giovedì 15 gennaio 2015

RESPONSABILITA' P.A.: il c.d. danno da "contatto sociale" (Cons. St., Sez.VI, sentenza 30 dicembre 2014, n. 6421).

RESPONSABILITA' P.A.: 
il c.d. danno 
da "contatto sociale" 
(Cons. St., Sez.VI,
 sentenza 30 dicembre 2014, n. 6421)



La responsabilità della P.A. da "contatto sociale", almeno a mio avviso, rappresenta un istituto di grande interesse concettuale, quindi rilevante al livello dottrinale, ma di assai rilevante impatto processuale, quindi di scarso peso professionale e giurisdizionale (basta leggere la sentenza per capire che alcuni istituti civilistici sono sì presi a riferimento, ma rielaborati in senso "creativo" dal G.A.).
Da una parte accademici e concorsisti, dall'altra Avvocati e Giudici (almeno per una volta!) quindi...
Comuqnue la massima riporta brevemente la fattispecie concreta, per cui la lettura della sentenza per esteso (come delle norme citate nella stessa) risulta sempre indispensabile.


Massima

1. Va rilevato che alcuni orientamenti giurisprudenziali tendono ad estendere alla pubblica amministrazione la responsabilità da contatto sociale, quando il comportamento dell'amministrazione (tenendo conto dell'immediata percepibilità del canone di corretta condotta) sia da qualificare come negligente o imprudente secondo i parametri dell'azione amministrativa di cui all'art. 1 della L.n. 241/1990, i quali implicano il corretto sviluppo procedimentale e la legittima emanazione del provvedimento finale, salvo errore scusabile. 
2. Tanto comporta che la responsabilità dell'amministrazione pubblica per lesione di interessi legittimi non del tutto coincide con quella extracontrattuale, sussistendo anche profili (rilevanti, in particolare, sul piano probatorio) assimilabili a quelli della responsabilità contrattuale, in considerazione dell'interesse giuridicamente protetto al giusto procedimento amministrativo (es. Cons. Stato, VI, 4 luglio 2012, n. 3897).
Tuttavia, questa responsabilità da contatto sociale pur sempre presuppone un collegamento funzionale tra procedimento e condotta addebitata (da stimare nel concreto in relazione alla gravità dei vizi del provvedimento adottato) e il relativo inadempimento dev’essere configurabile come astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.
3. Va ben sottolineato che, secondo regole generali dell’ordinamento, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale per illegittimità dell’atto amministrativo, ma richiede altresì la positiva verifica di tutti gli appositi elementi previsti dalla legge, siano essi di ordine contrattuale o extracontrattuale: oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, è indispensabile che sia accertata la presenza di una colpa (o del dolo) dell’amministrazione, che sia provata l’esistenza di un danno ingiusto al patrimonio del preteso danneggiato, che sussista un nesso causale tra l’illecito ed il danno subito.
4. Conclusivamente, il rapporto che si instaura con lo svolgimento dei così dall’ordinamento chiamati lavori socialmente utili trae origine da ragioni essenzialmente di ordine assistenziale (c.d. ammortizzatori sociali), riguardando un impegno lavorativo di suo precario e dai caratteri peculiari (quale il compenso orario uguale per tutti, sostitutivo dell’indennità di disoccupazione, versato dallo Stato o dalla Regione e non dal datore di lavoro beneficiario della prestazione): si tratta pertanto di un rapporto che si colloca, concettualmente e per disciplina normativa, al di fuori dall’ambito del rapporto di lavoro subordinato e, tra l’altro, non è assistito da alcuna automatica stabilizzazione (es. Cons. Stato, VI, 15 marzo 2007, n. 1253; 27 giugno 2007, n. 3664; 11 settembre 2008, n. 4344).
5. Inoltre, in relazione a questa peculiare ed essenziale natura assistenziale del lavoro socialmente utile, nella fattispecie concreta deve ravvisarsi quantomeno la presenza di un errore scusabile nell’operato della Commissione Regionale per l’Impiego, che ha sospeso l’iscrizione nelle liste di mobilità nelle more dei necessari chiarimenti in rapporto agli atti ispettivi ed alla comunicazione dell’Inps, alla luce del mutamento intervenuto nella situazione originaria di fatto dei requisiti abilitanti e, quindi, a ragione dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse insiti nel rispetto delle condizioni di legge per accedere da parte degli aventi titolo alle liste di mobilità.


