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere,
arrotondati per difetto".
Massima
Una corretta lettura dei commi 2 e 3 dell’art. 28, l.
31 dicembre 2012, n. 247, dei quali il Ministro, nell’impugnato Regolamento
sulle modalità di elezione dei componenti dei Consigli degli ordini
circondariali forensi di cui al decreto 10 novembre 2014, ha dato corretta
attuazione;
Considerato che la questione sottesa alla materia del
contendere è il rapporto tra il comma 2 e il comma 3 del citato art. 28, e cioè
se, come sostiene parte ricorrente, gli stessi introducono disposizioni
autonome tra loro - con la conseguenza che il Regolamento previsto dal comma 2
non può modificare la disciplina dettata ex lege dal successivo comma 3 perché
non coperto da delega - oppure se il comma 2 introduce una deroga alla
previsione del successivo comma 3;
Considerato che il comma 2 del citato art. 28 si è prefisso
lo scopo di assicurare, ai sensi dell’art. 51 Cost., l’equilibrio tra i generi
e lo fa attraverso una serie di disposizioni, la cui attuazione è rimessa alla
disciplina regolamentare delegata al Ministro della giustizia;
Considerato infatti che il citato comma 2 da un lato
garantisce la tutela del genere meno rappresentato in seno al neo eletto
Consiglio dell’Ordine, prevedendo che almeno un terzo dei seggi sia occupato
dallo stesso; dall’altro invece tutela il genere nella fase della
manifestazione del voto, prevedendo la possibilità di esprimere un numero
maggiore di preferenze se destinate ai due generi;
Considerato che il comma 3 ha invece disciplinato la
manifestazione del voto, prevedendo che ogni elettore non può esprimere un
numero di voti superiore ai due terzi dei consiglieri da eleggere;
Considerato che, tale essendo il contenuto dei commi 2 e
3, il comma 2, nella parte in cui (quarto alinea) disciplina la manifestazione
del voto al dichiarato fine di tutelare i generi, prevedendo la possibilità di
esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi,
introduce una deroga alla disciplina generale dettata dalla stessa legge
sull’espressione di voto, e quindi una deroga al comma 3;
Considerato che è proprio il tenore letterale del
quarto alinea del comma 2 a confermare tale conclusione, atteso che,
nell’introdurre la possibilità di esprimere un numero di preferenze “maggiore”,
non può avere come unità di riferimento se non quella individuata, in via
generale, dal comma 3, id est i due terzi;
Considerato che lo stesso quarto alinea del comma 2,
non individuando un limite a tale deroga, perché precisa solo che il numero di
preferenze da esprimere deve essere “maggiore”, lascia al Regolamento la
possibilità di disciplinare il sistema di voto nel caso in cui le preferenze
siano espresse nei confronti di entrambi i generi;
Considerato che, tale essendo l’interpretazione che della
normativa primaria deve essere data, il Regolamento, nelle disposizioni dettate
dal combinato disposto degli artt. 7 e 9, non appare porsi in contrasto con
essa;
Visto il comma 1 dell’art. 7, che prevede che le liste
possono recare le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello
complessivo dei consiglieri da eleggere nell’ipotesi in cui i candidati
appartengano ai due generi e a quello meno rappresentato sia riservato almeno
un terzo dei componenti della lista, arrotondato per difetto all’unità
inferiore;
Visto l’art. 9, comma 5, dell’impugnato Regolamento
che, per la sola ipotesi di voto destinato ai due generi, prevede che le
preferenze possono essere espresse in misura pari al numero complessivo dei
componenti del Consiglio da eleggere, fermo il limite massimo dei due terzi per
ciascun genere, mentre il successivo comma 6 dello stesso art. 9, nel solo caso
di voto non destinato ai due generi, dispone che l’elettore possa esprimere un
numero di preferenze non superiore ai due terzi dei componenti del Consiglio da
eleggere, pena la nullità della scheda;
Considerato dunque che la possibilità, prevista dal
comma 5 dell’art. 9, di esprimere tante preferenze quanti sono i componenti del
Consiglio da eleggere è applicazione della previsione – disposta a garanzia
dell’equilibrio tra i generi – del quarto alinea del comma 2 dell’art. 28, l.
n. 247 (id est, la possibilità di esprimere “un numero maggiore di preferenze”
se destinate ai due generi), come attesta la dichiarata condizione, posta dal
comma 5, che il voto sia destinato ai due generi;
Ritenuto che ad analoga conclusione deve pervenirsi per
l’ipotesi in cui le liste rechino le indicazioni dei nominativi fino ad un
numero pari a quello complessivo dei consiglieri da eleggere (comma 1 dell’art.
