lunedì 12 gennaio 2015

UNIONE EUROPEA & APPALTI: tre sentenze della Corte di Giustizia, assolutamente non rilevanti, ma interessanti sì (una, invero, pericolosa!).


UNIONE EUROPEA & APPALTI: 
tre sentenza della Corte di Giustizia, 
assolutamente non rilevanti, ma interessanti sì 
(una, invero, pericolosa!)


Senza alcuna pretesa di sistematicità...
Tre sentenze della Corte di Giustizia, due del 2014 ed una del 2013, tutte in materia di appalti pubblici.
Assolutamente non rilevanti, ma interessanti sì (una è pericolosa invero!).



1. Corte di Giustizia U.E., sez. IX, 18  settembre 2014, n. 549

Massima

In una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, nella quale un offerente intende eseguire un appalto pubblico avvalendosi esclusivamente di lavoratori impiegati da un subappaltatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello a cui appartiene l'amministrazione aggiudicatrice, l'articolo 56 TFUE osta all'applicazione di una normativa dello Stato membro a cui appartiene tale amministrazione aggiudicatrice che obblighi detto subappaltatore a versare ai lavoratori in parola un salario minimo fissato da tale normativa.



2. Corte di Giustizia U.E., sez. V, 19 giugno 2014, n. 574

Massima

Qualora l'aggiudicatario di un appalto pubblico sia un'associazione di pubblica utilità senza scopo di lucro che, al momento dell'affidamento di tale appalto, comprende tra i suoi membri non solo enti che fanno parte del settore pubblico, ma anche istituzioni caritative private che svolgono attività senza scopo di lucro, la condizione relativa al <controllo analogo>, dettata dalla giurisprudenza della Corte affinché l'affidamento di un appalto pubblico possa essere considerato come un'operazione <in house> non è soddisfatta e pertanto la direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2014, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, è applicabile.



3. Corte di Giustizia, sez. V, 14 marzo 2013, n. 555

Massima

Lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche.
Ne consegue che va dichiarata inammissibile la questione posta dal remittente relativa al riconoscimento del riparto di giurisdizione nel sistema italiano come elemento lesivo del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, , sebbene tale diritto, garantito dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, al quale fa pure riferimento il giudice del rinvio, costituisca un principio generale del diritto dell'Unione e sia stato riaffermato dall'articolo 47 della Carta.
Resta il fatto che la decisione di rinvio non contiene alcun elemento concreto tale da consentire di concludere che l'oggetto del procedimento principale riguarda l'interpretazione o l'applicazione di una norma dell'Unione diversa da quelle di cui alla Carta.
Più in particolare, il giudice del rinvio chiama in causa elementi essenziali del sistema giurisdizionale italiano e pone alla Corte questioni di principio dibattute da diversi anni nella giurisprudenza e nella dottrina italiane, fondandosi su un'asserita violazione del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo sulla base del rilievo che tale giudice dovrebbe dichiararsi privo di giurisdizione e rinviare dinanzi al giudice amministrativo competente una controversia che non presenta alcun elemento rientrante nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione.



Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
EPIGRAFE

Nella causa C-555/12,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Tribunale di Tivoli, con ordinanza del 6 novembre 2012, pervenuta in cancelleria il 3 dicembre 2012, nel procedimento
Claudio Loreti,
Maria Vallerotonda,
Attilio Vallerotonda,
Virginia Chellini
contro
Comune di Zagarolo,
LA CORTE (Decima Sezione),
composta dal sig. A. Rosas (relatore), presidente di sezione, dai sigg. E. Juhász e D. Šváby, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. A. Calot Escobar
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, ai sensi dell'articolo 53, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte,
ha emesso la seguente
Ordinanza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), in combinato disposto con l'articolo 52, paragrafo 3, della Carta e l'articolo 6 TUE.
2 Tale domanda è stata proposta nell'ambito di una controversia tra, da un lato, il sig. Loreti, la sig.ra Vallerotonda, il sig. Vallerotonda e la sig.ra Chellini, nella loro veste di proprietari immobiliari, e, dall'altro, il Comune di Zagarolo, avente ad oggetto alcuni atti amministrativi adottati da quest'ultimo con i quali era stato approvato un progetto edilizio, in quanto tali atti sarebbero stati adottati in violazione di legge e le opere realizzate in base agli stessi recherebbero molestia ai ricorrenti nel procedimento principale.
Diritto italiano
3 L'articolo 103, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana stabilisce quanto segue:
«Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi».
4 L'articolo 7 del codice del processo amministrativo, contenuto nel decreto legislativo n. 104/10, del 2 luglio 2010 (Supplemento ordinario alla GURI n. 148, del 7 luglio 2010), stabilisce quanto segue:
«Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
5 Dinanzi al giudice del rinvio, i ricorrenti nel procedimento principale chiedono che venga ordinato al Comune di Zagarolo di sospendere e di rimuovere i lavori di modifica, in altezza e in profondità, delle dimensioni di un immobile di proprietà di tale comune, sito rispettivamente di lato e di fronte agli immobili dei ricorrenti, in quanto tale modifica reca molestia al godimento del diritto di proprietà di questi ultimi. A tal fine, essi hanno chiesto al giudice del rinvio di disapplicare gli atti amministrativi con i quali era stata approvata l'esecuzione del progetto edilizio, invocando il ricorso alla cosiddetta tutela «possessoria» nonché a quella contro le nuove opere e contro la minaccia di danno temuto che il proseguimento dei lavori comporterebbe per i ricorrenti.
6 Il Comune di Zagarolo ha sostenuto l'esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia principale, nonché l'infondatezza della domanda.
7 Secondo il giudice del rinvio, dagli accertamenti tecnici effettuati risulta che i lavori di ristrutturazione hanno comportato per l'immobile rilevanti modifiche, sia in altezza che per ingombro in pianta, sicché, pur essendo stati realizzati in conformità ai permessi richiesti, tali lavori non rispettano le distanze previste dalla legge e recano danno ai ricorrenti nel procedimento principale, avendo alterato in tal modo la visuale goduta dai loro appartamenti.
8 Tali permessi, stante la violazione dei limiti delle distanze minime richieste dalla legge, dovrebbero pertanto essere considerati in violazione di legge. L'amministrazione sarebbe quindi incorsa in un'ipotesi di cattivo esercizio del potere.
9 Secondo il giudice del rinvio, l'attuale giurisprudenza nazionale in materia di giurisdizione gli imporrebbe, in base all'articolo 7 del codice del processo amministrativo, di dichiarare il difetto di giurisdizione e di rimettere gli atti al giudice amministrativo competente. Egli rileva a questo proposito che, con ordinanza priva nell'ordinamento italiano di valore vincolante, il precedente giudice cui era assegnato il fascicolo aveva ritenuto, in base alla giurisprudenza allora applicata, che la giurisdizione spettasse al giudice del rinvio, e aveva istruito la causa. Tuttavia, la successiva evoluzione giurisprudenziale rimetterebbe in discussione tale decisione.
10 Il giudice del rinvio ritiene quindi di dover sollevare il problema della compatibilità del sistema di attribuzione della giurisdizione previsto dalle norme nazionali italiane con talune disposizioni del diritto dell'Unione.
11 Nella sua ordinanza di 55 pagine, il giudice del rinvio analizza la nozione di «comportamento amministrativo» nelle varie fonti normative che vi fanno riferimento, la dicotomia esistente tra interessi legittimi e diritti soggettivi, nonché le diverse teorie dottrinali e giurisprudenziali relative a tale questione. Egli sottolinea la complessità della teoria che sorregge il riparto di giurisdizione tra i diversi giudici nel diritto italiano.
12 Il giudice del rinvio ritiene infatti che il sistema di definizione delle situazioni giuridiche soggettive tutelabili e di riparto della giurisdizione sia talmente complesso e suscettibile di interpretazioni diverse che, negli effetti, determina un possibile contrasto con il diritto dell'Unione. Egli richiama a questo proposito il «défaut de sécurité juridique» (assenza di certezza del diritto), la difficoltà di accesso alla giustizia determinata dalla difficoltà di individuare il giudice dotato di giurisdizione, nonché la durata ragionevole del processo.