Sentenza per esteso

INTESTAZIONE
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 65 del 2011, proposto da:
Linda Crispino, Di Martino Giovanna, Di Martino Lucia, Di Martino Immacolata, Grasso Olga, Marino Anna, Murolo Carmela, Murolo Carolina, Murolo Immacolata, Putignano Patrizia, Scognamiglio Sara, Scognamiglio Salvatore, tutti rappresentati e difesi dagli avv. Luigi Tremante e Roberto Ferrari, con domicilio eletto presso Ivan Canelli in Roma, via Montebello, 8; 
contro
Regione Campania, nella persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Rosaria Saturno, con domicilio eletto presso Rosaria Saturno in Roma, via Poli,29;
Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, nella persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 00885/2010, resa tra le parti, concernente risarcimento danni per illegittima cancellazione dalle liste dei lavoratori socialmente utili

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della regione intimata e della difesa statale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2014 il Cons. Vito Carella e uditi per le parti gli avvocati Saturno, e dello Stato Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.- Risulta dalla sentenza appellata in tema di risarcimento danni che il Tribunale amministrativo regionale della Campania, Napoli, ritenuta la giurisdizione che era stata declinata dal giudice del lavoro (sentenza del 24 maggio 2006), ha respinto il ricorso riassunto dai ricorrenti, già lavoratori del calzaturificio “Caraibi s.a.s.” dichiarato fallito nel 1990 e soggetti in mobilità inseriti nei progetti di lavori socialmente utili (LSU).
Con tale decisione è stata ravvisata l’inesistenza dei presupposti connessi all’instaurata azione risarcitoria nonché della lamentata responsabilità colposa dell’amministrazione per il pregiudizio patrimoniale patito a ragione della mancata corresponsione delle indennità maturate medio tempore, della perdita di chance, della privazione della possibilità di sviluppi e progressioni nell’attività lavorativa che avrebbe consentito ai reclamanti di conseguire l’agognata stabilizzazione.
In particolare, la sentenza considera che i ricorrenti, odierni appellanti, hanno poggiato la domanda di risarcimento dei danni sulla sentenza del medesimo Tribunale amministrativo per la Campania, sede di Napoli, n. 3594 del 9 aprile 2003 (non impugnata in appello al Consiglio di Stato, e che aveva annullato il provvedimento di sospensione dalle liste di mobilità emesso il 5 gennaio 1996 dalla Commissione Regionale per l’Impiego della Campania).
Il giudicato è fondato sulla statuizione di omessa comunicazione di avvio del procedimento ed essendo disposta una sospensione sine die in attesa degli approfondimenti istruttori, fatti “salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione”.
La vicenda era sorta in esito ad alcuni accertamenti svolti dall’Ufficio Regionale del Lavoro e dall’I.N.P.S. (donde il predetto atto di sospensione) in merito alle rilevate discordanze tra l’elenco degli operai in servizio presso il calzaturificio Caraibi e quello relativo ai dipendenti avviati alle liste di mobilità, risultati numericamente eccedenti rispetto ai dati in possesso dei predetti enti, tanto che la sede I.N.P.S. di Napoli, con nota del 5 dicembre 1995, aveva espressamente disconosciuto l’esistenza dei rapporti di lavoro subordinato tra la citata azienda ed i lavoratori in questione.
Avendo la Commissione Regionale istituita presso la Regione Campania (nel frattempo subentrata alla Commissione Regionale per l’Impiego), in ottemperanza alla citata sentenza n. 3594 del 2003, disposto la revoca della sospensione già annullata in sede giurisdizionale e la conseguente reiscrizione dei ricorrenti nelle liste di mobilità, con il gravame di primo grado i ricorrenti hanno avanzano richiesta di risarcimento dei danni per equivalente monetario, dal momento che l’annullamento giurisdizionale del provvedimento di sospensione dalle liste di mobilità (ed anche la successiva reiscrizione disposta dalla Commissione Regionale nel 2003) non sarebbero pienamente satisfattivi della pretesa dedotta alle indennità maturate nel frattempo e alla perdita della possibilità di conseguire la stabilizzazione del rapporto di lavoro.