7) e il voto è espresso indicando la lista (comma 4 dell’art. 9), atteso che in
tale ultima ipotesi la circostanza che votando la lista il voto sia attribuito
ad ognuno dei suoi componenti è limitata all’ipotesi – espressa nel comma 1
dell’art. 7 come condizione per indicare tanti nominativi quanti sono i
consiglieri da eleggere - che i candidati appartengono ai due generi;
Considerato che per le ragioni sopra esposte le
disposizioni regolamentari non appaiono inficiate dai profili di illegittimità
dedotti da parte ricorrente;
Considerato altresì che non può dubitarsi neanche della
conformità a Costituzione della normativa primaria, che offre una particolare
tutela al genere meno rappresentato, e ciò in quanto il comma 2 dell’art. 28,
l. n. 247 del 2012 è volto a dare effettività al principio di pari opportunità
tra donne e uomini, principio che trova tutela a livello costituzionale ai
sensi dell’art. 51 Cost., richiamato peraltro proprio nel predetto comma 2.
Ordinanza per esteso
INTESTAZIONE
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione
Prima)
ha
pronunciato la presente
ORDINANZA
sul
ricorso numero di registro generale 15512 del 2014, proposto da: Anai
Associazione Nazionale Avvocati Italiani, De Tilla Maurizio, Prosperetti
Giulio, Stoppani Isabella Maria, Fraioli Antonio Leonardo, Prosperetti Eugenio,
Pascali Giulio, Simeoni Olga, Zazza Roberto, Pozzaglia Pietro, Graziano
Alessandro, Palombi Walter, Aversa Nilia, Shuli Flonja, Bellini Cristina, Bosco
Maria Grazia, Silva Elisabetta, Finelli Antonio, Marino Manlio, Valcepina
Chiara, Straniero Alessio, Belloni Silvia, Giannini Edilberto, Caterina Bruno
Mario, Acampora Claudio, Renzella Roberto, Ferraro Nicola, Andretta Maria,
Cerulli Danilo, Longino Lombardi Gilda, De Tilla Caterina, Esposito Andrea,
Borgo Brunella, Carnevale Nadia Giuseppina, Raffa Maria Carmen, Attanasio
Francesco, Straticò Maria Francesca, Di Sanzo Daniela, Mari Vincenzo, Bria
Giancarlo, Laghi Domenico, Aiello Giusy, Malomo Fanny, Bellusci Mario, Niger
Pompeo, Aversa Angela, Amato Rosalba, Chimenti Carmine, Verrina Elisabetta,
Farciniti Teresa, rappresentati e difesi dagli avv.ti Isabella Maria Stoppani e
Giulio Prosperetti, con domicilio eletto presso l’avv. Isabella Maria Stoppani
in Roma, Via Brenta, 2/A;
contro
Ministero
della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall' Avvocatura generale
dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
e
con l'intervento di
ad
adiuvandum:
Domenico Condello, Antonella Anselmo, Angelo Cugini, Maria Grazia Leuci,
Giorgio Lombardi, Edmondo Tomaselli, Stefano Toro, Elisa Traversa, con
domicilio eletto presso l’avv. Domenico Condello in Roma, Via Cardinal De Luca,
n. 1;
avv. Nicoletta Giorgi e dell’Associazione Italiana dei Giovani Avvocati,
rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Maria Caianiello, con domicilio
eletto presso l’avv. Angela Fiorentino in Roma, Via E. Q. Visconti n. 11;
ad opponendum:
Marco Saraceno, rappresentato e difeso dall'avv. Orazio Abbamonte, con
domicilio eletto presso o stesso avv. Orazio Abbamonte in Roma, Via Terenzio,
7;
per
l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
decreto
del Ministro della Giustizia del 10.11.2014, n. 170, in G.U. n. 273 del
24.11.2014, nonchè di tutti gli atti del sottostante procedimento
amministrativo, presupposti, preordinati, preparatori, connessi e conseguenti,
segnatamente i conseguenti bandi;
Visti
il ricorso e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti
gli atti di intervento ad adiunvandum e ad opponendum;
Vista
la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato,
presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto
l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti
tutti gli atti della causa;
Ritenuta