13 Tenuto conto di tali elementi, il Tribunale di Tivoli ha deciso di sospendere il procedimento e di domandare alla Corte di pronunciarsi su:
«la compatibilità dell'articolo 7 del codice del processo amministrativo vigente [in Italia] (...) con l'articolo 6 della CEDU e con gli articoli 47 e 52, paragrafo 3, della Carta, come recepiti a seguito della modifica dell'articolo 6 [TUE ad opera] del Trattato di Lisbona:
a) nella parte in cui attribuisce ad organi giurisdizionali diversi il potere di decidere su posizioni giuridiche soggettive in astratto diversificate (interesse legittimo e diritto soggettivo) ma in concreto di difficile o impossibile certa identificazione e senza specificarne normativamente il contenuto concreto;
b) nella parte in cui prevede l'esistenza di giurisdizioni competenti a decidere sulle stesse materie in base a criteri (individuazione di diverse posizioni giuridiche soggettive) non più rispondenti alla realtà di fatto dopo la introduzione della risarcibilità dell'interesse legittimo (prevista ormai dall'anno 2000 al fine di adeguare la normativa interna ai principi [del diritto dell'Unione]) con consistenti differenze anche nelle modalità processuali di espletamento dei giudizi;
nonché, in generale, [sulla] compatibilità dell'articolo 103 della Costituzione italiana laddove prevede e tutela in forma diversificata posizioni giuridiche soggettive (denominate interessi legittimi) che non trovano corrispondenza nel diritto [dell'Unione] attribuendone la giurisdizione a plessi giurisdizionali diversi, la cui competenza viene periodicamente modificata».
Sulla competenza della Corte
14 Con le sue questioni, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, di interpretare l'articolo 47, paragrafo 3, della Carta e l'articolo 6 della CEDU, in combinato disposto con l'articolo 52, paragrafo 3, della Carta e l'articolo 6 TUE, al fine di poter stabilire se l'articolo 103 della Costituzione e l'articolo 7 del codice del processo amministrativo siano compatibili con tali disposizioni.
15 L'articolo 51, paragrafo 1, della Carta stabilisce che le disposizioni della medesima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione. L'articolo 6, paragrafo 1, TUE, al pari dell'articolo 51, paragrafo 2, della Carta, precisa che le disposizioni di tale Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei Trattati.
16 In base alla descrizione del giudice del rinvio, il procedimento principale verte sulla legittimità di un atto amministrativo relativo ad un immobile e sul risarcimento del danno derivante dalla ristrutturazione di tale immobile sulla base di tale atto asseritamente illegittimo. Nessun elemento nella decisione di rinvio indica pertanto che il procedimento principale coinvolga una normativa nazionale di attuazione del diritto dell'Unione ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta.
17 Pertanto, sebbene il diritto ad un ricorso effettivo, garantito dall'articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, al quale fa pure riferimento il giudice del rinvio, costituisca un principio generale del diritto dell'Unione (v. in tal senso, in particolare, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB, C-279/09, Racc. pag. I-13849, punto 29, e ordinanza del 1° marzo 2011, Chartry, C-457/09, Racc. pag. I-819, punto 25) e sia stato riaffermato dall'articolo 47 della Carta, resta il fatto che la decisione di rinvio non contiene alcun elemento concreto tale da consentire di concludere che l'oggetto del procedimento principale riguarda l'interpretazione o l'applicazione di una norma dell'Unione diversa da quelle di cui alla Carta.
18 Pertanto, la Corte non è competente a rispondere alle questioni poste dal giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Omalet, C-245/09, Racc. pag. I-13771, punto 18; ordinanze Chartry, cit., punti 25 e 26; del 10 maggio 2012, Corpul National al Politistilor, C-134/12, punto 15; del 7 febbraio 2013, Pedone, C-498/12, punto 15, nonché Gentile, C-499/12, punto 15).
19 Inoltre, il giudice del rinvio chiama in causa elementi essenziali del sistema giurisdizionale italiano e pone alla Corte questioni di principio dibattute da diversi anni nella giurisprudenza e nella dottrina italiane, fondandosi su un'asserita violazione del diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo sulla base del rilievo che tale giudice dovrebbe dichiararsi privo di giurisdizione e rinviare dinanzi al giudice amministrativo competente una controversia che non presenta alcun elemento rientrante nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione.
20 Va ricordato, a questo proposito, che lo spirito di collaborazione che deve presiedere allo svolgimento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale tenga presente la funzione di cui la Corte è investita, che è quella di contribuire all'amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 1981, Foglia, 244/80, Racc. pag. 3045, punti 18 e 20, nonché del 16 luglio 1992, Meilicke, C-83/91, Racc. pag. I-4871, punto 25).
21 In tale contesto si deve dichiarare, sulla base dell'articolo 53, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, che la Corte è manifestamente incompetente a rispondere alle questioni poste dal Tribunale di Tivoli.
Sulle spese
22 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:
La Corte di Giustizia dell'Unione europea è manifestamente incompetente a rispondere alle questioni poste dal Tribunale di Tivoli.


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