2.- Con l’appello in esame, suffragato da due motivi di censura, i deducenti hanno criticato la sentenza perché affermata erronea in punto di qualificazione della fattispecie come da responsabilità extracontrattuale, da ascriversi invece nella figura dell’inadempimento da contatto sociale qualificato in rapporto alla differenziata relazione procedimentale, assimilabile a quella da contratto (compresa la presunzione di colpa).
A loro dire l’amministrazione non avrebbe fatto discendere dall’annullamento giurisdizionale tutte le inevitabili conseguenze giuridiche con il loro reinserimento nei progetti LSU, accordato a taluni soltanto dei destinatari dell’illegittima sospensione; di conseguenza, i ricorrenti hanno anche denunciato, in subordine, palese incoerenza, disparità di trattamento, travisamento, illogicità e irragionevolezza della pronuncia gravata, nonostante l’assoluta identità delle situazioni di fatto.
La Regione Campania ha resistito come da memoria depositata il 3 aprile 2014, mentre la difesa statale si è formalmente costituita.
All’udienza del 20 maggio 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
3.- L’appello è infondato per tutti i profili di censura, che sono suscettibili di trattazione congiunta, e la sentenza merita di essere confermata, perché esente dalle doglianze mosse.
In anteprima, va rilevato che alcuni orientamenti giurisprudenziali tendono ad estendere alla pubblica amministrazione la responsabilità da contatto sociale, quando il comportamento dell'amministrazione (tenendo conto dell'immediata percepibilità del canone di corretta condotta) sia da qualificare come negligente o imprudente secondo i parametri dell'azione amministrativa di cui all'art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i quali implicano il corretto sviluppo procedimentale e la legittima emanazione del provvedimento finale, salvo errore scusabile. Tanto comporta che la responsabilità dell'amministrazione pubblica per lesione di interessi legittimi non del tutto coincide con quella extracontrattuale, sussistendo anche profili (rilevanti, in particolare, sul piano probatorio) assimilabili a quelli della responsabilità contrattuale, in considerazione dell'interesse giuridicamente protetto al giusto procedimento amministrativo (es. Cons. Stato, VI, 4 luglio 2012, n. 3897).
Tuttavia, questa responsabilità da contatto sociale pur sempre presuppone un collegamento funzionale tra procedimento e condotta addebitata (da stimare nel concreto in relazione alla gravità dei vizi del provvedimento adottato) e il relativo inadempimento dev’essere configurabile come astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato.
Anche ad aderire a detto indirizzo, dunque, si deve considerare che queste condizioni e caratteristiche non si riscontrano nel caso di specie, in quanto: la sentenza del Tribunale amministrativo della Campania, Napoli, n. 3594 del 2003 si è pronunciata solo in tema di omesso avviso di comunicazione e sulla sospensione sine die dalle liste di mobilità in attesa degli approfondimenti istruttori “salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione”; la sospensione peraltro è intervenuta in materia assistenziale in esito a regolari atti ispettivi dell’ufficio regionale del Lavoro e dell’Inps, finalizzati a prevenire gli abusi - come nella fattispecie emerso - e, quindi, con attività legittimamente esercitata a fronte di discordanze tra libro matricola della ditta fallita e numero maggiore di lavoratori risultati dichiarati in mobilità; l’amministrazione, sia pure a seguito della sentenza che ha censurato una modalità formale della sospensione applicata per l’omesso avviso di avvio del relativo procedimento in attesa degli accertamenti amministrativi e penali, ha revocato la sospensione temporanea, il cui atto non è stato opposto; la cancellazione dalle liste di mobilità non ha inciso sul rapporto di LSU in essere sino alla scadenza naturale ed in seguito si è soltanto sostanziata nella eliminazione dell’opzione tra assegno per attività di lavoro socialmente utile ed indennità di disoccupazione.
4.- Va ben sottolineato che, secondo regole generali dell’ordinamento, il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell’annullamento giurisdizionale per illegittimità dell’atto amministrativo, ma richiede altresì la positiva verifica di tutti gli appositi elementi previsti dalla legge, siano essi di ordine contrattuale o extracontrattuale: oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento, è indispensabile che sia accertata la presenza di una colpa (o del dolo) dell’amministrazione, che sia provata l’esistenza di un danno ingiusto al patrimonio del preteso danneggiato, che sussista un nesso causale tra l’illecito ed il danno subito.