la propria giurisdizione e competenza;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2015 il cons. Giulia Ferrari e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto
necessario rinviare alla più approfondita fase di merito l’esame della
questione, di indubbio spessore, relativa all’ammissibilità del ricorso per
essere stato proposto prima dell’esito delle elezioni, e dunque prima che il
risultato dello spoglio confermi se effettivamente la norma regolamentare
impugnata abbia, come sostiene parte ricorrente, creato un vulnus alle
minoranze, possibilità questa legata ad una serie di fattori – e dunque evento
tutt’altro che certo – quali il numero delle liste, la modalità di espressione
del voto (alla lista e non ai singoli candidati), ecc.;
Ritenuto
di poter prescindere, nella presente fase cautelare, anche dalla verifica
dell’ammissibilità sia dell’atto di intervento ad opponendum che dell’atto di
intervento ad adiuvandum – quest’ultimo in considerazione del principio secondo
cui lo stesso non può essere proposto dal titolare di una posizione giuridica
direttamente tutelabile con una propria impugnativa ma solo dal titolare di una
posizione dipendente da quella del ricorrente principale (Cons. St., sez. IV,
12 marzo 2013, n. 1480) – e dell’eventuale possibilità, sussistendone tutti i
presupposti, di trasformare l’intervento adesivo in ricorso autonomo;
Considerato
infatti che i motivi di ricorso non appaiono assistiti da sufficiente fumus
alla luce di una corretta lettura dei commi 2 e 3 dell’art. 28, l. 31 dicembre
2012, n. 247, dei quali il Ministro, nell’impugnato Regolamento sulle modalità
di elezione dei componenti dei Consigli degli ordini circondariali forensi di
cui al decreto 10 novembre 2014, ha dato corretta attuazione;
Considerato
che la questione sottesa alla materia del contendere è il rapporto tra il comma
2 e il comma 3 del citato art. 28, e cioè se, come sostiene parte ricorrente,
gli stessi introducono disposizioni autonome tra loro - con la conseguenza che
il Regolamento previsto dal comma 2 non può modificare la disciplina dettata ex
lege dal successivo comma 3 perché non coperto da delega - oppure se il comma 2
introduce una deroga alla previsione del successivo comma 3;
Considerato
che il comma 2 del citato art. 28 si è prefisso lo scopo di assicurare, ai
sensi dell’art. 51 Cost., l’equilibrio tra i generi e lo fa attraverso una
serie di disposizioni, la cui attuazione è rimessa alla disciplina
regolamentare delegata al Ministro della giustizia;
Considerato
infatti che il citato comma 2 da un lato garantisce la tutela del genere meno
rappresentato in seno al neo eletto Consiglio dell’Ordine, prevedendo che
almeno un terzo dei seggi sia occupato dallo stesso; dall’altro invece tutela
il genere nella fase della manifestazione del voto, prevedendo la possibilità
di esprimere un numero maggiore di preferenze se destinate ai due generi;
Considerato
che il comma 3 ha invece disciplinato la manifestazione del voto, prevedendo
che ogni elettore non può esprimere un numero di voti superiore ai due terzi
dei consiglieri da eleggere;
Considerato
che, tale essendo il contenuto dei commi 2 e 3, il comma 2, nella parte in cui
(quarto alinea) disciplina la manifestazione del voto al dichiarato fine di
tutelare i generi, prevedendo la possibilità di esprimere “un numero maggiore
di preferenze” se destinate ai due generi, introduce una deroga alla disciplina
generale dettata dalla stessa legge sull’espressione di voto, e quindi una
deroga al comma 3;
Considerato
che è proprio il tenore letterale del quarto alinea del comma 2 a confermare
tale conclusione, atteso che, nell’introdurre la possibilità di esprimere un
numero di preferenze “maggiore”, non può avere come unità di riferimento se non
quella individuata, in via generale, dal comma 3, id est i due terzi;
Considerato
che lo stesso quarto alinea del comma 2, non individuando un limite a tale