Sotto tali aspetti, la pretesa dei ricorrenti deve essere valutata negativamente: l’invocato risarcimento è innanzitutto incompatibile con il regime giuridico-assistenziale degli LSU, con le relative finalità lavorative e con i suoi ambiti di operatività; l’atto adottato di sospensione è stato riconosciuto irregolare solo dal punto di vista procedimentale e la sua riedizione era fatta salva dal giudicato; la Commissione Regionale per l’Impiego, nell’adottare detta sospensione, non è venuta meno alle regole sostanziali di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione, ovvero ai canoni di diligenza e di perizia, alla luce degli atti ispettivi e delle infrazioni private al diritto nazionale e comunitario; l’ordinamento pone in via alternativa il beneficio patrimoniale accordato agli LSU e l’indennità di disoccupazione, non potendo quindi essere duplicato uno stesso vantaggio di natura assistenziale.
E, comunque, se quest’ultima indennità alternativa non era stata percepita, era onere dei deducenti attivarla a seguito della cancellazione dalle liste di mobilità. Pertanto, costoro non possono ora venire contro il fatto proprio.
Di conseguenza, nessun addebito ragionevole di colpa può essere formulato a carico dell’amministrazione, avuto riguardo alla quasi nulla ampiezza di valutazione discrezionale nell’adottata sospensione in relazione alle risultanze ispettive, il contesto nel quale l’atto è maturato, le condizioni concrete stesse e l’apporto dato dai privati all’iscrizione nelle liste di mobilità di soggetti in situazione lavorativa non limpida.
Nemmeno è possibile configurare, in capo ai ricorrenti assegnati a progetti LSU e percettori di assegno INPS, una disparità di trattamento rispetto ad altri LSU ai fini del loro reinserimento e successiva (eventuale) stabilizzazione: stante la non identità delle situazioni di fatto (nella specie peraltro solo enunciate e senza comprovati termini di paragone); dipendendo la fattispecie legale degli LSU dall’individuale collocamento nella lista di mobilità; scaturendo la relativa scelta di avvio dalla professionalità specifica richiesta a livello circoscrizionale e di progetto.
5.- Conclusivamente, il rapporto che si instaura con lo svolgimento dei così dall’ordinamento chiamati lavori socialmente utili trae origine da ragioni essenzialmente di ordine assistenziale (c.d. ammortizzatori sociali), riguardando un impegno lavorativo di suo precario e dai caratteri peculiari (quale il compenso orario uguale per tutti, sostitutivo dell’indennità di disoccupazione, versato dallo Stato o dalla Regione e non dal datore di lavoro beneficiario della prestazione): si tratta pertanto di un rapporto che si colloca, concettualmente e per disciplina normativa, al di fuori dall’ambito del rapporto di lavoro subordinato e, tra l’altro, non è assistito da alcuna automatica stabilizzazione (es. Cons. Stato, VI, 15 marzo 2007, n. 1253; 27 giugno 2007, n. 3664; 11 settembre 2008, n. 4344).
Inoltre, in relazione a questa peculiare ed essenziale natura assistenziale del lavoro socialmente utile, nella fattispecie concreta deve ravvisarsi quantomeno la presenza di un errore scusabile nell’operato della Commissione Regionale per l’Impiego, che ha sospeso l’iscrizione nelle liste di mobilità nelle more dei necessari chiarimenti in rapporto agli atti ispettivi ed alla comunicazione dell’Inps, alla luce del mutamento intervenuto nella situazione originaria di fatto dei requisiti abilitanti e, quindi, a ragione dei sopravvenuti motivi di pubblico interesse insiti nel rispetto delle condizioni di legge per accedere da parte degli aventi titolo alle liste di mobilità.
L’appello va dunque respinto con il conseguente rigetto della domanda risarcitoria e la sentenza, quindi, deve essere confermata per le considerazioni sopra svolte.
Per la natura e la particolarità della fattispecie, le spese di lite relative al grado possono essere equamente compensate tra tutte la parti.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto (ricorso numero: 65 del 2011), respinge l’appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata come da motivazione.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Vito Carella, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
Carlo Mosca, Consigliere


L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


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