deroga, perché precisa solo che il numero di preferenze da esprimere deve
essere “maggiore”, lascia al Regolamento la possibilità di disciplinare il
sistema di voto nel caso in cui le preferenze siano espresse nei confronti di
entrambi i generi;
Considerato
che, tale essendo l’interpretazione che della normativa primaria deve essere
data, il Regolamento, nelle disposizioni dettate dal combinato disposto degli
artt. 7 e 9, non appare porsi in contrasto con essa;
Visto
il comma 1 dell’art. 7, che prevede che le liste possono recare le indicazioni
dei nominativi fino ad un numero pari a quello complessivo dei consiglieri da
eleggere nell’ipotesi in cui i candidati appartengano ai due generi e a quello
meno rappresentato sia riservato almeno un terzo dei componenti della lista,
arrotondato per difetto all’unità inferiore;
Visto
l’art. 9, comma 5, dell’impugnato Regolamento che, per la sola ipotesi di voto
destinato ai due generi, prevede che le preferenze possono essere espresse in
misura pari al numero complessivo dei componenti del Consiglio da eleggere,
fermo il limite massimo dei due terzi per ciascun genere, mentre il successivo
comma 6 dello stesso art. 9, nel solo caso di voto non destinato ai due generi,
dispone che l’elettore possa esprimere un numero di preferenze non superiore ai
due terzi dei componenti del Consiglio da eleggere, pena la nullità della
scheda;
Considerato
dunque che la possibilità, prevista dal comma 5 dell’art. 9, di esprimere tante
preferenze quanti sono i componenti del Consiglio da eleggere è applicazione
della previsione – disposta a garanzia dell’equilibrio tra i generi – del
quarto alinea del comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 (id est, la possibilità di
esprimere “un numero maggiore di preferenze” se destinate ai due generi), come
attesta la dichiarata condizione, posta dal comma 5, che il voto sia destinato
ai due generi;
Ritenuto
che ad analoga conclusione deve pervenirsi per l’ipotesi in cui le liste
rechino le indicazioni dei nominativi fino ad un numero pari a quello
complessivo dei consiglieri da eleggere (comma 1 dell’art. 7) e il voto è
espresso indicando la lista (comma 4 dell’art. 9), atteso che in tale ultima
ipotesi la circostanza che votando la lista il voto sia attribuito ad ognuno
dei suoi componenti è limitata all’ipotesi – espressa nel comma 1 dell’art. 7
come condizione per indicare tanti nominativi quanti sono i consiglieri da
eleggere - che i candidati appartengono ai due generi;
Considerato
che per le ragioni sopra esposte le disposizioni regolamentari non appaiono
inficiate dai profili di illegittimità dedotti da parte ricorrente;
Considerato
altresì che non può dubitarsi neanche della conformità a Costituzione della normativa
primaria, che offre una particolare tutela al genere meno rappresentato, e ciò
in quanto il comma 2 dell’art. 28, l. n. 247 del 2012 è volto a dare
effettività al principio di pari opportunità tra donne e uomini, principio che
trova tutela a livello costituzionale ai sensi dell’art. 51 Cost., richiamato
peraltro proprio nel predetto comma 2;
Ritenuto
pertanto che non sussistono i presupposti previsti per l’accoglimento
dell’istanza cautelare.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)
Respinge
la suindicata domanda incidentale di sospensione dell’impugnato regolamento
approvato con decreto del Ministro della Giustizia del 10.11.2014, n. 170.
Compensa
tra le parti in causa le spese della presente fase di giudizio.
La
presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la
segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Luigi
Tosti, Presidente
Giulia
Ferrari, Consigliere, Estensore
Roberta
Cicchese, Consigliere
L'ESTENSORE
|
IL PRESIDENTE
|
|
DEPOSITATA
IN SEGRETERIA
Il
15/01/2015
IL
SEGRETARIO
(Art.
89, co. 3, cod. proc. amm.)
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